47 3.1 Elettrochirurgia
3.1.1 Cenni storici sull’elettrochirurgia
Il concetto di utilizzare il calore per l'emostasi è presente da centinaia di anni. Il primo utilizzo dell’elettrobisturi in sala operatoria risale al lontano 1 ottobre 1926 presso il Peter Bent Brigham Hospital a Boston, nel Massachussets (USA). Ma già a partire dal 1891 Morton constatò che una corrente alternata con una frequenza di 100 kHz era in grado di passare attraverso il corpo umano senza produrre dolore, ustioni o spasmi. Nel 1982 D'Arsonval pubblicò risultati simili ma con una frequenza ridotta a 10 kHz e notò che la corrente influenzava direttamente la temperatura del corpo, l’assorbimento di ossigeno e l’eliminazione della CO2, aumentandole all’aumentare della corrente; notò inoltre che la temperatura aumentava proporzionalmente al quadrato della densità di corrente.
Fu all'inizio del XIX secolo che l'elettricità cominciò ad essere impiegata per scopi medici. Nel 1897 Franz Nagelschmidt scoprì che pazienti affetti da disturbi circolatori ed articolari
beneficiavano dell’applicazione di correnti elettriche. Nel 1900 un medico parigino, Joseph Rivère, mentre stava trattando un paziente affetto da insonnia con corrente prodotta da un generatore simile a quello di Nagelschmidt, notò che una scintilla ad arco partita da un elettrodo aveva coagulato un’area della sua pelle. Questo evento viene ricordato come il primo uso dell’elettricità in chirurgia. Nel corso del decennio successivo l’impiego dell’elettricità per trattare lesioni della cute, della cavità orale, della vescica e per coagulare tumori vascolari o emorroidi, diventò d’uso comune. Simone Pozzi usò correnti ad alta frequenza ed alta tensione con basso amperaggio per trattare tumori della pelle, tecnica che chiamò folgorazione. Doyen migliorò questa tecnica aggiungendo una piastra collegata al
generatore e posizionata sotto al paziente, espediente che aiutava la corrente a penetrare in profondità nel tessuto e a raggiungere quella che egli chiamò “elettrocoagulazione”. Nel 1910 William Clark portò avanti la comprensione dei principi elettrici che stavano alla base dell’apparecchio usato da Doyen e Nagelschmidt: egli modificò l’apparecchio aumentando l’amperaggio e diminuendo la tensione generata dalla macchina in modo da generare una scintilla più breve e intensa in grado di penetrare più profondamente nei tessuti, al posto dei multipli archi intervallati fra di loro.
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Inoltre osservò al microscopio che il tessuto esposto a questa corrente si ritraeva per disidratazione e nel 1914 coniò il termine “dessiccazione”, diventando il primo americano ad usare questo processo per rimuovere
crescite maligne da cute e cervice uterina. Le modifiche di Clark all’apparecchio elettrochirurgico del tempo posero le basi per il successivo lavoro di Bovie, che portò allo sviluppo di una prima versione del moderno strumento utilizzato oggi; egli costruì infatti un’unità diatermica che produceva correnti ad alta frequenza usate per taglio, coagulazione e
disseccazione. Fig.3.1 Utilizzo del primo elettrobisturi Ecco che il 1 ottobre del 1926 la sua apparecchiatura venne usata per la prima volta dal dottor Harvey Cushing per rimuovere un grosso mieloma vascolare dalla testa di un paziente di 64 anni, intervento che aveva già tentato alcuni giorni prima senza successo a causa dell’intensa vascolarizzazione del tumore. Cushing, confortato dal successo di questa operazione, cominciò a richiamare molti dei suoi pazienti che fino a quel momento erano stati considerati inoperabili. L’uso dell’apparecchiatura di Bovie diminuì significativamente la mortalità degli interventi di Cushing, al punto che la Liebel- Flarsheim Company ne acquistò il brevetto per un dollaro e cominciò a produrre altre unità perché venissero usate anche in altre sale operatorie (Mantker, 2011).
3.1.2 Concetti generali
Il termine elettrochirurgia si riferisce al passaggio di corrente elettrica alternata ad alta frequenza attraverso un tessuto. L’ energia elettrica viene convertita in calore, che è il responsabile degli effetti sui tessuti. L'unica variabile che determina gli effetti tissutali finali è la profondità e la velocità con cui viene prodotto calore. L’elettrocoagulazione si verifica quando il tessuto viene riscaldato sotto il suo punto di ebollizione e subisce una denaturazione termica. Un ulteriore aumento della temperatura porta all'evaporazione del contenuto di acqua nei tessuti determinando l’essicazione dei tessuti stessi. Un improvviso aumento della temperatura del tessuto al di sopra del punto di ebollizione provoca una rapida evaporazione del contenuto d'acqua nel tessuto adiacente all'elettrodo, che porta alla frammentazione e al taglio del tessuto (Taheri, 2014).
