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TARQUINIA MOLZA

Nel documento BIBLIOTECA NAZ. Vittorio Emanuele III (pagine 42-72)

I

O

venni ierferadaPotidca daII’efl^rcilo,c

co-me

dopolunga abfenza volentierirtae n’andai alle folitcconverfazioni, ed entrai nella pa-IcftradiTaureoportaall’incontrodel

Tem-piodellaBartlica,edivi ritrovaimolti, par-techem’erano ignoti,eilpiiidiloroda

me

co-nofciuti:e

come mi

videro entrareaU’improvifo

,

fubitoda lontanomifaltarono chidaunabanda, e chi dall’altra.

E

Chcrefonte a guifad’infuriato, faltando dal mezzo degli altri mi corfe incon-tro, c prendendomi per la

mano

dilTe, o So-crate

come

Teiufcitofalvodallapugna? perciocché poco primache partlflìmoera fattabattagliain Potidea,laqualequerti diquiavcanodigikudita.

Edio

rifponaendo adelfocosìdilTi;fono ufcito

co-me

tuvedi.Fuportataquanuova,difs’egli,cheun fattod’arme moltoafprofifece,echeinquello morironomolti degli amici.Benevifudettala verità,difs’io. Intervenirtituallabattaglia, dilTc egli?V’intervenni.

Matu,

fpggiunfe, fedendoqua vienci, raccontai!fatto, perchè certonon abbiamo udito apertamente ogni cola.

E

intanto

conducendo-C 4

'

mi

40 D/aìc^^O

mi

mifecefSrdcrcappreffodi CritiafigliodiCale*

fero.Edivipoftomiafedere,falutai eCritia,egli altri,eraccontai adelfi lecofedell’efercito,e quel-loche alcuno ricercava

dame,

interrogandomialtri d'unacofa,altrid’un’altra.

E

poiché avelfimo di ciòdettoabbaftanza,iofubitointerrogaielfidelle cofedella filofofia diqui,inqual

modo

alprefentc

fifteflcro, efealcuni deiGiovinifraelfifolTero divenutieccellenti,oinfilofofia, oìnbellezza,

o

nell’una,oneU’altracofa.

E

Critiaguardandoverfo laporta,evedendoalcuniGiovinetti entranti den-tro,€contendentitra fc,ed un’altratorba dietro feguente,dilTe,o Socrate, a

mano

a

mano

tu

mi

parieflerper intendere deibelli,perciocché que-lliche entrano fono precurfori, edamatorid’uno chealprefentctempo pareefferbellilfimo, e pat-ini,cheegli(leflogiis’avvicini. ChiéqneftcKdifs’

io, dicuifiglio?

Tu

ancorThaiconofeiuto,dilleegbV

ma

primachepartiffinoneraancorainetà,elfoè CarmidcdiGlauconenollro Zio, emio Cugino.

PerDiol’ho conofeiuto,difs'io,ed elTendo ancora fanciulloinqueltempo noneracattivo,

ma

(limo

- oracheeglifiagiàmoltofattoGiovinetto. Saprai prello,difs’egli ,'vqqfinto, equaleei fiadivenuto.

E

c*sìdicendo-•CarmÌd««ntra;a

me

ocompagno nien-teèpolld^aBìlé, io

l^o

femplicementeuna bilan-cia biancaverlbibelli',"'perciocchéqualituttiquei chefòlionel fior dell’età

mi

paionobelli,

ma

non-dimenomièparutoeglialloramirabile,equanto allagrandezza, equanto allabellezza: etuttigli altrimi parevanoelfetprefidalPamordielfo, così pienidi(lupore,e perturbati erano, quandoegli è entrato, e moltialtriamatori lofeguitavano po.

E

dinoi

Uomini

nonèmaraviglia,

ma

io po-neva menteaiGiovinetti,'

come

ninnodielfi vol-gevagliocchi inaltro", néanche il

minimo

che

'• vi

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t)iPiatene ' 4t-,

viforte,

ma

tutti riguardavanoerto

come

un fimu-lacro.

É

chiamandomi Cherefonte dirte,oSocrate, chetipardiquel Giovinetto, nonè eglidi bellif-fima faccia?fopranatura,difs’ io, fe vuole egli difpogliarfi,pareràateniente lafaccia,così ^bel-lodi formain ogni parte:confentironotutti gli al-triinquertoaCherefonte.Ediodirti,oh Hercole,

mi

raccontateun

Uomo

infuperabile,fead ertbfof-feaggiuntauna certapicciola cofa.

