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Le trasformazioni della fabbrica (fine XIII - XVI secolo)

Tavola VIII. PROSPETTO EST_Archetti pensili

2.4 Le trasformazioni della fabbrica (fine XIII - XVI secolo)

Come accadde per un ingente numero di cenobi cistercensi, verso la fine del Duecento anche Rivalta Scrivia entrò in una fase di declino che si protrasse nei secoli successivi e ne determinò, di conseguenza, la progressiva decadenza della fabbrica. Ben presto, quest’ultima divenne oggetto di scorribande ed incursioni, così come si registrò per gran parte dei possedimenti diffusi sul territorio, il cui sistema di conduzione subì profondi cambiamenti183.

Lentamente, i principi regolatori dell’Ordine andavano disgregandosi, determinando un periodo di profonda inquietudine e senso di insicurezza che poneva fine alla fase più prolifica dell’abbazia e che andava di pari passo con il volgere delle condizioni civili e religiose del Tortonese, in lotta con Federico I.

Le ripercussioni sugli enti monastici furono assai forti e si tradussero in una perdita di adesioni da parte di monaci e conversi, cui fecero seguito un generale impoverimento delle proprietà ed importanti insolvenze economiche da parte della ormai esigua comunità, che si ritrovava a fare i conti con le nuove istituzioni184.

Quando, alla morte di Gian Galeazzo Visconti nei primi anni del XV secolo, il territorio sotto la sfera di influenza di Tortona fu interessato da violenti scontri tra le truppe dei francesi che provenivano da Genova ed il condottiero Facino Cane, il cenobio di Rivalta Scrivia risultava pressoché deserto e versava in deplorevoli condizioni. La conversione e rifunzionalizzazione dei caseggiati dell’abbazia con l’alloggiamento delle truppe sforzesche determinarono infatti un consistente degrado degli edifici nelle parti più antiche185.

Scrive Placido Lugano: «[…] presto Facino Cane (1409) coll’aiuto del marchese di Monferrato, sostenne un fiero combattimento nella Fraschetta: onde ne vennero danni notevoli anche all’abbazia. La famiglia monastica era ridotta ad un numero esiguo»186.

Con l’ingresso in scena di Filippo Maria Visconti, che si proponeva di riconsolidare l’autorità

183 MioTTi f., 2013, Op. cit., pp. 9-10.

184 Per maggiori informazioni sui rivolgimenti economici del monastero rivaltese si consulti Alessio f., Della condi-zione economica della Chiesa Tortonese prima e dopo gli assedi e la distrucondi-zione della città nel secolo XII, in «Iulia Dertona», 1909, fascicolo 24, pp. 3-28.

185 Per un compendio interessante di tutti i documenti sforzeschi utili per la ricostruzione della storia dell’abbazia di rivalta si consulti CAMMArATA iTAlo, Documenti Sforzeschi per la Storia dell’Abbazia di Rivalta Scrivia, in «Quaderni degli Amici dell’Abbazia di Rivalta Scrivia», Guardamagna, Tortona, 2006, vol. II. 2006, pp. 63-68.

186 PlACido l., 1916, Op. cit., p. 279.

del ducato di Milano, «l’abbazia di Rivalta divenne una piazzaforte avanzata ai confini occidentali del ducato»187 e, durante la reggenza dell’abate Crivelli (1427-1457), si diede avvio alla realizzazione di un possente muro di cinta, in parte ancora visibile ed inglobato nelle cascine circostanti, del quale si conserva un portale in laterizi sormontato da merlature (fig.

2.4.1).

Il luogo, con i suoi caseggiati, si configurava infatti come un’area favorevole all’alloggiamento dei soldati in campagna e il campanile dell’abbazia, seppur di altezza media, garantiva – come ricorda Italo Cammarata nei Documenti Sforzeschi per la Storia dell’Abbazia di Rivalta Scrivia – un punto di vista privilegiato per il controllo del territorio circostante.

Un documento senza data188 riporta l’esortazione: «Si faccia guardare la torre di Cadèo, la Torre di San Guglielmo, la Torre del Mangaroto, la Torre dei Caldrari, lo Campanile de Ripalta et lo Molino del Moysé; queste guardie potranno salvare dalle [s]corrarìe il paese di qua dal fiume [Scrivia]»189.

