Sergio Beato
Grugliasco, in seguito a fatti bellici risalen-ti al XV secolo, era caduta sotto il diretto dominio della città di Torino.
Dopo la restaurazione di Emanuele Fili-berto e sotto i suoi successori, tali diritti vennero ribaditi e in forma solenne quando il piccolo borgo e il suo territorio vennero elevati in feudo comitale investito alla Cit-tà di Torino1, come ricorda anche il Casa-lis nel suo Dizionario2.
La vicinanza alla città, come per altri paesi circonvicini (Collegno, Rivoli), e in più la subordinazione feudale, contribuirono a sviluppare l'usanza di alcune nobili o agia-te famiglie cittadine a scegliere Grugliasco per la villeggiatura «fuori porta», co-struendo dimore dignitose e confortevoli per i soggiorni di campagna.
Questo fenomeno dovette modificare il te-nore di vita del modesto borgo, attivo so-prattutto per la sua produzione agricola. Nel tempo in cui le ville si animavano del-la presenza dei rispettivi proprietari e delle loro famiglie con servi e domestici, il pic-colo paese viveva in modo riflesso alcuni aspetti della vita di città3.
Il paragone con il mondo goldoniano della «Smania per la villeggiatura» è quanto mai suggestivo ed allettante, anche se la mentalità piemontese non condivise appie-no la vivacità ed il brio della società vene-ziana alla quale il grande Commediografo si rifaceva4.
Certo il gusto per la farsa, per la comme-dia, per le rappresentazioni teatrali era as-sai vivo anche in Piemonte e primi fra tutti a sostenere questa forma di spettacolo e di-vertimento furono i sovrani sabaudi.
Il termine teatro ha una dimensione tota-lizzante nella vita e per la società dei secoli XVII e XVIII; sarebbe riduttivo pensarlo solo come momento di svago o come ma-nifestazione culturale.
In particolare nell'esistenza dei sovrani ogni atto, ogni momento era «commedia» o «dramma», la nascita, il matrimonio, la morte. Questa singolare recita della vita era ambientata in una scena assai ampia qual era il territorio dello stato; il rito era concepito non come modo di vivere, ma dell'esistere; significativo in tal senso mi pare sia il titolo dell'opera «Theatrum Sta-tuiti Sabaudie» o una frase attribuita a Carlo Emanuele III nella storia del Caruti: «I re sono come certe statue che si
pongo-no sulle colonne per essere ammirate di lontano».
In questa scenografia ben si inseriscono quindi anche balli, mascherate, feste, rega-te, tornei, assai frequenti alla corte sabau-da; giova qui ricordare anche gli interventi degli architetti come «registi» di cerimo-nie, feste, celebrazioni.
Così i signori che villeggiavano a Gruglia-sco vollero costituirsi in società («La So-cietà dei Signori di Gru(gl)iasco»), per co-struire un teatrino modesto in rapporto al-l'uso ed al luogo, nel quale esercitare que-sta passione e queque-sta moda delle rappre-sentazioni, delle feste, dei balli.
La prima indicazione per questa fabbrica è stata desunta dalla scheda dell'architetto I.A. Galletti contenuta nell'Elenco degli In-gegneri e Architetti di C. Brayda, L. Coli,
D. Sesia5. L'indagine nell'Archivio storico comunale di Torino ha rivelato la presenza di un disegno inerente l'edificio in questio-ne datato 27 gennaio 1781.
Le brevi considerazioni riportate all'inizio mi auguro abbiano contribuito a motivare la genesi di una costruzione per alcuni aspetti insolita, non tanto per l'uso quanto per il luogo quale doveva essere il piccolo borgo di Grugliasco nella seconda metà del XVIII secolo.
Le «decentissime rappresentazioni» come sono definite nei documenti riportati (ve-dere il numero 1) si davano in Grugliasco ancor prima della costruzione del teatro, ma in seguito alla indisponibilità del luogo utilizzato i «Particolari di detto luogo» fe-cero richiesta alla Città di Torino di un «sito conveniente» per edificare il teatro, da scegliersi preferibilmente tra «li molti rustici» annessi alla casa che la Città pos-sedeva in Grugliasco.
Il disegno del Galletti del 1781 è da rite-nersi il « T i p o » espressamente richiesto per ben due volte (documenti III e IV) in seguito a numerose controversie sorte du-rante l'erezione dell'edificio e con le pro-prietà confinanti (vedere documento V ) . La foto 1 si presenta suddivisa in quattro parti: in alto mostra la facciata del teatro posta a mezzogiorno, di fianco il retro con il prospetto volto a mezzanotte, segue la facciata laterale ed infine la pianta del tea-trino con la legenda dei colori usati e le lettere indicanti le sezioni.
