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L’ ipericina, è una molecola policiclica aromatica anfifilica (fig 17) estratta dall’Hypericum perforatum, meglio nota come Erba di San Giovanni (St. Johns Wort).

Fig 17. Struttura molecolare dell’ipericina (Lavie et al., 1989).

L’ estratto di questa pianta viene utilizzato da molto tempo come rimedio naturale per il trattamento delle depressioni di modesta entità. Per le sue numerose caratteristiche che la rendono particolarmente interessante dal punto di vista medico, negli ultimi trent’anni l’ipericina è stata oggetto di studi intensi. Essa, infatti, possiede una minima

tossicità se non irraggiata, non viene metabolizzata dall’organismo ed è un composto fotochimicamente attivo. In seguito ad irraggiamento, produce significative quantità di ossigeno singoletto e altre specie reattive dell’ossigeno in grado di provocare un danno cellulare (Schey et al., 2000). Alcuni studi ne suggeriscono, infatti, l’ utilizzo come farmaco fotodinamico contro le infezioni virali gravi (Lavie et al., 1989) e i tumori (Colasanti et al., 2000; Kamuhabwa et al., 2001). Le sue particolari caratteristiche spettroscopiche, descritte più avanti, e la sua fotostabilità fanno guardare anche a un suo possibile impiego come strumento diagnostico, in particolare nella rivelazione delle neoplasie degli organi cavi come lo stomaco (Melnik et al., 1996) e la vescica (D’Hallewin et al., 2000).

L’ipericina assorbe la luce sia nell’ultra-violetto che nel visibile fino a lunghezze d’onda di 600nm circa. In soluzioni acquose si trova sottoforma di aggregati polidispersi e, nella regione del visibile, presenta due picchi di assorbimento massimo, uno maggiore intorno ai 550 nm e uno leggermente inferiore a 600 nm circa (fig 18, spettro blu). Quando si trova in forma monomerica, come quando è disciolta in solventi organici come l’etanolo e il DMSO (dimetilsulfossido), oppure quando è legata a substrati anfifilici come le membrane e alcune proteine, lo spettro d’assorbimento subisce notevoli modifiche. I picchi si spostano leggermente verso il blu, aumentano di intensità e si invertono: quello a 600 nm diventa decisamente maggiore rispetto a quello a 550 nm (fig 18, spettro rosso).

Anche le proprietà di fluorescenza sono di rilevante interesse. Infatti, se eccitata a lunghezze d’onda intorno ai 550 nm, quando è in forma aggregata, l’ipericina non fluoresce. Se eccitata alla stessa lunghezza d’onda quando è in forma monomerica, essa emette un intenso segnale di fluorescenza con un massimo assoluto a 600 nm e un massimo relativo a 650 nm (fig 19).

0 0.1 0.2 0.3 300 350 400 450 500 550 600 650 700 Lunghezza d'onda (nm ) A sso rb an z a

Fig 18. Spettro d’assorbimento dell’ipericina sotto forma di aggregati polidispersi (spettro blu) e in forma monomerica (spettro rosso).

0 50 100 150 550 600 650 700 750 Lunghezza d'onda (nm) IF

Fig 19. Spettro di fluorescenza dell’ipericina in forma monomerica (λexc = 550 nm).

Queste peculiari caratteristiche spettroscopiche rendono l’ipericina particolarmente adatta per un suo utilizzo come sonda fluorescente.

BASI CONCETTUALI DI SPETTROSCOPIA OTTICA

1. Introduzione

Le tecniche spettroscopiche rappresentano un mezzo d’indagine di grande interesse nello studio delle macromolecole biologiche quali DNA, proteine e pigmenti .

Quando una radiazione elettromagnetica monocromatica incide su di un campione i fotoni della radiazione possono interagire (assorbimento o scattering) o non interagire con la materia di cui è costituito il campione. I fotoni assorbiti possono essere riemessi come radiazione di frequenza più bassa di quella incidente (fluorescenza o fosforescenza) o dare origine a reazioni chimiche che modificano la struttura del campione. La quantità di radiazione assorbita dal campione viene normalmente misurata in funzione della frequenza della radiazione incidente ottenendo così lo spettro di assorbimento del campione.

Le molecole, così come gli atomi, presentano una serie caratteristica di livelli energetici in corrispondenza delle possibili distribuzioni elettroniche (orbitali molecolari) e le transizioni di un elettrone da un livello elettronico all’altro forniscono i così detti spettri elettronici; poiché ogni stato elettronico è caratterizzato da più livelli di energia vibrazionale, ne segue che una transizione elettronica si presenta come una serie di bande in corrispondenza dei vari livelli vibrazionali che possono essere raggiunti dalla molecola.

