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La funzione del secondo capitolo è quella di esaminare da vicino i vari ceti sociali che di volta in volta sostennero il partito popolare e in favore dei quali furono rivolte le rivendicazioni dei capi del movimento. I contributi moderni in questa direzione non sono molti; ogni tentativo di approfondire l'analisi si trova di fronte alla difficoltà di definire che cosa si intenda con espressioni generiche di uso consueto come plebe rurale e plebe urbana; per la seconda in particolare il giudizio degli storici moderni è confuso e indeterminato e il termine «proletariato» viene esteso a gruppi sociali assai diversi tra loro. Le difficoltà di un'indagine in questo senso derivano dunque dalla lacunosità e dalla genericità delle fonti antiche. Spesso si presuppone che la base del movimento democratico fosse costituita solo dalla plebe urbana, ma la formula è troppo generica, sia per la natura composita della plebe urbana stessa, sia perché questa posizione trascura la presenza di altre componenti non meno importanti. Al centro di questo lavoro vi è l'interesse nei confronti del fenomeno associativo che negli ultimi 150 anni della ricerca antichistica è riemerso costantemente con la pubblicazione di una serie di ricerche piuttosto rilevanti. Il diritto associativo fu sempre, come si vedrà, fenomeno sensibile a tutti gli spostamenti del quadro politico e va dunque considerato in funzione del momento politico-sociale.

1.1 La plebe rurale: base fondamentale del partito democratico

La plebe rurale155 da antico tempo costituì la base fondamentale del partito democratico; essa era formata principalmente da piccoli proprietari terrieri. In genere si tende

155

A questo proposito si vedano Perelli, Il movimento popolare, cit., pp. 229-243; Nicolet, Strutture, cit., pp. 117- 168. Ed inoltre sulla partecipazione della plebe rurale alla vita politica, R. T. Ridley, Notes on the Establishment

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a far partire da Tiberio Gracco la nascita o meglio la rinascita del movimento democratico, ma la sua iniziativa non sorge dal nulla ed ha dei precedenti che attestano, da un lato, l'incipiente ripresa del movimento democratico e dall'altro l'esistenza di difficoltà economico-sociali.

La rinascita è attestata dall'approvazione delle leggi per il voto segreto156, nel 139 per l'elezione dei magistrati, ad opera del tributo della plebe Quinto Gabinio, nel 137 per il voto nei giudizi popolari, ad opera del tribuno Lucio Cassio; le leggi passarono, nonostante l'opposizione dell'aristocrazia. Forse a queste proposte non furono estranei vecchi giochi di fazione della nobiltà: Cicerone infatti dice che la legge Cassia fu presentata per istigazione di Scipione Emiliano157. Scipione apparteneva alla fazione relativamente illuminata della nobiltà, e probabilmente si preoccupava del deterioramento della situazione economico- sociale, cercando di venire incontro alle esigenze dei ceti plebei con moderate riforme; all'appoggio dato alla legge Cassia si può ricollegare una proposta di riforma agraria avanzata nel 140 dal suo amico Gaio Lelio, riforma di cui non si conosce il contenuto, ma che probabilmente era ispirata da ragioni di carattere demografico militare e mirava a rinsanguare la classe dei piccoli proprietari che avevano costituito un tempo il nerbo dell'esercito romano. Comunque la riforma doveva essere di portata assai limitata, se si pensa che poi Scipione Emiliano prenderà posizione contro Tiberio, nonostante la stretta parentela dei due; tuttavia essa fu ritirata per l'opposizione della maggioranza dei senatori, minacciati nei loro interessi.

È probabile che la rinascita del movimento democratico sia da collegarsi con una situazione di crisi economico-sociale: essa è connessa con la crisi della piccola proprietà agricola nel II secolo e con l'intento di Tiberio di ridare consistenza all'antica base dei democratici. La plebe rurale al tempo dei Gracchi è costituita dai piccoli proprietari, cui le dimensioni del fondo non consentono di avere mezzi adeguati di sussistenza, da coloni, braccianti salariati agricoli; solo una piccola parte della plebe urbana, immigrata dalle campagne era interessata al programma di Tiberio Gracco.

