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5.Il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare

5.2. La Terapia Cognitivo-Comportamentale

Il modello cognitivo comportamentale per i disturbi del comportamento alimentare considera come fattore principale del disturbo la presenza di pensieri errati o distorti che contribuiscono al mantenimento dei comportamenti disfunzionali. Secondo i Quaderni del Ministero della Salute la terapia cognitivo comportamentale è considerata il trattamento d’elezione per la Bulimia Nervosa ma viene adottata con successo anche nell’Anoressia Nervosa e nel Disturbo da Alimentazione Incontrollata (salute, 2012). Durante il corso della terapia vengono affrontati i comportamenti

alimentari scorretti e lo stile cognitivo correlato.

Il trattamento cognitivo-comportamentale è costituito essenzialmente da tre fasi principali. La prima fase è di carattere psicoeducativo, in cui si mira alla costruzione di un solido rapporto di fiducia tra terapeuta e paziente, in questo contesto il terapeuta riconosce la funzione adattiva dei sintomi e la difficoltà ad attuare il cambiamento, si lavora in particolare sulla motivazione del soggetto.

Le persone che soffrono di Anoressia Nervosa accettano la terapia con l’obiettivo principale di gestire le abbuffate ma sono riluttanti nell’impegnarsi a raggiungere l’obiettivo più importante, ovvero l’aumento del peso corporeo. Può essere utilizzata la tecnica della “bilancia decisionale”, una lista di vantaggi e svantaggi che ha portato il disturbo secondo una scala di priorità e una lista dei costi e benefici rispetto al cambiamento; oppure la tecnica del decentramento in cui si chiede al soggetti di proiettarsi nel futuro scrivendo una lettera ad un’amica/o immaginando che magicamente siano passati 10 anni da oggi e che il disturbo sia stato superato. Al contrario, le persone con bulimia in genere sono motivate al trattamento per l’egodistonia del

36 disturbo e perché vogliono eliminare le abbuffate e i mezzi di compenso. In questa fase vengono date al paziente informazioni sul disturbo, sui fattori di rischio e di mantenimento. Si spiega al soggetto il funzionamento circolo vizioso restrizione/abbuffate/vomito, gli effetti fisici dell’uso di lassativi, diuretici e del vomito autoindotto e la loro inefficacia nel

controllo del peso.

Nel caso della Bulimia Nervosa, l’obiettivo è la riduzione delle abbuffate regolarizzando la frequenza e la composizione dei pasti e utilizzando attività alternative alle crisi bulimiche.

In entrambi i disturbi nella prima fase si realizza il ripristino di un’alimentazione regolare

tramite l’alimentazione meccanica e l’automonitoraggio.

La pianificazione dei pasti consiste nell’incoraggiare i pazienti a pianificare in anticipo in dettaglio la quantità e la qualità del cibo che dovrà essere consumato, la frequenza dei pasti, e il contesto in cui dovrà essere consumato (luogo e tempo). L’obiettivo è interrompere i principali meccanismi di mantenimento del disturbo tra cui i rinforzi positivi e negativi associati alla scelta dei cibi, l’ansia associata all’assunzione di cibo e la preoccupazione per i pensieri sul controllo dell’alimentazione, del peso e della forma del corpo, attraverso la concezione del cibo visto come una “medicina”. L’alimentazione meccanica aiuta i pazienti, inoltre, a non fidarsi dei segnali di fame e sazietà che risultano profondamente alterati e risulta vantaggiosa poiché soddisfa lo stile cognitivo tipico delle anoressiche caratterizzato dall’ordine e dalla pianificazione (Dalle Grave et al., 2007). In questa fase il paziente viene aiutato ad affrontare i cibi proibiti in quanto lo scopo è di re- attribuire un significato al cibo (cibo-medicina), ciò permette di non pensare al cibo, riduce il rischio di abbuffate, aiuta a recuperare il senso di fame e sazietà, minimizza il senso di virtù legato al non mangiare, riducendo l’ansia nei confronto del cibo e i sensi di colpa per aver mangiato. Una tecnica molto utile è l’uso del diario alimentare in cui vengono riportate la data, l’ora, la quantità e la qualità di cibo assunto, il luogo e la circostanza che spinge a mangiare in eccesso. Questa tecnica fa sì che la persona prenda consapevolezza che il proprio comportamento alimentare non è automatico ma determinato dal fatto che alcune situazioni sono gestite in modo inadeguato

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(Galeazzi & Meazzini, 2004). .