Le transizioni elettroniche sono caratterizzate da lunghezze d’onda fra i 100-400 nm (lontano e vicino ultravioletto), 400-750 nm (visibile) e 750-1500 nm (vicino infrarosso). Comunemente si parla in generale di spettri UV-visibile per quelli registrati nell’intervallo 200-800 nm, e poiché in tale ragione assorbono energia moltissime molecole di interesse biologico (aminoacidi, nucleotidi, pigmenti ecc.), la spettroscopia UV-visibile rappresenta una delle tecniche standard più utilizzate per lo studio di problematiche di interesse biologico.

Le transizioni elettroniche sono regolate dal principio di Frank-Condon. Questo principio stabilisce che le transizioni elettroniche avvengano in un tempo, dell’ordine dei 10-15 secondi, tale per cui le distanze internucleari in una molecola si possono ritenere immutate mentre l’elettrone passa da un orbitale all’altro. Ciò è dovuto al fatto che il moto degli elettroni è di circa 1000 volte più veloce di quello degli atomi e quindi, durante la transizione elettronica, i nuclei mantengono praticamente la stessa velocità e posizione relativa per cui i riarrangiamenti nucleari avvengono dopo e non durante la transizione. La molecola eccitata perde energia vibrazionale (rilassamenti vibrazionali, in tempi dell’ordine di 10-14-10-12 s) cedendola all’ambiente sotto forma di calore, fino ad assumere in genere l’energia corrispondente al livello vibrazionale più basso dello stato eccitato. A questo punto, per tornare allo stato elettronico fondamentale esistono meccanismi diversi che dipendono dalla struttura della molecola stessa:

1) Fluorescenza che generalmente avviene in un tempo dell’ordine di 10-9-10-8 secondi. In questo caso la molecola torna allo stato fondamentale attraverso l’emissione di un fotone.

2) Rilascio nell’ambiente dell’energia sotto forma di calore. Questo avviene quando, in una molecola poliatomica, le superfici di energia potenziale corrispondenti ai vari legami della molecola si sovrappongono e presentano una serie di stati aventi energia vibrazionale senza soluzione di continuità, fra lo stato elettronico eccitato e quello fondamentale, per cui la molecola si diseccita completamente senza l’emissione di un fotone. Questi processi di diseccitazione non radiativi sono solitamente definiti processi di conversione interna.

3) Fosforescenza che generalmente avviene in tempi dell’ordine di 10-6-10-2 secondi. In questo caso, il ritorno allo stato fondamentale richiede l’emissione di un fotone

con inversione di spin e ciò ha una probabilità molto bassa di avvenire (transizione di dipolo elettrico proibita per le regole di selezione per lo spin).

Oltre a queste transizioni è da tenere presente la possibilità di deattivazione dello stato eccitato mediante reazione chimica della specie eccitata, trasferimento di energia alla Föster o per eccitoni, trasformazioni fotoindotte come trasferimento di carica o fotoisomerizzazioni.

Il diagramma di Perrin-Jablonski (fig 20) schematizza le principali vie di diseccitazione per la molecola.

Fig 20. Diagramma di Perrin-Jablonski. A assorbimento; VR rilassamenti vibrazionali; IC conversione interna; ISC “intersystem crossing”; F fluorescenza; P fosforescenza. Le frecce al lato indicano lo stato di spin della molecola (Lenci et al., 2005).

2 Spettroscopia di assorbimento

Lo stato fondamentale delle molecole poliatomiche è uno stato di singoletto (S0) con spin totale uguale a zero tranne rare eccezioni (ad esempio la molecola di ossigeno, 3

L’assorbimento avviene tipicamente a partire dal più basso livello vibrazionale dello stato elettronico fondamentale (S00). Dopo l’assorbimento di un fotone, la molecola è promossa ad uno stato eccitato di singoletto (Sij dove i rappresenta il livello elettronico e j il livello vibrazionale), con una probabilità che dipende dalla natura della distribuzione elettronica delle cariche di entrambi gli stati, cioè dalla natura degli orbitali coinvolti, e dalla struttura molecolare, in particolare dalla sua simmetria. La possibilità di eccitare la molecola direttamente ad uno stato di tripletto, quindi con un cambiamento di spin, è estremamente bassa e in generale non è osservata.

