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Teoremi dal alto dell’offerta

Nel documento IL VALORE ECONOMICO DEL TERZO SETTORE (pagine 73-79)

Grafico 11 – Numero medio di ore dedicate al volontariato nell’arco di quattro settimane per

1.14. Teorie economiche sull’esistenza delle organizzazioni non profit

1.14.2. Teoremi dal alto dell’offerta

Una diversa prospettiva nel fornire delle spiegazioni all’esistenza del settore non profit cerca di rispondere al quesito: cosa spinge un individuo a costituire un’organizzazione non profit?

Non si indaga, quindi, sul perché il consumatore/utente scelga le organizzazioni non profit rispetto a quelle pubbliche o private bensì si ricerca il movente principale che

69 A. B

ONETTI -M.MELLANO, Il mito dei ‘vantaggi comparati’ delle Organizzazioni del terzo

settore, in M.SCHENKEL -M.MELLANO (a cura di), Le imprese del terzo tipo: economia e etica delle

organizzazioni non profit, Torino, Giappichelli Editore, 2004.

70 Cfr. L. S

ACCO -L.ZARRI, Perchè esiste il settore non profit?, Forlì, Università di Bologna- AICCON, 2006, p. 12.

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porta alla loro costituzione. Questo cambio di prospettiva va a colmare la lacuna lasciata dalle teorie classiche che, con i limiti osservati, fanno emergere al massimo i bisogni insoddisfatti da Stato e mercato lasciando aperta la seguente questione: una tale situazione costituisce incentivo sufficiente a spingere gli individui a costituire enti nonprofit?

Zamagni pone in modo ancora più efficace la rilevanza delle teorie supply-based:

“Che si tratti dell’approccio dell’eterogeneità della domanda di beni pubblici proposto da Weisbrod; oppure dell’approccio dei fallimenti del contratto dovuti a specifiche asimmetrie informative sviluppato per primo da Hansmann; oppure ancora dell’approccio di Ben-Ner e van Hoomissen basato sul desiderio dei consumatori di massimizzare il controllo sull’output (…), ci troviamo di fronte a linee di ricerca di indubbia raffinatezza tecnica e di sicuro interesse conoscitivo che, tuttavia, danno per scontato, ciò che invece andrebbe spiegato ab imis: perché mai l’esistenza di una domanda non soddisfatta di beni pubblici o di beni meritori dovrebbe costituire incentivo sufficiente a far nascere soggetti d’offerta capaci di soddisfare quella domanda?”71

Risulta molto interessante, innanzitutto, l’approccio utilizzato nel 1983 da Denise Young. L’autore col suo lavoro vuole, come è scritto nella prima prefazione del suo libro, “to develop the rudiments of a theory of behavior of nonprofit organizations”.72 Young considera l’imprenditorialità un elemento chiave per la gestione delle organizzazioni non profit e per una loro completa comprensione. A questo proposito ritenendo che gli imprenditori siano classificabili in stereotipi in base alle diverse motivazioni e caratteristiche che i soggetti possono avere73 elabora un’ampia tassonomia al fine di individuare una nozione di imprenditore sociale. Le conclusioni a cui perviene sono, in sintesi, che il settore non profit è intrinsecamente flessibile e ampiamente diversificato a cui è riconducibile un’ampia gamma di motivazioni

71 S.Z

AMAGNI, Il non profit italiano al bivio, Milano, Egea, 2000.

72D.R.Y

OUNG, If Not for Profit, for What?, Lexington, Lexington Books, 1983.

73 Lo stesso autore tuttavia afferma che nella realtà gli imprenditori sono delle combinazioni delle

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imprenditoriali anche molto discrezionali. In altre parole “il settore del nonprofit deve essere interpretato come un’entità le cui qualità possono essere apprezzate in modo significativo solo nel contesto del suo particolare ambiente economico […], quindi, il nonprofit deve essere visto come componente del sistema industriale e non un sottosistema completamente indipendente.”74

Estelle James sviluppa, invece, delle analisi riprendendo il lavoro di Weisbrod ed integrandolo con i motivi della convenienza da parte degli enti non profit di produrre beni e servizi. L’autrice spiega le ragioni a fondamento della costituzione di organizzazioni non profit “in rapporto ad alcuni collanti ideologici che caratterizzano movimenti politici, sindacali e, soprattutto, confessioni religiose.”75

Ad incentivare lo sviluppo del settore non profit sarebbero le sue caratteristiche peculiari come la disponibilità di risorse anche gratuite (donazioni, lavoro volontario) di queste organizzazioni, la tensione ideale condivisa dei loro associati, la capacità di lobbyng rispetto al potere politico e la possibilità di corrispondere salari più bassi di quelli di mercato. James motiva anche il ridimensionamento del settore pubblico a favore del settore non profit riconoscendo per il Governo l’impossibilità di sostenere un sistema universalistico di garanzie sociali e l’incapacità di rispondere in modo efficace ad un’elevata eterogeneità della domanda . Esiste perciò una convenienza per gli enti pubblici a delegare alle organizzazioni non profit la gestione ed erogazione di alcuni beni e servizi.

