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Razionale

Una diagnosi precoce e un rapido trattamento riperfusivo del vaso coronarico occluso rappresentano i punti fondamentali nel ridurre la mortalità e migliorare la prognosi del paziente colpito da STEMI. Ciò che appare determinante nel risultato clinico e nell’outcome del paziente è il “fattore tempo”, ovvero il ritardo tra l’esordio dei sintomi e l’inizio del trattamento riperfusivo. La stretta correlazione tra il ritardo alla riapertura meccanica del vaso colpevole e l’aumento di mortalità unito al fatto che ancora oggi la mortalità preospedaliera dei pazienti colpiti da STEMI è del 30% circa rende necessario uno sforzo per cercare nuove strategie organizzative al fine di ridurre i tempi della diagnosi e del trattamento. Altri fattori, oltre il tempo ischemico, influenzano la mortalità dello STEMI dal momento dell'insorgenza del dolore al trattamento riperfusivo e nella fase post- dimissione del paziente e comprendono caratteristiche cliniche, di comorbilità e angiografiche.

Finalità dello studio

Lo scopo dello studio è stato valutare l'impatto del tempo ischemico e di vari fattori demografici, clinici e angiografici sulla mortalità intraospedaliera e a un anno all’interno della rete integrata per lo STEMI dell’area nord-ovest della Toscana con centro di riferimento all’Ospedale del Cuore G.Pasquinucci della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio (FTGM) di Massa.

La “rete” dello STEMI nella provincia di Massa-Carrara

A partire dal 2001, nella parte nord-ovest della Toscana (1300 km2)

comprendente la provincia di Massa-Carrara e una parte della provincia di Lucca, è iniziato lo sviluppo di una rete inter-ospedaliera e territoriale per ottimizzare l’assistenza e la cura di pazienti colpiti da infarto miocardico, in particolare con STEMI, provvedendo a un intervento tempestivo di rivascolarizzazione percutanea presso il centro di emodinamica di riferimento.

L’area comprende una zona montana (Lunigiana, 800 km2) con una

popolazione oltre 50.000 abitanti, complessa dal punto di vista orografico, e una zona di costa, meno vasta ma dove si concentra la maggior parte della popolazione (150.000 abitanti). La rete IMA è stata implementata a fine 2005 grazie al progetto di collaborazione tra Istituto di Fisiologia Clinica del CNR (all’epoca gestore dell’Ospedale “G.Pasquinucci” di Massa, oggi Ospedale del Cuore “G.Pasquinucci” della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio), ASL1 Massa-Carrara e U.O. di Emergenza Territoriale 118. Organizzata secondo il modello Hub & Spoke comprende una serie di presidi ospedalieri e unità di soccorso anche mobili (Spoke), distribuiti nelle zone di costa e montana (figura 4.1), collegati tra loro all’Ospedale del Cuore di Massa (Hub) attrezzato con due sale di emodinamica, attive 24h 7gg e una postazione di teleconsulto. Dalla primavera 2006 iniziò il reclutamento dei pazienti dalle

dotati di Unità di Terapia Intensiva Cardiologica: l’Ospedale Civile di Massa e l’Ospedale di Carrara (rispettivamente 3km e 10 km dall’Hub), l’Ospedale Unico della Versilia, presidio che nonostante sia in provincia di Lucca afferisce alla rete per omogeneità di territorio e breve distanza dal centro Hub (16 km). Alla zona montana afferiscono due Ospedali provvisti di Pronto Soccorso, a Pontremoli e Fivizzano, distanti rispettivamente 58 km e 55 km dal centro Hub, tre unità mobili di soccorso del 118, un sistema di teleconsulto per l’invio dell’ ECG al centro Hub e un elisoccorso attivo nelle ore diurne con base operativa a Cinquale (Massa). I centri Spoke in caso di STEMI a basso rischio (STEMI inferiore senza coinvolgimento del ventricolo destro secondo un protocollo concordato) con tempo ischemico totale inferiore alle due ore potevano optare per la riperfusione farmacologica mediante trombolisi.

