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La storia dei velivoli a controllo remoto, ha radici molto antiche, i primi si furono tentati di realizzare contemporaneamente alla creazione dei primi oggetti volanti con pilota. Il primo impiego è stato in ambito militare, spetta all’esercito Austro Ungarico che utilizzò alcuni palloni aerostatici carichi di esplosivo controllati da un sistema i funi. Vennero lanciati contro Venezia nel 1849 attraverso la nave Vulcano evitando di esporsi al fuoco diretto dei cannoni.

I primi veri e propri velivoli teleguidati nacquero però durante la prima guerra mondiale nel 1917, quando l’ingegnere Archibald Low, capitano della forza aerea del Regno Unito, creò il primo velivolo a motore con sistema di pilotaggio da remoto attuato con onde radio, chiamato Aerial Target (Fig. 34).

Fig. 34 - Rara foto scattata circa nel 1917 di un prototipo di un Aerial Targer in un hangar del Royal Fliyng corps (Davide Migliore, 2013, modificata).

La notizia arrivò anche nel nuovo continente e smosse l’interesse della Marina americana che disegnò la Curtiss-Sperry Fliyng Bomg nel 1917 con la quale tentarono una serie di lanci, fallendo per problemi aereodinamici. Le prove continuarono sugli idrovolanti Curtiss N9 (Fig. 35) di proprietà della marina, uno dei quali, nell’Ottobre del 1917 venne lanciato da una catapulta costruita dall’Ingegner Carl Norden. Il volo sarebbe dovuto essere di una decina di chilometri ai quali seguiva l’ammaraggio, ma dopo poco l’aereo scomparì dal raggio d’azione del segnale radio e si perse in mare.

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Fig. 35 - Esercitazione di un idrovolante Curtiss N9 (ceticowboy, modificata).

Gli esperimenti continuarono anche nel secondo conflitto mondiale. In Germania l’apparato militare continuò gli studi strategici sulle esperienze della prima guerra mondiale. I tedeschi svilupparono delle telearmi lanciabili da terra, da navi o sganciabili da bombardieri creando i “droni da attacco”. Un esempio è la Fritz X, conosciuta come Fritz X. Si trattava di una bomba perforante con superfici telecomandate via impulsi radio, comandata dall’aereo madre tramite un’impugnatura a cloche, praticamente l’antenato del joystick moderno. La sua vittima più celebre fu la corazzata Roma della Regia Marina italiana, affondata tra il golfo dell’Asinara e le bocche di Bonifacio il 9 settembre 1943. Morirono 1.352 marinai (Fig. 36).

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Ancora più vicino all’idea che abbiamo oggi di aeromobile a pilotaggio remoto fu la Henschel 293/294, dotata di un motore a razzo, era radiocomandata dall’aereo lanciatore con un raggio di azione di ben 11 chilometri (Fig. 37). È il discendente dei missili guidati di oggi. Avrebbe dovuto equipaggiare estesamente i reparti antinave della Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca, ma la sua efficacia trovò grandi limiti nella tecnologia di radio controllo e nelle tattiche di combattimento. Interessò soprattutto gli alleati, che la studiarono e la sperimentarono a fondo dopo la fine della guerra in quanto gli ingegneri tedeschi avevano tentato lo sviluppo di versioni con guida acustica o televisiva.

Fig. 37 - Foto del Henschel 293/294 presa dall’archivio dell’aviazione tedesca (luftarchiv).

Di nuovo gli americani, impressionati dalle ricerche tedesche, riuscirono a realizzare il progetto più interessante degli anni ’40. Si trattava di un piccolo aliante sganciato dall’aereo madre la cui discesa verso il bersaglio era in parte controllata da un operatore, fino a che un radar posto sul velivolo non agganciava il bersaglio. Il suo nome era Swod Mk 9 Bat e venne impiegata alla fine del conflitto nel Pacifico. Inizialmente non fu particolarmente efficiente in quanto il radar veniva spesso ingannato dal profilo del suolo, ma fu utilissima per affinare i sistemi di doppio controllo remoto del futuro (Fig. 38).

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Fig. 38 - Un pattugliatore Consolidated PB4Y-2 Privateer della U.S. Navy in atterraggio su una base nel Pacifico mostra due velivoli da attacco teleguidati Bat appesi sotto le ali. (Migliore, 2013, modificata).

Gli anni della guerra fredda videro l’ampliamento dell’uso dei droni anche nella ricerca aeronautica e nella sperimentazione di volo.

Il blocco sovietico aveva sistemi radar e telearmi di efficienza elevatissima tanto performanti da rendere insicuro l’uso dei velivoli convenzionali per ricognizione strategica e vero e proprio spionaggio.

La guerra del Vietnam e l’impegno nel sud est asiatico servirono come insostituibile campo di prova per l’ampliamento dei ruoli affidati ai velivoli senza pilota. L’industria statunitense Teledyne Ryan, specializzata nella produzione di droni da ricerca o bersagli volanti, sviluppò dall’AQM 34 Firebee, una famiglia di velivoli lanciabili da terra o sganciabili dalle ali di un aereo madre, di solito un aereo da trasporto Lockheed DC 130 Hercules. Questi velivoli erano riempiti di apparecchiature per analizzare e disturbare le emissioni radio e radar del nemico, oppure per effettuare ricognizioni fotografiche. Tra il 1965 ed il 1973 USAF (United States Air Force) e US Navy (marina militare degli Stati Uniti) svolsero oltre 34.000 ore di volo con i loro Ryan Firebee (Fig. 39), portati a uno stadio sempre più avanzato e in grado di compiere missioni con le stesse prestazioni di un moderno jet da combattimento.

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Fig. 39 - 1975, Aereo da trasporto DC-130° in volo equipaggiato con 4 droni da ricognizione AQM- Firebee.

Le pesantissime perdite subite dalle forze aeree statunitensi, in termini di aerei abbattuti, raffrontati con le prestazioni sempre più spinte dei droni fecero sorgere spontanea a Washington la considerazione di affidare ai velivoli senza pilota anche una parte delle missioni di combattimento, dotandoli di armamenti e sistemi di puntamento adatti.

Questo sviluppo è lampante fino ai giorni nostri. I droni odierni, come il Global Hawk possono volare ininterrottamente per più di 30 ore, il che addirittura permette di avvicendare nella missione più piloti che potranno godere così di turni di riposo (Migliore Davide, massacritica).

I sistemi di pilotaggio attuali hanno grandi potenzialità e, a oggi, un pilota seduto in una stanza è in grado di pilotare un velivolo a notevoli distanze. Questo può essere da un lato un bene, ma dall’altro, parlando di terrorismo internazionale, può provocare gravissimi danni ed è quindi fonte di grosso pericolo.

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