Nulla rimaneva dell’originaria spiritualità del luogo, un tempo scandito dai principi enunciati nella regola di San Benedetto da Norcia e ripresi da Bernardo di Chiaravalle: tutti gli edifici monastici, ad eccezione della chiesa, si trovavano invero in uno stato di totale abbandono e degrado. Lo stesso avveniva per i pochi monaci rimasti, ormai corrotti e avulsi dallo spirito religioso dei primi decenni, tanto che Gabriele Montemerlo, che coprì la carica di ultimo abate dal 1464 al 1478, imprigionò addirittura i monaci della sua comunità190.

A porre ordine all’interno del cenobio, nell’anno 1478, avvenne il passaggio in commenda dell’abbazia rivaltese, con provvedimento di Papa Sisto IV191; il monastero fu infatti concesso in beneficio ecclesiastico a Guidone Torelli, cui si demandava un risanamento delle finanze parallelamente ad una ripresa dell’iniziale spiritualità.

La serrata successione di personalità politiche e religiose che interessarono l’abbazia negli anni seguenti, si concluse nel 1538-39, quando i Benedettini di San Nicolò del Boschetto presso

187 MioTTi f., 2013, Op. cit., p. 10.

188 A.S.Mi. Comuni 82

189 CAMMArATA i.,Op. cit., 2006, pp. 63-68.

190 Ivi, p. 3.

191 MioTTi f., 2013, Op. cit., p. 11.

Genova subentrarono ai Cistercensi192.

Come affermato da Miotti, è probabilmente da attribuire a questa fase la parziale ricostruzione del monastero, che riguardò le tre stanze tramezzate nell’originaria sede della sala dei monaci e dove, attualmente, si trova parte della residenza del parroco193. Infatti, la copertura con voltini di imposta a vela si può considerare con certezza appartenente ad una fase più tarda (fig. 2.4.2)

È datato 1546 il rogito notarile con il quale si sancì la vendita dei terreni, del sistema di grange e possedimenti, nonché dei diritti riguardanti i beni dei religiosi di Rivalta ad Adamo Centurione, ricca personalità genovese, nonché marchese di Laula. Da questa cessione rimasero tuttavia esclusi l’edificio ecclesiastico con gli arredi ed i paramenti liturgici, il dormitorio, gli ambienti del chiostro ed alcune altre zone destinate alla produzione ed all’allevamento del bestiame194.

La presenza di Centurione non fu tuttavia duratura e gli subentrò, nel 1558, il milanese Antonio Carcassola che – poco tempo più tardi – definì con chiarezza i confini della sua proprietà, nella quale vennero inclusi il giardino e l’orto dei monaci, di cui il primo fu frazionato mediante un alto muro.195

Pochi anni più tardi (1562-1563), in conseguenza di tale accordo, fu ricostruita la galleria orientale del chiostro, a sostituzione delle due antecedenti (la prima, che – come abbiamo detto nel capitolo 2.3 – è da attribuire alla prima fase di cantiere, e la seconda della prima metà del Duecento), che ancora oggi si può distinguere facilmente se si osserva la copertura con volte a crociera liscia intonacate, la cui quota di imposta lascia intravedere le mensole in pietra che dovevano accogliere gli archi dell’originaria copertura. Inoltre, esternamente, colonne in laterizi con basi e capitelli in pietra accolgono archi a tutto sesto in mattoni (figg. 2.4.3).

Ad oggi, la manica del claustrum presa in esame è completamente tamponata con un

192 belTrAMo silViA, L’abbazia cistercense di Santa Maria di Rivalta Scrivia, in «Il Tortonese. Album del II Millennio», (a cura di) CAu eTTore, fAgnAno frAnCo, MorATTi VAleriA, Tortona, 2001, pp. 65-82.

