Per lavorare sulla coniugazione dei verbi può essere proposta un’attività ludica basata sul gioco del giro dell’oca. Questa attività è indicata per livelli bassi di conoscenza linguistica e può essere proposta a studenti stranieri anche di paesi di provenienza differenti. In ogni casella del gioco sono indicati un pronome e un verbo all’infinito (ad esempio: voi chiudere, noi studiare). Quando lo studente raggiunge una determinata casella deve costruire una frase corretta con gli elementi presenti (ad esempio “Noi studiamo italiano”). La correzione può essere fornita dagli studenti tutor coinvolti nel gioco o se è presente dall’insegnante. Attraverso questo metodo può essere ripassata la coniugazione dei verbi e i verbi irregolari, i quali possono apparire come un grosso ostacolo per studenti che hanno come lingua madre una lingua non romanza.
10. Attività per la competenza extralinguistica
Per sviluppare la competenza extralinguistica l’insegnante può proporre un’attività che miri alla catalogazione dei segni, i gesti e i linguaggi non verbali in generale. Gli studenti, divisi ancora una volta per gruppi, gli studenti stranieri lavorano tra di loro, preparano dei
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cartelloni o dei file informatici in cui descrivono i gesti più comuni per ogni cultura, gli studenti italiani essendo più numerosi lavoreranno ogni gruppo su un aspetto extralinguistico differente. Una volta che i cartelloni sono pronti ogni gruppo li presenta davanti alla classe, durante questa fase è importante che l’insegnante sottolinei i punti in cui le culture si differenziano. Infatti per un bambino albanese, arabo, cinese e indiano il nostro annuire, che noi facciamo con l’intento di incoraggiamento, è invece un segno di diniego, per cui demoralizziamo lo studente pur essendo convinti di aiutarlo. Tutti questi aspetti si differenziano da cultura a cultura e può essere interessante scoprire le diversità tra i vari paesi.
Anche la competenza prossemica può apparire estremamente interessante: senza allontanarsi troppo in Italia esiste una grande differenza sotto questo aspetto tra nord e sud. Gli studenti italiani possono spiegare questa differenza agli studenti stranieri, i quali possono integrare le osservazioni con il punto di vista del loro paese di origine.
11. Attività per lo sviluppo della fonologia
La fonologia è un aspetto importante e spesso sottovalutato dall’insegnamento scolastico. Per favorire questo tipo di competenza l’insegnante può proporre un’attività che aiuti gli studenti stranieri nella diversità tra i suoni italiani e quelli della loro lingua madre. Gli allievi stranieri divisi in base alla loro L1 lavorano con gli studenti italiani alla creazione di un cartellone o una tabella in formato word nel laboratorio multimediale sulla differenze fonologiche tra l’italiano e la loro lingua d’origine. Ad esempio gli ispanofoni segneranno il suono ll che viene reso con gli in italiano o la lettera ñ resa con gn in italiano. Per gli studenti di lingue non romanze l’attività risulta più complessa perché la distanza tra le due lingue è maggiore. In questo caso può essere proposta un’attività sugli alfabeti delle lingue degli alunni stranieri. Possono scrivere in un cartellone il loro alfabeto affiancato da una parola che inizia per quella lettera e presentarlo davanti alla classe. Questo permetterà un’integrazione degli alunni stranieri che si trovano a dover parlare davanti ai loro compagni e svilupperà una maggiore comprensione interculturale negli alunni italiani.
