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Tassa sulle merci nel porto di Venezia

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39. Tassa sulle merci nel porto di Venezia

Il 10 ottobre la Commissione Trasporti della Camera, in sede le­ gislativa, discuteva e approvava, nel testo trasmesso dal Senato, il disegno di legge 1334-B, d’iniziativa governativa, dal titolo «

Pro-(21) Il disegno di legge è così formulato:

Articolo unico. — La tassa unica annuale dovuta per l ’impianto e l ’eser­ cizio di distributori di carburante a’ termini dell’articolo 199 del testo unico per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 117ó, e successive modificazioni, si riferisce esclusivamente alla occupazione del suolo e del sottosuolo di perti­ nenza del Comune o della Provincia, effettuata con le sole colonnine montanti di distribuzione e i relativi serbatoi sotterranei.

Tutti gli ulteriori spazi ed aree eventualmente occupati con impianti od apparecchiature ausiliarie, funzionali o decorative, ivi compresi le tettoie e i chioschi e simili, sono soggetti alla tassa di occupazione di cui al precedente articolo 192.

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roga della tassa sulle merci, imbarcate, sbarcate e in transito nel porto di Venezia », (si v. anche questa Rivista, 1960, I, pag. 469) (22). 40. Tasse e imposte indirette sugli affari.

а) Il 13 ottobre veniva presentato al Senato il disegno di legge 1252, d’ iniziativa del Ministro delle Finanze, dal titolo « Norme per la disciplina di riscossione dei carichi in materia di tasse e di imposte indirette sugli affari » (23). Il 1° dicembre la Commissione Finanze e Tesoro lo discuteva e approvava in sede deliberante, senza modifi­ che. Trasmesso alla Camera, ove assumeva il n. 2644, veniva deferito alla Commissione Finanze e Tesoro in sede legislativa. Il 15 dicem­ bre la Commissione Bilancio esprimeva alla Commissione Finanze parere favorevole all’approvazione del progetto.

б) Il 13 ottobre veniva presentato al Senato il disegno di legge 1251, d’iniziativa del Ministro delle Finanze, dal titolo « Delega al Governo per l’ emanazione di norme riguardanti revisione e coordina­ mento delle sanzioni previste dalle leggi vigenti in materia di tasse e imposte indirette sugli affari » (24). Deferito alla Commissione F i­ nanze e Tesoro in sede referente, questa il 6 e il 7 dicembre lo discu­ teva, approvando infine una relazione del senatore Piola suggerente l’accoglimento del disegno di legge con una modifica, consistente

nel-(22) Il provvedimento è ora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 289 del 25 novembre 19(50 come legge 21 ottobre 1960, n. 1368.

(23) Il disegno di legge è così formulato :

Ar t. 1. — ■ Sulle somme dovute a ll’Erario per tasse e imposte indirette sugli affari si applicano gli interessi moratori nella misura semestrale del 3 per cento da computarsi per ogni semestre compiuto.

Art. 2. — Gli interessi si computano a decorrere dal giorno in cui il tributo è divenuto esigibile ai sensi delle vigenti disposizioni.

Art. 3. — In caso di omissione di formalità, o di omessa autotassazione, o di insufficiente o mancata denuncia, gli interessi si computano dal giorno in cui la tassa o l ’imposta sarebbe stata dovuta se la formalità fosse stata ese­ guita o l 'autotassazione effettuata o la denuncia presentata in forma completa e fedele.

Art. 4. — Gli interessi sono dovuti indipendentemente dall’applicazione di ogni penalità o soprattassa prevista dalle singole leggi tributarie.

Art. 5. — Sulle somme pagate per tasse e imposte indirette sugli affari e ritenute non dovute a seguito di provvedimento in sede amministrativa o giudiziaria spettano al contribuente gli interessi di mora nella misura di cui al precedente articolo 1 a decorrere dalla data della domanda di rimborso.

(24) Il testo del disegno di legge è il seguente:

Art. 1. — Il Governo è autorizzato ad emanare ai sensi dell'art. 76 della Costituzione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentito il parere di una Commissione parlamentare composta da cinque senatori e cinque deputati, uno o più decreti, aventi valore di legge ordinaria, recanti norme in materia di sanzioni e soprattasse per la

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raggiungere al primo alinea dell’art. 2, dopo le parole « ai seguenti principi e criteri direttivi », le altre « anche in deroga agli articoli 1 e 23 della legge 7 gennaio 1929, n. 1 ».

