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TRATTI GEOGRAFICO----TERRITORIALI CARATTERISTICI DI TERRITORIALI CARATTERISTICI DI TERRITORIALI CARATTERISTICI DI TERRITORIALI CARATTERISTICI DI CATENANUOVA

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2.1 TRATTI DELLA STORIA URBANA DI I I I CATENANUOVA CATENANUOVA CATENANUOVA.... CATENANUOVA

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CATENANUOVA CATENANUOVA CATENANUOVA....

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2.12.1

2.12.1.... TRATTI DELLA STORIA URBANA DI CATENANUOVATRATTI DELLA STORIA URBANA DI CATENANUOVATRATTI DELLA STORIA URBANA DI CATENANUOVATRATTI DELLA STORIA URBANA DI CATENANUOVA....

La prime notizie del Comune di Catenanuova risalgono alla metà del XIV secolo, essendo essenzialmente legate al feudo Melinventris. All’epoca detto feudo apparteneva al territorio di Centuripe, risultando ancora disabitato nel 1354.

Successivamente fu smembrato e venduto da Matteo Scafano, conte di Adrano, Barone della torre del Cimino, a Desiata Bontisano, moglie di Gerardo Bonsule.

Il feudo venne mantenuto dalla famiglia Bonsule-Bontisano per più di un secolo ed ereditato, alla morte di Desiata, dal figlio Berardo e da questi alla figlia Desiata II, la quale morì senza figli e, quindi, per successione il medesimo feudo passò al marito Giovanni Schifano da Lentini, così come si riscontra dagli atti della “Regia Cancelleria”.

Nel 1400 alla morte del parente più prossimo che fu Onofrio II appartenente ad un ramo della famiglia dei Bonsule, successivamente il patrimonio passò alla figlia Novella che sposò un illustre giurista siracusano Guglielmo Perno.

I Perno mantennero per diverse generazioni il feudo e più precisamente fino alla metà del XVI secolo quando lo stesso passò al barone Francesco Statella di Mongellino: Quest’ultimo perì nel terremoto di Catania del 1693, lasciando erede universale la figlia Anna Maria, la quale sposò Antonio Riggio, appartenente ad una famiglia nobiliare di origini spagnole, fratello di Andrea, vescovo di Catania.

La famiglia Riggio si insediò in Sicilia in occasione dell’eruzione lavica del 1669; infatti il capostipite Stefano, principe di Campofranco e Campoflorido, nonché deputato del Regno, fu inviato dal re Filippo V in qualità di Vicario generale a sostegno delle popolazioni colpite dall’evento naturale.

Il Riggio, innamoratosi dei luoghi, decise di stabilirsi per sempre in Sicilia ed in tal senso acquistò le terre che oggi formano il comune di Catenanuova.

Successivamente le terre passarono al figlio Luigi che ricoprì numerose cariche civili e militari del regno, e che pertanto fu nominato principe di Acicatena, città dedicata alla memoria della Madonna della Catena, il cui culto fu introdotto in Sicilia nel 1393 da Re Martino.

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Figli di Luigi Riggio furono, per l’appunto Andrea, Vescovo di Catania, e Antonio che, sposando Anna Maria Statella, ricevette in dote il feudo Malinventris.

Dall’unione tra Antonio e Anna Maria nascono due figli Agostino ed Andrea, quest’ultimo, deputato e tesoriere generale del regno, sarà il fondatore della nuova città.

Il principe Andrea Riggio, ereditando il feudo dalla madre, volle realizzare il desiderio, da lei espresso, di popolare tale feudo. E’ verosimile che il primo nucleo abitativo della baronia di Melinventre, costituito dalla corte baronale, con annesso fondaco, sia stato gravemente danneggiato dal terremoto del 1693 che distrusse una buona parte della Sicilia centro – sud orientale. Il principe, infatti, spinto dalla sua intraprendenza, esaudì il desiderio della madre, anche se ragioni economiche, logistiche, e di aspirazione politica ebbero un ruolo determinante in questa scelta.

