La cronologia costruttiva della chiesa attraverso l’analisi stratigrafica
5.1 Lo studio degli elevati
Decifrare un manufatto architettonico non è opera semplice e richiede una grande capacità di osservazione e attenzione ai dettagli più minuti, quella che Paolo Torsello definisce con efficacia un «esercizio di lettura»270. Si tratta di allenare il nostro occhio alla visione per osservare in modo critico l’edificio che ci si ritrova di fronte, esito di continue trasformazioni nel corso del tempo, senza tralasciare nessun particolare.
Nell’ambito del nostro studio abbiamo cercato di affinare questa “sensibilità visiva”
attraverso una ripetuta analisi del costruito, facendo in modo, per quanto possibile, di decifrare i paramenti murari e le tecniche costruttive impiegate. L’osservazione puntuale e reiterata nel tempo, unita alle numerose campagne fotografiche effettuate a livello complessivo e di dettaglio, si sono rivelate fondamentali per raccogliere informazioni e acquisire giorno dopo giorno una conoscenza più approfondita del manufatto, inteso come un’entità complessa.
Risultato di molteplici interventi di modificazione esso costituisce, come afferma Beltramo, una
«fonte storica diretta» in grado di restituirci i saperi e le capacità costruttive delle generazioni passate271.
L’obiettivo che ci siamo prefissate, pur consapevoli dei limiti, è stato quello di «cogliere lo spirito corale di un lavoro umano, l’espressione di una cultura materiale che si manifestava anche nei dettagli», espressione da attribuirsi a De Angelis D’Ossat e che aderisce perfettamente al nostro caso272.
Al fine di conoscere in maniera più approfondita i caratteri architettonici della chiesa di Rivalta Scrivia e la successione delle principali fasi costruttive, dopo aver svolto le ricerche storiche ed iconografiche descritte nei capitoli precedenti, ci siamo pertanto rivolte alla disciplina della stratigrafia, che trae le sue origini dalla geologia e dall’archeologia273.
La decisione di adottare questo metodo risiede nel «vantaggio di un iter logico puntuale»274
270 Torsello PAolo, Abitare introduzione a boATo A., 2008, Op. cit., p. 8.
271 belTrAMo silViA, Stratigrafia dell’architettura e ricerca storica, Carocci, Roma, 2009, pp. 15-16.
272 MonTelli eMAnuelA, Tecniche costruttive murarie medievali. Mattoni e laterizi in Roma e nel Lazio fra X e XV se-colo, L’«Erma» di Bretschneider, Roma, 2011, p.19.
273 belTrAMo silViA, 2009, Op. cit., p. 9.
274 brogiolo giAn PieTro, CAgnAnA AurorA, Archeologia dell’architettura. Metodi e interpretazioni, All’Insegna del Giglio, Firenze, 2012, p. 8.
ripetibile: tale analisi sistematica consente infatti una gestione migliore delle grandi quantità di dati che ne derivano, con il medesimo approccio scientifico proprio dei geologi e degli archeologi, attraverso la messa in atto di una vera e propria scomposizione dell’edificio atta a sondarne le relazioni tra le parti e a conoscerlo a fondo, anche in previsione di un eventuale restauro275.
Sia la stratigrafia geologica che quella archeologica sono fondate sul concetto di sedimentazione degli strati, con la differenza fondamentale che la seconda implica la presenza di cause antropiche accanto a quelle naturali276.
Una volta individuate le caratteristiche di ogni strato, si procede alla relativa numerazione, confrontandoli e cercando di collocarli in serie per definire una successione cronologica e poter effettuare le prime deduzioni complessive, anche mediante diagrammi e schemi. La determinazione della sequenza stratigrafica è, pertanto, l’obiettivo fondamentale dell’attività archeologica e presuppone la rimozione fisica delle porzioni di terreno, andando a modificare in modo permanente il sito ai fini della conoscenza277.
La stratigrafia applicata all’architettura, invece, non ha un carattere distruttivo e si basa sull’analisi diretta degli elevati architettonici. Essa deve la sua nascita all’archeologo britannico Edward Harris, il quale, nel 1979, mentre formalizzava un nuovo metodo per lo scavo stratigrafico, giunse ad affermare come quest’ultimo fosse applicabile anche alle murature278. Tale tipologia di indagine vide, così, una rapida e capillare diffusione in ambito europeo a partire dagli anni
’80 del XX secolo279.
