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La terza regola è la cooperazione, proprio al fine d

evitare la trivellazione competitiva72. Questa posizione applica il principio di sovranità territoriale sul sottosuolo e obbliga lo Stato a non causare danni materiali a quelli confinanti; richiede, altresì, allo Stato

70 URDANETA K., idem nota 52, p. 372.

71 ANDRASSY J., "Les relations internationales de voisinage", Recueil des

Cours, 77, II, 1951, p. 127 e ss.

72 BARBERIS J.A., "Los recursos mineral compartidos entre Estados y el

derecho internacional", Derecho de la Integration, Vol.8, n. 18/19, pp. 55 e ss.

di scambiare informazioni consultando l'altro Stato in presenza di depositi comuni. Il problema giuridico di questi depositi viene risolto con la condivisione della proprietà e degli interessi degli Stati coinvolti73.

La questione principale di questa posizione è la sostenibilità della proposta che presuppone l'esistenza di fatto, nel diritto internazionale, dell'obbligo di informare e consultare in presenza di depositi comuni.

La maggior parte delle prassi poste in essere per la gestione di riserve transfrontaliere si riferisce ad accordi bilaterali tra Stati vicini che è abbastanza uniforme, al pari di quella di includere clausole destinate ai depositi minerali negli accordi di delimitazione delle frontiere marittime.

Questa prassi potrebbe portare alla creazione di un diritto consuetudinario internazionale che indichi agli Stati di cooperare nell'esplorazione e nello sfruttamento dei depositi comuni di idrocarburi.

Attualmente non esistono norme vincolanti di diritto internazionale che impongano lo sfruttamento congiunto delle riserve transfrontaliere anche se sembrerebbe delinearsi una tendenza in questo senso in quanto gli Stati sono obbligati, per motivi pratici e economici, a collaborare nell'esplorazione e nello sfruttamento di tali risorse.

Infatti, benché non esista alcuna disposizione categorica in

73 ONORATO W.T., "Apportionment of an International Common Petroleum

Deposit", International and Competitive Law Quarterly, 1968, pp. 324-337, p. 325.

termini di dirittto, esiste tuttavia un obbligo generale di consultare e tentare di negoziare con gli altri Stati. Alcuni autori sostengono che in caso di disaccordo sullo sfruttamento di riserve transfrontaliere comuni gli Stati interessati devono esercitare forme di astensione reciproca (“mutual restraint”)74. Questo è suffragato dall'articolo 83.3 UNCLOS75 che impone agli Stati di astenersi da qualunque azione unilaterale per non ostacolare la stipulazione dell'accordo unito al fatto che, lo sfruttamento unilaterale della riserva transfrontaliera, è una pratica vietata nel diritto inernazionale per l'invevitabile compromissione di diritti di altri Stati interessati.

L'esercizio della "astensione reciproca76" (mutual restraint) implica però che se uno Stato interessato si rifiuta di concludere l'accordo per lo sfruttamento del deposito comune, eserciterà praticamente il potere di veto sull'altro Stato che propone lo sfruttamento comune delle risorse condivise. Tale argomentazione dell'esercizio di "astensione reciproca" non ha validità a lungo termine perché ogni Stato detiene sia il diritto di sovranità sul suo territorio sia il diritto all'integrità territoriale, nessuno dei quali consente di imporre una restrizione unilaterale ad un altro per l'esplorazione e lo

74 Cfr. ONORATO W.T., idem nota 73, p. 327; LAGONI R., "Interim Measures

pending Maritime Delimitation Agreements", American Journal of

International Law, 78, 1984, p. 362; MIYOSHI M., "Basic Concept of Joint

Development of Hydrocarbon Resources on the Continental Shelf",

International Journal of Estuarine & Coastatal Law 1, 5 e Appendice II,

1988, p. 10.

75 Cfr. art. 83.3 UNCLOS: "[...] shall make every effort to enter into provisional arrangements of a practical nature and, during this transitional period, not to jeopardize or hamper the reaching of the final agreement."

sfruttamento delle proprie risorse.

