2.1 La figura di Publio Clodio Pulcro
La morte di Catilina non segnò una fase di arresto del movimento popolare, come era invece avvenuto dopo la fine dei Gracchi e di Saturnino, anche se coloro che in quel momento erano considerati i capi e gli ispiratori dei populares, ossia Crasso e Cesare, si affrettarono ad escludere ogni loro responsabilità nella congiura e offrirono la loro collaborazione a Cicerone, fornendogli informazioni utili a smascherare gli autori del complotto e a provarne le intenzioni delittuose. A seguito dell’atteggiamento prudente di Cesare e Crasso, la leadership fu assunta da Publio Clodio Pulcro372, appartenente ad una famiglia non comune: la gens Claudia, stirpe potentissima che vantava origini e gesta gloriose risalenti agli albori della repubblica. Clodio mirò a dominare la vita politica valendosi dell’appoggio della plebe urbana e attribuendo all’assemblea popolare il potere decisionale in tutti i campi dell’azione di governo. L’affermazione della sovranità popolare e la limitazione dei poteri del senato erano principi che risalivano ai grandi capi popolari, ai Gracchi e a Saturnino: la principale novità introdotta da Clodio fu l’aver puntato esclusivamente sulla plebe urbana, trascurando la plebe rurale e i ceti intermedi, e l’aver saputo darle una solida organizzazione, capace di fronteggiare efficacemente la violenza dell’oligarchia.
Gli studiosi moderni sono soliti classificarlo come mero strumento della politica durante il periodo tardo repubblicano: egli viene raffigurato in genere come agente di Cesare, Crasso e del partito popolare. Il suo tribunato del 58 fu designato per assicurare la stabilità del I triumvirato, prevenendo una possibile coalizione di Pompeo con gli ottimati, rinforzando il programma dei popolari ed eliminando i loro nemici373. Questa è generalmente la rappresentazione che ne fanno gli studiosi moderni. Un secondo punto di vista, invece,
372 Per un riassunto dei vari giudizi su Clodio, E. Gruen, P. Clodius: Instrument or Independent Agent?
«Phoenix» 20 (1966), pp. 120-130; Ward, Marcus Crassus, cit., p. 232; J.M. Flambard, Clodius, Les collèges,
la plèbe et les esclaves, «MEFR» 1977, cit., p. 115. Circa l'indipendenza della politica di Clodio, N.A.Masckin, Il principato di Augusto, Roma 1956, p.22; De Martino, Storia della costituzione, cit., p. 174; A. W. Lintott, P. Clodius Pulcher-Felix Catilina?, «G&R», 14 (1967), pp. 157-169 e Violence, cit., pp. 190-200.
373 L.G. Pocock, Publis Clodius and the acts of Caesar, «CQ» 18 (1924), pp. 59-65; Ibidem, A note of the Policy
of Clodius, «CQ» 19 (1925), pp. 182-184; Ibidem, A commentary of Cicero in Vatinium, London 1926, 152-
160; F.B Marsh, The Policy od Clodius from 58 to 56 B.C., «CQ» 21 (1927), pp. 30-36; E. S. Beesly, Catiline,
Clodius, and Tiberius, cit., pp. 38-83; G. De Benedetti, L'esilio di Cicerone e la sua importanza storico-politico,
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caratterizza Clodio come un personaggio capace di implementare la politica di uomini superiore di prestigio e autorità374. Questo però non era il pensiero di Cicerone.
È importante sottolineare che se possedessimo solamente come riferimento le fonti antiche e i discorsi di Cicerone, senza le ipotesi degli storici moderni, il giudizio su Clodio sarebbe molto diverso. Per Cicerone, Clodio, era certamente una figura centrale. Il suo potere e la sua influenza, senza contare la sua cattiveria, sono frutto delle esagerazioni fatte dall'oratore. In sostanza Cicerone non esitò a fare di lui un demagogo violento ed eversivo, che ricorse all’appoggio di schiavi, delinquenti e della feccia della città. Entrambi questi giudizi sono stati ridimensionati e confutati dalla critica recente, che ha da un lato posto in rilievo l’indipendenza dell’azione e della politica di Clodio, dall’altro ha negato a Clodio intenzioni radicalmente eversive, ha riesaminato criticamente la composizione della sua base politica, rivalutandone la consistenza sociale. La sua linea politica gli consentì notevoli successi a breve termine, ma la sola plebe urbana non bastava a garantire un disegno di più ampio respiro che comportasse la modifica delle strutture di uno stato imperiale; perciò il dominio di Clodio fu effimero e venne meno quando i potenti che avevano guardato benevolmente o almeno tollerato la sua politica non ritennero più conveniente sostenerlo.