Materiali e metodi

Popolazione dello studio

Dal 1° Aprile 2006 al 31 dicembre 2012 sono stati arruolati 1342 pazienti consecutivi afferenti al Laboratorio di Emodinamica dell’Ospedale del Cuore di Massa (Fondazione Toscana Gabriele Monasterio) con diagnosi di infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) e indicazione ad angioplastica primaria. I criteri per la diagnosi di STEMI adottati sono clinici ed elettrocardiografici e sono in accordo con i criteri universali ribaditi

dalla task force congiunta ESC/ACCF/AHA/WHF del 201263 esposti

precedentemente.

Metodologia della raccolta dati

Per documentare e caratterizzare i casi STEMI è stato sviluppato a cura dei servizi informatici dell’Ospedale del Cuore un database clinico informatizzato (IMA/MATRIX) integrato con la cartella clinica ospedaliera. Il dataset, definito dallo staff cardiologico, comprende più di 200 parametri, di cui la maggior parte in forma strutturata e gli altri in formato testo, inseriti in modo manuale attraverso un’interfaccia grafica oppure estratti in automatico dalla

cartella clinica (anagrafica, tempi coronarici, esito ospedaliero, …)160. Alcuni parametri sono obbligatori per assicurarne la registrazione nel database. Di seguito sono descritti quelli principali.

• Parametri anamnestici (dati anagrafici e demografici, fattori di rischio cardiovascolare, eventuali precedenti eventi cardiovascolari e pregresse procedure di rivascolarizzazione coronarica percutanea e/o chirurgica, comorbidità, terapia domiciliare).

• Parametri clinici (stabilità o instabilità emodinamica, shock cardiogeno, edema polmonare, episodi di FV, eventuale posizionamento di contropulsatore aortico o intubazione orotracheale). Abbiamo considerato in shock cardiogeno i pazienti con pressione sistolica < 90 mmHg, segni di ipoperfusione periferica ed evidenza ecocardiografica di grave disfunzione ventricolare sinistra all’ingresso161.

• Parametri bioumorali (curva enzimatica, emocromo, elettroliti, Emoglobina glicata, creatininemia, BNP, picco di Fibrinogeno e PCR).

• Parametri elettrocardiografici all’arrivo in sala di emodinamica, post-PTCA e alla dimissione o trasferimento (valutazione del ritmo, della frequenza cardiaca e del sopraslivellamento del tratto ST).

• Parametri ecocardiografici all’ingresso e alla dimissione o trasferimento (valutazione della frazione di eiezione ventricolare con tecnica Simpson modificata biplane come differenza di volume ottenuti dalla sommazione

dei dischi162, valutazione degli spessori parietali e delle valvulopatie eventualmente associate).

• Tempi relativi alla fase preospedaliera (orario di insorgenza dei sintomi, tempo intercorrente tra l’insorgenza del dolore e il primo contatto medico, orario di contatto telefonico con il nostro centro) e alla fase ospedaliera (orario di arriva in sala di emodinamica e orario del primo gonfiaggio del pallone). Abbiamo considerato per Pain-to-ballon (stima del tempo ischemico totale) il tempo intercorrente tra l’insorgenza dei sintomi e il primo gonfiaggio del pallone e per door-to-balloon (DTB), l’intervallo intercorrente tra il primo contatto medico e il primo gonfiaggio del Pallone. • Dati angiografici e relativi alla procedura interventistica di

rivascolarizzazione (sede della lesione colpevole, eventuale

posizionamento di stent medicati o non medicate, grado TIMI post PTCA). • Complicanze postprocedurali o durante la degenza in reparto (nuovi

episodi di angor, complicanze aritmiche, edema polmonare acuto, shock cardiogeno, stroke, exitus).

• Dati relativi alla terapia pre e post-procedurale, alla dimissione o al trasferimento. Il trattamento preospedaliero secondo il protocollo stabilito dalla rete territoriale e interospedaliera ha previsto la somministrazione di Aspirina 500 mg e.v., Clopidogrel 600 mg o Ticagrelor 180 mg per os, ed Eparina 5000 UI e.v. per tempi coronarici previsti superiori ai 120’; in assenza di controindicazioni e secondo una rigida selezione dei pazienti per

età (<75 anni), era previsto un pretrattamento con bolo di abiciximab prima dell’invio presso il nostro centro. Prima dell’inizio della procedura o al suo termine poteva essere ulteriormente somministrato in bolo e in successiva infusione e.v. un’ulteriore farmaco antitrombotico a discrezione dell’emodinamista a seconda delle caratteristiche del flusso coronarico e del risultato angiografico finale. La terapia antitrombotica alla dimissione comprendeva sempre, in assenza di controindicazioni, la doppia antiaggregazione (cardioaspirina 100 mg e Clopidogrel 75 mg o Ticagrelor 90 mg due volte al dì), statina, Beta-bloccante, ACE inibitore.