In conclusione possiamo notare come, in assenza di una norma definitiva di diritto internazionale in materia, la soluzione più pratica consiste nella collaborazione tra Stati interessati al fine di giungere ad un accordo sull'esplorazione e lo sfruttamento delle proprie risorse di confine.

Questa è stata la tendenza seguita da molti degli Stati che si sono confrontati con una simile problematica77. Tuttavia, quando i negoziati non portano alla conclusione di un accordo, ogni Stato deve avere il diritto di sfruttare autonomamente la propria parte di risorse comuni.

Le difficoltà giuridiche poste dalla applicazione di diversi regolamenti di un deposito comune potrebbero essere superate, dagli Stati coinvolti, stipulando un accordo di cooperazione per il suo sfruttamento o comunque, nel contesto più generale della cooperazione internazionale.

Ma l'obbligo di utilizzare i due criteri previsti dall'articolo 83, con l'istituzione, per esempio di joint development zones, non significa che si sia già affermato un principio di cooperazione vincolante per gli Stati, per i soggetti e gli enti che operano a livello internazionale e che essi debbano perseguire, obbligatoriamente, la via del negoziato e dell'accordo per la composizione dei loro conflitti d'interesse.

Comunque, anche grazie al superamento di accese forme di affermazione delle sovranità statali, caratteristiche dell'epoca della guerra fredda, si può senz'altro rilevare che sta

crescendo l'idea che stia divenendo norma di diritto internazionale un principio di cooperazione tra gli Stati, almeno tra quelli vicini, in materia specifica della ricerca e sfruttamento di idrocarburi, sulla base di consultazioni e informazioni reciproche, senza causare danno a terzi al fine di ottenere un uso ottimale delle risorse.

CAPITOLO SECONDO

GLI ACCORDI BILATERALI DI SFRUTTAMENTO CONGIUNTO DELLE RISORSE OFFSHORE: IL CONCETTO DI JOINT

DEVELOPMENT

2.1 Le pratiche bilaterali degli Stati nella gestione dei giacimenti offshore

A partire dalla seconda metà dell'800, lo sfruttamento delle riserve petrolifere internazionali è avvenuto inizialmente mediante l’attribuzione di concessioni ad un piccolo numero di società petrolifere dominanti.

Le operazioni della Royal Dutch Company nelle Indie Orientali olandesi (Indonesia), seguite dal British Group, prima ad ottenere una concessione in Iran nel 1901, insieme alle ditte americane che cominciarono ad acquistare proprietà petrolifere in Messico, portarono alla fine del 1920 alla costituzione delle c.d. majors petrolifere, poi note come "sette sorelle"78 le quali di fatto, finirono per controllare la maggior

78 Si fa riferimento alle sette grandi imprese petrolifere che dominarono il mercato petrolifero internazionale sino alla fine degli anni Settanta: Standard Oil of New Jersey, fondata da David Rockfeller nel 1870 (poi Exxon, dal 1998 Exxon-Mobil); Royal Dutch Shell, costituita nel 1907 dalla fusione dell'olandese Royal Dutch con la britannica Shell Transport; British P e t r o l e u m ( B P ) , c o s t i t u i t a n e l 1 9 0 1 c o n i l n o m e A n g l o - Persian Oil Company; Gulf Oil, sorta nel 1907 e assorbita nel 1994 dalla Chevron; Chevron, prima Standard Oil of California, sorta nel 1911 dallo smembramento della Standard, così come la Mobil Oil; Texaco, sorta all’inizio del secolo scorso. (CLÔ A., "Politiche

petrolifere tra stato e mercato", in Enciclopedia degli idrocarburi, Vol. 3, p. 198).

parte del petrolio prodotto in America Latina, Medio Oriente ed Estremo Oriente.

Con la fine dell'era coloniale molti Stati di fresca indipendenza, segnarono la loro autonomia politica ed economica rimettendo in discussione gli accordi unilaterali di concessione, a suo tempo imposti dai dominatori coloniali, attraverso la formazione di società petrolifere di proprietà statale con la conseguente rinegoziazione obbligatoria degli accordi di sfruttamento, nazionalizzando le operazioni petrolifere assegnate precedentemente sotto forma di concessioni79.