Con Cesare ormai in partenza per la Gallia, Pompeo e Crasso ad attendere e tramare nell’ombra, e un senato che sembrava ormai incapace di agire, il protagonista del 58 fu Clodio, che in quell’anno rivestì il tribunato della plebe. La sua straordinaria attività legislativa andò a interessare numerosi aspetti della vita pubblica, colmando i vuoti di potere e consenso aperti dal conflitto tra triumviri e ottimati375. Nei primi cinque mesi videro la luce dodici o forse tredici plebisciti, numero paragonabile soltanto al biennio tribunizio di Caio Gracco. Tornato dall’esilio, decretato da Clodio nella primavera del 58, ma facilitato da un complotto generale376, Cicerone non si stancò di sottolineare gli aspetti più illegali e violenti della condotta del nemico, presentato come figura isolata.
Certamente Clodio aveva i suoi buoni motivi per disprezzare Cicerone. Poteva nutrire sentimenti di disprezzo sin dai tempi del processo della Bona Dea, quando Cicerone di fatto distrusse il suo alibi. Dopo la sua elezione a tribuno, Clodio iniziò da subito e perseguitare Cicerone per le sue azioni contro i cospiratori catilinari. Il comportamento dei triumviri merita di essere esaminato.
374 Per il richiamo alle fonti antiche si veda E. Gruen, P. Clodius, cit., p. 121. 375
A questo proposito si veda L. Fezzi, Il tribuno Clodio, Roma - Bari 2008, pp. 52-61.
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Pompeo continuava ad asserire che Cicerone durante gli ultimi mesi del 59 non aveva nulla da temere da parte di Clodio, e che avrebbe lui stesso garantito su questo377. In una particolare occasione aveva strappato a Clodio la promessa di non agire ulteriormente contro l'oratore378. Cesare aveva forse una visione più chiara della situazione. Riconosceva il pericolo a cui andava incontro Cicerone e gli offrì un posto nei suoi ranghi nell'estate del 59. Il rifiuto di Cicerone non indispettì il console. Appoggiò Pompeo, esprimendo preoccupazione e supporto durante il mese di dicembre379. Crasso non era mai stato grande sostenitore e amico di Cicerone. Pare ci fosse stata una breve riconciliazione. Quando Cicerone si trovò seriamente in pericolo nel 58, Crasso annunciò che non avrebbe avuto il suo sostegno380. In una lettera dall'esilio dello stesso anno, egli indica che comunque l'amicizia con Crasso proseguiva381. Quando poi la situazione precipitò, l'assistenza promessa a Cicerone non arrivò mai. Il silenzio di Cesare fu molto eloquente.
Se i triumviri non aiutarono Cicerone nel momento del bisogno, non fu perché erano in disaccordo tra di loro, ma perché subirono l'influenza di Clodio. Non c'era motivo effettivo per avercela con Cicerone: Cesare aveva avuto i 5 anni di comando in Gallia, a Pompeo erano stati confermati gli acta ad est, e neanche Crasso mostrava segni di malcontento. Se Cicerone poteva davvero dar fastidio a qualcuno, questi era proprio Clodio.
Il fatto è che la sua straordinaria attività legislativa gli aveva conferito grande seguito e popolarità, i triumviri non erano in posizione per riuscire a contrastarlo e Pompeo era ridotto al silenzio e minacciato. Cicerone non si stancò mai di sottolineare il tremendo potere di Clodio nel 58382. Ai due consoli, Pisone e Gabinio, aveva assegnato le provincie che loro desiderava, Macedonia e Siria383. Cicerone lo accusò persino di utilizzare i fondi destinati all'applicazione delle leggi di Cesare per i suoi interessi384.
Che fosse in realtà Cesare la mente o il burattinaio di Clodio è difficile crederlo. La lex frumentaria, la legge più popolare che sanciva per la prima volta nella storia dell'Urbe la distribuzione di grano a titolo completamente gratuito, senza prevedere alcun limite numerico
377 Cic., Att., II, 9, 4: II, 20, 1; II, 21, 6; II, 24, 5.
378 Cic., Att., II, 22, 2:vehementer egit, cum diceret in summa se perfidiae et sceleris infamia fore, si mihi
periculum crearetur ab eo, quem ipse armasset, cum plebeium fieri passus esset.
379 Cic., Quint., I, 2, 16: Pompeus omnia pollicetur et Caesar.
380 Cic., Sest., 41: sed tamen et Crassus a consulibus meam causam suscipiendam esse dicebat, et eorum fidem
Pompeius implorabat neque se privatum publice susceptae causae defuturum esse dicebat.