Ma

che cofa, dirteCritia?Se egliaverte,difs’io,l’anima orna-ta dallanatura, e convieneoCritiaqueglierterdi talmaniera, il qualeènatodellavortraFamiglia

Ma

molto,difs’ei,è bello,’cbuonocirca»querto.

Ma

perchè,difs’lo, non fpogliamoqucrtapartedi.

erto,c nonlacontemnliamo prima che lafui bel-lezza,perciocchéegliè ornaitale,che vorrà dif-putare.Molto bene,difleCritia,poiché ertbèFilo-fofo,cficcome parea feftertb,ed agli altri,molto poetico.Quefta bellezza,difs’io, o amico Critia vieneavoidalungi inrtnodallaparenteladi Solo-ne.

Ma

perchénon mi mortrl querto.Giovinetto chiamandolo quà,perciocchénon fariacofa fconcia alui,febenfortepiìiGiovine,ildlfputarconerto noiallaprefenza tua, fuoTutore,eCugino

.Ma

bea dici,difs’egli,chiamiamolo:crivoltoverfo uno-che lofeguitava dirte,o figliochiama Carmide, di-cendogli,cheiovoglioprefentarlo a un

Medico

per contodellainfirmità,dichepocofamiparlò, che loindebolifce.Critiadunque dirte rivolto a

me,

pocofaertomi^iffedieffereaggravatodel ca-poIcvandofila mattina.

Ma

che diviata fingerfi verfodiluidiTaperealcunmedicamento,peril ca-po?Niente difs’io, purchéegli venga.

Ma

verri, difs’egli?Laqualcofafu,perciocchévenne,efece moltoridere,perché ciafcunodinoi che fcdevaraq, cglifacevamoluogo ftudiofamenie,fpingcvail

vi-. ciao

42 Dialog0

cinoper feder appreflbdiefforfintanto chediauei cheinultimo fedevanounofaceflìmo levar,l’altro cader daunbanda.Edeglivenendofi pofeafe~. derappreflfodi

me,

e diCritia. Edallora,amico, {lavoioindubbio,etroncò a

me

T audacia che primaavea,

come

ch’io foflì per difputar molto facilmenteconeffo.

E

dicendo Critia,che ioera quello chefapevamedicamentodelcapo, mi ri-»

guardòcogliocchiin modo,eh’ iononfo efprime-re,cfifeopriva

come

per interrogare,etutti quel-liche eranonellaPalefiracircondavano noi gran-dementeingiro. Allora,ogenerofotividi leparti didentroallaverte, edarfi,enonerain meftef-fh,eriputaifapicntiilìmoCritiadellecofe amoro-fe, ilqualdiflTe^parlandodiquello bel fanciullo,

ammonendo

altridoverfi aver cura,chenongliHa levatoparte dellecarniaguifad’uncapretto ve-gnente incontroaileone, perciocchélo rtcrtb

mi’

parea crterprefodaquertafera.

Nondimeno

interro-gandomi ertofeiofapea medicamentoperilcapo, appenain certo

modo

rifportch’ione fapeva.

Che

cofa è,difs’egli? ediodirticheera unacerta fo-glia,echeunincanto era d’adoperarli conerta, i!qualefealcunocantarte,ed infìemeufarte la fo-glia, la medicinadel tutto lo farebbe fano;

ma

fenzaeffodi nertimutilefarebbelafoglia.

E

quegli trafciìveròdunquedifle,datelo incanto.

Mi

per-fiiaderalonò,difs'io.Egliridendotiperfuaderò,

diffe,o Socrate.Edio, cosìbenefaiil mio nome,;

dirti?Se non tifaccio torto,difs’egli,perciocché non poco ragionamentoèditetraiihicicoetanei:

e'

mi

ricordoeflendoiofanciullo,che converfavi con Crina.

Tu

fai ben,difs’io,perciocchéioaverò prò ardireteco neldire dell’incanto, qualeeglifia.*

ma

pocofa iodubitavainqual

modo

ioti

dimo-ttrafiila forzadierto

,perciocchéètalc,oCarmide

che

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Di

Platone. 43 ch«non puòfohmentefarfanoilcapo;

ma come

peravventura tu hai uditodabuoniMedici,quando alcunoèvenutoadelfìpatendo'dolor negli occhi, che dicono certo chenonèpohibile,cheeflìtenti*

nodimedicargliocchifoli;

ma

che farebbe ne-ceffariocurareinfìeme ilcapo,fegliocchi avefle-roda dar bene-* e di piò che (limanoeffer molta fciocchezzail curarmai elfo capofenza tutto il corpo: e da quella ragionerivolti eglino colla die-taa tutto ilcorpoinfieraecoltuttofisforzanodi curare, e medicarlapirte:non hai tufentitoche cosìdicono,enon(lacosì?moltodifs’cgli.