Ne è derivata la cosiddetta «archeologia dell’elevato» o «archeologia del sopravvissuto»280, un approccio scientifico mirato a studiare i manufatti in maniera più approfondita attraverso i metodi stratigrafici applicati agli scavi messi a punto dagli studiosi inglesi, vera e propria
“rivoluzione” all’interno del settore.
275 Ibidem.
276 belTrAMo s., 2009, Op. cit., p. 11.
277 Ivi, pp. 11-15.
278 brogiolo g. P., CAgnAnA A., 2012, Op. Cit., p. 7.
279 belTrAMo s., 2009, Op. cit., p. 24.
280 Tale definizione viene data da Anna Boato, una tra i più autorevoli studiosi dell’archeologia dell’architettura.
Cfr. boATo AnnA, 2008, Op. cit., p. 38.
Occorre, comunque, ribadire come sia necessaria una certa “sensibilità” nell’applicazione di tali metodi all’architettura: l’inevitabile processo di distruzione su cui si basa l’archeologia, e che spesso genera un rapporto di natura conflittuale tra archeologi e architetti281, non può essere trasferito agli edifici, i quali devono mantenere il loro carattere di completezza e stratificazione, in quanto testimonianza della storia passata.
Una pura e semplice analisi stratigrafica, inoltre, perde di significato se non è corredata da una parallela ricerca storica-documentaria e dalla contestualizzazione del manufatto, secondo il concetto di interdisciplinarità sottolineato da Brogiolo e Cagnana282.
L’obiettivo della stratigrafia in ambito architettonico è, dunque, quello di giungere a comprendere le trasformazioni succedutesi nel tempo, individuando le azioni di costruzione e demolizione, che andranno poi collocate in una sequenza temporale: la determinazione di una successione di fasi è, infatti, una delle principali finalità dello studio, tuttavia non l’unica.283 Più precisamente, come afferma Parenti, «L’analisi dei manufatti edilizi, così come viene fatta dall’archeologia dell’architettura, è un modo assai funzionale per decrittare una realtà assai complessa, che rispecchia sia l’aspetto storico e sociale dell’ambiente che ha costruito i manufatti, sia l’aspetto più legato alla tecnica costruttiva, alle conoscenze empiriche delle maestranze, alla qualità dei componenti, al modo di contenere il processo di degrado insito in ogni manufatto antropico […]»284.
Occorre ricordare, invero, come sia ineludibile un certo margine di errore e indeterminatezza, derivante dalle differenti modalità di interpretazione dei dati e dal livello di approfondimento, e come di fatto questa tipologia di studio non sia definitiva, ma rimanga aperta a continui aggiornamenti e ridefinizioni nel corso del tempo. La forte componente di interpretazione personale dei dati porta, in tal modo, alla formulazione di ipotesi e supposizioni, piuttosto che
281 Ciononostante le due discipline viaggiano di pari passo in quanto, come affermato da Beltramo, «La compren-sione delle sequenze costruttive, attraverso la lettura stratigrafica di un edificio, è la condizione basilare per qualsiasi approccio metodologico, sia per gli archeologi sia per gli architetti». Cfr. belTrAMo s., 2009, Op. cit., p. 53.
282 brogiolo g. P., CAgnAnA A., 2012, Op. cit., p. 14.
283 Un esempio di applicazione di questa metodologia di analisi è rappresentato dall’abbazia di Staffarda, per la quale sono stati svolti tra il 2012 e il 2014 due tesi di laurea, alle quali hanno contribuito Elisa Taraglio, Elisabetta Donadio, Antonina La Torre, Serena Sapienza. Cfr. belTrAMo silViA, Il romanico cistercense: analisi del costruito della chiesa e del monastero di Staffarda, in «Romanico piemontese - Europa romanica Architetture, circolazione di uo-mini e idee, paesaggi», (a cura di) loMArTire sAVerio, Livorno, 2016, pp. 14-25.
284 PArenTi roberTo, Dalla stratigrafia all’archoelogia dell’architettura: alcune recenti esperienze del laboratorio se-nese, in «Arqueologìa de la Arquitectura», I, 2002, p. 80.
di verità assolute.