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Figura 111 –1– Pianta dello stato di Catenanuova Pianta dello stato di Catenanuova Pianta dello stato di Catenanuova Pianta dello stato di Catenanuova ---- senza data senza data senza data senza data (da

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(da “Le mappe del catasto borbonico di Sicilia”“Le mappe del catasto borbonico di Sicilia”“Le mappe del catasto borbonico di Sicilia”“Le mappe del catasto borbonico di Sicilia”))))

Tali motivazioni erano fondate sulla posizione strategica del feudo di Melinventre, determinata non solo dalla sua centralità rispetto al contesto territoriale, ma anche dal fatto che era attraversato, per intero, dalla regia trazzera che metteva in comunicazione i paesi dell’entroterra con i centri della parte orientale

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dell’Isola, nel noto fondaco Cuba adoperato in tempi passati come albergo e ufficio postale per coloro che percorrevano, a cavallo o in lettiga, il tragitto da Palermo a Catania si fermarono personaggi illustri. Melinventre si collocava, al centro di un territorio costituito da feudi appartenenti a nobili famiglie dell’epoca.

Melinventre era situato, inoltre, al centro di una conca, solcata dal fiume Dittaino e dominata a nord dai monti di Centuripe e a sud dagli estremi prolungamenti degli Erei costituiti dai monti Scalpello, Iudica e Turcisi, dai quali si gode di una stupenda visuale che si estende fino all’Etna. Pertanto, consapevole dell’importanza strategica di un centro abitato Andrea Giuseppe Riggio Statella, divenuto principe della Catena, dopo avere inoltrato istanza a sua Maestà, Carlo VI, poiché nel frattempo la Sicilia era passata agli austriaci, ottenne il permesso di costruire nel suo feudo, iniziando l’edificazione nel 1727. Nei primi mesi del 1733 terminò di realizzare la struttura urbana essenziale del nuovo centro, che oltre al palazzo principesco e alla chiesa di S. Giuseppe, comprendeva anche la macelleria, l’osteria, la panetteria, la locanda e il fondaco.

Il 6 luglio 1733, il principe fondatore Andrea Riggio Statella, a quello che in principio era il feudo di Melinventre, impose il nome di Terra della Nuova Catena, poi Catena la Nuova, ed infine Catenanuova, con riferimento alla cittadina di Acicatena di cui i Riggio erano principi.

La giovane comunità era costituita da circa 500 anime, provenienti in gran parte da Centuripe. Dal punto di vista amministrativo la Sicilia era divisa in tre valli, Val di Mazara con capitale Palermo, che comprendeva la parte occidentale della

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Sicilia, Val Demone con a capo Messina che comprendeva la parte nord est della isola, ed infine la Val di Noto che faceva capo a Catania ed includeva la parte restante ad est della Val di Mazara e a sud del Val Demone. Il contesto territoriale in cui si poneva il feudo di Melinventre faceva interamente parte della Val di Noto. Le valli a loro volta erano divise in 44 Comarche, ovvero delle ripartizioni amministrative più circoscritte che comprendevano diversi comuni con a capo una città demaniale cioè appartenente al patrimonio dello stato.

Nell’attuale provincia di Enna vi erano sei Comarche e Melinventre e gli altri feudi e terre con le rispettive città di Centorbi e Regalbuto appartenevano alla Comarca di S. F. d’Angirò.

Intorno al 1750, il paese di Catenanuova era composto da circa 130 nuclei familiari, provenienti, per la maggior parte dai Comuni distanti non più di 15 km, con una età media di circa 35 anni per i coniugi, e con in media 3 figli sotto i sedici anni.

Il paese era guidato spiritualmente da quattro sacerdoti, mentre l’amministrazione civica era affidata a dei giurati. Ad eccezione dei quattro sacerdoti, dei giurati e del notaio, Vittorio Ferro, che nel 1748 si era trasferito con la sua famiglia nel paese, su 500 abitanti ben il 98,4% era analfabeta.

Il notaio Ferro, appena giunto in paese, cercò documenti che riguardavano atti di vendita delle case, ma non trovò traccia. Le terre, infatti, venivano cedute dal proprietario ai coloni per enfiteusi, ovvero un contratto nel quale il colono pagava per la casa 1 tarì e 10 grani come censo, ed una gallina come ricognizione annuale. Il contratto non era regolato da scritti pubblici o privati, ma solo da una reciproca fiducia fra i contadini ed il principe Andrea Riggio.