• Dati relative al Follow-up (esito del follow-up, ricoveri per cause cardiologiche, eventuali reinfarti e nuove procedure di rivascolarizzazione, eventi cerebrovascolari, patologie extracardiache, terapia domiciliare, diabete e abitudine al fumo).

Follow up clinico

I pazienti arruolati sono stati sottoposti a follow-up clinico mediante tre modalità: visita cardiologica, contatto telefonico diretto con il paziente o con i familiari in caso di decesso, contatto con il MMG del paziente. Il follow-up clinico è stato condotto su 1181 dei 1342 pazienti arruolati. 161 pazienti sono stati persi al follow up, principalmente per la difficoltà a ritracciare il paziente (numero di telefono errato o non risposta al telefono dopo più tentativi).

Analisi statistica

Un controllo di qualità sul database è stato eseguito prima dell’analisi statistica dei dati. Le variabili nominali sono riportate come frequenza e percentuale mentre le variabili continue sono espresse come media ± deviazione standard (DS). Le differenze tra le medie di due variabili continue sono state valutate mediante test t di Student. Le differenze tra variabili non

continue sono state testate mediante analisi Chi-Quadro (χ2). L’ANOVA ad

una via seguita dal test di Scheffe è stata utilizzata per analizzare la relazione tra tempo ischemico totale e decesso ospedaliero. Per valutare l'associazione tra l'outcome e caratteristiche del soggetto (covariate) prese singolarmente, è stata utilizzata un analisi di regressione logistica univariata. Le covariate risultate significative con una p < 0.10 sono state inserite contemporaneamente in un modello di regressione logistica multivariato. Successivamente sono state eliminate le covariate che non risultavano significative all'analisi multivariata, fino ad ottenere il modello finale. L'associazione tra outcome e covariate è espressa tramite odds ratio (OR) e il corrispondente intervallo di confidenza (CI) al 95%. Come outcome sono stati considerati il decesso ospedaliero e il decesso post-dimissione entro un anno. La significatività statistica è stata considerata con p <0.05.

Risultati

Dei 1342 pazienti arruolati tra l’aprile 2006 e il 31 dicembre 2012 i maschi erano 968 (72%) e le femmine 374 (28%). L’età media della popolazione totale è stata 66.6 ± 12.5 anni (range 28 – 99); differenziando per sesso, le donne hanno mostrato un’età media significativamente maggiore (p<0,001) rispetto ai maschi, 72.7 ± 17 anni verso 64.3 ± 12 anni.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad angioplastica primaria, con stenting in 1240 pazienti (di cui 335 casi con impianto di stent medicato).

Per quanto riguarda i fattori di rischio di malattia cardiovascolare 266 (20%) pazienti erano affetti da diabete, 762 (57%) soffrivano d’ipertensione arteriosa mentre i dislipidemici sono risultati 560 (42%); la prevalenza di tabagismo era del 42% (562 pazienti) e la familiarità per cardiopatia ischemica è stata riscontrata nel 30% dei pazienti. Quasi la metà dei soggetti (45.7%) era in sovrappeso mentre il 20% erano obesi (di vario grado).

Le caratteristiche principali della popolazione in esame sono riportate in tabella 4.1.

Nella popolazione, i decessi intraospedalieri e quelli al follow up entro un anno dalla dimissione sono stati rispettivamente 74 (5.5%) e 59 (4.7%). Tuttavia, dividendo il periodo analizzato in due fasce temporali (2006-2009, 2010-2012) sia la mortalità precoce sia la mortalità al follow up hanno mostrato un decremento nel secondo periodo considerato (Figura 4.2).

Tabella 4.1. Caratteristiche demografiche, cliniche e angiografiche della popolazione in studio.

