• Non ci sono risultati.

Gli studi di Matarasso e la critica di Belfiore

1.4 L’impatto dei programmi artistici e il problema della valutazione

1.4.1 Gli studi di Matarasso e la critica di Belfiore

Il primo pioneristico studio sugli impatti sociali dell’arte si deve a Matarasso82, che nel 1997 giunse a sintetizzare in cinquanta punti gli impatti della partecipazione alle arti in Gran Bretagna. Il suo metodo si basava sostanzialmente su una serie di questionari per gli utenti di iniziative artistiche a base partecipatoria di tipologie differenti tra loro. La constatazione, da cui partiva la ricerca, poggiava

sull’evidente interesse politico, nel periodo precedente e coevo allo studio, nei

confronti della cultura utilizzata nell’ambito delle politiche sociali. Inoltre, Matarasso rilevava la presenza di due principali imperfezioni nelle politiche

pubbliche: l’attenzione per problemi di tipo finanziario a scapito di quelli

economici e un errore nel mettere a fuoco il vero scopo delle arti, che, condivisibilmente, sarebbe quello, secondo l’autore, non semplicemente di creare ricchezza, ma di contribuire a una società stabile, sicura di sé e creativa. Matarasso stesso affermava che coloro che lavorano con l’arte hanno sempre sostenuto la sua capacità di produrre un impatto positivo sulla società. Ciò che secondo l’autore manca, invece, è proprio un’evidenza che si ponga a supporto di questa tesi, che possa aggiungere la dimensione dello sviluppo e della coesione sociale alle già esistenti logiche economiche ed estetiche. Gli impatti risultanti dalla ricerca sono divisibili in sei aree:

 Sviluppo personale;  Coesione sociale;

 Rafforzamento della comunità e dell’autodeterminazione;  Immagine e identità locale;

 Immaginazione e visione;  Salute e benessere.

82

Cfr. Matarasso F., Use or ornament? The social impacts of participation in the arts, Comedia, Stroud, 1997.

37

In sintesi, le conclusioni del lavoro giungono ad alcune importanti asserzioni. È necessario, innanzi tutto, che sia riconosciuto all’arte il suo ruolo attivo nelle sfide sociali contemporanee. L’arte partecipativa comporta senz’altro benefici sociali e questi sono integrati nella partecipazione, che appare, dunque, come una sorta di catalizzatore del beneficio. Gli impatti sociali sono sì complessi, ma non incomprensibili. Infine, è possibile che gli impatti vengano programmati e valutati. Matarasso riconosceva che il suo metodo non porta a risultati inoppugnabili da un punto di vista empirico e verificabile, ma arrivava comunque a sostanziosi risultati puntando l’attenzione su questo importante tema. Le ultime

pagine dello studio danno una risposta all’interrogativo posto dal titolo del lavoro e

ricordano che l’arte non deve essere inclusa nelle politiche sociali unicamente per gli impatti che produce, poiché vale la pena di essere sostenuta di per sé, per il fatto stesso che si tratta di arte. Interessante è una citazione che Matarasso propone in questo passo, riportando una frase di John Tusa, allora Direttore del Barbican Centre:

«Since 1982 we have tried to argue for arts funding wholly in financial terms – trying to justify the arts in terms of the number of people they employ, or the tax they bring in, or because they are supposed to help urban regeneration. The trouble is that sort of language is all wrong. The argument we have used too seldom is the crucial argument that art is worthwhile as art»83

È possibile, secondo Matarasso, trovare un punto di equilibrio tra forma e funzione, tra estetica e utilità. Non occorre, infatti, decidere tra i due estremi “uso”

e “ornamento”, poiché i progetti di arte possono raggiungere al tempo stesso alti

livelli estetici e valore sociale duraturo.

La ricerca, qui riportata in estrema sintesi, ha aperto la strada a un tema sul quale ancora oggi la ricerca, e anche la pratica, si sperimentano e un dibattito è ancora in corso. In particolare, questo lavoro è stato commentato e criticato in