L'adesione della plebe rurale al partito popolare nell'ultimo secolo della Repubblica era motivata dalla speranza di ottenere, attraverso leggi agrarie e coloniarie, l'assegnazione di un fondo che offrisse un reddito adeguato alle sue necessità di vita. I piccoli proprietari rurali

Partecipation in the Centuriate Assembly of the Late Republic, «JRS», 82 (1992), pp. 32-52; Mouritsen, Plebs,

cit., pp. 128-148; N. Horsfall, The Cultural Horizons of the Plebs Romana, «MAAR» 41 (1996), pp. 101-119. 156

Per un approfondimento su questi provvedimenti inerenti il voto segreto, le leges tabellariae, si potrà vedere P. Bicknell, Marius, the Metelli, and the lex Maria Tabellaria, «Latomus», 28 (1969), pp. 327-348;N.D. Luisi,

Sul problema delle tabelle di voto nelle votazioni legislative: contributo all'interpretazione di Cic. ad Att. 1.14.5,

«Index», 23 (1995), pp. 419-452; R. Feig Vishnia, Written ballot, secret ballot and the iudicia publica: a note on

the leges tabellariae (Cicero, De legibus 3.33-39), «Klio», 90 (2008), pp. 334-346.

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Cic., Leg., III, 37: Nam Cassiae legis culpam Scipio tuus sustinet, quo auctore lata esse dicitur; tu si

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erano interessati altresì alla questione dei debiti; del resto la tradizione attribuisce al problema dei debiti dei piccoli contadini l'inizio della lotta della plebe contro i patrizi nel V secolo.

Caio Gracco cercò di aggiungere alla plebe rurale il sostegno della plebe urbana, con la legge frumentaria e con la fondazione di colonie oltremare che interessassero anche i ceti intermedi della popolazione cittadina, ma la sua base principale rimase ancor sempre la plebe rurale. Essa, sia pure composta in buona parte dai veterani di Mario, fu anche il sostegno essenziale di Saturnino; più tardi i moti insurrezionali di Lepido e Catilina furono alimentati quasi esclusivamente da contadini poveri delle campagne italiche. Ancora nel 59 Cesare riuscì a vincere la strenua opposizione del Senato alle leggi agrarie grazie all'appoggio dei veterani di Pompeo di estrazione rurale; le sue leggi non erano rivolte solo a beneficio dei veterani, ma anche della plebe rurale povera. Dopo la vittoria nella guerra civile, Cesare si preoccuperà di alleviare la condizione dei contadini poveri con la fondazione delle colonie oltremare, a cui parteciparono i suoi veterani.

La plebe rurale dunque rimane la base essenziale e più stabile del movimento popolare fino alla fine della Repubblica, anche se indubbiamente negli ultimi tempi il peso della plebe urbana andò crescendo. I problemi sociali più gravi erano sempre quelli che affliggevano le campagne romane e italiche, e ad essi i capi dei populares rivolsero la loro attenzione in misura preminente, pur senza riuscire a trovare una soluzione durevole alla crisi di struttura della società agricola. Da un punto di vista utilitaristico la plebe rurale offriva ai capi dei populares una base più solida di quella urbana, perché relativamente libera da legami clientelari con la nobiltà; questa libertà era più sicura se congiunta con l'indipendenza economica, di qui l'interesse dei democratici a ricostituire la classe dei piccoli proprietari.

È opinione corrente che la classe dei proprietari terrieri fosse per sua natura conservatrice; questo però nella società romana vale per la proprietà grande e media; i piccoli proprietari erano in posizione antagonistica rispetto ai latifondisti e speravano nell'appoggio del partito popolare; quest'ultimo del resto a Roma non aveva programmi eversivi di ridistribuzione delle terre, programmi che avrebbero spaventato anche i piccoli proprietari, ma si limitava ad assicurare ai contadini il possesso indisturbato di un fondo tale da fornire i mezzi di sussistenza.

La difficoltà principale che impediva alla plebe rurale di costituire una base di appoggio permanente alle iniziative dei capi populares era la residenza più o meno lontana da Roma; se i tribuni della plebe, o comunque i promotori di proposte di legge popolari, riuscivano a mobilitarla e a farla affluire a Roma in occasione della votazione di leggi importanti che toccavano i suoi interessi vitali, era difficile tenerla in permanenza nella

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capitale, per prevenire le controffensive degli ottimati specie nei periodi di grandi lavori agricoli; i Gracchi e Saturnino erano stati eliminati perché nel momento culminante della lotta venne a mancare loro il sostegno del grosso della plebe rurale e gli ottimati ne approfittarono per eliminarli con la violenza.