In enfiteusi furono consegnati ai contadini delle salme di terreno, di cui due terzi ricadevano nella contrada del Piano del Molino, fra le più fertili del feudo, lambita dal fiume Dittaino. In quegli anni, il territorio di Catenanuova cominciava ad assumere una vocazione prettamente cerealicola poiché le terre venivano coltivate in frumento e orzo.

Il primo nucleo abitato fu localizzato, come già anticipato, al centro del feudo di Melinventris ad una altitudine di circa 180 m. dal livello del mare, in una zona pianeggiante compresa tra due valloni e il già citato crocevia, che rivestiva un’importanza strategica e che collegava i Comuni di Regalbuto e Centuripe con la Regia Trazzera.

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Venivano così rispettati i parametri localizzativi e morfologici necessari alla realizzazione del centro, ed in particolare: esistenza di vie di comunicazione, terreno salubre e pianeggiante, presenza d’acqua, equidistanza rispetto i centri abitati limitrofi e vicinanza alle zone da coltivare.

La morfologia urbana è quella tipica della maggior parte dei comuni di nuova fondazione siciliani sorti in questo periodo, e cioè a maglia ortogonale.

Questa morfologia, così largamente diffusa, nasce sicuramente per motivi di ordine economico, funzionale estetico e giuridico.

In primo luogo la maglia ortogonale diventa lo strumento di controllo formale degli spazi urbani garantendo possibilità di espansioni superiori a quelle inizialmente prefissate la dimensioni definitive dell’insediamento, per cui la maglia ortogonale è la più adatta a garantire espansioni in tutte le direzioni tranne che le stesse non siano arrestate da fattori fisici ed orografici.

Ciò spiegherebbe anche l’indifferenza della maglia rispetto alle particolarità morfologiche dei siti.

L’aspetto funzionale è determinato da un nuovo modo di concepire la città che non è più organizzata in funzione del castello e con scopi difensivi, né la sua funzione risulta compatibile con le norme radiocentriche, fortemente gerarchizzate, tipiche dei

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modelli di città utopiche rinascimentali; la maglia ortogonale si apre al territorio, da cui si traggono le risorse per il sostentamento dell’intero nucleo urbano.

Inoltre, essendo la popolazione caratterizzata esclusivamente da strati sociali contadini, non emerge l’esigenza di differenziazione sociale delle parti urbane, per cui escludendo il palazzo del fondatore e gli edifici pubblici, il rimante tessuto urbano si presenta tipologicamente omogeneo.

L’abitato di Catenanuova si sviluppa così secondo una griglia ortogonale, ma non si ha hanno notizie circa la redazione del piano urbanistico, che presumibilmente è stato redatto da un Ingegnere Palermitano secondo i dettami urbanistici in vigore all’epoca.

L’asse principale in direzione Nord /Sud (attuale Corso Vittorio Emanuele) era probabilmente una trazzera che consentiva il collegamento tra i comuni di Centuripe e Regalbuto e la Regia Trazzera.

Detto asse che probabilmente è preesistente alla nascita del borgo diventa l’elemento generatore della maglia urbana che rispetto a soluzioni analoghe presenti in altri comuni di nuova fondazione presenta alcuni elementi di originalità.

Elemento organizzativo ricorrente delle città di nuova fondazione era la piazza principale, che in genere si apriva lungo la via principale diventando il fulcro spaziale dell’insediamento, oltre che il luogo principale di scambio e di socializzazione.

La stessa rivestiva inoltre un valore simbolico e rappresentativo, in quanto sia il potere ecclesiastico che quello baronale venivano rappresentati all’interno della stessa, definendola architettonicamente con la Chiesa Madre e con il Palazzo Baronale.

Nel caso di Catenanuova l’originalità dell’impianto consiste nella funzione della piazza che non solo non viene realizzata in direzione dell’asse principale di distribuzione, ma la stessa, pur contenendo sia la Chiesa che il Palazzo Baronale, risulta marginale nella localizzazione dell’impianto urbanistico, sia rispetto il nucleo originario di fondazione dell’abitato, sia nel successivo sviluppo urbanistico del Comune.

Il primo nucleo abitativo di Catenanuova venne realizzato dal Riggio e risultava pari a 60 case tutte terrane. Alla morte di Andrea Riggio l’opera di edificazione del Comune fu proseguita dal figlio Antonio.