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CONCLUSIONI
Partendo da un’analisi del bilinguismo e del cooperative learning abbiamo voluto dimostrare l’efficacia di queste proposte didattiche per la situazione scolastica italiana. Sono sempre più numerosi gli studenti stranieri nella nostra scuola e un’attenzione ai loro bisogni e una pianificazione di un percorso personalizzato sembrano ormai indispensabili. Nel corso del primo capitolo abbiamo provato che il bilinguismo rappresenta un punto a favore per gli studenti immigrati e appare come una risorsa ineguagliabile che favorisce anche l’apprendimento di altre lingue secondo la Developmental Interdependence
Hypothesis di Cummins. Nel corso del tempo è modificato il modo di percepire il
bilinguismo e oggi possiamo affermare con certezza che deve essere sostenuto e sviluppato fin dall’età precoce. La L1 rappresenta un patrimonio cognitivo a cui va ad ancorarsi la L2 e costituisce un legame di continuità con la propria storia e il proprio mondo parentale. Il rischio di perdere questa risorsa è molto alto se non viene sostenuta nel modo corretto. Da qui nascono le nostre proposte operative che intendono permettere il mantenimento e anche lo sviluppo della lingua madre degli studenti stranieri. Accanto a questo obiettivo è presente anche quello di un miglioramento nell’italiano L2, infatti le attività didattiche presentate permettono anche lo sviluppo delle abilità di studio come la capacità di riassumere, prendere appunti ecc. Se lo studente straniero ha già sviluppato queste capacità nella sua L1, queste possono essere trasferite all’italiano.
Molti autori sostengono l’utilizzo della L1 in classe dato che permette di negoziare significati e supporta gli studenti anche da un punto di vista emotivo, creando un ambiente più rilassato e senza la continua paura di sbagliare. Per decenni l’uso della lingua madre è stato messo ai margini nei corsi di lingua, oggi invece grazie agli studi di alcuni autori come Donato, Liao, Atkinson, è stata rivalutata la sua importanza e la centralità per l’apprendimento di altre lingue.
Nel corso del secondo capitolo abbiamo affrontato il tema del cooperative learning, presentando questo metodo come un approccio nuovo e necessario alla situazione scolastica italiana. Sono ancora pochi i tentativi di utilizzare questo metodo nella scuola italiana, le motivazioni sono molte ma non sufficientemente valide per perdere l’opportunità di creare un ambiente scolastico cooperativo. Gli Stati Uniti sono il paese che maggiormente si è dedicato allo studio e all’utilizzo del cooperative learning come metodo d’insegnamento, dimostrando che migliora i risultati scolastici di tutti gli allievi, aiuta ad accrescere il sostegno reciproco, rende gli studenti più cooperativi ed altruistici, dà
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maggiore libertà di esprimersi, maggiore responsabilità e indipendenza, inoltre assicura un miglioramento nelle relazioni interetniche tra gli allievi, favorendo l’accettazione dell’altro. Nonostante tutte le difficoltà che questo approccio comporta, come il grosso investimento in questioni di tempo e organizzazione della classe, il coinvolgimento degli studenti e il mantenere alta la loro motivazione rappresenta una soluzione efficace e reale al problema dell’accoglienza di giovani immigrati nel nostro paese.
È grazie a questi presupposti che nell’ultimo capitolo è stato possibile presentare le nostre proposte operative utilizzate per approfondire sia le competenze linguistiche che i contenuti disciplinari e per sviluppare le abilità di studio e le strategie di apprendimento che migliorano motivazione e autonomia nello studente. Appare fondamentale l’analisi dei bisogni e delle preconoscenze dello studente al fine di sottoporlo ad un input comprensibile ed adatto alle sue capacità. Il primo obiettivo dell’insegnante è quello di capire chi ha difronte e di che cosa ha bisogno, partendo da una scoperta delle sue attitudini e le sue conoscenze sia nella L1 che in italiano. Solo successivamente l’insegnante può iniziare a preparare un percorso ad hoc per l’allievo. Nella prima parte abbiamo presentato le attività per lo sviluppo delle quattro abilità, la traduzione, il lessico e la fonologia basate su un lavoro di tipo cooperativo tra uno studente straniero definito “tutor” e il ragazzo di recente immigrazione, mentre nella seconda parte il cooperative learning diventa l’elemento centrale costituendo delle proposte per l’intera classe al fine di creare un clima positivo e di cooperazione tra gli studenti.
Ci auguriamo che questo nostro modello possa fungere da esempio per l’attivazione di programmi a sostegno degli studenti stranieri da tutti i punti di vista, accademico, emotivo e di integrazione e che il sistema scolastico italiano sia pronto ad accettare questa sfida verso il cambiamento.
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