Nella misura sperimentale dell’assorbimento si paragonano normalmente l’intensità I0 della radiazione incidente con l’intensità I della radiazione trasmessa. Il rapporto

0

I

I dipende dallo spessore, dalla natura e dalla concentrazione del mezzo assorbente; per un campione di cammino ottico l (misurato in cm) e concentrazione uniforme c (moli/litro), la relazione fra I e I0 è data dalla legge di Lambert-Beer:

l

010

c

I I = −ε

dove ε rappresenta il coefficiente di estinzione molare (litro/moli× cm).

3 Spettroscopia di fluorescenza

La spettroscopia di fluorescenza si basa sul fatto che un certo numero di atomi, molecole e cristalli emettono luce con uno spettro caratteristico, immediatamente dopo essere stati eccitati da una radiazione luminosa.

La fluorescenza proviene generalmente da transizioni radiative tra S10 ed i vari livelli vibrazionali di S0, questo indipendentemente da quale livello sia stato eccitato dato che, come è gia stato detto, la conversione interna ed il rilassamento vibrazionale sono

processi molto più veloci della fluorescenza. Si possono così comprendere alcune caratteristiche generali della luce emessa da molecole eccitate:

i) Come appare chiaramente dal diagramma di Perrin-Jablonski, l’energia dell’emissione è tipicamente più bassa dell’energia di assorbimento (shift di Stokes), cioè lo spettro di emissione della fluorescenza è pressoché completamente localizzato a lunghezze d’onda maggiori rispetto allo spettro di assorbimento. In aggiunta i fluorofori possono esibire un incremento dello Stoke’s shift dovuto per esempio alla riorganizzazione del solvente e/o a reazioni dello stato eccitato come per esempio fotocomplessazioni o trasferimenti energetici.

ii) La distribuzione spettrale dell’emissione (misurata dopo l’eccitazione ad una singola lunghezza d’onda costante) è usualmente indipendente dalla lunghezza d’onda d’eccitazione selezionata. Questo è generalmente comprensibile osservando che dopo l’eccitazione ad un più alto livello elettronico e vibrazionale, l’eccesso di energia è rapidamente dissipato nel solvente, mandando così il fluoroforo nel più basso S10, dal quale avviene la fluorescenza. In questo modo lo spettro di fluorescenza è sempre il set di transizioni S10→S0n permesse, indipendenti dalla lunghezza d’onda di eccitazione.

iii) Lo spettro di emissione è solitamente l’immagine speculare delle bande di assorbimento S0→S1, non dell’intero spettro di assorbimento. Infatti la probabilità che avvenga una particolare transizione di assorbimento vibrazionale tra il livello zero di S0 e l’ennesimo livello vibrazionale di S1 (S00→S1n) è più o meno uguale alla probabilità di una “corrispondente” transizione di emissione (S10→S0n con sovrapposizione quasi identica delle funzioni d’onda vibrazionali iniziali e finali).

4 Dicroismo circolare

La maggior parte delle molecole sintetizzate dagli organismi viventi sono otticamente attive, sono cioè capaci di ruotare il piano di polarizzazione di un fascio di luce polarizzata linearmente. La luce polarizzata linearmente può essere considerata come composta da luce polarizzata circolarmente destra sovrapposta a luce polarizzata circolarmente sinistra, entrambe con uguale intensità (fig 21a). Il dicroismo circolare (CD) misura la differenza tra l’assorbimento della luce polarizzata circolarmente a sinistra e quella polarizzata circolarmente a destra. Quando la luce polarizzata linearmente incontra un campione otticamente attivo, con un diverso assorbimento per le due componenti di luce polarizzata circolarmente (εD≠ εS), i due raggi che emergeranno dal campione non

avranno più la medesima intensità. In seguito alla ricombinazione dei due raggi otterremo quindi non più luce polarizzata linearmente, bensì luce polarizzata ellitticamente (fig 21b).

Dagli spettri di dicroismo circolare si possono ottenere informazioni riguardanti la struttura secondaria di proteine e polipeptidi in soluzione e sugli effetti che temperatura, tipo di solvente, interazioni con altre macromolecole, possono avere sulla conformazione di dette molecole.

Fig 21. a) Luce polarizzata linearmente, pari alla somma di due componenti uguali polarizzate circolarmente destra e sinistra. I due vettori elettrici (ED e ES), ruotanti in senso opposto, danno luogo ad un vettore

1 Materiali

I peptidi sintetici β-amiloidi 1-40 ed 1-42 (purezza >95%) sono stati forniti dalla Biopeptide Co. (San Diego, CA), l’ipericina dalla Carl Roth GmbH & Co (Karlsruhe, Germany), l’etanolo dalla Baker, l’acido trifluoroacetico (TFA) dalla Fluka. L’α-cristallina, i sali per la preparazione del PBS(Phosphate Buffer Saline), la tioflavina T (ThT), e il sodio azide sono stati acquistati presso la Sigma Chemical Co. (St. Louis, MO). Tutti i prodotti sono stati utilizzati senza ulteriore purificazione.

