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Il tema dell’aborto e della sessualità e il cambiamento del ruolo della Chiesa

Nell’ultimo decennio della sua vita, feroce è la critica che Pier Paolo Pasolini muove contro la legalizzazione dell’aborto. In relazione a tale pensiero, tantissimi condannano la presa di posizione pasoliniana: i comunisti, i movimenti femministi sviluppatesi in quegli anni e, in particolar modo, i radicali non comprendono come un marxista omossessuale possa difendere istanze che, allora, sono ritenute peculiari di una classe da lui stesso definita come

115 Pasolini 19602, 735-737.

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conservatrice e confessionale. Tale presa di posizione di Pasolini deriva dal fatto che, in seguito al referendum abrogativo sul divorzio avvenuto nel 1974 e la vittoria dei “no”, il Partito radicale aveva iniziato una raccolta firme per un nuovo referendum sull’aborto e per la legalizzazione di questa pratica. La sua posizione appare reazionaria anche a molti intellettuali a lui vicini, come Alberto Moravia, Italo Calvino ed Elsa Morante, i quali criticano la sua scelta.

Pasolini afferma di essere profondamente contrario e spaventato dalla possibilità della legalizzazione dell’aborto, considerata da lui come la legalizzazione di un omicidio: l’autore esprime tale posizione in quanto per egli la vita è considerata sacra, un attributo ancora più forte di ogni principio democratico. L’interruzione artificiale della vita, seppure nei primi stadi della sua evoluzione, è inconcepibile da Pasolini anche in merito al fatto che il feto, secondo la sua opinione, prova un’essenziale volontà di vita: la sua ansia di attuare la propria potenzialità è da considerarsi assoluta.117 Tale pratica non è vista come l’espressione della volontà della maggioranza del popolo, ovvero come l’attuazione del principio democratico, poiché essa è profondamente soggiogata dal conformismo brutalmente repressivo: è considerata dall’autore come una enorme comodità per la maggioranza in quanto renderebbe più facile il “coito”, ovvero l’accoppiamento eterosessuale, a cui non si sarebbero più posti praticamente ostacoli. Questa libertà dell’atto sessuale tra coppie eterosessuali è tacitamente voluta e fatta entrare nelle abitudini del popolo dal potere dei consumi, il quale ha cambiato la sua natura. Quindi, per Pasolini, non si può trattare politicamente dell’aborto senza considerare come politico l’atto sessuale in sé. La legalizzazione della pratica di soppressione del feto, inoltre, è da egli considerata inaccettabile in quanto rappresenterebbe una tragedia demografica e una gravissima minaccia per la sopravvivenza dell’umanità: Pasolini la inserisce perciò in un contesto ecologico. Durante il periodo precedente e contemporaneo allo scoppio della guerra, la specie umana doveva lottare per la sua sopravvivenza, quindi le nascite dovevano superare le morti per garantire la prosecuzione della popolazione. Durante gli anni dello sviluppo industriale ed economico, invece, se l’umanità avesse voluto sopravvivere avrebbe dovuto far in modo che le nascite non superassero i decessi. Quindi ogni figlio che nei decenni passati veniva alla luce, essendo garanzia di vita, era ben voluto, mentre nell’era del neocapitalismo, secondo Pasolini, ogni infante che nasce è da considerarsi un problema in quanto contribuisce all’autodistruzione dell’umanità. Viste tali circostanze, allora Pasolini

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decreta che il rapporto tra coppie eterosessuali si configura come un pericolo per la specie, mentre quello tra omossessuali, fortemente criticato dall’opinione pubblica, ne rappresenta una sicurezza. Dunque, a condizionare l’universo delle nascite e dell’aborto vi è la nuova libertà sessuale imposta dalla società capitalistica, la quale privilegia di tutti i diritti del suo conformismo la coppia eterosessuale. A tale “nuovo Potere” non interessa però una coppia generatrice di prole bensì persone che consumino: è da tale considerazione che per l’autore deriva l’idea della legalizzazione della pratica abortiva. Perciò, secondo Pasolini, occorre opporsi a tale società e imporre al potere ancora clerico-fascista una serie di liberalizzazioni concrete riguardo la sessualità e i suoi effetti, come ad esempio l’informazione sull’uso di anticoncezionali e una moderna moralità dell’onore sessuale, che devono essere democraticamente diffuse dalla stampa e soprattutto dalla televisione, in maniera tale da insegnare alle masse una pedagogia universale dell’amore.118

