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Struttura per età della popolazione: alcuni indicatori Proiezioni della popolazione a

IL FUTURO DELLA POPOLAZIONE DELLA PROVINCIA DI BELLUNO

Tavola 9.2 Struttura per età della popolazione: alcuni indicatori Proiezioni della popolazione a

mortalità decrescente.

Struttura per grandi classi di età Indicatori di struttura

%0-19 %20-64 %65+ Vecchiaia Dipendenza Età media 2010 2020 2030 16% 14% 12% 59% 57% 53% 24% 29% 35% 201 291 396 57 63 77 47 50 52

Cresce dunque l’indice di dipendenza, che rapporta la popolazione in età attiva a quella in età inattiva. Sempre per il 2030 questo indice viene a valere ben 77 e ad ogni tre persone in età attiva ne corrispondono due in età inattiva. Crescono anche l’indice di vecchiaia e l’età media.

Da questi primi due scenari sembra, affermano Dalla Zuanna Michielin, che la forza d’inerzia insita nella struttura attuale della popolazione di Belluno sia il vero motore dell’invecchiamento. Entrambi gli scenari infatti anche se differiscono per ipotesi di evoluzione della mortalità, mostrano che l’invecchiamento è sostanziale e inevitabile, e che nel giro di tre decenni circa, senza contare su nuovi ingressi dall’esterno, queste stime ci portano a pensare ad una società in cui tra tre persone almeno una di esse è ultra sessantenne e in cui il carico sulla popolazione attiva continua a crescere e diminuisce analogamente il rapporto tra giovani e anziani.

Tutti questi elementi segnalano una situazione difficile dal punto di vista economico che potrebbe trovare una risposta attuando politiche favorevoli verso le nascite, in modo da potenziare le future giovani generazioni sulle cui spalle graverà il peso degli inattivi.

9.4 Lo scenario a fecondità in crescita

Questo scenario ipotizza un forte aumento dei livelli di fecondità, cercando di capire se questa tendenza potrebbe contrastare l’invecchiamento della popolazione. Si pensa in questo caso a riportare, nel giro di un decennio, la fecondità ai livelli di sostituzione 58con un numero medio di figli per donna pari a 2 circa, e in seguito che questo livello rimanga costante nel tempo.

In questo caso si assisterebbe ad un’evoluzione della fecondità inversa rispetto a quella avvenuta negli anni ’70, che era stata motivata da profondi cambiamenti a livello sociale e del sistema economico. Tale ipotesi, affermano Dalla Zuanna e Michielin, è solo a scopo teorico, dato che non c’è nessun segno che ci porti a pensare ad una tale ripresa. Fare un’ipotesi di questo tipo è utile dunque per comprendere meglio le problematiche e le dinamiche demografiche che possono portare a dei sostanziali cambiamenti nella popolazione.

La popolazione appare quindi meno sbilanciata verso le età anziane: la quota di ultra sessantenni non raggiunge mai il 30% mentre cresce proporzionalmente quella

dei giovani, che arrivano a rappresentare un quinto della popolazione. In conseguenza l’età media della popolazione cresce ad un ritmo molto più lento rispetto alle simulazioni viste in precedenza, e anche l’indice di vecchiaia si mantiene attorno ai 2 anziani per ogni per ogni persona in giovane età. Il calo di popolazione inoltre si limita ad un 12% in 30 anni. L’indice di dipendenza subisce forti cambiamenti, e nel 2030 ci saranno 7 persone in età inattiva ogni 10 in età attiva. Uno scenario così risulta insostenibile, e pur mantenendo l’ipotesi che le donne abbiano mediamente 2 figli ciascuna si assisterebbe comunque ad una riduzione del numero di nati successiva ad una prima ripresa, a causa dei passati cali di fecondità, che hanno ridotto la popolazione in età riproduttiva.

Tavola 9.3 Struttura per età della popolazione: alcuni indicatori. Proiezioni della popolazione a

mortalità costante e fecondità crescente

Struttura per grandi classi di età Indicatori di struttura

%0-19 %20-64 %65+ Vecchiaia Dipendenza Età media 2010 2020 2030 18% 21% 21% 59% 55% 53% 23% 24% 27% 159 153 179 58 67 71 45 46 46

Anche supponendo una forte ripresa dei livelli di fecondità, ciò non può essere sufficiente per riportare la popolazione a livelli economicamente sostenibili.