Questi sviluppi segnarono l'inizio di un periodo di cambiamento dinamico nella formulazione dei progetti internazionali di sviluppo delle aree petrolifere che, negli anni '60, portarono innovazioni importanti nelle forme degli accordi commerciali sui minerali.

La novità maggiore è che questi nuovi schemi hanno spezzato il legame esistente tra proprietà, controllo e rischi/benefici finanziari inerenti alle concessioni tradizionali; sono stati rinegoziati accordi che hanno riassemblato questi elementi in modi nuovi non concepibili ed ipotizzabili nel quadro delle vecchie impostazioni commerciali.

La proprietà e il controllo sono diventati simboli politici importanti nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo e sono state create nuove forme contrattuali atte a consentire una maggiore libertà nell’assegnazione della proprietà, del

controllo e del rischio finanziario in modo da rispecchiare il potere contrattuale delle parti.

Nonostante la varietà di opzioni disponibili alle parti, la tendenza principale degli accordi per lo sfruttamento del petrolio internazionale ha visto uno stretto coinvolgimento dello Stato e/o delle sue emanazioni nell'impresa, spesso mediante meccanismi simili all'impresa tradizionale comune (joint venture), che si sono affermati negli ultimi decenni come strumenti maggiormente utilizzati e adattabili nelle transazioni legate al commercio internazionale e all'investimento80.

La risposta della comunità internazionale a questo generale clima di cambiamento ha influenzato il comportamento degli Stati sia sul piano puramente interno sia su quello internazionale e, all'assenza di un regime giuridico esauriente per disciplinare l'approccio alle risorse naturali transfrontaliere, al fine di colmare questa lacuna si sono avviati due progetti tramite la Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite.

È stato istituito all'uopo un gruppo di lavoro composto da una serie di Relatori speciali sugli usi diversi da quelli navigabili dei corsi d'acqua internazionali che è sfociato nel 1997 nell'adozione di una convenzione quadro non ancora entrata in vigore81.

Il secondo progetto ha dato mandato all'ambasciatore Chusei

80 BEYENE Z., WADLEY I., idem nota 44, pp. 14-15.

81 Convention on the law of the Non-navigational Uses of International Watercourses, adottata con la Risoluzione UNGA 51/229, 21 maggio 1997.

Yamada, in qualità di Relatore speciale sulle Risorse naturali condivise, di indagare, riferire e formulare raccomandazioni adeguate relative allo sviluppo del diritto internazionale e della cooperazione in materia di falde acquifere e giacimenti transfrontalieri.

Nel 2007 la Commissione, però, ha separato dal progetto "Risorse naturali condivise" la questione dei depositi di idrocarburi, in quanto bisognosa di un approccio "interamente differente"82 rispetto alle falde acquifere, arrivando così nel 2010 ad abbandonarla definitivamente83.

Nonostante il fallimento del progetto, dai rapporti emerge l'esistenza di diversi accordi bilaterali tra gli Stati e tra le rispettive compagnie petrolifere ispirati alla cooperazione, allo scambio d'informazioni, allo sfruttamento effettivo, all'equa condivisione e alla protezione dell'ambiente; emerge anche l'esistenza di meccanismi congiunti di gestione e sfruttamento, anche se allo stato embrionale84.

Molti Stati ritengono opportuno affrontare la questione relativa a petrolio e gas naturale transfrontalieri caso per caso tramite accordi bilaterali, proprio in virtù della complessità tecnica e la diversa sensibilità politica che varia da nazione a nazione.

82 Cfr. YAMADA C., Fourth Report on Shared Natural Resources:

Transboundary Groundwaters, al paragrafo 14 recita: “[...] the consideration of environmental problems of oil and natural gas requires an entirely different approach from that of groundwaters”, UN Doc.A/CN.4/580.

83 International Law Commission, Report on the work of its sixty-second session, 3 maggio-4 giugno e 5 luglio-6 agosto 2010, UN Doc. A/65/10. 84 v. YAMADA C., Shared Natural Resources: Paper on Oil and Gas, UN

Fino a quando un trattato universale, come UNCLOS, non entrerà in vigore per disciplinare le risorse naturali transfrontaliere, le contese saranno definite a livello regionale e bilaterale, portando gli Stati a risolvere autonomamente i termini della loro cooperazione.