Dal punto di vista delle strutture sociali la plebe rurale si colloca al di sotto dei senatori, dei cavalieri e della plebe urbana. Al di sotto dei grandi e grandissimi proprietari c'era innanzitutto tutta una gerarchia di piccoli e medi proprietari, anche se nelle campagne si sarebbero potuti incontrare anche altri gruppi sociali. Nell'Italia rurale del II secolo c'era da sempre la presenza una manodopera servile senza terra: coloni, cioè mezzadri o fattori, lavoratori salariati a tempo pieno o stagionale, singoli o raggruppati in squadre, che lavoravano per gli appaltatori di manodopera.

È impossibile valutare l'importanza della popolazione appartenente a questi gruppi sociali, per il fatto che talvolta era fluttuante all'interno di una stessa regione; è probabile tuttavia che fosse essa a costituire la massa dell'esodo rurale verso la città, come attestato da Sallustio158. Malgrado l'afflusso verso la città, le campagne contenevano ancora, nel I secolo, una popolazione rurale libera senza risorse o con un livello di vita molto basso.

È significativo che le grandi insurrezioni e le guerre civili di quest'epoca, in Italia come in Sicilia, avessero riunito sia schiavi fuggitivi che uomini liberi la cui condizione non era diversa dalla loro. Gli autori di insurrezioni armate, come la congiura di Catilina, cercavano dunque di trovare in questo elemento della popolazione uomini da arruolare. Il seguito più consistente di Catilina infatti era costituito dalla plebe rurale italica, la più colpita dalla proscrizioni sillane; alla sofferenza dei contadini spodestati e ridotti alla precaria esistenza di braccianti agricoli, si aggiungevano le cattive condizioni di molti coloni sillani, costretti a indebitarsi perché il fondo a loro assegnato non offriva la possibilità di trarre sufficienti mezzi di sussistenza; l'accusa mossa dagli avversari che questi veterani erano falliti

158 Sall., Cat., 37: Nam semper in civitate, quibus opes nullae sunt, bonis invident, malos extollunt, vetera odere,

nova exoptant, odio suarum rerum mutari omnia student, turba atque seditionibus sine cura aluntur, quoniam egestas facile habetur sine damno. Sed urbana plebes, ea vero praeceps erat de multis causis. Primum omnium, qui ubique probro atque petulantia maxume praestabant, item alii per dedecora patrimoniis amissis, postremo omnes, quos flagitium aut facinus domo expulerat, ii Romam sicut in sentinam confluxerant. Deinde multi memores Sullanae victoriae, quod ex gregariis militibus alios senatores videbant, alios ita divites, ut regio victu atque cultu aetatem agerent, sibi quisque, si in armis foret, ex victoria talia sperabat. Praeterea iuventus, quae in agris manuum mercede inopiam toleraverat, privatis atque publicis largitionibus excita urbanum otium ingrato labori praetulerat. Eos atque alios omnis malum publicum alebat. Quo minus mirandum est homines egentis, malis moribus, maxuma spe, rei publicae iuxta ac sibi consuluisse. Praeterea, quorum victoria Sullae parentes proscripti, bona erepta, ius libertatis inminutum erat, haud sane alio animo belli eventum exspectabant. Ad hoc, quicumque aliarum atque senatus partium erant, conturbari rem publicam quam minus valere ipsi malebant. Id adeo malum multos post annos in civitatem revorterat.

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per gli sperperi e l'amore per l'ozio punta su luoghi comuni moralistici dettati da spirito partigiano, mentre le vere ragioni stanno nella crisi economica e sociale delle campagne159.

Non è un caso che l'unico esercito organizzato dai Catilinari si fosse formato in Etruria, la regione più colpita dalle proscrizioni sillane, dove già vi era stata l'insurrezione al tempo di Lepido. Il capo dell'esercito degli insorti etruschi, Caio Manlio, ex centurione sillano, quando rivolge il suo messaggio a Marcio Rege, parla a nome dei coloni indebitati. Oltre che in Etruria, Catilina contava su aderenti in Apulia, nel Piceno, in Umbria e nella Gallia Cisalpina, dove mandò degli emissari per suscitare la ribellione160. Cicerone ammette che i depravati e i malvagi coloni sillani riuscirono ad attirare nella congiura anche nonnullus agreste homines tenues atque egentes facendo balenare la speranza di una rapina pari a quella compiuta da loro al tempo di Silla161. Non vi sono dubbi dunque che la maggioranza dei seguaci di Catilina appartenesse alla plebe rurale, è più difficile invece valutare l'atteggiamento della plebe urbana nei suoi confronti.