A questo punto il trattamento sfocia in una fase successiva in cui l’obbiettivo è quello di migliorare la qualità e la quantità dell’alimentazione, modificare i pensieri disfunzionali relativi al cibo e al peso corporeo, intervenendo anche sulla bassa autostima e sulle relazioni familiari ed

interpersonali che risultano disturbate.

Nella psicoterapia dell’Anoressia Nervosa vengono utilizzati esperimenti comportamentali per modificare i comportamenti condizionati dall’immagine corporea come ad esempio, andare in piscina e verificare chi ha un corpo perfetto secondo lo “standard anoressico”, scrivere i pensieri che arrivano alla mente su qualcuno che ci piace e verificare le forme corporee, evitare l’uso eccessivo dello specchio o iniziare a esporsi per chi lo evita. Quella dello specchio costituisce una tecnica a se stante che ha l’obiettivo di modificare in modo diretto le reazioni affettive del paziente nei confronti del peso e dell’immagine corporea. Si parte con l’identificare qual è l’atteggiamento nei confronti dello specchio, per poi chiedere alla paziente di descriversi quando si trova davanti ad esso, al fine di riconoscere le emozioni e i pensieri associati. Successivamente viene chiesto di descriversi pensando di doverlo fare a qualcuno che non conosce come è fatto il soggetto. La descrizione del proprio corpo in questo caso deve necessariamente essere esente da giudizi positivi e negativi. Durante l’esposizione viene chiesta qual è l’emozione prevalente e l’intensità dell’emozione stessa. L’esposizione è graduale: inizialmente la paziente è vestita, successivamente

le si chiede di svestirsi sempre di più.

La tecnica si basa sulla teoria dell’abituazione per cui la persona è esposta fino a che l’ansia decresce con il crescere dell’esposizione e dell’assenza del giudizio (Dalle Grave 1999). Allo scopo di modificare le convinzioni della paziente vengono utilizzate tecniche di ristrutturazione cognitiva che permettono di identificare e modificare i pensieri automatici, valutare la veridicità di tali pensieri e delle convinzioni dei soggetti, come ad esempio “ho mangiato troppo” “Sono grassa”. Pensieri simili vengono confutati con domande come “Qual è l’evidenza che supporta questa idea?” “ qual è l’evidenza che non la supporta” “Qual è la cosa peggiore che le può

38 capitare?” “Qual è l’esito più realistico?” “Quali sono i vantaggi nel mantenere questa idea?” “Cosa direbbe a un amico se si trovasse nella stessa situazione?”. L’utilizzo del dialogo socratico permette di raggiungere una conclusione ragionata che sfida il pensiero dicotomico e permette di decatastrofizzare. Il soggetto viene infine esposto ad esperimenti

comportamentali a conferma della conclusione raggiunta.

Il trattamento cognitivo comportamentale per l’Anoressia Nervosa si propone di aumentare i livelli di autoefficacia in aree specifiche, incrementare la capacità di prendere decisioni, esplorare nuovi interessi, introdurre che il valore umano è incondizionato, aiutare a smitizzare l’identità anoressica come affermazione del concetto di sé (Galeazzi & Meazzini, 2004). La psicoterapia della Bulimia Nervosa ha come fine quello di erodere i fattori di mantenimento del disturbo tramite la costituzione di una forte alleanza terapeutica e la normalizzazione del comportamento alimentare. Come per l’Anoressia si assiste ad una prima fase psicoeducativa, per poi passare alla gestione delle abbuffate tramite le tecniche di automonitoraggio e uso di comportamenti alternativi. Nella tecnica della dilazione della risposta la persona è invitata ad aspettare prima di abbuffarsi o di vomitare , una strategia ad esempio consiste nel comporre uno

scritto sulle conseguenze delle abbuffate.