Non

tipareficrben detto

,enon ricevitu quella ra-gione?piòditutte,difs’ei.Ed ioudendocheegli ciòlodava prefiardire,edapocoapoco a

me

fi

eccitavadinuovol’audacia,e

mi

fcaldava:e difi), taleèoraoCarmide l’operadiquelloincanto,ed 10 1*imparai colòneirefercito da un certo delli Medicidi Traciadellafettadi Zamolfe, ilquale dicefi, cherendea immortale.

E

difiiequelloTrace, cheiMedici Greci diceano, chelecofecheioho dettooraerano bendette.

E

Zamolfe,dille,nollro

Re

eDio,dice,cheficcomenonbifognatentardi medicargliocchifenza ilcapo, nè il capo fenza 11 corpo;cosianchenonfideeilcorpo fenza l'a-nima:e che quellaeracagione,che molte infermi-tò fofferoccultea’Medici Greci,perciocché igno-ravanoilcurareiltutto,ilqualenon dando bene, èimpofiibilechediibene laparte.Perciocché dif-fe, chetuttii beni,e tuttii mali fi

muovono

dall’animaal corpo,ed a tutto

l’Uomo

, edi lò abbondano,ficcomeanchedalcapoagliocchi. Bifo-gna dunque malfimamentecurarequellaparte

pri-ma,

fe lecofe delcapo, edi tuttoil corpo abbia-no dadar bene, edcflercurata l’anima, dille,

o

beato,conalcuniincanti,equediincanti fonogli onedi

44' Dialogo

onelH ragionamenti,e.da talifcrmoni farfila tem-peranza nelleanime, laquale fatta,eprefeftte viè di giàlafan ità,ed abbonda alcapo, cd alredo del corpo. InfegnandoiTiidunqueallora.e lamedicina, e gliincanti,dillei,'ne(Tunoti.perfuadaa curareil capodi effoconquella medicina il qual prima nont’abbia offertal’anima daelfermedicata date, perciocché quellopeccato fi vede oranegli

Uomi-ni, chelenza Tuna, cl’altracola, e la tempe-ranza,e lafanitàalcuni mettonoadelfer Medi-ci. E molto grandemente mi comandòche nelfu-nofolfecosìricco,nècosìgenerofo,nè bello, il qualemiperfuadeircafaraltrimente, perciòio giu-raiadelfo, emi è neceffario ubbidire: ubbidirò dunque.

E

fetuvuoi fecondoi comandamentidel Tracedarprima l’anima daincantarfi cogli incan-tidi elfo,applicheròlamedicina alcapo:efenò, non araiche fartioCarmidecaro.

Udendomi

dun-queCritiadircosì ,dilfe,farebbeo Socratecofautilc alGiovinetto lainfermitkdelcapo

,fefolfe necellì-' tatoper mezzodi quelliad elfere migliore della>

mente,

maio

ti dico, che.

Carmi^

de’fuoì coetanei

non

folaraenteèeccellentedibellezza,

ma

diquel flelTo,diche tudiciaverloincanto. Dici tuforfè dellatemperanza? moltodilli. Dunque benfappi, dilfeegli,che moltograndementepare temperan-tiffimodiquelliche fonoal prelente,edin tutte raltrecofe: finquanto comportai’ età,nonè infe-riorea nelfuno. Ecertoegliè giullo, difs’io» o' Carmide,chetufiiintuttecotali cofedifferente in eccellenzadaglialtri,-perciocché non liimo alcun altro dìqueiche fono quipoter facilmente mollrar, quali due Famiglie congiunte infiemerinAteneab-;

biano generatounpiò belio,e migliorediquelli,, dichetufeigenerato.Imperciocché la paterna vo-llraFamigliadiCritia.^figlio di Trepide,eda Ana-i

.i .i creonte

,

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25/ Platone, 45 creonfe^e tIaSolone,e da moltialtriPoetiè

manda-ta all’orecchieno!^rece!ebratilfiraa,come nominata eccellenteinbellezza,in virtb,einognialtra feli-cità.