49 3.1.3 Fondamenti di elettricità
Ci sono due tipi di corrente elettrica: diretta e alternata. La corrente diretta utilizza un semplice circuito e i flussi sono solo in una direzione, mentre nella corrente alternata la direzione dei flussi cambia, avanti e indietro. Durante ogni fase della corrente alternata, la tensione e la corrente fluttuano tra un massimo (picco) e un minimo (0). La tensione effettiva o media è inferiore alla tensione di picco ed è di solito usata per descrivere una sorgente di corrente alternata e per calcolarne la potenza.
Un circuito continuo deve essere presente per permettere alla corrente di fluire. Tuttavia, la corrente alternata può passare attraverso alcuni intervalli dati da diversi meccanismi, il più importante dei quali è la capacitanza. Nella sua forma più semplice, un condensatore è composto da due piastre conduttrici separate da un mezzo non conduttivo. Le frequenze alternate più alte possono passare un condensatore più facilmente rispetto alle correnti alternate a frequenza inferiore.
Il flusso di una corrente alternata attraverso un condensatore è noto come corrente capacitativa. In un circuito di corrente alternata, i percorsi dell’elettricità formano dei condensatori con ogni altro cavo e oggetti conduttori presenti nell’ambiente circostante. Pertanto, correnti alternate ad alta frequenza sono impossibili da isolare completamente. Tutto l' isolamento degli strumenti e dei cavi è relativo e una certa energia viene persa attraverso l’isolamento come corrente capacitativa ( Kuphaldt TR, 2006; Halliday D,
Resnick R, Walker J 2007).
In un circuito di elettrochirurgia, il tessuto adiacente all'elettrodo attivo agisce come una resistenza che induce riscaldamento. Se il cavo con l’elettrodo attivo è disponibile in prossimità del cavo dell'elettrodo dispersivo o al corpo del paziente si forma un condensatore che passa parte della corrente attraverso un percorso alternativo. Questo si chiama dispersione della corrente (Pollack,1990).
La perdita della corrente può causare ustioni al paziente o a chiunque venga in contatto con il cavo (Kalkwarf, 1979).
3.1.4 Elettricità e tessuti biologici
La conduzione elettrica varia in base al materiale conduttivo. Nei metalli i portatori di carica sono principalmente gli elettroni, mentre nei gas e nei liquidi i portatori sono gli ioni (Gabriel C, Gabriel S, Corthout E, 1996). I gas non sono conduttivi. Quando un gas non conduttivo è collocato in un campo elettrico ad alta tensione (per esempio tra i 2 poli di un generatore ad alta tensione), il gas sarà ionizzato. Questo gas ionizzato è
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chiamato plasma e conduce la corrente elettrica come una scintilla. Due esempi comuni di plasma sono i lampi in natura e la folgorazione in elettrochirurgia.
La conduzione elettrica nei tessuti biologici è soprattutto causata dalla conducibilità dei fluidi corporei ed è quindi prevalentemente ionica (Christie, 1927).
3.1.5 Effetti della corrente elettrica sui tessuti e sulle membrane cellulari
Quando una corrente entra nel corpo attraverso un elettrodo metallico, si verifica una reazione chimica chiamata elettrolisi a livello dell'interfaccia elettrodo-tessuto. Questa reazione chimica può causare la distruzione di un sottile strato di tessuto intorno all'elettrodo molto lentamente (Buzina, 2007). A bassa frequenza la corrente alternata può causare reazioni chimiche simili. Tuttavia, poiché la reazione chimica di ciascuna fase può essere neutralizzata dalla fase opposta, questi effetti chimici diminuiscono con l’aumentare della frequenza delle alternanze e quasi scompaiono alle alte frequenze (5 al 10 kHz ).
Una corrente diretta o una bassa corrente alternata può depolarizzare le membrane cellulari e causare eccitazione neuromuscolare. Questa stimolazione può causare dolore, contrazione muscolare e anche aritmia cardiaca. La stimolazione neuromuscolare diminuisce quando la frequenza della corrente aumenta oltre a 1 kHz, e diventa trascurabile a frequenze tra 100 e 300 kHz (Christie, 1929; D'Arsonval,1893; Nemst
1904). A queste elevate frequenze l'inversione della corrente è così rapida che il
cambiamento di posizione degli ioni cellulari è sostanzialmente nullo e la depolarizzazione non riesce a verificarsi.