381
Cic., Quint., I, 3, 7: si forte quid erit molestiae, te ad Crassum et ad Calidium conferas, censeo.
382 Cic., Dom., 24: ecqui locus orbi terrarum vacuus extraordinariis fascibus atque imperio Clodiano fuisset? 383383 Le fonti sono citate da T.R.S. Broughton, The Magistrates of the Roma Republic, New York 1952, pp. 193-
194.
384
Cic., Att., III, 12.1: spem ostendis secundum comitia. Quae ista est eodem tribuno pl. et inimico consule
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agli aventi diritto, e la lex Clodia de collegiis, non erano nella mente di Cesare, tanto che più tardi lui stesso ridusse le frumentazioni e sciolse i collegi.
Con la prima Clodio conferì anche al liberto Sesto Clelio la sovrintendenza sull’annona, vale a dire il controllo degli approvvigionamenti, importanti quanto le distribuzioni stesse. A tale proposito, Cicerone accusò addirittura il tribuno di avere «affidato tutto il grano pubblico e privato, tutte le province produttrici di grano, tutti gli appaltatori e le chiavi di tutti i granai a un sozzissimo pappone, al degustatore delle tue libidini, a un uomo tanto spiantato quanto facinoroso, a un membro della tua razza, Sesto Clelio, uno che con la sua lingua è riuscito a staccare da te persino tua sorella»385. L’oneroso provvedimento assorbì un quinto delle entrate fiscali di Roma386. I costi comunque gravavano interamente sui contribuenti delle provinciae ed erano sostenuti almeno parzialmente da un progetto più ampio di cui facevano parte l’affidamento della cura annonae a Sesto Clelio e la legge sull’annessione della ricca Cipro.
La motivazione politica alla base della normativa sulle frumentazioni era evidente: Clodio la concepì e utilizzò come un formidabile strumento per la conquista del consenso della plebe urbana, il cui peso nel concilium plebis doveva essere molto grande. Ovviamente il carattere gratuito delle distribuzioni innescò un aumento degli affrancamenti di schiavi e dell’immigrazione nell’Urbe. Su costoro Clodio poteva esercitare una sorta di controllo diretto, sia attraverso la gestione delle liste, sia attraverso i collegi, nel caso in cui la distribuzione avvenisse attraverso la loro struttura.
Con la seconda legge, Clodio, sei anni dopo il senatoconsulto del 64, sancì la restituzione dei collegi allora soppressi. Riferisce infatti Cicerone: Collegia non ea solum quae senatus sustulerat restituta, sed innumerabilia quaedam nova ex omni faece urbis ac servitio concitata387. A tal proposito Asconio commenta: Post VI deinde annos quam sublata erant P. Clodius tribunus plebis lege lata restituit collegia388. Venne così annullato il provvedimento di dissoluzione dei collegi e, rimossa in toto l’interdizione del 64 ed abrogato il relativo senatoconsulto, si restituì ai cittadini la facoltà di associarsi liberamente389. E che effettivamente si fosse dalla lex Clodia autorizzata la costituzione delle associazioni senza
385 Cic., Dom., 25: Scilicet tu helluoni spurcatissimo, praegustatori libidinum tuarum, homini egentissimo et
facinerosissimo, Sex. Clodio, socio tui sanguinis, qui sua lingua etiam sororem tuam a te abalienavit, omne frumentum privatum et publicum, omnis provincias frumentarias, omnis mancipes, omnis horreorum clavis lege tua tradidisti.
386 Cic., Sest., 55: ut remissis senis et trientibus quinta prope pars vectigalium tolleretur. 387 Cic., Pis., 9.
388 Ascon., Pis., p. 7 Clark. 389
Cic., Sest., 55: ut conlegia non modo illa vetera contra senatus consultum restituerentur, sed (ab) uno gladiatore innumerabilia alia nova conscriberentur
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alcuna limitazione è confermato anche dalle notizie emergenti dalle opere ciceroniane390. Ci troviamo insomma di fronte ad una legge vera e propria in senso formale, approvata senza alcuna opposizione nei comizi tributi; neanche Cicerone infatti si oppose, al fine di evitare disordini e turbolenze391. Fu la prima disposizione comiziale che garantì in via diretta e immediata ai cittadini la libertà di associazione392; essa sottrasse la disciplina del fenomeno associativo all’iniziativa del potere esecutivo. Essa ebbe in altri termini l’intento di rimuovere l’ostacolo frapposto alla libera iniziativa dei privati in materia associativa dal senatoconsulto del 64. E poiché i magistrati non esitarono a dare esecuzione al senatoconsulto è chiaro che non c’era altra via che non fosse quella del ricorso ad una legge in funzione restitutiva e tale fu appunto la lex Clodia.