Nel 1736 la chiesa di S. Giuseppe fu eretta a parrocchia dal vescovo di Catania. Tre anni dopo fu celebrato il primo battesimo, finalmente gli abitanti di Catenanuova non erano più obbligati a recarsi presso la parrocchia di Centuripe per ricevere i sacramenti.

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Tale chiesa, a causa dell’accrescersi della comunità risultò inadeguata, così nel 1756 iniziarono i lavori dell’attuale chiesa madre che furono completati nel 1764. La nuova chiesa denominata S. Giuseppe, costituita da una navata centrale e da una cappella laterale era un edificio notevolmente più grande dell’originario. Nel 1829 vennero, comunque, effettuati dei lavori di ampliamento, consistenti nel prolungamento della navata centrale sino a raddoppiarne la lunghezza, che raggiunse le dimensioni attuali. Nel 1840 e nel 1949 la chiesa subì dei restauri, riguardanti opere di consolidamento. I terremoti del 1818 e del 1846 avevano danneggiato la parte dell’edificio che coincideva con la antica chiesa.

Nel 1812 ci fu l’abolizione della feudalità, che diede origine, sei anni più tardi, alla formazione del primo decurionato del Comune di Catenanuova, ovvero una istituzione comunale formata da componenti nominati dai vertici della burocrazia borbonica, dopo che nel 1816 Ferdinando di Borbone si pose a capo del regno delle due Sicilie.

Nel 1819 si insediò il primo sindaco di Catenanuova, don Giuseppe Mangani, che ricoprì la carica per tre volte.

Notizie sulla situazione urbanistica e sociale della città si ritrovano sul diario di Goethe che descrive la città come moderna, ben localizzata rispetto le zone coltivate e inserita in uno splendido paesaggio agreste. Tra le opere di interesse urbanistico ricordiamo la realizzazione nel 1868 della stazione ferroviaria. La ferrovia che consentì il collegamento tra Catania e Palermo, rilanciò l’economia di Catenanuova

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che finì con l’assumere un ruolo importante nel comprensorio, infatti, con la stazione ferroviaria, si incrementarono notevolmente gli scambi di persone e di beni.

La realizzazione della Stazione comportò come ulteriore conseguenza urbanistica, la sistemazione della strada che consentiva il collegamento tra essa ed il centro abitato.

Altro avvenimento significativo della seconda metà dell’ottocento fu l’acquisto, da parte del comune, del Palazzo dei Principi della Catena, che nel 1877 era di proprietà di Gaetano Filangeri. L’agglomerato urbano nel corso del 1900 continuò a crescere, si deve però aspettare il primo dopoguerra per vedere per vedere realizzate le prime opere pubbliche nel comune.

Negli anni 50 furono infatti realizzati: l’edificio della Scuole Elementari, la Via Caduti in Guerra, la Via XXIV Maggio e l’impianto di illuminazione elettrica. L’ultima grande opera pubblica che investe il territorio di Catenanuova è l’autostrada realizzata intorno alla metà degli anni 70, il cui svincolo è ubicato in prossimità del centro abitato, poco più a sud della Ferrovia. Grazie ad esso il comune ha assunto un interessante posizione baricentrica tra comprensorio ennese e quello catanese. Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati, dal punto di vista urbanistico, dalla realizzazione di numerose attrezzature pubbliche a carattere sociale, sanitario, sportivo, ma anche purtroppo da vistosi fenomeni di abusivismo edilizio che ha compromesso diverse opere agricole. Infine ricordiamo che recentemente, con la demolizione del palazzo baronale è stato realizzato il nuovo municipio e la sistemazione della piazza antistante allo stesso.

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Gli obiettivi su cui si basa tale l’amministrazione sono: cultura, sviluppo, lavoro e legalità. Il Comune di Catenanuova, che oggi conta poco meno di 5000 abitanti, si sta brillantemente avviando verso un moderno sviluppo locale del territorio, con l’obiettivo di conquistare un ruolo di centralità non solo sia dal punto di vista territoriale ma anche sul piano socio economico.

L’ultima domenica di settembre, a Catenanuova, si svolge la festa in onore del santo patrono Prospero che rappresenta, per il paese, una profonda espressione di religiosità popolare.

Il comune di Catenanuova appartiene alla Diocesi di Nicosia (EN).

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Il centro abitato di Catenanuova è sito a quota compresa tra 120 m e 170 m sul livello del mare, su un terrazzo alluvionale degradante verso il fiume Dittaino, da cui dista circa 1 Km.