La corrente alternata ad alta frequenza pertanto sfrutta gli effetti del riscaldamento dell'elettricità evitando gli effetti indesiderati neuromuscolari. Se da una parte la fisiologia ci suggerisce un limite minimo della frequenza da utilizzare, come descritto in precedenza, delle considerazioni pratiche pongono le restrizioni al limite superiore della frequenza di corrente utilizzata dall’ elettrobisturi. L'elettrobisturi tipicamente produce correnti alternate nella gamma di frequenza da 0.3 a 5 MHz. Queste frequenze sono parte della gamma di frequenza delle onde radio, ecco perché l'elettrochirurgia è anche chiamata radiofrequenza (RF) o elettrobisturi ad alta frequenza (Tokar, 2013;
51 3.1.6 Il circuito
L’uso dell’elettrochirurgia richiede la formazione di un circuito che comprenda un generatore elettrochirurgico, gli elettrodi, i fili di collegamento e il paziente. I primi sistemi utilizzati venivano riferiti a terra, cioè il terreno era parte integrante del circuito; quelli moderni utilizzati oggigiorno utilizzano circuiti isolati dal terreno, dove la corrente è “obbligata” a tornare al generatore per chiudere il circuito (Thaeri,2014). Nell’impiego dell’elettrobisturi esistono sostanzialmente due modalità di funzionamento
(Zambelli, 2010; Kieran, 2010) :
Monopolare Bipolare
Nel sistema monopolare l’elettrodo attivo e quello neutro hanno forma e funzioni completamente differenti. L’elettrodo attivo, o bisturi, è quello che viene posizionato sul sito chirurgico per trasferirvi la corrente in uscita dal generatore ed ottenere l’effetto voluto. Si presenta di piccole dimensioni; ciò consente di ottenere alte densità di corrente ed avere una migliore maneggevolezza da parte del chirurgo. Anche le forme possono essere di diversi tipi (appiattita, sferica, ad anello o ago). Solitamente quelli a punta vengono utilizzati per concentrare la corrente per vaporizzare il tessuto ed ottenere il taglio; quelli con una superficie leggermente più grande consentono di abbassare la densità di corrente ed ottenere coagulo ed essiccazione, e vengono usati per l’emostasi. L’elettrodo neutro, detto anche dispersivo, è invece di grandi dimensioni, con superficie pari a 150-200 cm2 e ha il compito di raccogliere la corrente uscente
dall’elettrodo attivo in modo da chiudere il circuito. Esso viene spesso dotato di un adesivo per facilitare il contatto con la pelle del paziente ed evitare zone di non contatto che porterebbero ad un aumento di densità di corrente e quindi di ustioni (Manuale di
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Fig.3.2 Circuito monopolare. La corrente elettrica ad alta frequenza scorre dall'elettrodo attivo,
attraverso il corpo del paziente e poi ritorna all'elettrodo. La generazione di calore è limitata alla zona di alta densità di corrente, cioè adiacente all'elettrodo attivo. Le frecce indicano la direzione di energia elettrica nella prima fase. Nella fase successiva la corrente scorre in direzione opposta (Thaeri 2014).
Con il sistema bipolare invece entrambi gli elettrodi, rappresentati dalle branche di una pinza, sono attivi e la corrente prodotta dal generatore attraversa solamente la quantità di tessuto interposta fra le estremità delle pinze. Con questa modalità il paziente non diventa parte del circuito elettrico ma l'energia viene applicata solo al tessuto incluso tra le due estremità dello strumento. La coagulazione si ottiene così a potenza ridotta rispetto alla monopolare. Per le ragioni descritte, la tecnica bipolare è estremamente più sicura in quanto la direzione della corrente ad alta frequenza è sempre determinata e prevedibile e non riserva incognite e potenziali direzioni erronee (Wang K., 2007). Di contro la coagulazione bipolare non ha capacità di taglio e non permette quindi la dissezione. Il tessuto coagulato richiede di essere tagliato con le forbici (Benini, 2003).
Fig. 3.3 Circuito bipolare. La corrente elettrica passa tra le branche della pinza attraverso il tessuto
interposto, e poi va di nuovo al generatore. La modalità bipolare è più sicura rispetto a quella monopolare.
