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CAPITOLO 1 – QUADRO TEORICO DELLA RICERCA

5. I L GOVERNO LOCALE COME CAMPO D ’ INDAGINE

5.1 Perché studiare la dimensione locale?

Dopo aver descritto, nelle pagine precedenti, approccio e metodologia della ricerca proposta, passiamo ora a delineare il campo d’indagine. Il fenomeno analizzato (la cooperazione intercomunale) e gli enti considerati (i comuni e le unioni di comuni), si inseriscono nel contesto di quello che viene comunemente definito governo locale. Nelle prossime pagine, al fine di inquadrare i confini del campo d’indagine sul quale si concentrerà l’attenzione nel proseguo della trattazione, si cercherà di fornire una definizione di quest’ultimo. Prima di ciò, però, occorre chiedersi se, oltre all’oggetto di studio, anche la dimensione all’interno della quale questo si inserisce, risulti essere rilevante o meno agli occhi della comunità scientifica.

In un periodo in cui si parla sempre più spesso di relazioni internazionali, di globalizzazione, di apertura e chiusura delle frontiere tra gli Stati e tra i continenti, in un periodo – dunque – in cui la dimensione trans e sovra-nazionale ha assunto una certa rilevanza sia nel dibattito comune che in quello accademico, ha ancora senso studiare la dimensione sub-nazionale?

La contrapposizione tra «scettici» e «entusiasti» (Della Porta 1999), relativamente alla rilevanza della dimensione locale nello studio della politica e delle istituzioni, è ormai un dibattito di lunga data. Tra i primi, la convinzione dominante è che la politica locale e, per estensione, anche lo studio dei governi locali, sia poco rilevante. Wolman e Goldsmith (1992) hanno riassunto alcune delle principali posizioni in tal senso, rilevando come la politica a livello locale sia stata assimilata a «una partita di calcio di serie C». Inoltre, sarebbe proprio l’evoluzione degli Stati moderni a limitare la portata dei governi locali e, di conseguenza, l’interesse verso la dimensione sub-nazionale della politica. Infatti, secondo questi studiosi, la modernità, portando a una assimilazione della cultura in virtù dei processi di globalizzazione, tenderebbe a cancellare le differenze locali. Ancora, per accostarsi alla situazione economica attuale, secondo gli scettici, proprio la crisi finanziaria, limitando le capacità dei governi

C APITO LO 1 – QU AD R O TE ORICO D ELLA R ICERC A 58 locali, comporterebbe un superamento della rilevanza dei governi locali rispetto a quelli nazionali (Della Porta 1999).

Tali orientamenti sono stati dominanti fino a tempi recenti quando invece, soprattutto negli ultimi anni e con un forte contributo della scienza politica, l’attenzione sulla dimensione locale ha assunto una certa rilevanza. L’assunto principale degli entusiasti è, di contro, che i governi locali siano in grado di influenzare la democraticità a livello nazionale. Per spiegare meglio tale tesi, pare utile riportare le considerazioni espresse da Goldsmith (1991) secondo cui i governi locali anzitutto conoscono meglio i bisogni delle rispettive comunità; inoltre, la dimensione locale è in grado di favorire la partecipazione politica dei cittadini anche a questioni di carattere generale-nazionale; infine, i governi locali sono più ricettivi (perché più vicini ai cittadini), più responsabili (perché soggetti al giudizio degli elettori) e più efficienti (perché più consapevoli rispetto ai bisogni degli utenti) nell’erogazione dei servizi.

A giudizio degli entusiasti la rilevanza della dimensione locale (sia nell’aspetto di government che in quello di governance) è, tra l’altro, insita nelle competenze che in essa sono gestite. In uno studio del Consiglio d’Europa (1988), ripreso e commentato da Bobbio (2002), condotto su quindici Nazioni europee, è stato evidenziato come in tutti i contesti analizzati, il governo locale si occupava di: costruzione e manutenzione degli edifici scolastici, strade, pianificazione urbanistica, concessioni edilizie, raccolta rifiuti, assistenza sociale, case per anziani, biblioteche, promozione turistica, teatri e impianti sportivi.