PTCA = angioplastica coronarica transluminale percutanea; BPAC = bypass aortocoronarico; FE = frazione di eiezione; Stenosi non IRA = stenosi non infarct related artery; TIMI = Thrombolysis in myocardial infarction; BMI = body mass index. Variabili Totale (%) Età Sesso maschile Diabete mellito Ipertensione arteriosa Dislipidemia Tabagismo

Familiarità per coronaropatia Pregresso infarto miocardico Pregressa PCI/BPAC Shock al ricovero FE < 40% al ricovero

Inibitori GpIIb/IIIa pre-PTCA Vaso colpevole

Arteria discendente anteriore Arteria circonflessa

Tronco comune

Arteria coronaria destra Bypass graft

Stenosi non IRA

Grado TIMI post-PTCA (≤ 2) BMI

Normopeso Sovrappeso Obesità I grado Obesità II grado Obesità III grado Sottopeso 66.6 ± 12.5 968 (72.1) 266 (19.8) 762 (56.8) 560 (41.7) 562 (41.9) 413 (30.8) 157 (11.7) 92 (6.9) 83 (6.2) 346 (25.8) 346 (25.8) 605 (45.5) 234 (17.6) 13 (1.0) 460 (34.6) 18 (1.4) 325 (24.2) 229 (17.9) 406 (33.1) 560 (45.7) 188 (15.3) 42 (3.4) 17 (1.4) 13 (1.1)

Figura 4.2

Il tempo ischemico totale è stato in media pari a 284 min (DS = 190 min), con una distribuzione di frequenza che è rappresentata in figura 4.3. Le femmine hanno avuto un tempo coronarico sensibilmente più lungo rispetto alla controparte maschile (303 ± 183 min verso 276 ± 190 min).

In relazione all’età, abbiamo avuti tempi medi più lunghi nei sottogruppi di popolazione con età < 50 anni e > 70 anni, con picco minimo registrato nella fascia di età tra 50 e 60 anni (figura 4.4).

Considerando invece i pazienti trattati entro 12 ore dai sintomi (candidati alla rivascolarizzazione in classe IA), il tempo medio dall’esordio dei sintomi alla riperfusione è stato pari a 256 ± 132 minuti. Non si sono registrati miglioramenti rilevanti nel corso dei diversi anni presi in considerazione.

5,8% 5,1% 4,8% 4,5% 0,0% 1,0% 2,0% 3,0% 4,0% 5,0% 6,0% 7,0% 2006-2009 2010-2012 MORTALITÀ

Figura 4.3. Distribuzione di frequenza del tempo ischemico totale nella popolazione analizzata. Valore medio = 284 min (linea tratteggiata rossa).

Moda = 165 min (linea tratteggiata nera). Mediana = 225 min (linea tratteggiata verde), 25° percentile = 165 min, 75° percentile = 325 min. 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 190 200 210 220 230 240 250 260 270 280 290 300 310 320 330 340 350 360 370 0-60 60-120 120-180 180-240 240-300 300-360 360-420 420-480 480-540 540-600 600-660 660-720 720-780 780-840 840-900 900-960 960-1020 1020-1080 1080-1140 1140-1200 1200-1260 1260-1320 1320-1380 1380-1440 N u me ro d i p az ie n ti

Tempo ischemico totale (minuti)

Figura 4.4

Il tempo ischemico totale medio nei casi di decesso ospedaliero (301 ± 128 min) è risultato essere significativamente più lungo (p<0,003) rispetto ai pazienti sopravvissuti (253 ± 132 min), figura 4.5.

Figura 4.5 288 284 267 276 281 319 240 250 260 270 280 290 300 310 320 330 30-40 40-50 50-60 60-70 70-80 > 80 M in uti ETA' (anni)

TEMPOISCHEMICOTOTALEPERFASCED'ETÀ

253 301 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450

Sopravvissuti Decessi ospedalieri

M

in

uti

TEMPOISCHEMICOMEDIO: SOPRAVVISSUTI vs DECEDUTI(p<0,003)

Il door to balloon (DTB) medio, inteso come il tempo trascorso tra il primo contatto medico e il gonfiaggio del pallone, è stato di 99.5 ± 34.5 minuti. Non ha mostrato differenze significative in relazione all’età e al sesso. Tuttavia il miglioramento dal 2008 in poi, a seguito dell’ottimizzazione della rete, è stato evidente (figura 4.6).