1.2 La plebe urbana: ricostruzione della realtà sociale e politica

Inizialmente la plebe urbana162 diede scarso apporto al partito democratico; Caio Gracco per conquistarsi il suo favore aveva istituito le frumentationes a cura dello stato e le

159 Brunt, Classi e conflitti, cit., p. 190. 160

Sall, Cat., 27, 1: Igitur C. Manlium Faesulas atque in eam partem Etruriae, Septimium quendam Camertem

in agrum Picenum, C. Iulium in Apuliam dimisit, praeterea alium alio, quem ubique opportunum sibi fore credebat.; 42, 1: Isdem fere temporibus in Gallia citeriore atque ulteriore, item in agro Piceno, Bruttio, Apulia motus erat. Sul problema, con particolare riferimento alla situazione del Piceno, cf. V.A. Sirago, I catilinari piceni, «Picus», 2 (1982), pp. 69-85; piu in generale R. Stewart, Catiline and the Crisis of 63-60 B.C.: the Italian Perspective, «Latomus», 54 (1995), pp. 62-78.

161

Cic., Cat. II, 20: Tertium genus est aetate iam adfectum, sed tamen exercitatione robustum; quo ex genere iste

est Manlius, cui nunc Catilina succedit. Hi sunt homines ex iis coloniis, quas Sulla constituit.

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Per un approfondimento sul concetto di plebe urbana si rimanda a Z. Yavetz, The living conditions of the

Urban plebs in Republican Rome, «Latomus», 17 (1958), pp. 500-517; Z. Yavetz, Plebs sordida, «Athenaeum»,

43 (1965), pp. 295-311; Brunt, The Roman mob, cit., pp. 3-27; L. Havas, The plebs Romana in the late 60's

B.C., I, «ACD», 15 (1979), pp. 23-33; Nicolet, Strutture, cit., pp. 117-168; W. Nippel, Die plebs urbana und die Rolle der Gewalt in der späten römischen Republik, «Vom Elend der Handarbeit. Probleme historischer Unterschichtenforschung», a cura diH. Mommsen – W. Schulze, Stuttgart 1981, pp. 70-92; A. Rini, La plebe urbana a Roma dalla morte di Cesare alla sacrosancta potestas di Ottaviano, «Epigrafia e territorio. Politica e società. Temi di antichità romane», a cura di M. Pani, Bari 1983, pp. 161-190;B. Kühnert, Populus Romanus und sentina urbis: zur Terminologie der plebs urbana der späten Republik bei Cicero, «Klio», 71 (1989), pp.

432-441; Ead., Ead, Zur sozialen Mobilität in der späten römischen Republik: plebs und ordo equester, «Klio», 72 (1990), 1, pp. 151-159;Ead., Die plebs urbana der späten römischen Republik. Ihre ökonomische Situation

und soziale Struktur, Berlin 1991; N. Purcell, The City of Rome and the plebs urbana in the Late Republic,

«CAH», IX, Cambridge 1994, pp. 644-688; W. Nippel, Die plebs urbana und die politische Gewalt in der späten

Republik im Spiegel der jüngeren französischen und deutschen Forschung, «Die späte römische Republik. La fin de la république romaine. Un débat franco-allemand d’histoire et d’historiographie», a cura di H. Bruhns – J.-

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diede lavoro e sistemazioni redditizie con la costruzione di opere pubbliche e la fondazione di colonie. Anche al moto di Lepido la plebe urbana non aveva dato la sua adesione; bisogna arrivare al 67 per trovare energici interventi della plebe cittadina a sostegno delle leggi che conferivano a Pompeo poteri straordinari e della legge Manilia sulla distribuzione di liberti nelle tribù. Catilina cercò di attirare dalla sua parte la plebe urbana che in un primo tempo sembrava gli fosse favorevole, ma poi lo abbandonò quando credette che i suoi piani fossero troppo eversivi. Con Clodio culmina il processo di crescente adesione della plebe urbana alla causa popularis; organizzata e mobilitata dal tribuno, essa diventa la protagonista assoluta del movimento popolare fino alla morte di Clodio e anche oltre fino ai disordini provocati dalle misure sui debiti proposte da Celio e ai tumulti dopo l'uccisione di Cesare.