Qualche anno dopo lo studio del Consiglio d’Europa, un’altra ricerca condotta da Alan Norton (1994) ha sottolineato come nella gran parte dei Paesi europei, per quanto riguarda il livello locale, siano ricorrenti un nucleo duro di competenze tra le quali, oltre a quelle già menzionate dallo studio sopra riportato, la formazione professionale, la polizia locale, i servizi a rete, la protezione della natura e dell’ambiente.

Brugué e Gomà (1998) hanno raggruppato le competenze dei governi locali in tre macro gruppi: politiche sociali e culturali, politiche di promozione economica e sociale, politiche urbane e territoriali.

Anche se, come giustamente rilevato da Bobbio (2002), la maggior parte delle funzioni richiamate sono condivise con altri livelli di governo e/o gestite da agenzie che non necessariamente fanno capo agli stessi governi locali, il quadro appena riportato rende conto del ruolo strategico della dimensione locale nell’ambito del rapporto con i cittadini e, di

C APITO LO 1 – QU AD R O TE ORICO D ELLA R ICERC A 59 conseguenza, contribuisce a dare una prima risposta alla domanda perché è importante studiare i governi locali.

Otre alle competenze svolte, come abbiamo visto in precedenza, i governi locali assumono un’importanza cruciale anche in relazione alla dimensione nazionale. Secondo Bobbio (2002), infatti, i governi locali possono essere considerati minori solo fino a un certo punto e, principalmente, per alcune fondamentali ragioni: sono in grado di incidere sulla qualità della democrazia, hanno una forte capacità di innovazione e sono in grado di condizionare le politiche nazionali. Per quanto riguarda la prima ragione basti citare un celebre passo di Alexis de Toqueville (1992, pag. 70): «le istituzioni comunali sono per la libertà quello che le scuole primarie sono per la scienza; esse la mettono alla portata del popolo e, facendogliene gustare l’uso, l’abituano a servirsene». Dunque, i comuni, stimolando la partecipazione e il coinvolgimento delle rispettive popolazioni, dalla fase elettorale a quella della predisposizione e implementazione delle politiche, rappresentano una sorta di palestra di democrazia.

Secondo Clarke (1996), essendo più “piccoli e più agili”, i governi locali hanno storicamente dimostrato una maggiore capacità innovativa rispetto ai governi nazionali.

Inoltre, la rilevanza del campo d’indagine collegato ai governi locali è dettata anche da un crescente interessamento degli stessi dalle numerose trasformazioni in atto, principalmente, nelle democrazie occidentali. Si pensi, ad esempio, alla fine del cosiddetto welfare state, al nuovo modo di gestire i servizi pubblici (sempre più affidati a terzi in luogo della gestione diretta), alla riduzione dei trasferimenti legata alla crisi economica e la contestuale attribuzione di ulteriori competenze in virtù dell’applicazione del principio di sussidiarietà. Tutti processi che rimettono al centro dell’attenzione degli studiosi la dimensione locale del governo.

Infine, il livello locale è in grado di condizionare le politiche nazionali: anzitutto mediante una funzione di lobbying nella fase decisionale, ma anche nella fase di implementazione quando, cioè, chiamati ad attuare una politica nazionale, riescono a condizionarne gli esiti. Questi ultimi due aspetti, l’attività di lobbying e il ruolo nella fase di implementazione, come vedremo nei prossimi capitoli, assumono un ruolo rilevante per l’argomento trattato.

In conclusione dunque, ha senso studiare governance e government a livello locale? Decisamente sì. Perché a livello locale vengono gestite e organizzate funzioni essenziali alla vita di tutti i giorni; perché gli attori locali (amministratori e cittadini) sono in grado di

C APITO LO 1 – QU AD R O TE ORICO D ELLA R ICERC A 60 condizionare le politiche nazionali; perché, a ben vedere, la maggior parte delle trasformazioni in atto nelle democrazie contemporanee sta interessando proprio la dimensione locale.

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