Figura 4.6

Un DTB ≤ 90 minuti è stato raggiunto nel 47,4 % dei pazienti. La mortalità intraospedaliera è stata significativamente più bassa (p < 0,0001) in tali soggetti rispetto al sottogruppo con DTB > 90 min (figura 4.7). Per quanto riguarda invece la mortalità post-dimissione a un anno il raggiungimento di un DTB ottimale non si è dimostrato significativamente vantaggioso (p NS).

104 102 108 102 95 94 91 0 50 100 150 200 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 M in uti Anno

Figura 4.7

Differenziando per anno, il numero di soggetti con DTB ≤ 90 min è aumentato sensibilmente negli ultimi anni (figura 4.8).

Figura 4.8 40% 43% 38% 42% 55% 54% 59% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 % p az ie nti c on D TB ≤ 90 mi n Anno

DTB ≤ 90 MINPERANNO

2,7% 8,0% 3,3% 5,4% 0% 1% 2% 3% 4% 5% 6% 7% 8% 9% 10% DTB ≤ 90 DTB >90 Door to balloon

DOORTOBALLOONEMORTALITÀ

L’analisi logistica univariata (tabella 4.2) ha evidenziato che età, diabete mellito, pregressa procedura di rivascolarizzazione (PTCA o BPAC), tempo ischemico totale, door to balloon, shock al ricovero, FE < 40% all’ingresso e grado TIMI post-PTCA ≤ 2 erano fattori di rischio significativi per mortalità intraospedaliera. Il sesso maschile si è invece mostrato un fattore protettivo (OR = 0.3, IC 95% 0.2-0.5; p < 0,0001).

Tabella 4.2. Odds ratio (OR) per mortalità intraospedaliera mediante analisi logistica univariata.

Variabili OR (IC 95%) p

Età 1.1 (1.07-1.12) < 0.0001

Sesso M 0.3 (0.2-0.5) < 0.0001

Diabete 2.0 (1.2-3.4) 0.009

Pregressa PTCA/BPAC 2.3 (1.1-4.8) 0.029

Tempo ischemico totale Door to balloon 1.004 (1.002-1.006) 1.013 (1.007-1.019) < 0.0001 < 0.0001 Shock al ricovero 36.6 (20.8-64.5) < 0.0001 FE < 40% all’ingresso 12.3 (6.7-22.6) < 0.0001

Grado TIMI post-PTCA ≤ 2 8.1 (4.7-14.0) < 0.0001

I fattori che hanno influenzato la mortalità al follow up di un anno sono risultati l'età, il diabete mellito, la pregressa procedura di rivascolarizzazione (PTCA o BPAC) e la FE < 40% alla dimissione (tabella 4.3).

Tabella 4.3. Odds ratio (OR) per mortalità al follow up di un anno mediante mediante analisi

logistica univariata. Variabili OR (IC 95%) p Età 1.085 (1.062-1.109) < 0.0001 Sesso M 0.7 (0.5-1.1) NS Diabete 2.1 (1.3-3.3) 0.002 Pregressa PTCA/BPAC 2.6 (1.4-4.8) 0.003

Tempo ischemico totale

Door to balloon 1.000 (0.998-1.002) 0.998 (0.995-1.001) NS NS

Shock al ricovero 1.5 (0.7-3.2) NS

FE < 40% alla dimissione 3.4 (2.2-5.2) < 0.0001

Grado TIMI post-PTCA ≤ 2 1.5 (0.9-2.5) NS

Successivamente le variabili, che hanno mostrato una correlazione significativa con la mortalità all’analisi univariata, sono state sottoposte a regressione logistica multivariata dalla quale l'età, la pregressa procedura di rivascolarizzazione (PTCA o BPAC), il tempo ischemico totale, lo shock al ricovero, la FE < 40% all’ingresso e il grado TIMI post-PTCA ≤ 2 risultavano predittori indipendenti di mortalità intraospedaliera (tabella 4.4).

Tabella 4.4. Odds ratio (OR) per mortalità intraospedaliera mediante analisi logistica multivariata

(solo variabili significative).

