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3 Modelli di simulazione di comportamenti di scelta

3.1 La teoria dell’utilità aleatoria

I modelli di utilità aleatoria (o casuale) si basano sull’ipotesi che ogni utente, eventualmente appartenente ad una classe di utenti omogenei da un punto di vista comportamentale, sia un decisore razionale ovvero un massimizzatore dell’utilità relativa alle proprie scelte. Più in particolare, i modelli di utilità aleatoria si basano sulle seguenti ipotesi:

• Il generico utente i, nell’effettuare la scelta, considera mi alternative disponibili che costituiscono il suo insieme di scelta Ii. L’insieme di scelta può essere differente per utenti diversi;

• Il decisore i associa a ciascuna alternativa j del suo insieme di scelta un’utilità o “attrattività” percepita Ui

j e sceglie l’alternativa che massimizza tale utilità;

• L’utilità associata a ciascuna alternativa di scelta dipende da una serie di caratteristiche misurabili, o attributi, propri dell’alternativa stessa e del decisore, Ui

j = Ui(Xij), dove Xij è il vettore degli attributi relativi all’alternativa j e al decisore i. In altri termini il decisore sceglie un’alternativa in base agli attributi propri di quella alternativa confrontandoli con quelli delle altre alternative disponibili.

• A causa di vari fattori, l’utilità associata dal generico decisore i all’alternativa j non è nota con certezza all’osservatore esterno (analista) che cerca di simulare il comportamento di scelta del decisore, e pertanto deve essere rappresentata con una variabile aleatoria.

Sulla base delle ipotesi precedenti non è possibile in generale prevedere con certezza quale alternativa sceglierà il generico decisore. E’ invece possibile esprimere la probabilità che egli scelga l’alternativa j condizionata al suo insieme di scelta Ii;

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Per una trattazione più completa ed esauriente si veda il capitolo terzo di Cascetta, Ennio. Modelli per i sistemi di trasporto: teoria e applicazioni. Torino: UTET università, 2006.

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questa è la probabilità che tale alternativa abbia un’utilità percepita maggiore di tutte le altre alternative disponibili:

] , [ ] [ i i k i j i i I k j k U U Pr I j p      (1 L’utilità percepita Ui

j può essere espressa come la somma di due componenti: un’utilità sistematica e un residuo aleatorio. L’utilità sistematica Vi

j rappresenta la media o il valore atteso dell’utilità percepita tra tutti gli utenti con lo stesso contesto di scelta (alternative e relativi attributi) del decisore i. Il residuo aleatorio i

j

 rappresenta lo scostamento dell’utilità percepita dall’utente i da tale valore e cattura gli effetti combinati dei vari fattori che introducono incertezza nella modellizzazione delle scelte: i i j i j i j V j I U     (2

Sostituendo l’espressione (2) nella (1) si ha: ] , Pr[ ] / [ i i j i k i k i j i i I k j k V V I j p        (3

Dalla (3) si evince che la probabilità di scelta di un’alternativa dipende dai valori delle utilità sistematiche di tutte le alternative concorrenti (disponibili), e dalla legge di distribuzione congiunta dei residui aleatori j. I modelli di utilità aleatoria e le variabili relative possono essere rappresentati utilizzando una notazione vettoriale. Sia:

 pi, il vettore delle probabilità di scelta, di dimensione (m

i  1), con elementi pi[j];

 Ui, il vettore dei valori di utilità percepita di dimensione (m

i  1), con elementi Ui

j;

 Vi, il vettore dei valori di utilità sistematica di dimensione (m

i  1), con elementi Vi

j;

 i, il vettore dei residui aleatori, di dimensione (m

i  1), con elementi i

j;

 f(), la funzione di densità di probabilità congiunta dei residui aleatori;  F(), la funzione di distribuzione congiunta dei residui aleatori.

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L’espressione (2) può quindi essere posta in forma vettoriale come:

Ui = Vi +  (4

Il modello di scelta (3) è rappresentato da una mappa, detta mappa di scelta, che associa ad ogni vettore di utilità sistematiche Vi un vettore di probabilità di scelta le cui componenti sono, per definizione di probabilità, comprese nell’intervallo [0,1]:

i m i i i i E   p V V p ( ) (5

dove Em è lo spazio euclideo a m dimensioni.

Un modello di utilità aleatoria si dice invariante (o additivo) se né la forma né i parametri della funzione di densità di probabilità congiunta dei residui aleatori, f(),dipendono dal vettore delle utilità sistematiche V:

i

m

E f

f(/V) ()  (6

Dall’espressione (3) risulta immediatamente che per i modelli invarianti le probabilità di scelta di ciascuna alternativa non variano se si aggiunge una costante

V0 all’utilità sistematica di tutte le alternative:

pi [j/Ii] = Pr[Vij + V0 – Vik – V0 >ik – ij] = Pr[Vij – Vik  ik – ij]  k  j; j, kIi (7

Dall’espressione precedente si deduce anche che per i modelli invarianti le probabilità di scelta dipendono dalle differenze tra l’utilità sistematica di ciascuna alternativa e quella di un’alternativa di riferimento, ovvero dalle cosiddette utilità sistematiche relative Vj – Vh.

L’utilità sistematica rappresenta la media dell’utilità percepita fra tutti gli individui che hanno gli stessi valori degli attributi; essa è espressa come una funzione ( i)

kj i j V X di attributi i kj

X relativi alle alternative e al decisore. Sebbene la funzione ( i) j

X

i j

V

possa essere di qualunque tipo, per ragioni di convenienza analitica di solito si assume che l’utilità sistematica i

j

V sia una funzione lineare nei coefficienti k degli attributi o di loro trasformazioni funzionali:

i j k i kj k i j i j X V X TX ) ( 

 

(8

) ( ) ( ) ( T i j k i kj k k i j i j f X V X

  f X

(9

166 Gli attributi contenuti nel vettore Xi

j possono essere classificati in diversi modi. Si dicono attributi di livello di servizio quelli propri del servizio offerto dal sistema di trasporto (tempi, costi, frequenza dei servizi, confort ecc.), attributi del sistema di attività quelli dipendenti dall’uso del territorio dell’area di studio (ad es. numero di negozi o numero di scuole di una zona), attributi socio-economici quelli propri dell’utente o del suo nucleo familiare (possesso di patente, numero di autovetture possedute in famiglia ecc.).

Inoltre gli attributi di qualunque tipo possono essere generici, se inclusi con valori non nulli nell’utilità di più di una alternativa nella stessa forma e con lo stesso coefficiente k, o specifici, se valutati con forme funzionali o coefficienti diversi per diverse alternative. Nell’utilità sistematica della generica alternativa j viene di solito introdotta una variabile ombra che vale uno per l’alternativa j e zero per le altre; tale variabile viene denominata Attributo Specifico dell’Alternativa (ASA) o di “preferenza modale”21 ed il suo coefficiente  Costante Specifica dell’Alternativa (CSA); tale costante rappresenta una sorta di “termine noto” dell’utilità sistematica e può essere visto come la differenza fra l’utilità media e quella spiegata dagli altri attributi i

kj

X utilizzati.

È possibile ottenere diverse forme funzionali dei modelli di utilità aleatoria assumendo diverse funzioni di distribuzione di probabilità congiunte per i residui aleatori.