193 Miotti riporta a sostegno della sua ipotesi una frase estratta dall’originale rogato da Pellegrino Porcili, notaio genovese, in cui si legge che Antonio Carcassola, subentrato nel 1558 al genovese Adamo Centurione nel possesso dei beni del monastero, avrebbe dovuto pagare: «[...] scudi trecento d’oro d’Italia quali si debbano spendere a com-pier le fabbriche del monastero di Rivalta e si spenderanno per mano degli agenti del signor Antonio a beneplacito dei monaci». In MioTTi f., 2001, Op. cit., p. 68.

194 ArCHiVio CoMunAledi TorTonA, serie I, vol. 41, da MioTTi f., 2013, Op. cit., p. 12.

195 Le suddette informazioni, emerse dalle ricerche di Miotti, sono estrapolate dai documenti conservati presso l’ArCHiVio CoMunAledi TorTonA, serie I, vol 41.

paramento murario irregolare costituito da laterizi e pietre di origine fluviale, a formare una cortina continua, e la sua attuale conformazione si può ricollegare agli interventi promossi sotto i proprietari Antonio Carcassola e, in seguito, da Agostino Airoli196 (fig. 2.4.4).

Venne infatti variata la distribuzione spaziale del dormitorio dei monaci al piano superiore:

esteso per la maggior parte della lunghezza della manica ad oriente, era un vano unico e privo di divisioni, in accordo con le regole monastiche che proibivano la suddivisione in celle singole.

Durante i Benedettini venne realizzato un lungo corridoio che dava accesso a dodici stanze ottenute erigendo dei tramezzi, delle quali le quattro che insistono sulla galleria del chiostro, prive di copertura voltata, furono plausibilmente costruite intorno alla metà del XVII secolo, in concomitanza con la costruzione di Palazzo Airoli197.

Il tamponamento delle arcate al piano terra, pertanto, trova una ragionevole giustificazione se ne si riconosce la necessaria funzione di sostegno dei carichi soprastanti.

Particolare non trascurabile è la successione, nella parte alta della muratura perimetrale, di buche di alloggiamento dell’orditura di un impalcato con funzione di soffitto (fig. 2.4.5).

In questo periodo – ricorda ancora Fausto Miotti – venne anche realizzata la sopraelevazione del tetto della manica del monastero.

Come già si è fatto cenno, anche l’attuale conformazione dell’estremo sud (antica sala dei monaci) è esito degli interventi benedettini: i lacerti di affreschi rinvenuti sulle pareti sono appunto di età tardo medievale198, così come il corridoio ricavato per raggiungere l’esterno ed i due ampi ambienti destinati a biblioteca e refettorio, di cui si trova testimonianza in alcuni atti notarili la cui datazione è compresa fra il 1614 ed il 1629199.

Esigue sono le notizie del cenobio per quanto concerne la seconda metà del XVI secolo, ma sappiamo con certezza che nel 1576 questo è definito, nel resoconto di una visita apostolica, con il termine “parochiale et regolare”, che ne riconobbe in maniera definitiva la trasformazione in parrocchia200.

196 MioTTi f., 2013, Op. cit., p. 12.

197 MioTTi f., 2001, Op. cit., p. 68.

198 Per approfondimenti si rimanda a denegri P., 2013, Op. cit.

199 MioTTi f., 2001, Op. cit., p. 68.

200 ArCHiVio sToriCo dioCesAnodi TorTonA, vol. B/2, da MioTTi f., 2013, Op. cit., p. 13.

Ai fini del nostro studio è ancora interessante sottolineare che intorno alla metà del XVII secolo il complesso non doveva trovarsi in buone condizioni, fatto che indusse il vescovo della diocesi di Tortona Carlo Settala, durante una visita pastorale (1673), ad auspicare un restauro della chiesa e soprattutto delle sepolture201.

201 Ibidem.

APPARATO ICONOGRAFICO

Fig. 2.4.1 Rivalta Scrivia. Arco di ingresso al complesso abbaziale

Fig. 2.4.2 Rivalta Scrivia. Sala dei monaci, copertura voltata

Fig. 2.4.3 Rivalta Scrivia. Galleria Orientale, mensola dell’originaria copertura

Fig. 2.4.4 Rivalta Scrivia. Galleria orientale, tamponamenti esterni

Fig. 2.4.5 Rivalta Scrivia. Monastero, buche di alloggiamento dell’orditura dell’impalcato