Il suo territorio, che si innalza dal livello del mare in direzione Nord fino ad una quota di circa 300 m, si estende su una superficie complessiva di circa 1116 ettari, corrispondente pressoché a quella dell'antico feudo di Meliventre. Esso si divide in nove contrade: Censi, Ficodindia e Agliastrello situate sui terreni di bassa collina;

Raisa, Code di Volpe, Piana Molino e Isola di Niente situate sui terreni di pianura;

Vigne Vecchie e Sampieri situate su terreni misti, tra bassa collina pianura.

Il paese è bagnato dal torrente San Paolo e dal torrente Mulinello.

Catenanuova dista dal suo capoluogo, Enna, circa 50 Km, da Caltanissetta 75 Km, da Agrigento circa 130 Km, da Palermo circa 165 Km, da Trapani circa 255 Km, da Catania 42 Km, da Messina circa 130 Km, da Siracusa circa 105 Km, da Ragusa circa 150 Km.

Il territorio di Catenanuova confina con tre comuni della provincia di Enna:

Centuripe, Regalbuto e Agira, e con il comune di Castel Di Judica, ricadente sul territorio di Catania.

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Con i comuni sopraelencati, più i comuni di Raddusa e Ramacca, entrambi in provincia di Catania, Catenanuova ha dato origine, in data 30/06/2004, ad un Protocollo di Intesa, riguardante l’unione di tali comuni con il nome di “Corona degli Erei”. L’area è identificata nella scelta simbolica degli Erei, rappresentati dalle Corone, in armonia con i gonfaloni storici, e mantenendo corrispondenza con le identità profonde di queste comunità.

Il nome Erei, attribuito al gruppo di rilievi della zona centro-orientale della Sicilia, non corrisponde ad una entità omogenea sotto il profilo geologico. Tuttavia, questi monti svolgono una funzione unificante, formando lo spartiacque

fra i bacini idrografici che gravitano sul Mar d’ Africa e quelli, interni al sistema, che pendono verso il Mare Ionio: i fiumi Dittaino e Gornalunga che trascorrono lungo le valli interne. Queste valli interne sono racchiuse dal sistema di colli formato dagli Erei (Agira, Centuripe, Regalbuto, i monti gemelli di Iudica e Scalpello, la montagna di Ramacca, Raddusa con il castello intagliato nella roccia), sulle cui alture si trovano pini d’ Aleppo, alberi di Sommaco e Terebinto.

La descrizione di questo territorio, in cui le valli sono incorniciate dai poggi su cui prendono forma le città, fa rilucere di significato le immagini che appaiono sugli stemmi araldici dei gonfaloni dei Comuni, tutti sormontati dalle corone che qui assumono la consistenza di una condizione morfologica, fisica del territorio. Unico tra i Comuni di questa area che si trova in pianura, Catenanuova è dislocato proprio nel punto di transizione tra la Piana di Catania, con i suoi verdeggianti giardini di agrumi, e la Valle del Dittaino, gialla per il colore del grano, delineando il punto di intersezione e snodo tra la costa orientale e l’area interiore e interna della Sicilia.

Il territorio, in cui ricadono i comuni sopra citati, si presenta particolarmente vocato a definirsi in quanto polo logistico, di apertura e di collegamento tra le direttrici nord-sud ed est-ovest dell’isola, considerato del resto che, come dicono le vecchie mappe, questa area si presenta come epicentro dell’incrocio tra le antiche regie trazzere, la Messina - Modica (direttrice nord-sud, oggi interessante per le potenzialità del porto di Pozzallo, nei pressi di Modica) e la Palermo Catania (direttrice est ovest, di cui si devono tener in conto gli snodi per Caltanissetta, Agrigento e, ovviamente date le distanze, Enna).

Si può ben affermare come l’area territoriale del sistema rappresentato dall’Unione dei Comuni si presenta estremamente funzionale ad assumere il ruolo di cerniera di raccordo tra i grandi corridoi in fase di realizzazione nella progettazione

Si può ben affermare come l’area territoriale del sistema rappresentato dall’Unione dei Comuni si presenta estremamente funzionale ad assumere il ruolo di cerniera di raccordo tra i grandi corridoi in fase di realizzazione nella progettazione

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