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1.4 Le forme organizzative per gli studi professional

1.4.3 La struttura a matrice

L’organizzazione matriciale emerge tra le forme analizzate fino a questo momento per la diversità di opinioni che ha sollevato fin dalle sue prime implementazioni, negli anni ’70. Se, infatti, tale decennio fu testimone di un consenso per lo più generale nei confronti della forma matriciale, gli autori e gli imprenditori degli anni ’80, di converso, iniziarono a palesare non poche perplessità e critiche nei confronti della stessa. È necessario soffermarci sulle caratteristiche della struttura in questione per comprendere come, pur rappresentando una valida soluzione per alcune realtà, la sua implementazione comporti in altri contesti delle complessità talvolta insormontabili, tali appunto da averle fatto guadagnare un vasto numero di dissensi. La struttura a matrice si configura come una forma organizzativa “mista” all’interno della quale la linea gerarchica, tipica della struttura funzionale, è affiancata da qualche forma di autorità laterale. Tipicamente una matrice prevede due catene di comando, una lungo linee funzionali, l’altra lungo linee progettuali [Larson e Gobeli, 1987]. Una conseguenza fondamentale di questa definizione risiede nel fatto che nella forma a matrice viene meno l’identità tra autorità e responsabilità [Ford e Randolph, 1992]. La compresenza di due linee di autorità gerarchiche introduce la necessità di assicurare un bilanciamento nel grado di influenza esercitata [Isotta, 2009]. Kolodyn [1981] specifica la valenza di tale bilanciamento specificando che esso non si configura in ogni situazione come un’uguaglianza perfetta, ma deve anzi assumere sfumature differenti a seconda delle

31 circostanze in cui viene perseguito: è naturale che le due dimensioni vengano a rivestire un peso lievemente e temporaneamente differente se si considerano diverse realtà e momenti distanti tra loro.

Per comprendere perché l’implementazione della struttura a matrice risulti particolarmente complicata presentiamo una panoramica dei principali vantaggi e svantaggi che le vengono usualmente attribuiti.

Knight [1976] ravvisa nella matrice un’impareggiabile fonte di efficienza collegata all’utilizzo degli staff specializzati. Questi rappresentano una risorsa fondamentale, dal momento che i servizi da loro prestati vengono contemporaneamente condivisi da più fruitori, senza che venga introdotta una necessità di duplicazione; possono, inoltre, concentrare i loro mezzi sui progetti che ne hanno maggiormente bisogno e ciò non comporta la rinuncia a mantenere il simultaneo controllo sugli altri. Intuendo, in seconda battuta, come tale impostazione favorisca anche un buon grado di coordinamento riguardo agli output, non si può non notare che la forma a matrice racchiuda due dei vantaggi che abbiamo in precedenza attribuito, rispettivamente, alla forma funzionale e a quella divisionale. Un altro beneficio associato a questo tipo di struttura consta nella flessibilità che dimostra nei confronti dei cambiamenti esterni. Le persone che compongono i vari dipartimenti, infatti, hanno vasta possibilità di comunicazione e ciò agevola una rapida trasmissione delle informazioni verso i soggetti che ne devono tenere conto, con la conseguenza che il processo decisionale ne risulta snellito. Inoltre, gli scambi in oggetto assicurano un costante apporto di contributi interdisciplinari e la trasmissione di competenze e conoscenze ne risente positivamente. A livello top, alla “maturità” e autonomia raggiunta negli altri luoghi della matrice corrisponde un maggior tempo dedicabile alla pianificazione di lungo periodo, in quanto viene meno la necessità di riservare energie alle operazioni che richiedono un impegno

day-to-day (e abbiamo in precedenza visto come una possibile miopia strategica

rappresentasse un demerito della struttura divisionale). Un beneficio meno tangibile, ma forse ancora più potente, si genera giacché i dipendenti si sentono maggiormente motivati, e ciò per un duplice motivo: essi riescono a distinguere il contributo del loro apporto specialistico nel quadro complessivo dell’output generato e partecipano attivamente nel prendere decisioni che nella forma funzionale e divisionale sarebbero appannaggio dei professionisti a capo dell’alta direzione. In questo senso muove anche

32 il contributo di Kingdon [1973] e a noi non resta che ponderare sul potenziale che un forte grado di motivazione apporterebbe a uno studio professionale. Knight riflette in seguito sui pericoli che potrebbero minare l’implementazione della forma matriciale. In primo luogo, non è raro che sorgano conflittualità e rivalità non solo all’interno dello stesso livello (rischio paventabile in qualsiasi struttura organizzativa), ma anche tra unità di dimensioni differenti. Abbiamo in seconda battuta già accennato a quanto gravosa sia la questione del bilanciamento: l’urgenza e la difficoltà di trovare un equilibrio rischiano di non far pervenire a soluzioni ottimali, con il pericolo di dover “aggiustare il tiro” in un momento successivo. Un particolare richiamo viene dedicato dall’autore alla vasta tipologia di costi che subentrano se si sceglie di strutturare in questo modo l’organizzazione: si pensi ai costi strutturali legati alla presenza di due linee di controllo, ai costi amministrativi e di coordinamento certamente più elevati che nelle altre strutture. Potrebbe mai uno studio di piccole dimensione fronteggiare la molteplicità di problematiche appena esaminate? E, in ogni caso, potrebbe davvero sfruttare e beneficiare appieno dei vantaggi che la forma a matrice certamente garantisce? Gli autori che hanno trattato l’argomento concordano all’unisono nel sostenere che solo realtà di dimensioni rilevanti, calate in contesti competitivi il cui costante divenire obbliga a risposte rapide, si dimostrano adatte ad implementare la struttura in esame. Al contrario, aziende e studi professionali medio-piccoli, che possono contare su un ambiente stabile e che limitano la loro offerta a una gamma ristretta di prodotti e servizi, andrebbero incontro a inevitabili inefficienze [Gubitta e Gianecchini, 2010]. In definitiva, per citare Davis a Lawrence [1977], “there are easier

ways to manage organizations. Or, as it says on the drug bottle, take only as directed”.

La tabella che segue raccoglie le caratteristiche fondamentali della struttura a matrice.

Tabella 3: le caratteristiche della forma a matrice

Criterio di specializzazione Input e output; output e output

Dimensione delle unità organizzative Piccola

Accentramento Decentramento molto elevato

Gerarchia (numero dei livelli) Poco sviluppata

33 Organi di staff Tecnostruttura: sviluppata per gestire il sistema di pianificazione e controllo. Staff di supporto: variabile

Formalizzazione (standardizzazione dei processi di lavoro)

Significativa per quanto attiene al funzionamento della matrice

Sistema di pianificazione e controllo (standardizzazione degli output)

Duplice Indottrinamento (standardizzazione delle norme

culturali)

Importante per allineare gli obiettivi

Incentivi Duplici

Meccanismi laterali Molto sviluppati

Consigliato a Studi di grandi dimensioni che operano in contesti mutevoli

Fonte: adattato da Isotta (2009)