4.4 Sviluppo delle ipotesi
4.4.3 Terza ipotesi e tesi a supporto
Dopo aver studiato ed esposto le peculiarità specifiche delle donne che ricoprono ruoli dirigenziali nel Cda, per concludere l’analisi ho scelto di focalizzarmi su un tratto peculiare della governance bancaria, ovvero il management. In che misura sono presenti le donne manager e che impatto hanno sulla perfomance aziendale?
Per quanto riguarda la rappresentanza di genere nel settore bancario Quack e Hanckè (1997) mostrarono come la percentuale di donne tra i dirigenti diminuisce con l’aumentare del livello di management tra le banche commerciali dell’Unione Europea. Questi autori, in una ricerca empirica risalente al 1995, diedero evidenza del notevole divario esistente tra la proporzione di donne tra i dipendenti delle banche e la loro rappresentanza tra i dirigenti. Pertanto, sebbene le donne rappresentassero la metà dei dipendenti delle banche del campione, esse costituivano solo il 16%
della forza lavoro manageriale. Da allora c’è stato un netto miglioramento infatti, come mostra la tabella nel paragrafo della descrizione delle variabili, la percentuale delle donne manager a livello aziendale si attesta più o meno costante intorno ad una percentuale del 33% mentre esse rappresentano sempre almeno la metà dei dipendenti dell’ente societario. Questo da evidenza del famoso fenomeno noto come “Glass ceiling”, ovvero il soffitto di cristallo: con quest’espressione ci si riferisce a quella barriera invisibile che esclude le donne dal processo decisionale e ostacola l’avanzamento di carriera e il raggiungimento di cariche elevate. Un insieme di procedure interne scoraggia il genere femminile a perseguire i propri obiettivi professionali e a raggiungere il proprio potenziale. Si viene così a creare un circolo vizioso che incrementa il gap tra l’occupazione di genere (employment gap) e la
remunerazione (gender pay). Per cercare di superare queste limitazioni è stato necessario l’intervento di entità superiori all’azienda che incentivassero il raggiungimento di un maggior equilibrio tra i generi offrendo prospettive di carriera credibili alle donne e aprendo loro le porte al top management.
Ma esistono delle differenze tra il modus operandi dei manager di sesso maschile e di quelli donna?
Innanzi l’analisi darà evidenza delle peculiarità e dei tratti distintivi delle donne manager al fine di comprendere se esistono delle ragioni particolari per cui un numero cospicuo delle stesse apporterebbe valore alle organizzazioni, e nello specifico alle banche.
Per molti anni alla domanda “qual è la definizione di un manager efficace?” la riposta è stata sempre la stessa, ovvero “un manager maschile”. Questo era legato ad un dato di fatto, agli uomini erano attribuite le posizioni di vertice all’interno delle aziende e quindi si presentavano come dei veri e propri leader; tale atteggiamento influenzava negativamente le donne e ancora oggi, per molti versi, esse appaiono meno credibili semplicemente perché si differenziano dal modello di gestione maschile (Rosener 1995, 37). Un manager influenza la gestione di un’organizzazione grazie ai propri background e alle proprie esperienze di vita; negli ultimi decenni la figura del manager si rispecchiava con quella dei tipici maschi bianchi, benestanti e con background simili tra loro. Oggi, invece, le donne stanno aumentando il loro numero ai livelli più alti del management (Karsten 2006; Guy 1992;
Rosener 1995) ed è noto che la vita delle stesse tenda a differire in modo saliente e sistematico rispetto a quella degli uomini (Duerst-Lahti e Kelly 1995, 97). E sono proprio queste differenze che possono comportare modi diversi di gestione.
Esistono numerosi studi che mostrano l’esistenza di tali differenze ed in particolare Helgesen (1990), nel suo libro The Female Advantage, discute i vantaggi che le donne manager apportano grazie ad alcune competenze distintive di cui sono portatrici. Innanzitutto, è stato dimostrato come esse siano sono più brave a comunicare, a stabilire quali siano le priorità e a vedere il contesto di riferimento in un quadro più ampio e generale senza focalizzarsi sulle piccole cose. Analogamente, Rosener (1995) ha identificato due elementi tipici degli stili manageriali femminili che sono diversi da quelli maschili.
Il primo afferisce al fatto che le donne incoraggiano la partecipazione, condividono il processo decisionale con gli altri membri del consiglio preferendo un approccio cooperativo e sostenendo l’importanza dello “scambio di idee”. Il secondo si riferisce al fatto che di solito le donne condividono informazioni e potere incoraggiando la partecipazione, rafforzando l’autostima degli altri e cercando continuamente l’integrazione e la diffusione delle informazioni. Se consideriamo questi elementi nel loro insieme, essi definiscono uno stile di gestione “interattivo” proprio delle donne (vedi anche Eagly e Johnson 1990).
Oltre alle evidenze empiriche che mostrano questi risultati, diviene importante un aspetto particolare, ovvero la differenza di pensiero tra uomini e donne a proposito di chi sia un “buon manager” (Duerst-Lahti e Johnson 1992). Gli uomini pensano che i buoni manager siano prevedibili, intimidatori, competitivi, dominanti, ambiziosi e risoluti. Le manager donne, invece, pensano che un buon manager sia competitivo, orientato al processo, creativo, assertivo, emotivo e che possieda buone capacità relazionali. Dato che i manager di sesso maschile e femminile hanno visioni alquanto diverse di cosa sia un buon management, è giustificato uno studio più sistematico di queste differenze e del loro eventuale impatto sulle performance organizzative.