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Euxurra urunu » uvm«t« iti.Tf-viko rAiro coinuKiv nuu S ò c w e a iw'Swviiu ni Cjuiwu).
IETV
Fig. 1 - Archivio Storico Comunale di Torino. Carte sciolte n. 3133.
Disegno a penna ed acquerello di cm. 50.4 x 35. Torino lì 2 7 gennaio 1781.
Ignazio Amedeo Galletti Architetto. Scala di trabucchi 6 di cm. 23.6.
La parte più importante da un punto di vi-sta esecutivo era senza dubbio il lato d'in-gresso che mostra, nella vista verso mezzo-giorno, la facciata principale.
Le lesene tuscaniche, che poggiano su un basso stilobate, scandiscono i tre campi della facciata, in quelli laterali si aprono due finestre separate da una cornice mar-capiano; nel campo centrale è collocato l'ingresso sovrastato in alto da un grosso fi-nestrone ovale che dava luce all'interno, il
tutto è coronato da un grande timpano che stabilizza ed equilibra tutto il prospetto. L'insieme si presenta come un'esercitazio-ne di composizioun'esercitazio-ne architettònica assai composta e misurata.
Il senso di ordine e decoro che la facciata rivela sembra essere il risultato di un gioco ad incastri con elementi fissi precostituiti facilmente smontabili e ricomponibili che mantengono inalterato il risultato architet-tonico anche per un edificio di diverso uso
Fig. 2 - Cappella della Beata Vergine delle Grazie detta Madonna del ponte in Col legno.
come mostra la foto 2 raffigurante la fac-ciata di una cappella votiva6.
L'immagine fornisce, da un punto di vista figurativo, un utile ipotesi e confronto su come poteva essere la facciata del teatro disegnato dal Galletti, anche se le dimen-sioni ed in particolare la larghezza non
Fig. 3 - Ex Cappella. Convitto delle Vedove e nubili.
i
coincidono.
Altro particolare interessante è il disegno della pianta dov'è indicata la divisione del-la sadel-la in settori disposti a ferro di cavallo convergenti verso il palco.
Se consideriamo che tutto l'edificio doveva misurare all'interno m. 19x9,70 circa, di
cui m. 7,80 circa adibiti a palco, è conse-guente pensare che nei rimanenti m. 12 circa lo spazio disponibile per il pubblico fosse troppo angusto per giustificare la pre-senza di veri palchi, termine troppo impe-gnativo per un edificio cosi modesto, ma se consideriamo la divisione in due piani, evi-dente sulla facciata, credo sia verosimile pensare ad una struttura in legno come una grande balconata che si affacciava sul-la sasul-la sottostante (foto 3).
A Grugliasco non rimane più traccia del piccolo teatro fatto costruire dalla Società dei Signori; è facile capire perché, se si leg-ge fra le righe del documento I, dal quale traspare il senso di estrema provvisorietà con cui il sito era stato concesso dalla Cit-tà, e ancora il documento VI, che contiene l'ordine del re che vietava l'attività del tea-tro a Grugliasco.
Sempre sulla scorta di una nota documen-taria è possibile identificare il luogo dove sorgeva il teatro7. Seguendo questa indica-zione si avanza la probabile ipotesi che il teatro sorgesse a ponente del centro abitato lungo l'attuale via Lanza.
Su quella arteria del vecchio centro cittadi-no si affacciavacittadi-no anche la casa di proprie-tà della Citproprie-tà di Torino e il giardino del
podere della marchesa Biandrate di San Giorgio; questi stessi termini di confine compaiono sulla tavola del progetto firma-to dall'architetfirma-to Galletti nel 1781 negli anni quindi della sua piena maturità pro-fessionale.
La lettura dei documenti ha permesso inol-tre di identificare i due confirmatari del progetto del Galletti. Degno di un certo in-teresse è il primo, Giovanni Giacomo Au-diffredi di Mortigliengo, nobile torinese, che possedeva una villa in Grugliasco ed è quindi da annoverare fra i «Particolari di detto luogo» che perorarono la causa della concessione del sito per il teatro. Questo personaggio riveste particolare interesse però, perché secondo lo Chevalley «Gio-vanni Audiffredi » figura tra i frequentatori dello studio di un grande architetto pie-montese Benedetto Alfieri8. Singolare ma affatto rara questa attività o passione per l'architettura fra i nobili tanto più se consi-deriamo che proprio un nobile, cioè l'Al-fieri, divenne primo architetto del re. L'altro «villeggiante grugliaschese» era l'avvocato Stefano Tonelli che nel 1779 unitamente a Gaspare Gastaldo di Trana e a Paolo Fabrizio Tonelli era sindaco della Città di Torino com'è scritto negli elenchi dei sindaci della città.