Per quanto riguarda l’aspetto del consenso393che il provvedimento riuscì a riscuotere, la dinamica degli avvenimenti che portarono all’approvazione del plebiscito è estremamente interessante. Come detto Cicerone si lamentò di essersi lasciato convincere che quella legge sarebbe stata utile alla sua causa, l’oratore era allora perfettamente in grado di danneggiare seriamente il tribuno non ancora forte del favore popolare e forse pensava che quella legge rappresentasse la via migliore contro i progetti dell’avversario, proprio in virtù della possibilità di appellarsi al precedente senatoconsulto394.
Il tribuno mise in atto una manovra per attirare l’interesse popolare. Il primo gennaio, quando ancora i collegi erano fuori legge, Sesto Clelio, con la connivenza del console Pisone (che allora deteneva i fasces), celebrò i ludi Compitales che il tribuno Ninnio si era sforzato di impedire395; tre giorni dopo si ebbe il passaggio delle prime quattro rogationes, tra cui la de collegiis. Il gesto di Clelio aveva un precedente: nel 61 un non meglio noto tribuno della plebe aveva concesso il suo auxilium ai magistri per la celebrazione dei ludi, ma Quinto Cecilio Metello Celere, console designato, li aveva vietati facendo leva sulla propria auctoritas396. Sempre il primo gennaio del 58 venne chiesta al console Aulo Gabinio Capitone
390
Cic., Att., III, 15, 7: numquam esses passus me quo tu abundabas egere consilio nec esses passus mihi
persuaderi utile nobis esse legem de collegiis perferri.
391 Cic., Phil., I, 16: non quo probem (quis enim id quidem potest?), sed quia rationem habendam maxime
arbitror pacis atque otii.
392
A proposito della lex Clodia si veda W. J. Tatum, The patrician tribune: P. Clodius Pulcher, London-Chapel Hill 1999, pp. 117-118.
393 L. Fezzi, La legislazione tribunizia di P. Clodio Pulcro e la ricerca del consenso a Roma, «SCO», 47 (1999),
1, pp. 276-278.
394
W. J. Tatum, Cicero Opposition to the Lex Clodia de collegiis, «Classical Quartely», 40 (1990), 1, p. 192.
395 Cic., Pis.,4: Tu, cum in kalendas Ianuarias compitaliorum dies incidisset, Sex. Clodium, qui numquam antea
praetextatus fuisset, ludos facere et praetextatum volitare passus es, hominem impurum ac non modo facie sed etiam oculo tuo dignissimum.
396
Cic., Pis., 4: Aude nunc, o furia, de tuo dicere! cuius fuit initium ludi compitalicii tum primum facti post L.
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la riammissione sul Campidoglio dei culti di Serapide, Iside, Arpocrate e Anubi, le cui are, abbattute l’anno precedente in seguito a senatoconsulto, erano state già ricostruite; il console invece ordinò nuovamente la distruzione degli altari. La norma inoltre potrebbe avere riscosso anche il favore della piccola borghesia: prova ne sarebbe stata la partecipazione di Sesto Clelio nelle vesti di magister scribarum alla celebrazione dei ludi compitalici397. Il sorgere di gruppi organizzati comprendenti anche i non cittadini, tuttavia, fece sì che la lex Clodia potesse essere considerata, sebbene non di carattere apertamente rivoluzionario, una sapiente arma di destabilizzazione o quantomeno di consenso, anche se non sempre di agevole controllo398.
Per quanto riguarda infine la questione su Cicerone, Cesare non era in posizione per opporsi a Clodio, che infatti presentò la legge de capite civis Romani, che condannava all’esilio chi avesse fatto uccidere un cittadino romano senza regolare processo: essa era chiaramente rivolta contro Cicerone, che aveva condannato a morte con procedura sommaria i catilinari, ritenendo che la cosa fosse lecita in base ai poteri straordinari attribuitigli dal senato in quell’occasione. Non era altro che una vendetta personale nei confronti dell’oratore, anche se dietro questa motivazione vi era l’intento politico di contestare che il senatus consultum ultimum avesse il potere di sopprimere le garanzie personali dei cittadini e di legalizzare l’eliminazione degli avversari sgraditi; del resto lo stesso principio era già stato affermato da Cesare quando aveva intentato il processo a Rabirio, reo dell’uccisione di Saturnino399.