Variabili OR (IC 95%) p

Età 1.09 (1.05-1.13) < 0.0001

Pregressa PTCA/BPAC 3.6 (1.2-10.6) 0.03

Tempo ischemico totale 1.003 (1.001-1.006) 0.02

Shock al ricovero 12.5 (5.7-27.4) < 0.0001

FE < 40% all’ingresso 6.5 (2.9-15.0) < 0.0001

Grado TIMI post-PTCA ≤ 2 4.0 (2.0-8.2) 0.0001

Analizzando i valori di odds ratio, le variabili che hanno mostrato un maggior impatto sulla mortalità precoce sono la presenza di shock cardiogeno (OR = 12.5, IC 95% 5.7-27.4) e una FE < 40% (OR = 6.5; IC 95% 2.9-15.0) al momento del ricovero (figura 4.9). I pazienti con shock, pur costituendo il 6.2% dei casi totali, concentravano il 56.8% della mortalità intraospedaliera

(42 decessi su 74 complessivi) mentre nei soggetti con FE <40% all’ingresso (346 pazienti, circa un quarto di popolazione) i decessi erano 55 (15.9%) e rendevano conto del 74% della mortalità complessiva.

Figura 4.9

Età, pregressa procedura di rivascolarizzazione (PTCA o BPAC) all’anamnesi e FE < 40% alla dimissione, insieme al diabete mellito, si sono dimostrati anche predittori indipendenti di mortalità entro un anno dalla dimissione (tabella 4.5).

Tabella 4.5. Odds ratio (OR) per mortalità al follow up di un anno mediante analisi logistica

multivariata (solo variabili significative).

Variabili OR (IC 95%) p Età 1.07 (1.05-1.10) < 0.0001 Pregressa PTCA/BPAC 2.8 (1.4-5.5) 0.005 Diabete 1.7 (1.1-2.8) 0.03 FE < 40% alla dimissione 2.3 (1.5-3.6) 0.0004 1,4% 15,9% 2,5% 50,6% 2,5% 10,1% 4,1% 8,4% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% FE ≥ 40 FE < 40 Shock NO Shock SI M or tal ità

L’età era un predittore indipendente di mortalità, sia intraospedaliera (p<0.0001) sia entro un anno dalla dimissione (p<0.0001). Come si evince dalla figura 4.10 la mortalità cresceva in modo significativo in fasce d’età successive, raggiungendo un picco nella popolazione più anziana (> 80 anni).

Figura 4.10

Il TIMI (thrombolysis in myocardial infarction) è un sistema di punteggio che esprime il grado di flusso nel vaso colpevole dell’infarto. Un grado TIMI post-PTCA pari a 3 è espressione di completa perfusione del vaso con flusso normale e equivale a successo della procedura. Un grado TIMI ≤ 2 all’angiografia post-PTCA, indicativo di risultato non ottimale, rappresentava all’analisi un predittore indipendente di mortalità intraospedaliera (p=0,0001),

0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 30-40 40-50 50-60 60-70 70-80 > 80 Età (anni) ETÀEMORTALITÀ (%)

ma non tardiva (p NS). In figura 4.11 si può notare come la mortalità all’interno della nostra rete cresceva al diminuire del punteggio TIMI.

Figura 4.11 2,3% 8,5% 21,4% 32,6% 3,6% 6,2% 7,1% 11,6% 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40%

TIMI 3 TIMI 2 TIMI 1 TIMI 0

Grado TIMI

GRADO TIMI POST-PTCAEMORTALITÀ

Allo scopo di quantificare la relazione tra tempo ischemico totale e mortalità intraospedaliera e al follow up di un anno, abbiamo considerato il gruppo di pazienti con tempo dai sintomi al gonfiaggio del pallone entro i 720 minuti (12 ore) e lo abbiamo suddiviso in 5 sottogruppi secondo fasce temporali (< 2 ore, 2-4 ore, 4-6 ore, 6-8 ore, > 8 h). La mortalità intraospedaliera ha mostrato un incremento significativo e progressivo (p<0,0001) dal primo fino all’ultimo sottogruppo considerato. Non si è avuto lo stesso risultato per quanto riguarda la mortalità post-dimissione a un anno (p NS), figura 4.12. Considerando il tempo come variabile continua, l’analisi della variabile dipendente mortalità intraospedaliera in funzione della variabile indipendente tempo ischemico totale (figura 4.13) ha mostrato una correlazione positiva e molto forte, come dimostrato dal coefficiente di correlazione (r = 0.97) e dal coefficiente di regressione (1,675): la mortalità precoce (intraospedaliera) aumentava linearmente del 3.5% ogni 2 ore di ritardo nella riperfusione nell’intervallo tra 2 e 10 ore (p<0,01). Il valore del coefficiente di