3.1.7 Effetti della temperatura sul tessuto
Sia l’elettrochirurgia monopolare sia quella bipolare hanno come obiettivo quello di produrre calore per ottenere l’effetto chirurgico desiderato. Quando la corrente si
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concentra produce calore. La normale temperatura corporea di un animale varia dai 38 ai 39 gradi centigradi. Quando il corpo viene colpito da qualche infezione la temperatura può arrivare a 40 gradi circa senza danni per l’integrità strutturale delle cellule e dei tessuti. Tuttavia, quando la temperatura raggiunge i 50 gradi si avrà morte cellulare in circa 6 minuti, e se la temperatura raggiunge i 60 gradi la morte cellulare sarà istantanea. A temperature tra i 60 e i 95 gradi, si verificano due processi simultanei di interesse per il chirurgo: la denaturazione proteica e la disidratazione.
Denaturazione proteica: si verifica per la rottura dei legami idrogeno esistenti tra le
proteine; a 60 gradi questi legami si rompono per poi riformarsi in fretta non appena la temperatura scende, creando un coagulo attraverso il processo definito per l’appunto “coagulazione”.
Disidratazione: detta anche essiccazione, è il processo attraverso il quale le cellule
perdono il loro contenuto in acqua attraverso la parete danneggiata, mantenendo però la loro integrità strutturale.
Se la temperatura intracellulare aumenta a 100 gradi o più, l’acqua intracellulare comincia a bollire trasformandosi in vapore che espande la cellula fino a farla esplodere. Quando la temperatura raggiunge i 200 gradi e oltre vi è ripartizione delle molecole organiche nei loro componenti atomici, compreso il carbonio, che dona al tessuto una colorazione scura, nera o marrone, indicata come “carbonizzazione” o “coagulazione nera”.
3.1.8 Effetti dell’elettrochirurgia sul tessuto
Taglio: L’effetto di taglio si esplica attraverso un processo di vaporizzazione lineare,
ottenuta usando una forma d’onda continua a bassa tensione e un elettrodo che ha la forma di una lama o una punta. La punta dell’elettrodo attivo deve essere tenuta appena al di sopra del tessuto; la corrente crea un arco tra il tessuto e la punta dell’elettrodo che eleva rapidamente la temperatura all’interno delle cellule oltre i 100 gradi, causandone l’esplosione. Di solito, il danno al tessuto derivante dalle correnti di taglio è confinato in una piccola regione sotto l'elettrodo attivo e abbastanza superficialmente; cellule adiacenti alla punta sono vaporizzate mentre le cellule presenti negli strati più profondi sono essenzialmente sane (Pearce 2006.)
Per le procedure di taglio viene impiegato principalmente il funzionamento monopolare sebbene siano state studiate delle tecniche per l'utilizzo delle pinze bipolari.
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Essicazione e coagulazione: Questi fenomeni avvengono quando la temperatura del
tessuto viene mantenuta ai 50 gradi per almeno 6 minuti, oppure istantaneamente se la temperatura raggiunge valori compresi tra 60 e 95 gradi. L’elettrodo in questo caso viene tenuto a contatto con il tessuto in mondo da provocare la coagulazione istantanea delle proteine e l’essicazione del tessuto. Per creare coagulazione può essere utilizzata qualsiasi forma d’onda: se viene usata quella interrotta ad alta tensione si ha disidratazione ed essiccazione della cellula senza farla esplodere, perché le interruzioni di corrente permettono alla cellula di “raffreddarsi” e non raggiungere la temperatura di 100 gradi. La coagulazione è limitata agli strati superficiali. Si avrà la formazione di un coagulo non uniforme che limita la capacità di sigillare efficacemente un vaso. Se si utilizza la bassa tensione dell’onda continua di taglio, il contatto dell’elettrodo riscalda il tessuto più gradualmente, portando ad una penetrazione più profonda.
Quando si deve coagulare un vaso sanguigno la superficie dell’elettrodo deve essere ampia e il vaso deve essere clampato per impedire al flusso di sangue di allontanare il calore dal sito ed in questo modo le pareti del vaso a contatto con l’elettrodo attivo aderiscono facilitando la fusione tra loro a causa del calore prodotto. Avviene così la coagulazione del tessuto vasale bloccando il flusso ematico. Più grande è lo spessore del tessuto tra le branche dello strumento, mono o bipolare, più energia sarà necessaria per la completa coagulazione ed essiccazione, e quindi peduncoli più spessi saranno interessati da maggior danno termico collaterale, specialmente se la configurazione è monopolare. Gli elettrodi attivi particolarmente adatti per la coagulazione a contatto, sono elettrodi a forma di sfera, piastra, oppure elettrodi lanceolati utilizzati lateralmente.