E

medefimamentedallabandadellaMadre, per-ciocchédiPirilampo tuoZio ninno

Uomo

inqaefta terra ferma èdetto parerdfere nè più bello, nè mag-giore,quante volte quegli èandatoambafciatoreoal

granRe,o

adaltri inqueflepartiretuttaquefta Fa-miglia inninnacofaè inferioread altra.Edè verifi-jnile,o carofigliodi Glaucone,che tu generato,di cotaliparentifii pienointuttelecofechefiveggono della bellezzareparia

me

chetunonfacci vergo-gnarealcunode’ tuoiProgenitori-*

E

fetuafufficienza natodifpofto attoallaTemperanza,edalle-altre co-fe fecondoilparlar di coftui,iodico,oCarmidecaro, chela Madreti ha partorito beato,

ma

lacofafia co-sì.SeintefitrovalaTemperanza,

come

dice quello Critia,efetufeiballevolmentetemperante,nienteè bifognoa te degliincantidiZamolfe,néancodi Aba-ride Iperboreo.

Ma

feelTamedicinadelcapofidovette darti,e fe tu pariaverbifognodiquellecofe, avanti l’applicazionedel medicamentoèdafarfi l’incanto.

Tu

llelTodunque

dimmi

fetu confelTi diparticipare ab-baftanzadellaTemperanza,oppurfenehaibifogno.

Carmidealloraarrolfendoprimieramenteappariva an-cora più bello, perciocchéilpudore eraconveniente all’etàdielfo: dipoigenerofamenterifpofe, e dilTe, chenoneracofatacilealprefente,nèil confelfare, nèilnegarelecofedicheerainterrogato.-perciocché, difs’egli

,fc io diròdinonelTertemperante,ècofa abfur-daildir feftelfocotalicofecontrafeftelfo,e mollre-rò infiemementeCritiaelTermendace, emoltialtri, aiqualiiopaioelfertemperante-, fecondoil parlar di coflui:efeancodirò,elauderò

me

ftelfo, per avven-tura parerà cofa odiofa,inguifachenon hoche rif-ponderti.Ediodilfi,tumipardirverifimilmente,o

Car-Dialogo

Carmidc:ea

me

pare,diHl,doveflìconfiderarcin

co-mune

yfetu poiliedionòquellodicuit’interrogo,ac>

ciocchénonfiicoliretto a direquellochenon vuoi,c cheioinconfìderatamentenonmirivolgaallamedi-*

citta.Sedunquetiécaro,voglio confìderarteco: efe nò,lafciare.Piòd’ogni cofa,difle,miécaro,inguifa cheper quellocontoper quellaUradachetu

medefì-mo

(limi elTermeglioconfìderare,per quella confide-rà.Per quelladunque,difs'io,parmiottimala confi-derazionediciò,perché ècofachiara,ckefela

Tem-peranzaèinte,tu haiqualche cofa da (limardieflfa, perciocché certoé neceÀario,f.(fendoci, dartialcun fen-timento,delquale qualche opinione abbichecofa,e quale HalaTemperanza.

Non

parea tecosì?Così difle.Nonpotreflitudunquedirequello,che tu (li-mi, poichéfaigrecizzare,che cofaelTatiparePPer avven-turadiflfe.Acciocché dunque polhamocongetrurare,fe è inte,o nò,dimmi,dils'io,che cofa tudicieflfete laTempieranza,fecondolatua opinione.

E

quegli da primatardava,némoltovoleva rifpondererdi poi dif-fe,chegliparevae(Ter laTemperanzai’operare tut-te lecofeoneflamente,eUntamente andarperlevie, cdifputare, edilfarmedeflmamentètutteraltre co-feremiparein

rpmma>

dilTe,unacerta lentitudine quellodichem’interroghi.

Tu

diciben,difs’io, per-ché diconoo Carmidcilenti eflcrtemperati;

vedia-mo

fequalchecofa dicono.

Dimmi

dunque, nonèia

Temperanza

alcuna dellecofebelle?Moltodifs’ci.

E' forfèpiò bellacofa appreflb ilGramatifta lofcri-vereleLetterefìmili predamente,otardamente?

Predamente.Il leggerepredamente, otardamente?

Predamente.

E

ilcitarizzarepredamente,edil ve-locemente lottareécofamolto piòbelladel farlo lentamente, o tardamente?Certo sì.Ilfare allepu-gna, edilpancratizzarenon vamedefìmamente?

Malto. Ed ilcorrere»edil (altare,e tutteleopcr

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Di

Platone

.

47 razioni chefi fannodelcorpovclocemcntc non

fo-no

dellecofebelle? eletarde appena,e lelente

non

fonodelle brutte^parcosi.Pare dunqueanoi, difs’io,chefecondoil corpononquello

che

è len-to,

ma

il prefiilTimo,edil velocifilmoelfercofa belliffima;nonècosi? Molto.

Non

erala

Tempe-ranzaalcuna cofa bella?Certo.