Un’altra tecnica importante è quella del controllo dello stimolo, utile perché l’impulso a emettere tali comportamenti diminuisce nel tempo. In questo caso le pazienti sono invitate a identificare cosa penserebbero e proverebbero sia durante che dopo l’abbuffata, inoltre viene chiesto di stilare una lista di frasi da dirsi dopo aver mangiato. In questo modo si sviluppano strategie più funzionali per gestire l’attenzione verso i pensieri ansiogeni. Può essere utilizzato un foglio promemoria come un biglietto da visita con le attività alternative, ad esempio uscire di casa o telefonare ad un amico. e la tecnica della gestione dello stimolo. Questa permette di educare le persone a ridurre tutti gli stimoli esterni, soprattutto antecedenti che favoriscono l’alimentazione in eccesso. Vengono dati consigli per migliorare il modo di fare la spesa, di riporre il cibo, di prepararlo e di servirlo a tavola, nonché strategie che permettono di gestire il momento del mangiare come

39 mangiare lentamente, non guardare la TV o leggere, consumare il pasto sempre alla stessa ora, e altre che permettono di gestire la fine del pasto ad esempio sparecchiare subito dopo aver finito,

lasciare la tavola subito dopo aver finito di mangiare.

I trattamenti basati sull’esposizione vengono utilizzati per prevenire risposte quali il vomito o l’abbuffata. Sono pertanto indicati per le persone che continuano a vomitare anche quando hanno un’abbuffata soggettiva. La tecnica prevede che venga chiesto alla persona di assumere gradualmente i cibi “bulimici” fino al punto in cui si induce abitualmente il vomito. La persona è aiutata a resistere all’impulso di vomitare e a gestire l’ansia. Nel caso in cui sono presenti abbuffate la paziente è incoraggiata a mangiare una quantità di cibo proibito che la porta usualmente ad abbuffarsi, successivamente viene aiutata dal terapeuta a prevenire l’abbuffata. La gestione delle condotte di eliminazione viene attuata tramite consigli nei confronti del vomito che però solitamente è secondario alle abbuffate oggettive, pertanto con la riduzione di queste si riduce anche la condotta di eliminazione, in aggiunta vengono forniti consigli nei confronti dei lassativi e dei diuretici spiegando al paziente l’inefficacia di tali condotte di compenso nel controllare il peso e si orienta il soggetto alla sospensione dell’assunzione. Infine la persona impara a gestire i problemi mediante training per l’apprendimento di nuove abilità di problem solving

(Galeazzi & Meazzini, 2004).

Un’altra pratica utilizzata per gestire l’attenzione vero il cibo è il rilassamento muscolare che favorisce una riduzione della tensione muscolare e dell’impulso a mangiare, allo stesso tempo permette di distogliere l’attenzione eccessiva sul cibo dirigendola e canalizzandola in una direzione

più funzionale.

Per quanto riguarda i pensieri e le preoccupazioni nei confronti del peso e delle forme corporee vengono utilizzati esercizi simili al trattamento dell’Anoressia Nervosa.

Nella terza fase, infine, vengono consolidati i risultati ottenuti e viene affrontato il tema della prevenzione delle ricadute con l’obiettivo di insegnare ai soggetti ad individuare i primi segnali di ricaduta, i pensieri ed emozioni che li accompagnano, ma anche le situazioni

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maggiormente a rischio.

In definitiva l’intervento è volto a cambiare lo stato mentale del paziente aiutandolo a decentrarsi dal disturbo, pertanto l’obiettivo è aiutare il paziente ad acquisire una nuova modalità di pensiero che influenzi il modo in cui definisce se stesso, sperimenta il mondo, la sua storia ed il futuro

(Teasdale, 2002) (Dalle Grave et al.)

Dai Quaderni del Ministero della Salute emerge come in generale la psicoterapia cognitivo- comportamentale (CBT) sia considerata la forma di terapia più adatta, in quanto affronta sia i comportamenti tipi del disturbo alimentare, quali restrizione, attacchi bulimici, condotte di compenso e di eliminazione, body checking, sia i processi cognitivi, tra cui la valutazione eccessiva data al peso e alle forme del corpo. Questo genere di terapia è utile anche per il trattamento dei sintomi depressivi e ansiosi frequentemente associati al problema alimentare, nonché per la prevenzione delle ricadute (salute, 2012)

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