83

38

modo puntuale e costruttivo da Belfiore84 circa un decennio dopo. La prima debolezza individuata da Belfiore nel lavoro riguarda l’ambito della ricerca, ossia le iniziative di arte partecipativa. Si tratta, secondo la ricercatrice, infatti, di un tipo di arte particolarmente specifico: «I would suggest that any type of participatory activity would probably have an empowering effect, whether arts-based or not»85. Da ogni tipo di iniziativa che preveda condivisione e partecipazione a livello locale, effettivamente, è possibile ottenere degli effetti positivi per la comunità che vi ha partecipato (e lo sport, si può affermare con tranquillità, ne è un chiaro esempio, non a caso in Gran Bretagna uno stesso Ministero si occupa di Cultura, Media e Sport). Il lavoro di Matarasso risulta, per Belfiore, poco convincente anche per quanto riguarda il metodo di valutazione. Gli impatti dell’arte venivano raccolti sottoponendo, subito dopo la partecipazione, un questionario alle persone coinvolte. Le ventiquattro domande del questionario sarebbero, secondo Belfiore, troppo generiche, oppure formulate in modo sufficientemente ambiguo da condurre

l’intervistato verso una determinata risposta. Anche entrando nel merito dei

benefici individuati, essi risultano poco convincenti, se non vaghi o talvolta oscuri. Belfiore sostiene che effetti come “aumento della sicurezza di sé” o “influenza nel

far comprendere agli individui come sono visti dagli altri” non sono

necessariamente da attribuirsi alla specifica partecipazione a una certa iniziativa culturale, anzi, essi potrebbero essere frutto di fattori contingenti alla partecipazione. Insomma, Belfiore fatica a trovare un nesso causale convincente tra

il cambiamento sociale desiderato e l’arte di tipo partecipativo. Il modello proposto

non sarebbe, inoltre, capace di catturare gli impatti di lungo termine, che impiegano più tempo a emergere rispetto agli output ma che allo stesso tempo sono i più importanti. Il problema più grave è, tuttavia, non da attribuirsi al lavoro di Matarasso, cui Belfiore riconosce il valore scientifico e pionieristico, quanto più al fatto che i policy makers britannici abbiano accettato in toto questo studio, nonostante lo stesso autore affermasse di non aver compiuto una ricerca definitiva e che, anzi, aspettava dei riscontri dalla comunità scientifica. In conclusione al suo

84

Cfr. Belfiore E., The social impacts of the arts: myth or reality? In Mirza, M., Culture Vultures : is

UK arts policy damaging the arts?, Londra, 2006. 85

39

lavoro, Belfiore suggerisce alcune aree su cui a suo avviso gravano mancanze nella procedura di valutazione:

 Causality link: è cruciale poter stabilire con sicurezza quali effetti ha

procurato un certo progetto culturale, attraverso la determinazione di un nesso causale e un confronto tra prima e dopo;

 Costo opportunità: occorre essere in grado di dimostrare che il progetto

culturale è l’alternativa più efficiente tra tutte quelle che la pubblica amministrazione può scegliere;

 Output vs outcome: poiché le valutazioni avvengono sempre a ridosso della

conclusione dei progetti, gli effetti di lungo termine relativi al cambiamento della vita dei partecipanti (outcome) non sono rilevati e si tende per questo a dare più importanza, erroneamente, agli output86;

 Anecdotal evidence: c’è il rischio che, nella valutazione, vengano

considerati solidi impatti in realtà dovuti a circostanze isolate o alla valutazione soggettiva degli intervistati, che potrebbero, per motivi fortuiti, essere influenzati da fattori estranei al progetto vero e proprio;

 Distinzione tra partecipazione attiva e passiva: mentre la maggior parte

degli studi di settore si occupa di progetti a base partecipativa, sono tuttavia i programmi basati sulla audience i più frequentati e i più implementati, per questo motivo sarebbe opportuno sviluppare dei metodi di valutazione anche per questo tipo di progetti ed evitare di confondere gli impatti gli uni degli altri;

 Qualità artistica: una metodologia di valutazione rigorosa dovrebbe essere

in grado di incorporare anche criteri estetici circa la qualità artistica dei progetti culturali;

86

La differenza tra input e output sarà oggetto di un approfondimento nel prossimo paragrafo. Cfr.

40

 Impatti negativi: le arti possono produrre effetti negativi, come divisione

culturale e gentrification, che devono essere tenuti in considerazione tanto quanto quelli positivi87;

 Questione etica: la lotta all’esclusione sociale attraverso l’arte è vista come un approccio “soft” e interessante per le politiche di redistribuzione economica. L’arte non basta da sola, tuttavia, a risolvere i problemi di

ingiustizia sociale, occorrono politiche più ampie e strutturate.

Molti di questi aspetti saranno ripresi e approfonditi nel corso di questa trattazione. Per il momento, si voglia prestare attenzione all’importanza che assume

il tema della misurazione dell’impatto lungo tutto il processo.