Dunque, secondo Pasolini, più che sugli effetti della nuova libertà sessuale, l’attenzione deve essere posta sull’atto procreativo in sé, il quale, è connotato politicamente: il nuovo sistema capitalistico lo considera un dovere “consumistico” e, di conseguenza, un atto istituzionale a differenza di ciò che è avvenuto nei decenni precedenti, durante i quali esso era oggetto di scandalo.119 In particolar modo, a partire dagli anni Settanta, la libertà sessuale diviene una convenzione, un obbligo, un dovere e un’ansia sociale: è una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore. La libertà sessuale consentita dal “nuovo Potere” crea una vera e propria generale nevrosi tra gli individui in quanto l’esigenza sessuale è espressa dal conformismo della maggioranza ed essa fa sì che tutto ciò che risulti “sessualmente diverso” sia ritenuto inaccettabile, e per tale ragione respinto e ignorato. Pasolini, inoltre, constata che durante gli anni dell’avvento della società neocapitalistica si assististe a un cambiamento radicale nel rapporto sessuale tra uomini e donne. Per gli uomini, in tale periodo, avere una compagna è un obbligo. Il terrore di non trovare una persona del sesso opposto crea in loro la necessità dell’accoppiamento: tale clima porta, dunque, alla formazione di coppie “artificiali”, ovvero di individui non uniti da un profondo sentimento d’amore bensì da un legame di omologazione. In tale società improvvisamente permissiva, il genere femminile acquisisce, inoltre, diritti che sono stati a loro negati da secoli, primo tra tutti quello che consiste nella libera manifestazione della loro sessualità. Tale eccessiva libertà in campo sessuale causa nelle giovani donne forme di

118 Pasolini 19752, 372-379.

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nevrosi fino ad allora sconosciute, in quanto non sono in grado di comprenderla e di gestirla. Solamente le ragazze borghesi e acculturate hanno la possibilità di integrare tale nuovo diritto improvvisamente acquisito con la coscienza di tale libertà.120

Dalle posizioni assunte da Pier Paolo Pasolini in merito alla sfera dall’aborto e della sessualità emergerebbe che egli appoggi i valori cardini della Chiesa cattolica, tuttavia ribadisce in diverse occasioni che la questione dell’interruzione artificiale della vita è una questione laica, in quanto non riguarda l’ambito del divino bensì quello dell’esistenza umana. Più volte nel corso dei suoi interventi giornalistici tratta relativamente al tema della Chiesa, vista come un’istituzione che niente ha a che fare con lo spirito del cristianesimo e che si distacca dall’insegnamento del Vangelo. La Chiesa è vista da Pasolini come un’istituzione che sta dalla parte del potere e che accetta le regole autoritarie e formali della convivenza. Egli la critica duramente in quanto, secondo il suo punto di vista, essa ha avuto la possibilità di intervenire e di reprimere la forza falsamente democratica del “nuovo Potere”. Piuttosto che comportarsi in tale modo, la Chiesa non si è opposta alla nuova società capitalistica, bensì l’ha accettata concedendo ad essa il suo consenso e il suo appoggio, senza il quale, fino a quel periodo storico, non avrebbe potuto sussistere. Non vi è per l’autore contraddizione più scandalosa nel rapporto che la religione ha istaurato con la borghesia, essendo quest’ultima il contrario della fede cattolica. L’accettazione della civiltà borghese e capitalistica è un grave errore storico che la Chiesa paga con il suo declino: il neocapitalismo è infatti riuscito a minarla all’interno fino ad arrivare a distruggerla. La nuova società non trova un senso utilitaristico nell’istituzione religiosa, anzi rappresenta per essa un impedimento per la nuova rivoluzione industriale, e perciò la Chiesa finisce per appartenere al mondo umanistico del passato. Il “nuovo Potere”, infatti, ha la necessità che nei suoi consumatori alberghi uno spirito totalmente pragmatico ed edonistico, nel quale possa svolgersi il ciclo della produzione e del consumo. Per tale motivo, per la spiritualità, e in particolar modo per la religione e la Chiesa, non vi è più spazio.121 La popolazione che è assuefatta dai nuovi valori importati dalla nuova società capitalistica inizia a non sentire più non solo il prestigio, ma neanche il valore della Chiesa. Essa, dunque, si stacca da una tradizione cristiana che la legava a sé da secoli per andare in contro a qualcosa di peggiore della religione e senza superare ancora lo stato d’ignoranza a cui il potere della Chiesa l’ha da sempre condannata. Il crollo dei valori ecclesiastici è determinato da queste nuove masse

120 Pasolini 1972, 237-241.

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che sono, oramai, portatrici di altri valori, ovvero quelli consumistici.122 Secondo Pasolini, il solo ad ammettere che la Chiesa è superata dal “nuovo Potere” e che il suo ruolo diviene all’improvviso incerto e superfluo è Papa Paolo VI. Egli viene definito dall’autore come l’unico pontefice che parla alle folle in maniera sincera e il solo ad essersi reso conto dello stato in cui versava l’istituzione religiosa in quel tempo. Paolo VI riesce a spiegare la situazione in cui si ritrova la Chiesa facendo ricorso alla realtà dei fatti e imputa come causa di tale crisi una problematica che non si trova all’interno dell’istituzione bensì all’esterno, ovvero nel mondo laico. Tuttavia, sebbene denunci apertamente con drammatica onestà il pericolo della fine della Chiesa, egli non offre alcuna soluzione o indicazione per affrontare tale problema, forse perché è fortemente convinto che lo stato in cui versa è oramai irreparabile. Pasolini afferma, all’interno di alcuni articoli degli anni Settanta, che l’unica soluzione per fermare il declino ormai inesorabile della Chiesa consiste nel prendere una posizione contraria nei confronti del “nuovo Potere” e nel tentare di riconquistare i suoi fedeli. Solo facendo ciò, essa potrebbe porsi come la guida di tutti coloro che rifiutano la nuova società capitalistica.123

122 Pasolini 19743, 300-301.

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