41. Turismo.

il 16 novembre la proposta di legge 1369, d’iniziativa del depu­ tato Barbieri e di altri deputati, intitolata « Biforma dell’ordina­ mento turistico » (si v. questa Rivista, 1960, I, pag. 279) veniva di­ scussa in sede referente dalla Commissione Interni della Camera. Il proponente Barbieri informava la Commissione di voler ritirare il pro­ getto per presentarne un altro più aggiornato. Il 24 novembre l’ avve­ nuto ritiro veniva annunciato alla Camera in assemblea. In prece­ denza (il 5 ottobre) la Commissione Bilancio aveva deciso di dare alla Commissione Interni parere contrario alla proposta.

Re n a t o Ric c i

sione delle violazioni alle leggi concernenti le tasse e le imposte indirette sugli affari.

Art. 2. — Le nuove norme dovranno essere informate ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) coordinamento delle sanzioni e delle soprattasse in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari con la legge 7 gennaio 1929, n. 4;

b) determinazione di nuovi limiti minimo e massimo delle sanzioni sta­ bilite in una somma fissa dalle vigenti leggi sulle tasse e sulle imposte indirette sugli affari in relazione alle necessità di coordinamento delle varie disposizioni e al mutato valore della lira ; il limite minimo non dovrà essere inferiore à lire duecento e quello massimo non dovrà essere superiore a lire cinquemila ;

c) revisione dei limiti minimo e massimo delle sanzioni commisurate al tributo; il limite minimo non dovrà essere inferiore alla metà dell’importo del tributo evaso e quello massimo non dovrà essere superiore a cinque volte l ’importo del tributo stesso;

d) revisione delle sanzioni ragguagliate al tributo in misura fissa, per la determinazione del minimo da fissare con gli stessi criteri di cui alla lettera 6);

e) revisione, secondo i criteri di cui alla lettera d). delle sanzioni per le quali i limiti minimo e massimo sono stabiliti in misura fissa;

f) sostituzione della multa e dell'ammenda con la pena pecuniaria da determinare secondo i criteri di cui alla lettera c), nei casi in cui le dette sanzioni penali risultino eccessivamente rigorose in rapporto all’omesso paga­ mento del tributo o alla natura della violazione, e sostituzione della multa con l ’ammenda da determinare con gli stessi criteri, nei casi in cui la quali­ ficazione della violazione come contravvenzione si presenti più rispondente alla natura della violazione medesima ;

il) revisione delle soprattasse che, in ogni caso, non dovranno essere superiori a due volte l ’ammontare del tributò;

h) determinazione delle misure fisse minime delle penalità nei casi di applicazione di eccezionali riduzioni delle penalità stesse o di pagamento spon­ taneo dei tributi;

*) modifica delle norme contenute nella legge 7 gennaio 1929, n. 4, al fine di adeguare la competenza degli uffici in rapporto al mutato valore della moneta e di semplificare le procedure, in relazione anche al principio del de­ centramento amministrativo, compatibilmente con la tutela del contribuente.

UN CONVEGNO SULLA RIFOKMA DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO

Il 12 febbraio 1961 ha avuto luogo a Venezia, presso Ca’ Foscari, un convegno, indetto dal Centro italiano di studi finanziari, insieme all’Associazione naz. tributaristi, dedicato allo studio della riforma del contenzioso tributario. Al convegno hanno partecipato numerosi do­ centi universitari, commercialisti, tributaristi e rappresentanti delle ca­ tegorie economiche. I lavori sono stati presieduti dall’on. Napolitano e ad essi ha dato l’avvio il sottosegretario alle finanze, on. Troisi che ha fatto presente l’impegno del Governo di portare in porto la riforma da molti anni allo studio; sono seguite le relazioni del dott. Valori, diret­ tore del Centro, che ha tratteggiato le linee del sistema attuale, auspi­ candone la riforma; del prof. V. M. Romanelli che ha esposto sinteti­ camente i termini del problema costituzionale relativo alla riforma medesima; del prof. G. A. Micheli che ha tracciato un rapido panorama delle questioni che debbono essere affrontate per la concreta attuazione di un sistema ragionale ed efficiente di giustizia nella amministrazione finanziaria; del prof. M. La Torre che ha fatto presente i vantaggi dell’attuale sistema osservando che ogni riforma di esso non può conse­ guire vantaggi effettivi se non si può contare su giudici preparati tecnica- niente e su di unii, pubblica amministrazione rispettosa della legge; del prof. E. D’Albergo che ha illustrato il progetto di riforma elaborato dalla Associazione dei tributaristi. Sono poi intervenuti nel dibattito, con importanti apporti di idee, i proff. Berliri, Allorio, Maffezzoni, il dott. Rinaldo Rocco ed altri. Al riguardo, è da ricordare che il Ber­ liri ha proposto di avviare la concreta attuazione della laboriosa ri­ forma con una legge che si limiti a modificare l’attuale iter proces­ suale avanti le commissioni in modo di perfezionare le garanzie di effi­ cienza di quel mezzo di tutela e la completa imparzialità di quegli organi giusdicenti. L’Allorio, nel difendere il progetto a suo tempo pre­ disposto da una commissione presso la Associazione per le società per azioni, ha affacciato la possibilità di studiare eventualmente un sistema nel quale, dopo due gradi di giudizio, rispettivamente avanti la com­ missione distrettuale ed a quella provinciale, sia lasciata alle parti la scalta tra un’impugnativa alla corte d’appello oppure alla commissione centrale, come organo giurisdizionale speciale. Il Maffezzoni infine si è invece espresso in senso favorevole alle magistrature speciali; di conseguenza egli auspica un ordinamento del contenzioso tributario che si articoli nel modo seguente: commissione distrettuale, secondo la