Il mutato atteggiamento della plebe urbana verso il movimento popolare nell'ultimo secolo della Repubblica è da porsi in relazione alla sviluppo demografico e alle trasformazioni nel tessuto sociale interno alla plebe stessa. In sostanza, il cambiamento è collegato alla impossibilità da parte dei nobili di controllare, con il sistema clientelare, la popolazione urbana, nel momento in cui la capitale diventa una metropoli dalla composizione eterogenea. Nel II secolo essa è inscritta in gran parte nelle clientele nobiliari e dai suoi ranghi provengono gli squadristi che soffocano le iniziative popolari rivolte generalmente a favore della plebe rurale. La cosiddetta plebe urbana che si oppone a Caio Gracco, a Saturnino e a Sulpicio Rufo non interpreta in realtà presunti interessi del popolo cittadino in antitesi alla popolazione rurale e italica, ma è composta da persone al servizio dei nobili che, per denaro o in cambio di favori, mette a disposizione le sue braccia contro le rivendicazioni dei populares163.

Questa parte della plebe urbana asservita alla classe dirigente, che i conservatori chiamano integra e sana, non scompare nell'età di Cicerone, ma rimane in minoranza rispetto alla plebe che si è sganciata dalla sudditanza clientelare, tanto che gli ottimati, per fronteggiare i clodiani, devono ricorrere a gladiatori professionisti, essendo ormai insufficienti le squadre di clienti. L'aumento della popolazione cittadina era la causa più evidente della trasformazione politica della plebe; da un lato l'afflusso di contadini disoccupati o sottoccupati dalle campagne italiche, dall'altro il numero crescente dei liberti che acquistavano la cittadinanza ed entravano nella vita politica, creavano condizioni difficili,

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Sul problema, con particolare riferimento all’episodio di Saturnino, si veda H. Schneider, Die politische Rolle

der Plebs urbana während der Tribunate des L. Appuleius Saturninus, «AncSoc», 12-14 (1982-1983), pp. 193-

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anche se molti immigrati dalle campagne venivano attirati dall'elargizioni dell' aristocrazia164. Inoltre i popolari avevano contribuito con le loro iniziative a sottrarre la plebe urbana al vincolo clientelare, ad esempio con l'introduzione del voto segreto e le pubbliche frumentationes che facevano concorrenza alle elargizioni private dei nobili.

Una valutazione della presa di posizione politica della plebe urbana esige un'analisi delle stratificazioni sociali al suo interno. Al sommo della scala ci sono i negotiatores, banchieri, finanzieri, affaristi e commercianti all'ingrosso, che non appartengono all'ordine equestre, ma sono legati ad esso e ai circoli senatoriali165. Lo strato più elevato di questi negotiatores appartiene all'ordine equestre: esso può parlare della sua dignitas. Malgrado il possesso assai frequente di proprietà fondiarie, questi uomini svolgono attività essenzialmente finanziarie e mercantili: il loro comportamento è sostanzialmente fondato sul calcolo del profitto, come per esempio coloro che speculano in caso di carestia sul prezzo dei cereali166, la loro cultura inoltre è già quella dei mercanti. Non si tratta solo di alcuni individui isolati: questo strato sociale ha dei comportamenti collettivi, si riunisce in gruppi e nelle province questi gruppi sono istituzionalizzati: sono i conventus di negozianti e mercanti che hanno locali ed edifici in comune. Si può anche definire un livello sociale particolare caratterizzato da stretti legami con l'ordine equestre e i circoli senatori in base al traffico di denaro e delle mercanzie più importanti, che non hanno prodotti di lusso, in base alla ricchezza.

Lo strato inferiore è rappresentato dall'insieme di artigiani e commercianti meno importanti o meno imparentati con famiglie importanti e dalla massa di mercanti o armatori, possessori di una o due navi, che si incontrano nei grandi porti. Queste persone, sebbene possano a volte realizzare notevoli profitti, sono più modeste: «uomini modesti, nati da famiglia oscura attraverso i mari, approdano in luoghi che non hanno mai visto, dove non conoscono nessuno, pieni di fiducia nel titolo di cittadino credono di essere al sicuro»167. Questo ceto medio della plebe urbana è interessato al problema dei debiti e a quello degli

164 Sall., Cat., 37: si veda la nota 2.

165 Cf. C. Feuvrier-Prévotat; Negotiator et mercator dans le discours cicéronien: essai de définition, «DHA», 7

(1981), pp. 367-405; P. Kneissl, Mercator - negotiator. Römische Geschäftsleute und die Terminologie ihrer

Berufe, «MBAH», 2 (1983), 1, pp. 73-90; G. García Brosa, Mercatores y negotiatores: ¿simples comerciantes?

«Pyrenae», 30 (1999), pp. 173-190; J. Andreau, Les commerçants, l'élite et la politique romaine à la fin de la

République (IIIe-Ier siècles av. J.C.), «Mercanti e politica e nel mondo antico», a cura di C. Zaccagnini, Roma

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