Da questi tre possibili scenari emerge una conclusione univoca: da qualsiasi lato si affronti la questione, la popolazione di Belluno è destinata ad invecchiare, e nessun cambiamento dei regimi demografici in atto può controbilanciare questo fenomeno. Ovviamente differenti evoluzioni delle componenti naturali possono alleviare o aggravare questo fenomeno, ma l’aumento della popolazione anziana è inevitabile, così come il relativo calo della popolazione nelle età centrali. E l’aumento della sopravvivenza porta ad un accelerazione dell’invecchiamento così come la ripresa dei tassi di fecondità porta ad un suo rallentamento.

I tre scenari mostrano, dunque, con chiarezza, che l’effettiva modalità di ricambio della popolazione di Belluno sarà pesantemente condizionata dall’effetto inerziale. Di fronte a questa realtà è opportuno approfondire quali saranno le conseguenze anche a livello economico.

9.5 Le conseguenze sul sistema economico

Nel capitolo 8 abbiamo analizzato il mercato del lavoro in provincia di Belluno. Se avviene quello che abbiamo descritto, con l’aiuto degli studi di Dalla Zuanna e Michielin, nei paragrafi precedenti, la situazione può cambiare drasticamente anche a livello economico.

Gli stessi Dalla Zuanna e Michielin, hanno cercato di capire cosa potrebbe succedere a livello di occupazione e di mercato di lavoro a Belluno nei prossimi anni. Essi si sono concentrati sulla fascia di età 15-64, e l’hanno analizzata fino al 2020, per non imboccare lo studio dell’evoluzione della fecondità. Inoltre anche l’evoluzione della sopravvivenza coinvolge solo marginalmente la popolazione in età attiva.

In base alle proiezioni studiate precedentemente, considerata un’unica soluzione per tre scenari differenti, nel giro di un ventennio la popolazione in età attiva dovrebbe calare del 16%, ovvero 22mila unità. Se i tassi di disoccupazione rimanessero costanti , questo si tradurrebbe, di conseguenza, in una riduzione del numero di occupati pari al 21%. Per contrastare questo forte calo del numero degli occupati, senza contare sugli immigrati e senza diminuire la scolarità, si può ipotizzare che aumentino i tassi di occupazione in tutte le classi di età, eccezione fatta per la classe 15-24, degli stessi punti percentuali.

Per mantenere lo stesso numero di lavoratori del 2003, quindi, i tassi di occupazione tra i 25 e i 64 anni dovrebbero aumentare di 8 punti percentuali già nei prossimi 7 anni. Se poi teniamo conto che i tassi maschili di occupazione sono già molto alti, dovremmo attribuire ai soli tassi femminili tali cambiamenti. In generale, al 2010, 66 persone su 100 dovrebbero risultare occupate.

Se guardiamo un po’ oltre la situazione diviene ancora più critica: nel 2020 ben 74 persone in età 15-64 su 100 dovrebbero avere un lavoro. Questo andamento dovrebbe comunque essere frenato anche dalle riforme pensionistiche, verso un innalzamento dell’età pensionabile, che aumenta il numero di lavoratori ultra sessantenni.

Le ipotesi fatte non ci aiutano a migliorare la condizione futura della provincia, dato che la popolazione è destinata ad invecchiare e il numero di anziani a crescere. Anche mantenendo fisso il numero di lavoratori, nel 2010 vi sarebbero comunque oltre 7 ultra sessantenni ogni 10 occupati. E in un regime pensionistico dove le pensioni vengono pagate dagli attuali lavoratori, il carico è davvero notevole, e si deve rimettere in discussione se un tale rapporto tra popolazione effettivamente attiva e popolazione anziana sia sufficiente.

Nella prossima tavola 9.4 viene descritta la previsione del numero di occupati per il periodo 2003-2020 con tutte i commenti e le ipotesi che abbiamo fatto precedentemente.

Tavola 9.4 Popolazione 15-64 e previsione del numero di occupati per il periodo 2003-2020, BL

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