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tuale com posizione; com m issione provin ciale, form ata p e ra ltro da un giudice unico togato (da un giudice cioè d ie dedichi tu tto ed esclusiva- mente il suo tem po a lla fu n zion e del g iu d ic a re ); com m issione centrale, pure fo rm a ta da giudici togati.

Q u ale conclusione d e ll’im portan te convegno è sta ta redatta una mozione che sarà presen tata al G overno, n ella quale si auspica la pronta attuazione di una riform a so sta n ziale del contenzioso trib u ta rio che a ssicu ri al contribuente la m iglio re tu tela del p ro p rio d iritto e nel con­ tem po g aran tisca a llo S ta to la p ro n ta percezione dei trib u ti, in quanto riconosciuti dovuti.

R E C E N S I O N I

Gustavo del Vecchio, Economia generale, Trattato italiano di economia, voi. I, IT.T.R.T., p. 806, 1961.

Quest’importante opera di Del Vecchio fa parte di una collana di scritti economici del « Trattato Italiano di Economia », diretto dall’A. e da Celestino Arena. Il piano della collana prevede venti volumi, dei quali cinque sono già usciti, e vuol riallacciarsi idealmente alla « Nuova collana di economia », ma seguendo un disegno più organico, cerca di diffondere il « saper economico » non solo fra gli studiosi, ma anche fra operatori economici, uomini d’affari, dirigenti di imprese. A tale scopo vuol rappresentare i singoli settori della vita reale ad opera di insigni studiosi.

L ’Economia generale di Del Vecchio è il primo volume della serie. Rial­ lacciandosi alla trattazione fondamentale di Adamo Smith, cioè partendo da premesse economiche fondamentali, l ’A. giunge attraverso procedimenti di ap­ prossimazione successive alla spiegazione dei fatti concreti, all’esposizione dei problemi attuali.

Nonostante la preoccupazione di studiare e di determinare fatti concreti, intento che si palesa in tutta l’opera, vi è mantenuto il carattere sistematico, la derivazione logica dai principi generali o da successive ipotesi interpretative.

I caratteri obbiettivi del sistema economico esposto riguardano i fatti della prima metà del secolo X X , l’epoca alla quale si riferiscono le lezioni universita­ rie tenute, che hanno dato luogo a questa pubblicazione, mentre le ipotesi fon­ damentali si riferiscono alle teorie classiche e neo-classiche. L ’A. esclude l’ipo­ tesi utilitaristica e lo studio del comportamento edonistico dei singoli individui, rivolgendosi aU'indagine sugli individui riuniti in gruppi, in categorie, in classi.

Del Vecchio esclude pure dalla sua indagine le sintesi storiche della dot­ trina marxista, l’insegnamento della scuola neo-classica inglese, le teorie eco­ nometriche e quelle storicistiche, seguendo piuttosto la teoria Marshalliana degli equilibri parziali, quella di Pareto dell’equilibrio generale e la teoria della dinamica economica di Pantaleoni, di cui l’A. condivide l’idea della selezione biologica nel campo sociale, perchè essa ha il pregio del punto di vista pura­ mente empirico-sperimentale. Sulla base di questa concezione, l’A. spiega come alcuni istituti o forme sociali durano ed altri no, come alcuni resistono e per­ mangono, altri invece sono caduchi, di modo che anche in finanza cerca di ricavarne la soluzione dei problemi fondamentali, ai quali l’A. non crede di poter dare una soluzione scientifica, nè coll’utilitarismo, nè con altre dot­ trine insufficienti a spiegare le singole istituzioni finanziarie concrete, delle quali alcune si sviluppano e permangono e altre scompaiono.