In conclusione si può affermare che il potere di Clodio si fondava su una perfetta combinazione di supporto aristocratico e supporto delle masse popolari. Nel periodo
viro mortuo, qui illum cuius paucos paris haec civitas tulit cum hac importuna belua conferam—sed ille designatus consul, cum quidam tribunus pl. suo auxilio magistros ludos contra senatus consultum facere iussisset, privatus fieri vetuit atque id quod nondum potestate poterat obtinuit auctoritate.
397
Lintott, Clodius, cit., p. 163.
398 Cic., Dom., 74: Proximus est huic dignitati ordo equester: omnes omnium publicorum societates de meo
consulatu ac de meis rebus gestis amplissima atque ornatissima decreta fecerunt. Scribae, qui nobiscum in rationibus monumentisque publicis versantur, non obscurum de meis in rem publicam beneficiis suum iudicium decretumque esse voluerunt. Nullum est in hac urbe conlegium, nulli pagani aut montani, quoniam plebei quoque urbanae maiores nostri conventicula et quasi concilia quaedam esse voluerunt, qui non amplissime non modo de salute mea sed etiam de dignitate decreverint.
399 Sul significato politico della legge di Clodio si veda Gruen, The Last Gereration, cit., p. 245. Per le fonti si
veda Cic., Dom., 43: quo iure, quo more, quo exemplo legem nominatim de capite civis indemnati tulisti? Vetant
leges sacratae, vetant xii tabulae leges privatis hominibus inrogari; id est enim privilegium. Nemo umquam tulit; nihil est crudelius, nihil perniciosius, nihil quod minus haec civitas ferre possit; 45: haec cum ita sint in iure, ubi crimen est, ubi accusator, ubi testes, quid indignius quam, qui neque adesse sit iussus neque citatus neque accusatus, de eius capite, liberis, fortunis omnibus conductos et sicarios et egentis et perditos suffragium ferre et eam legem putari? Sest., 65: cur, cum de capite civis—non disputo cuius modi civis—et de bonis proscriptio ferretur, cum et sacratis legibus et duodecim tabulis sanctum esset ut ne cui privilegium inrogari liceret neve de capite nisi comitiis centuriatis rogari, nulla vox est audita consulum, constitutumque est illo anno, quantum in illis duabus huius imperi pestibus fuit, iure posse per operas concitatas quemvis civem nominatim tribuni plebis concilio ex civitate exturbari?
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successivo all'esilio, Cicerone era molto preoccupato ed esasperato a causa della prima di quelle due componenti. Le sue lettere sono piene di cenni e riferimenti all'incredibilis hominus perversitas400, ma sono i discorsi pubblici che meritano attenzione. Il fine di quei discorsi è chiaro: screditare quella malefica alleanza in ogni modo possibile. Questo è il contesto nel quale egli presenta tutte le informazioni su Clodio. Già nel 57 egli cercò di redarguire il popolo sui piani rivoluzionari di Clodio, e dalla primavera successiva l'urgenza divenne ancora più forte401. Nella Pro Sestio egli cercherà sempre di dimostrare che Clodio è nemico di tutti i boni. La forza della ragione era soffocata dalla loro indolenza e il grido di battaglia era: si leges non valerent, iudicia non essent...praesidio et copiis defendi vitam et libertatem necesse esse402. È chiaro comunque che quegli ammonimenti non ebbero l'effetto desiderato, poiché l'anno successivo Cicerone scriveva le stesse cose nel de Haruspicum Responsis che è ricco di appelli alla solidarietà di fronte i pericoli dell'anarchia403. Il suo tono è più disperato che mai, poiché cerca di dimostrare che era Clodio a perpetuare la discordia nello stato e che solo lui alla fine ne avrebbe tratto giovamento.
Ancora Cicerone è costretto a dire che gli attacchi di Clodio su Pompeo continuavano a ricevere sostegno proprio da quegli uomini che avrebbero dovuto conoscere meglio la situazione e non fu capace di mascherare l'intimità della relazione che cercava di distruggere404. Nonostante i boni cominciassero ad accorgersi dei propri errori405, Cicerone continuò a parlare come se la loro alleanza fosse ancora più intatta.
In sostanza la connessione tra Clodio e l'aristocrazia era già nota alle fonti antiche e oggi anche agli studiosi moderni; e nonostante all'inizio i moniti di Cicerone rimanessero inascoltati, alla fine egli riuscì a spuntarla. Il suo ritratto che l'oratore fece di Clodio, carico di invettiva e quasi vicino alla caricatura, fu il punto di riferimento per gli anni a venire.
400 Cic., Att., IV, 5, 1: non est credibile quae sit perfidia in istis principibus, ut volunt esse et ut essent si