Rose-Ackerman (1987) conduce una ricerca sulle motivazioni che caratterizzano i fondatori degli enti del Terzo settore americano. L’autrice, infatti, ritiene che “altruism and nonprofit entrepreneurship cannot be understood within the standard economic framework. Theoretical progress requires a richer conception of individual utility functions and a base in cognitive psychology that incorporates the power of ideas and emotions in motivating behavior. Research on the voluntary or nonprofit sector is part of this ongoing effort.”76

Tale lavoro rivela che in alcuni casi è presente nei soggetti la

74

D.R.YOUNG, If Not for Profit, for What?, Lexington, Lexington Books, 1983, p. 163.

75

A. GASPARRE, Logiche organizzative nel welfare locale. Governance, partecipazione, terzo settore,Milano, Franco Angeli, 2012, p. 27.

76

S. ROSE-ACKERMAN, Altruism, Nonprofits and Economic Theory, in «Journal of Economic

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connotazione ideale del loro agire nel perseguimento degli obiettivi altruistici e in altri casi si presentano, invece, motivazioni di carattere egoistico, legate alla volontà di mascherare attività imprenditoriali lucrose sotto la veste della mission sociale al fine di ottenere sussidi, una tassazione agevolata e altri benefici.

In un suo articolo, inoltre, distingue tre funzioni del settore non profit cercando di rispondere alla domanda “What function can such organization serve?”77

Innanzitutto ritiene che gli individui siano disposti a fare donazioni solo a istituzioni non profit grazie alla garanzia della non distribuzione degli utili. I donatori, infatti, temono che le imprese profit-oriented convertano le donazioni in maggiori profitti a favore dei proprietari. Anche se sia enti privati e pubblici ricevono donazioni di tempo e denaro, la maggioranza di queste risorse vengono elargite ad enti non profit.

La seconda funzione individuata da Rose-Ackerman è il non profit come risposta ai problemi di asimmetria informativa in particolari mercati. La maggiore facilità con cui è possibile controllare la gestione dell’attività non profit, basti pensare alle cooperative costituite dagli stessi utenti, porta i consumatori a preferire un’organizzazione non profit all’ente pubblico.

Le prime due funzioni presentate sono molto simili a quella risultante dalla teoria di Hansmann, tuttavia, a caratterizzare l’approccio di Rose-Ackerman è la seguente terza funzione.

Secondo l’autrice gli elementi che più di tutti distinguono e attribuiscono autonomia al settore del non profit sono il piacere e il senso di soddisfazione delle persone nel vedere supportata e realizzata una loro attività. Anche se tali soggetti sostengono semplicemente di volere “aiutare gli altri” o “sostenere la cultura”, secondo Rose-Ackerman, hanno la convinzione in realtà di farlo nel modo migliore. La consapevolezza di essere sostenuti e di concretizzare una propria idea offre la possibilità agli individui si soddisfare quei bisogni che Maslow posiziona in cima alla sua piramide78 come quelli di autorealizzazione, stima e appartenenza. Le istituzioni non profit sono sicuramente le più adatte a realizzare questo “reification purpose”.79

77

S. ROSE-ACKERMAN, Altruism, Nonprofits and Economic Theory, in «Journal of Economic

Literature», Vol. XXXIV, June 1996, p. 716.

78 Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow elabora una gerarchia dei

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Altre posizioni interpretano il settore non profit come il risultato di un trattamento particolarmente favorevole del Governo che permette di godere facilmente di contributi pubblici e di diventare strumento elusivo fiscale o del lavoro.

Le teorie appena esposte si fondano su una maggiore complessità motivazionale dell’agente economico e specialmente degli imprenditori sociali rispetto alle teorie classiche o comunque alle teorie demand-based. Gli elementi significativi che emergono sono l’eterogeneità delle motivazioni che spingono gli individui a costituire un ente non profit e la varietà di bisogni che vengono soddisfatti dal settore non profit.

1.15. Conclusioni

Il capitolo ha evidenziato la complessità che si cela dietro al concetto di terzo settore. Una complessità che si manifesta sia nella terminologia che nello sviluppo delle sue organizzazioni in un ruolo ormai essenziale nel sistema di protezione sociale, sia nei concetti dell’economia sociale, sia nelle teorie economiche che si rivelano insufficienti a descrivere e rappresentare il fenomeno della solidarietà e gratuità inserito in una dinamica di mercato.

In considerazione dell’ampiezza assunta dal concetto di terzo settore il proseguo della trattazione è circoscritto al settore non profit, settore in cui è ravvisabile la centralità del volontariato come risorsa primaria.

sopravvivenza e arriva alle categorie di bisogni più complessi di carattere sociale. Tale scala è conosciuta a livello internazionale come “Piramide di Maslow”.

79 Reification purpose è il termine usato nell’articolo sopracitato dalla stessa Rose-Ackerman per

indicare la motivazione sottostante di alcuni individui alla costituzione di organizzazioni non profit. L’autrice ritiene, infatti, che “some people care about ideas as well as objects and people […] . They feel

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CAPITOLO II

Nel documento IL VALORE ECONOMICO DEL TERZO SETTORE (pagine 73-79)