Non è possibile qui riassumere, sia pure a brevi linee, l’interessante e com­ pleto lavoro, che in cinque parti tratta dell’economia pura (individuale e sociale), della dinamica economica, della politica economica, della finanza pub­ blica nelle diverse concezioni : classica, economica-sociologica, della sintesi eco­ nomica e della teoria del reddito. Ma è importante di notare che la scienza

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economica è considerata come scienza empirico-sperimentale e non storico­ politica, che essa si basa sull’osservazione dei fatti ed elabora le teorie col suo metodo empirico-sperimentale, ponendole in confronto coi fatti concreti. eco­ nomia ha per fine la descrizione e la comprensione della realtà sociale, che è in continuo movimento, sicché l’economia deve studiare le cause di questi mo­ vimenti ed è quindi dinamica e non statica. Le teorie economiche sono pro­ babilistiche e non categoriche, perchè esse riguardano maggiore o minore pro­ babilità dei fenomeni e non sono unitarie, come lo erano le vecchie teorie eco­ nomiche, che volevano contenere tutta l’economia in un sistema solo. La nuova teoria arriva soltanto fin dove sono arrivati i fatti e le loro conseguenze.

Questa moderna concezione scientifica di Del Vecchio pone in luce come la complessa vita economica odierna non può più essere studiata coi vecchi sistemi classici, che non sono più atti a spiegare la realtà economica e sociale odierna. I campi nuovi coltivati dagli economisti più recenti, sono le ricerche di dinamica economica e della politica economica, integrate colla statistica economica. Sono, quindi, affrontati i problemi dei movimenti economici di breve e di lunga durata collo stesso rigore portato dai classici nello studio dei problemi statici. Dice Del Vecchio nell’ultimo capitolo della sintesi economica : « Noi non siamo di fronte a una scienza chiusa compiuta, ma abbiamo una serie di nozioni più o meno coordinate, che si tratta di tradurre in una unità la più vicina alla tanto complessa realtà », ed è questo lo scopo finale di questa bella opera.

Jenny Griziotti Kretschmann

J. M. Buchanan, Fiscal Theory and Politicai Economy, Selected Essays, Cha-pel Hill, The University of North Carolina Press, 1960, pp. 198.

Questo volume di saggi è di particolare interesse pe r lo studioso italiano. Infatti il lavoro principale (intitolato « La scienza delle finanze : thè Italian Tradition in Fiscal Theory ») è dedicato all’esame degli sviluppi della teoria dell’economia finanziaria in Italia, nel sessantenio 1880-1940. Il Buchanan, in tale saggio, che occupa un buon quarto del libro e che fu scritto sostanzialmente in Italia nel 1955, ma era rimasto sino ad ora inedito, si sofferma in partico­ lare sui contributi del Ferrara, del De Viti de Marco, dell’Einaudi, del Monte- martini, del Barone, del Griziotti, del Puviani, del Borgatta e del Fasiani. Un pò in ombra risultano invece i contributi del Pantaleoni (e forse questo è il maggior rilievo critico che si può muovere al nutrito e ben documentato bi­ lancio offertoci dal B.).

I principali temi, per i quali il B. mette in risalto l’apporto degli studiosi italiani sono: la considerazione dei servizi pubblici come fattore produttivo (il B. si sofferma qui sulla linea di pensiero Ferrara-De Viti de Marco-Einaudi) ; la critica alle teorie del sacrificio e, in genere, all’apparato utilitaristico come fondamento della distribuzione delle imposte (vengono esaminati i contributi del Barone e. più brevemente, dell’Einaudi) ; la riformulazione della teoria della capitalizzazione dell’imposta (il B. si sofferma, al riguardo, sulle ricerche del- PEinaudi e, più brevemente, su quelle del Griziotti) ; la controversia sulla dop­