Miles et al. (1978) hanno identificato e classificato tre strategie che i manager possono utilizzare, e nello specifico essi possono identificarsi come manager difensori, analisti o cercatori. La strategia del difensore si concentra su ciò che l'organizzazione sta già facendo e lavora per ottenere un risultato ancora migliore. I prospettori, invece, si presentano come l'opposto dei difensori in quanto cercano di migliorare le prestazioni trovando e sfruttando nuove opportunità. Mentre gli analizzatori sono una combinazione di difensori e cercatori proprio perchè cercano modi innovativi per sfruttare nuove opportunità, pur mantenendo una forte attenzione al cuore dell'organizzazione. Un quarto tipo di manager strategico è il reattore ma esso non si identifica come un vero e proprio manager in quanto i risponde semplicemente all'ambiente, interviene dopo o mentre si sta verificando un cambiamento e lo fa solo quando è sotto la pressione delle contingenze ambientali. Alcuni studiosi ignorano la strategia degli analizzatori e si concentrano semplicemente sui difensori, sui cercatori e sui reattori (Walker e Ruekert 1987; Boyne e Walker 2004; Meier et al. 2007) in quanto la strategia dell’analizzatore è già inclusa nelle prime due. Queste strategie di gestione appena esposte sembrano influenzare la performance aziendale offrendo così un modo per misurare l'influenza che i manager uomini e donne hanno sulla performance organizzativa. Dal momento che le donne si concentrano sul processo come un modo per influenzare positivamente i risultati, sono più propense ad essere difensori in quanto i difensori lavorano per migliorare l'efficienza di un'organizzazione. Ciò richiede un'attenzione particolare al processo come modo per influenzare i risultati. Inoltre, si ricorda che Meier et al. (2007) ritengono che la strategia del difensore sia la strategia di maggior successo per migliorare le prestazioni mentre quelle del reattore e dei cercatori non hanno un impatto significativo sulla performance. Dal momento che le manager donne hanno maggiori probabilità di essere difensori, ciò induce ad ipotizzare che le donne manager abbiano un'influenza indiretta positiva sulla performance.
Ci sono, inoltre, altre argomentazioni nella letteratura a favore dell’assunzione di donne manager all’interno delle organizzazioni a favore dei benefici che esse apportano in termini di risparmio di costi, aumento della produttività e ricavi maggiori (Morrison, 1992; Bass & Avolio, 1994; Rice, 1994). La tesi di Arrow nota come “Cost saving” fa riferimento, ad esempio, al vantaggio che un’assunzione di donne comporta rispetto agli omologhi colleghi maschili. Nonostante la forte discriminazione in termini di remunerazione tra uomini e donne stia con il tempo perdendo piede, le donne continuano ad essere assunte con salari più bassi a parità di responsabilità dei colleghi di sesso maschile e questo rappresenta un vantaggio in termini di riduzione di costi per le organizzazioni.
Altre teorie, invece, supportano l’idea secondo cui la percentuale delle donne manager impiegate nelle organizzazioni potrebbe avere forti vantaggi in termini di produttività. Thompson e Di Tommaso (1988), ad esempio, affermano che questa tende a migliorare quando si adotta un approccio multiculturale proprio perché gli effetti di tale dinamismo comportano vedute più ampie in termini di equità e di prestazioni individuali. Questi fattori danno evidenza di come la discriminazione di genere comporti, in un orizzonte di lungo periodo, un forte svantaggio competitivo per le organizzazioni in quanto conduce a prestazioni inferiori e ad una mancanza di operare in modo innovativo in un mondo sempre più interconnesso. A sostegno di ciò, imfatti, Morrison (1992) identifica notevoli benefici connessi alla diversità delle assunzioni ed alle promozioni interne sostenendo come in un contesto in perenne cambiamento e in un mondo sempre più globalizzato, le banche dovrebbero essere motivate ad assumere manager di diversa provenienza demografica e socioeconomica per comprendere a pieno le mutevoli esigenze dei clienti e delle imprese.
Sulla base di quanto descritto, si ipotizza che la perfomance delle organizzazioni, e nello specifico delle banche, tenda a migliorare laddove siano offerte pari opportunità di carriera alle donne all’interno del management, e quindi la terza ipotesi dell’analisi corrente sostiene proprio che un maggior numero di donne manager comporti un netto miglioramento del valore complessivo dell’ente.
Ø Hp 3: Un aumento delle donne manager all’interno delle banche comporta un incremento del ROE.
Le ipotesi su esposte rappresentano la chiave della ricerca empirica condotta e si basano sull’influenza che le donne ai vertici hanno sulla performance degli enti finanziari. Avendo delineato le tesi a supporto di quanto ipotizzato non resta ora che consultare i risultati dell’analisi per verificare se quanto ipotizzato trova evidenza o meno nel campione di banche europee prescelto.