determinazione (r2 = 0.93) esprime come il 93% dell’aumento della mortalità

Figura 4.12

Figura 4.13. Retta di regressione tra le variabili dipendente (mortalità intraospedaliera) e

indipendente (tempo ischemico totale); equazione della retta: y = 1.675x – 2.73; r = 0,97; r2 = 0,93. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 0 2 4 6 8 10 12 mor tal ità i ntr aos pe dal ie ra (%)

tempo ischemico totale (ore) 1,2% 3,9% 7,4% 8,4% 15,7% 4,8% 3,7% 5,2% 6,7% 2,9% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18%

< 2 ore 2-4 ore 4-6 ore 6-8 ore > 8 ore

Tempo ischemico totale

RELAZIONETRATEMPOISCHEMICOTOTALEEMORTALITÀ

Discussione

La strategia riperfusiva nella provincia di Massa-Carrara ha puntato a offrire la rivascolarizzazione percutanea mediante PTCA primaria a tutti i pazienti con STEMI eleggibili con tempo coronarico inferiore a 12 ore.

All’interno della nostra popolazione, l’analisi multivariata ha rilevato che l’età, il tempo totale d’ischemia (dall’insorgenza dei sintomi al gonfiaggio del pallone), una pregressa rivascolarizzazione (PTCA o BPAC) all’anamnesi, la presenza di shock cardiogeno e di una FE < 40% al momento del ricovero e un grado TIMI post-PTCA ≤ 2 erano predittori indipendenti di mortalità intraospedaliera. Analizzando i valori di odds ratio le variabili che hanno mostrato un maggior impatto sulla mortalità precoce sono state la presenza di shock cardiogeno e una FE < 40% al momento del ricovero. Per quanto riguarda i pazienti con shock cardiogeno, pur avendo rappresentato il 6,2% della popolazione totale, sono stati responsabili del 58% della mortalità intraospedaliera. Ciò è perfettamente in linea con quanto evidenziato dagli studi GUSTO-I e III (nei trial i pazienti in shock cardiogeno sono il 7% del totale e concentrano il 55% della mortalità totale). Questa tendenza è confermata da registri (come l’NRMI) e da studi osservazionali (BLITZ). Lo studio GISSI-2163 dei primi anni ‘90 aveva messo in evidenza che nei pazienti trattati con fibrinolisi e con FE < 40% il tasso di mortalità a 6 mesi era notevolmente aumentato. Il nostro studio ha evidenziato come la

disfunzione ventricolare sinistra da moderata a grave (FE<40%) all’ingresso risulta uno dei più importanti predittori di mortalità, sia durante la degenza ospedaliera come nel follow up a un anno, nel paziente sottoposto a PTCA primaria.

Il risultato sicuramente più interessante emerso dallo studio è la stretta relazione tra mortalità intraospedaliera e tempo ischemico totale. Prendendo in considerazione lo stato dell’arte, sono numerosi gli studi che in passato hanno dimostrato il ruolo prognostico del door to balloon164-170, e da questa evidenza nacquero numerose proposte per accorciare il ritardo legato al sistema171. Nallamothu et al., in uno degli studi più autorevoli su tale argomento, dimostrò come per ogni riduzione del DTB di 15 minuti nell’intervallo da 150 min a meno di 90 venivano salvate 6 vite ogni mille pazienti trattati172. Nella nostra rete un DTB ≤ 90 min si associa a una riduzione significativa della mortalità, rispetto al gruppo di pazienti con DTB > 90 min (2,7% vs 8,0%; p<0,0001). Tale goal temporale è stato raggiunto nel 47,4% dei pazienti. Bisogna però tenere in considerazione che il periodo analizzato comprende un arco temporale in cui l’implementazione della rete ha fatto passi avanti notevoli (attraverso adozione di strategie quali invio diretto dell'ECG dal territorio al nostro Cath Lab, attivazione diretta da parte del medico door del laboratorio di emodinamica tramite un singolo contatto e

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