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pia tassazione dei risparmio (vengono esposte le posizioni dell’Einaudi e del De Viti de Marco) ; la pressione comparata del debito pubblico e delle imposte (il B. qui mette in risalto la critica del Griziotti alla teoria del Ricardo e del De Viti de Marco) ; la teoria dell’illusione finanziaria (nell’elaborazione del Puviani ripresa dal Fasiani) ; la teoria delle scelte collettive nel campo della finanza (vengono analizzate e poste a confronto le posizioni del Montemartini, e del De Viti, dell’Einaudi, del Pareto, del Murray, del Barone, del Pantaleoni, del Borgatta); il teorema della maggior pressione dell’imposta di consumo ri­ spetto all’imposta sul reddito (il B. ricorda che gli apporti di Barone, Borgatta e Fasiani sono anteriori a quelli anglo-americani, iniziatisi con il saggio dello Joseph del 1939).

Secondo il B ., in generale, il grande merito degli studiosi italiani di econo­ mia finanziaria è che essi hanno introdotto la teoria della finanza in una vi­ suale ampia, nella quale si è dato pieno riconoscimento alle principali interdi­ pendenze. « Per loro natura —- osserva il B. — i problemi fiscali sono problemi generali di benessere e non problemi di particolari gruppi di persone, classi 0 industrie ».

Le indagini rivolte alla soluzione di questioni particolari — continua il B. — sono state relativamente trascurate, nelle ricerche italiane, a differenza che in quelle anglosassoni. Troviamo ad esempio — egli aggiunge -— relativa­ mente poche discussioni dell’incidenza delle singole imposte o spese pubbliche (va tenuto presente che il B. si riferisce al periodo sino al 1940). Ma l’astrat­ tezza dei contributi italiani appare al Buchanan come un pregio, considerando il rigore degli schemi su cui essi si fondano e l’utilità che essi presentano per una comprensione dei problemi « generali » di benessere della finanza.

Se negli studi italiani vi è stato forse un eccesso di « sistema » — com­ menta il B. — quelli anglosassoni sono spesso caduti nel difetto opposto : e tutti 1 buoni marshalliani debbono riconoscere che l’analisi rivolta alla soluzione di problemi particolari è fruttuosa solo sin tanto che il « sistema » che essi pre­ suppongono è solido. « Mentre Fubini aveva ragione di raccomandare ai teo­ rici italiani il Marshall, come un « idolo », probabilmente una buona dose di Ferrara sarebbe egualmente vantaggiosa ai moderni studiosi di finanza d’impo­ stazione marshalliana ».

Il Buchanan insiste molto sull’importanza attuale, dei contributi italiani alla teoria della finanza. « Ora che gli importanti contributi originarii svedesi alla teoria della moneta e del ciclo sono stati fatti conoscere, si può affermare che il singolo corpo nazionale di dottrine che rimane largamente sconosciuto e non apprezzato dagli economisti di lingua inglese è il lavoro italiano nella teoria finanziaria ».

Un giudizio davvero lusinghiero, che — essendo formulato da uno dei più rigorosi studiosi americani di finanza pubblica e di economia del benessere — a noi piace riportare, a conforto di quanti in Italia, di fronte ai rigorosi svi­ luppi anglo-americani della teoria e della politica finanziaria, potrebbero essere indotti a considerare come « superati » i contributi italiani alla finanza pre- keynesiani.

Ed ora qualche cenno sugli altri saggi del B. che compaiono nella presente raccolta. Essi si possono distinguere in tre gruppi. Il gruppo più nutrito è quello che riguarda i problemi delle scelte collettive come problemi di benessere.

in relazione alla teoria della finanza : The Pure Theory of Government Finance, A suggested Approach; Social Choice in Voting and thè M arket; Positive Economics, Welfare Economics and Politicai Economy. Tutti questi saggi (ad eccezione di quello citato per ultimo che comparve originariamente nel Journal of Law and Economics) riproducono, con poche modificazioni, lavori pubblicati nel Journal of Politicai Economy nel periodo dal 1949 al 1954. Essi hanno la caratteristica comune di tentare (con notevoli e stimolanti risultati) una inte­ grazione fra la « nuova » economia del benessere paretiana da un lato e la teoria del benessere wikselliana (fondata sull’analisi dei processi di decisione mediante voto) dall’altro lato, naturalmente con l’occhio costantemente rivolto alle con­ seguenze di ciò nel campo della teoria finanziaria. Ci consta che il Buchanan sta attualmente proseguendo slstematicainente in questo indirizzo che, dalle

primizie che egli ci presenta in questa raccolta, appare molto promettente. Un secondo gruppo di studi concerne la teoria degli effetti delle imposte

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