2 Preparazione dei campioni

Uno degli inconvenienti di maggior rilievo durante lo studio dei peptidi amiloidogenici è costituito dalla possibile presenza, nel prodotto iniziale liofilizzato, di aggregati in grado di accelerare la cinetica di aggregazione. Questi possono, infatti, costituire dei centri di nucleazione ai quali si aggregano altri monomeri (o probabilmente anche oligomeri) imponendo forte variabilità e accelerazione al processo di fibrillogenesi. Se i peptidi liofilizzati vengono solubilizzati in una soluzione tampone a pH fisiologico, questi aggregati non si sciolgono e si distribuiscono in maniera disomogenea nelle provette, determinando per ciascun campione una variabilità nelle condizioni iniziali che, come accennato sopra, si traduce in una bassa riproducibilità sperimentale (Nilsson, 2004). Tenendo conto di questi fatti, le prime misure sono state eseguite su campioni di peptidi β-amiloidi sottoposti al seguente pretrattamento. I peptidi venivano disciolti in acido trifluoro acetico (TFA) 100% alla concentrazione di 1mg/0.4ml. Dopo aver agitato la soluzione per circa 3 ore a una temperatura di 5°C, veniva aggiunta acqua millipore in modo da ottenere una diluizione 1:10. Il campione veniva poi suddiviso in aliquote di volume noto, introdotto in provette eppendorf, centrifugato per 12 ore sotto vuoto e

mantenuto a -20°C fino al momento della misura. Anche se il trattamento con acidi forti come il TFA è un metodo usato molto spesso per ovviare al problema accennato in precedenza, dopo l’aggiunta di soluzioni tampone fisiologiche, il pH del microambiente dei peptidi passa da fortemente acido (pH = ~2) a neutro. Il pH della preparazione passa dunque attraverso il punto isoelettrico del β-amiloide (pI = 5.5), dove la tendenza alla precipitazione ed all’aggregazione del peptide è massima (Fezoui et al., 2000). Tenendo conto di questo problema e del fatto che la completa dissociazione di aggregati peptidici può avvenire anche a valori di pH basici, le misure successive sono state effettuate seguendo una procedura di preparazione diversa. I peptidi venivano disciolti in una soluzione acquosa di NaOH a pH = 10.5 e sonicati per 10 minuti a 35 kHz in un bagno ad ultrasuoni (Elma, D). Il campione, come nel metodo precedente, era poi suddiviso in aliquote di volume noto, centrifugato per 12 ore sotto vuoto e mantenuto a -20°C.

Al momento della misura, a ciascuna provetta eppendorf contenente il βA veniva aggiunta una quantità di PBS (pH = 7.4, NaCl 120mM, K2HPO4 10mM, KH2PO4 10mM, KCl 2,7mM, sodio azide 0,02%) opportuna, a seconda della concentrazione che si voleva ottenere. La presenza del sodio azide permette di limitare sensibilmente le contaminazioni batteriche e quindi di evitare falsi positivi nei test con la tioflavina T causati dal legame del colorante con la parete batterica (Nilsson, 2004). Per ridurre al minimo la presenza di impurità e aggregati di grandi dimensioni prima di ciascuna misura veniva, inoltre, effettuata un’ultrafiltrazione centrifugando per 10 minuti a 5000g con filtri Nanosep con porosità di 0.2 µm (Pall).

Per quanto riguarda le misure su campioni in presenza di ipericina, poiché questa è una molecola anfifilica con una bassa solubilità in soluzione acquosa dove forma aggregati polidispersi, veniva preparata una soluzione madre in cui l’ipericina era disciolta in

etanolo, a una concentrazione di 2 X 10-4 M. Piccole aliquote venivano aggiunte al campione in modo da ottenere una concentrazione finale di 2 X 10-6 M in cui il rapporto tra etanolo e PBS era 1% (vol/vol). Misure di controllo hanno permesso di escludere un effetto dell’etanolo, a queste concentrazioni, sulla cinetica di aggregazione dei peptidi β-amiloidi.

L'α-cristallina è una proteina idrosolubile e, quindi, veniva direttamente disciolta in PBS e aggiunta ai campioni ottenendo concentrazioni finali che variavanotra 0,5 mg/ml e 0.01 mg/ml.

3 Strumentazione

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