• Non ci sono risultati.

Il termine per ricorrere avverso il silenzio-rifiuto prima della legge n 15/

IL PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL SILENZIO INADEMPIMENTO

3. Il termine per ricorrere avverso il silenzio-rifiuto prima della legge n 15/

55 Cfr. M. Occhiena, Riforma della legge n. 241/1990 e “nuovo” silenzio-rifiuto: del diritto v’è

Prima dell’intervento della legge n. 15/2005, questione molto dibattuta in giurisprudenza e, soprattutto, in dottrina era quella concernente la natura giuridica del termine per ricorrere contro il silenzio-rifiuto della pubblica amministrazione. Al riguardo, la giurisprudenza prevalente, pur ammettendo a volte la reiterabilità della diffida56 sul presupposto che non vi fosse alcun atto divenuto inoppugnabile,

riteneva che il ricorso giurisdizionale contro il silenzio-rifiuto dovesse essere proposto entro l’ordinario termine d decadenza di sessanta giorni.

L’assunto, pur riconoscendo che il silenzio non è un atto, ma un mero presupposto processuale alternativo al provvedimento formale, si basava sulla considerazione secondo cui, quando viene dedotto in giudizio un interesse legittimo, l’azione a prescindere dal suo contenuto dichiarativo o costitutivo, è soggetta, per una esigenza di certezza dei rapporti amministrativi, alla rigorosa disciplina temporale riguardante siffatte posizioni giuridiche.

Tuttavia, un minoritario orientamento giurisprudenziale57, recependo le posizioni

di autorevole dottrina58, sosteneva che “il silenzio della pubblica amministrazione

sull’istanza del privato, configurabile come rifiuto ad adempiere attraverso l’istituto della diffida a provvedere, dà luogo ad una situazione continuativa di inadempienza, per cui il termine di impugnazione si rinnova de die in diem fino a

56 Cfr Cons .Stato, sez. IV, 2 ottobre 1989, n. 658 57 Cfr.Tar Abruzzo L’Aquila, 11 giugno 2002, n. 324

58 Cfr. A.M: Sandulli, Il Silenzio della Pubblica amministrazione oggi: aspetti sostanziali e

processuali (Atti del XXVIII Convegno di studi di scienza dell’amministrazione, Varenna, 23-25

quando l’amministrazione non si sia pronunciata, superando così la stessa situazione di inadempienza e la necessità di impugnare il silenzio”.

Il maturare della decadenza processuale era esclusa, secondo questa impostazione proprio dal fatto che quando si forma il silenzio-rifiuto, non vi è un vero provvedimento assistito da presunzione di legittimità e suscettibile di acquisire definitività nel breve termine decadenziale, nell’interesse comune alla certezza del diritto; sussiste, invece, un inadempimento che, permanendo in capo alla amministrazione il potere-dovere di provvedere, si rinnova di momento in momento, evitando così la consumazione del diritto all’azione davanti al giudice amministrativo.

Non sembra poi che, al fine di giustificare l’applicazione del termine di decadenza, possa invocarsi una esigenza di certezza dei rapporti amministrativi. Innanzitutto, perché, in caso di silenzio, è l’amministrazione ad aver dato luogo ad una situazione di incertezza, che il privato, attraverso il ricorso intende rimuovere. Secondariamente, quella stessa esigenza di certezza sottesa alla regola della inoppugnabilità delle situazioni giuridiche amministrative non tempestivamente contestate, dovrebbe escludere anche per la pubblica amministrazione la possibilità di provvedere tardivamente e, quindi, la situazione giuridica del privato dovrebbe ritenersi cristallizzata fino alla conclusione del giudizio sul silenzio59.

Al contrario, come si è detto, secondo la giurisprudenza, il formarsi del silenzio non esclude che la pubblica amministrazione si pronunci successivamente in

maniera espressa; di conseguenza anche il privato deve essere messo in condizione di attendere senza preclusioni di sorta la decisione dell’amministrazione e di adire il giudice se e quando lo riterrà opportuno.

Infine, secondo una impostazione tutta dottrinale, già riportata, il termine di cui all’articolo 2 legge n. 241/1990 può essere assimilato, limitatamente ai procedimenti ad istanza di parte, al termine di adempimento delle obbligazioni60.

Si giunge cosi ad affermare che in capo alla pubblica amministrazione che riceve un’istanza dal privato sono configurabili due diverse situazioni giuridiche: da un lato il potere-dovere di esercitare la funzione amministrativa la quale è correlata una posizione giuridica di interesse legittimo pretensivo; dall’altro, e prima ancora, un obbligo di natura formale di provvedere entro il termine a cui corrisponde in capo al privato che ha presentato l’istanza una situazione giuridica attiva che ha il rango di vero e proprio diritto soggettivo (c.d. diritto a una risposta); tale diritto sarebbe stato, quindi, azionabile nel rispetto dell’ordinario termine di prescrizione decennale operante nel processo civile.

Si obietta, tuttavia, che anche ammettendo che l’articolo 2 legge n. 241/1990 abbia attribuito al privato un diritto soggettivo a che un provvedimento, quale che ne sia il contenuto, venga emanato nel termine, non pare tuttavia che questo diritto soggettivo costituisca l’oggetto del ricorso giurisdizionale; infatti secondo la tesi prevalente in dottrina e in giurisprudenza (almeno fino all’entrata in vigore dell’articolo 2 legge n. 205/2000), l’interesse che il privato fa valere nel ricorso contro il silenzio non riguarda la mera emanazione di un atto amministrativo, ma è

volto ad ottenere un bene della vita sia pure per il tramite del potere amministrativo.

Inoltre, anche ad ammettere che l’oggetto del giudizio sia la verifica dell’obbligo di provvedere, la tesi del diritto di credito non è comunque sostenibile. Essa, come evidenziato in giurisprudenza, si scontra con l’analisi del alto passivo del rapporto obbligatorio: nel sistema della funzione amministrativa non è ravvisabile un’obbligazione in senso tecnico che abbia ad oggetto la conclusione del procedimento trattandosi di una tipica attività autoritativa, per quanto regolata da norme puntuali. Il baricentro dell’accertamento giurisdizionale è l’obbligo di provvedere in senso pubblicistico e ad esso si contrappone l’interesse legittimo, la cui tutela passa per la declaratoria di illegittimità dell’inerzia tenuta dall’amministrazione61

4. Le novità normative in materia di termine per ricorrere avverso il