Folgorazione: la folgorazione o coagulazione spray ha la particolarità che l’elettrodo
attivo non viene a contatto con il tessuto, ma rimane sospeso a pochi millimetri sopra il tessuto da trattare. La capacità conduttiva dell’aria ambiente sommata ad un tipo di energia caratterizzata da un elevato voltaggio, generano un fascio di scariche elettriche continue che permettono di ottenere una coagulazione superficiale applicabile ad aree estese di tessuto. Coagulazione ideale per trattare grandi superfici con un sanguinamento diffuso e superficiale (es. resezione epatica). Attraverso il movimento dell’elettrodo attivo è possibile realizzare la coagulazione di grandi aree di ferita caratterizzate da differenti tipi di strutture tissutali.
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3.2 Tecnica chirurgica con elettrochirurgia bipolare
Una volta posizionato il paziente in decubito dorsale e preparato il campo operatorio come precedentemente descritto, si procede all’esecuzione dello pneumoperitoneo. Questo può essere effettuato sia con la tecnica così detta mini-open, in cui il chirurgo pratica un piccola dieresi dell’addome al fine di inserire il trocar ed eseguire l’insufflazione di CO2 in cavità addominale, che attraverso l’utilizzo dell’ago di Veress.
Con quest’ultima tecnica l’accesso alla cavità addominale avviene alla cieca; è necessaria quindi una maggiore manualità ed esperienza da parte del chirurgo in quanto si potrebbero accidentalmente ledere gli organi addominali.
Per effettuare la prima porta di ingresso pratichiamo con il bisturi una incisione cutanea di circa 5 mm a livello della linea alba appena caudalmente alla cicatrice ombelicale. L’accesso chirurgico deve essere eseguito con molta attenzione ed essere di dimensioni adeguate. Se troppo ampio, infatti creerebbe difficoltà nel mantenimento dello pneumoperitoneo, mentre se troppo piccolo sarebbe necessario applicare maggiore forza per l’inserimento del trocar con un conseguente abbassamento della parete addominale, portando la sua punta pericolosamente vicina agli organi interni con il rischio di lesionarli. Una volta posizionato correttamente il trocar, estraiamo l’otturatore al fine di ottenere la prima via di accesso in addome in cui verrà inserita l’ottica. Per mezzo dell’ottica viene effettuata la trans illuminazione della parete addominale per verificare l’assenza di vasi nel punto in cui dovrà essere inserito il secondo trocar. L’ incisione attraverso la quale verrà inserito il secondo trocar viene fatta circa 5-6cm caudalmente alla prima. L’inserimento del trocar secondario viene videoseguito per cui l’eventualità di lesionare gli organi addominali durante questa manovra è un’evenienza più rara anche se non escludibile. Una volta inserito il secondo trocar viene tolto l’otturatore ed a quel punto anche la seconda porta è pronta per inserirvi i vari strumenti laparoscopici.
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Fig.3.4 Piccola incisione a livello della linea alba Fig.3.5 Inserimento del primo trocar
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Fig.3.8 Posizione dei due trocar con tecnica a due porte
Qualora venisse effettuata la tecnica a tre porte vengono eseguite con il bisturi tre incisioni di dimensioni variabili in base ai trocars utilizzati, la prima sulla linea alba appena caudalmente alla cicatrice ombelicale, le altre due in posizione paramediana destra e sinistra. Questa tecnica rende più agevole l’intero intervento poiché avendo un ingresso, e quindi una mano in più, non c’è bisogno ogni volta di estrarre e reinserire la pinza e l’elettrobisturi.
Proseguendo nella descrizione della tecnica a due porte, una volta posizionati i due trocars il paziente viene posto in posizione di Trendelemburg con una inclinazione craniale di 15º e laterale sempre di 15º dal lato opposto rispetto a quello sul quale si intende lavorare. Questa posizione che viene fatta assumere all’animale facilita lo scivolamento dei visceri e di conseguenza permette una migliore esposizione del corno uterino e dell’ovaio.
A questo punto, sotto visione endoscopica, introduciamo una pinza da presa Babcock da 5 mm nella seconda porta e andiamo a reperire il primo ovaio. Quando lo visualizziamo si afferra con la pinza e si traziona verso l’alto lungo la parete addominale e lo si fissa alla stessa mediante un punto nodoso semplice trans addominale.
Una volta fissato bene l’ovaio si procede alla sua asportazione. La pinza da presa viene ritratta dal portale e nello stesso viene inserita la pinza bipolare per la coagulazione.
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Fig 3.9: Pinza bipolare
Una volta inserita la pinza essa viene applicata alle strutture che tengono in sito l’ovaia