Non

farebbe dun-quefecondoil corpola lentitudine,

ma

la prefiez-za pii^temperante, poichéla

Temperanza

é cofa bella.Pare,difs’egli.Che cofa,difs’io,èpihbella, lafaciledifciplina,oladifficile? la facile.

Ma non

é,difs’io, la faciledifeipUnal’imparare prefiamente, ela difficilelentamente, e.tardamenteq C^rto sì.

E

l’infegnareprefto adaltrinonèmoltopxh bella cofa,chelentamente, etardamente? Cosi è.

Ma

checofaé pih bella ilricordarli, ed il ridurlia

memoria

conlentitudine, etardità; o veemente-mente,evelocemente. Veementemente,e veloce-mente,dilTe.Laprontezzad’ingegno nonè una cer-tavelocitàdell’anima, e

non

unalentitudine? £’

vero.

E

l’intenderlecofedette,enella fcuoladel Gramatifia,cdelCitarifia, edinogni altro luo-go,non fonobelliffime leprefiiffime,enò Iptar-dilfime?Certosì.

Ma

nellequeftionidell’anima,e nelconfultarenonillentiflimocom’iofilmo,eche apenaconfulta,e ritrova lecofe,pare efferdegno dilode,maquellochefaciòcon facilità, e pre-ftezza?Così é,diirc-Tutte lecofedunque,difs’io,

o

Carmide, ecircal’anima,ecircail corpo quelle dellaprefiezza,edellavelocitàpaionoa noi piò belle,che quelledellatardità, elentitudine.Porta pericolo,diffe.Adunque nonfarebbe la Temperan-zaunacerta lentitudine,nèlavitalenta tempe-ranteper quefia ragione, poiché bifognaefib tem-peranteefferbelloi.Perciòdiduecofel’une,onon mai,0molte pochevolte leazioni lente nella vi-ta

4? Dialoga \ taci fono parute piùbelle,che le prette, c vec-menti.

E

fe avvienemafltmamente,che leazioni lente non fiano

mcn

belledelleveementi, c pre-tte,nèanche perquellavia la Temperanza Tara piùunoperare lentamente, che con veemenza,e prettezza,nèinandare,nèinparlareinè anchein miunaaltracofa, lavitalenta, edornatanon fa-rebbepiùtemperantedi quellachenon è lenta, i

poichéinquelloche fièdettoè fta^a fuppofta

da

noiTemperanza unadellecofebelle.elecofe bel-lenon appaiono

men

belleveloci,che lente.

Di-rittamente,ditte,mipariaver dettoo Socrate.

Adun-quedi nuovo,difs'io,oCarmide maggiormente ap-plicando lamente,e riguardandointe ttettbpenfa qualetifa laTemperanza,cheti è prefente, e quale clfendoti facciatale;edavendoraccolte tut-tele cofedì bene,e confidentemente, che cofati paiaettcre.E quegli ritenendofi,emolto virilmen-teconttderando verfofcftelfo,a

me

pare,ditte, la Temperanzaquellocheè ilpudore.

Ma

fia,ditti, nonconfelTavitu pocofaelferla

Temperanza

una cofa beila?Molto,ditte egli.

E

non fonoanchegii

Uomini

buoni temperanti?Certosì.Sarebbeforfè buonacofaquella,cherendette gliUomini 'non buo-ni?

Non

già.

Dunque

non folamente è bella 'la Temperanza,

ma

buonaancora. Cosìparmi.

Come

non credi tuad

Omero

,che dica rettamente, di-cendo

,che nonèbuonoilpudoreall’Uomo bifo-gnofo?

Lo

credo, dilTeegli.

E

dunque

come

pare elfopudorenon buono,ebuono?Parcosì.La

Tem-peranza oraè buona,fcfagli

Uomini

buoni,aiqua-, li èprefente,e noncattivi.

^ me

pareche ttii,

come

tudici.

Non

farebbedùnquela

Temperanza

pudore, feellaècofabuona: eil pudorenon più.

buono,checattivo.

A me

pare,ditte,o Socrate ciòctterdetto drittamente.

Ma.

confiderà, che eofa

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Di

Platone.

tipaiaefTerequellocheèdettodellaTemperanzia.

lo

mi

ricordavapocofaquello,che houdito da uocerto che diceva,chelaTemperanzia farebbe forfèiltrattare lecofedifeiìelTo;confiderà dun-quefeildicente quellotipar dire rettamente.

£

ioofederato dilTitu hai udito quelloda Crizia,

ma

da

me

nongià.

Ma

che importa o SocratedilTe

ma

da

me

nongià.

Ma

che importa o SocratedilTe

Nel documento BIBLIOTECA NAZ. Vittorio Emanuele III (pagine 42-72)

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