La maggior parte della pratica internazionale rimane costituita oggi da accordi bilaterali, trilaterali, multilaterali ma, malgrado la loro grande utilità nel creare una relazione stabile tra le parti contraenti, non hanno alcun effetto vincolante sugli altri Stati non contraenti, come le esperienze internazionali hanno dimostrato non esistendo un unico modello di cooperazione85.

È stato osservato come un'importante pratica che si occupa dei giacimenti che potranno essere scoperti in futuro consiste nel disciplinarli direttamente negli accordi di delimitazione delle frontiere marittime.

La caratteristica distintiva di questi accordi, infatti, è che essi contengono una "clausola di deposito minerale" (mineral deposit clause).

La pratica di includere una disposizione di questo tipo "colpisce per la sua uniformità"86. La prima clausola di deposito minerale è stata inclusa nell'accordo sulla piattaforma continentale tra Gran Bretagna e Norvegia nel 1965 che all'articolo n. 4 recita:

"If any single geological petroleum structure or petroleum

85 BEYENE Z., WADLEY I., idem nota 44, p. 19

field, or any single geological structure or field of any other mineral deposit, [...] extends across the dividing line and the part of such structure or field which is situated on one side of the dividing line is exploitable, wholly or in part, from the other side of the dividing line, the Contracting Parties shall, in consultation with the licensees, if any, to seek to reach agreement as the manner in which the structure or field shall be most effectively exploited and the manner in which the proceeds deriving therefrom shall be apportioned"87.

Esiste anche una clausola leggermente diversa, che potrebbe essere, definibile di "tipo iraniano", che caratterizza gli accordi dell'Iran nel Golfo Persico e nel Mar Rosso e si riferisce solo ai depositi che possono essere sfruttati dall'altro lato della linea di confine e necessitano dell'applicazione di particolari tecniche di trivellazione (c.d. perforazione orizzontale)88.

"[...] both Governments shall endeavuor to reach agreement as to the manner in wich the operations on both sides of the boundary line could be coordinated or unitized"89.

Non esistendo una formula standard, il contenuto della clausola varia da un accordo all'altro, ma è ormai di uso

87 Cfr. Agreement Between the Government of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland and the Government of the Kingdom of Norway Relating to the Delimitation of the Continental Shelf Between the Two Countries, Londra 10 marzo 1965, 551 UNTS 214.

88 LAGONI R., idem nota 56, p. 230.

comune nei nuovi trattati per la delimitazione dei confini e delle piattaforme continentali prevedere un'obbligo per le parti di negoziare, nell'ottica di mettere a punto meccanismi di cooperazione per l'esplorazione e lo sfruttamento di eventuali depositi transfrontalieri che potrebbero essere scoperti al di sotto della linea di frontiera.

Da un altro punto di vista, in relazione ai giacimenti di idrocarburi già scoperti, gli Stati hanno percorso diverse strade, condizionati da due possibili scenari: la necessità e l'interesse di sfruttare le risorse che si trovano in un area della piattaforma continentale o della ZEE non ancora delimitata o contesa e, dall'altro, l'ipotesi dello sfruttamento di un deposito che si estente oltre la line di confine definita.

Le soluzioni sono state cercate in meccanismi di collaborazione e in gradi di condivisione delle risorse condizionati dalle esigenze storiche e ambientali che, al di là della mancanza di uniformità, possono essere sintetizzati in quattro tipi di cooperazione:

• "Geological Cooperation" (cooperazione geologica)

In primo luogo, la c.d. "cooperazione geologica" viene espressamente menzionata nel 1960 in un accordo tra Cecoslovacchia e Austria per lo sfruttamento di un deposito comune di gas naturale sulla frontiera Vysoka-Zwerndorf90. Le

90 Stipulato a Praga il 23 gennaio 1960, l'accordo in questione era stato pensato per le risorse onshore, v. MAURO R.M., idem nota 67, p. 298.

principali caratteristiche di tale cooperazione sono:

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