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Il tessile-moda tra Italia e Cina: situazione attuale e prospettive future

Capitolo 4: I tessuti tra Italia e Cina: opportunità e sfide

4.2 Il tessile-moda tra Italia e Cina: situazione attuale e prospettive future

Il settore tessile-abbigliamento è senza dubbio uno dei settori più significativi nell’interscambio commerciale tra Italia e Cina. Accanto ai settori machinery e automotive, che rappresentano in assoluto l’ambito più consistente di interscambio, i prodotti tessili e gli articoli d’abbigliamento rappresentano una quota non trascurabile dell’import-export bilaterale tra Cina e Italia. La figura 17 illustra i valori, espressi in migliaia di euro, dell’interscambio commerciale dell’Italia con la Cina in un breakdown per settori. 275

Nel corso della prima metà del 2015, sulla base dei dati ISTAT, l’export del tessile-moda italiano in Cina è stato pari a 366 milioni di euro, facendo registrare un incremento su base annua del +11,6%. La Cina risulta il nono mercato di sbocco 276

(quarto se si escludono i paesi UE), con un’incidenza del 3,2% sul totale tessile-moda esportato. Sia il ‘monte’ sia il ‘valle’ della filiera sono stati interessati da dinamiche

Ibidem.

273

T. FERRERO-REGIS, T. LINDGREN, Branding “Created in China”: The Rise of Chinese Fashion

274

Designers, in “Fashion Practice”, vol. 4, n. 1, maggio 2012, p. 71.

Fonte: ICE (Italian Trade Commission). Consultabile online sul sito ufficiale dell’Agenzia ICE:

275

www.ice.gov.it (ultima consultazione: 30 aprile 2016)

Fonte: report condotto dalla Federazione Sistema Moda Italia (SMI) “Tessile-Moda: interscambio con la

276

Cina”, consultabile online sul sito ufficiale della Federazione SMI: http://www.sistemamodaitalia.com/it/# (ultima consultazione: 30 aprile 2016)

positive: il tessile segna un aumento del +13,8%, l’abbigliamento-moda del +10,2%. Sul fronte import, come già precedentemente illustrato, la Cina costituisce da tempo il primo supplier dell’Italia per produzioni tessili e confezionate; nel periodo in esame, concorre al 21,4% delle merci totali provenienti da oltremare. Nei primi cinque mesi dell’anno, l’import di tessile-moda dalla Cina ha sperimentato un incremento del +14,6%, sfiorando gli 1,8 miliardi di euro. 277

Indipendentemente dalle turbolenze che hanno interessato l’economia e la finanza cinese in tempi recenti, sul mercato cinese stanno emergendo importanti segnali di un cambiamento del contesto competitivo in senso più favorevole per le imprese italiane. Utilizzando il PIL pro capite dei diversi paesi, infatti, è possibile calcolare, per ogni settore, la ricchezza media degli esportatori in questo mercato e la sua variazione in funzione della ricomposizione delle quote detenute dai diversi competitori (Fig. 18). 278

Da questa analisi emerge come in Cina vi siano una serie di settori, prevalentemente del comparto elettromeccanico e del Made in Italy (nel quale rientra anche il tessile- moda), in cui la composizione degli esportatori sta segnalando una progressiva maggior presenza di paesi ad alto reddito, confermando ancora una volta le ipotesi

Ibidem.

277

ICE (Italian Trade Commission), Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori, ottobre 2006.

278

Consultabile online sul sito ufficiale dell’Agenzia ICE: www.ice.gov.it (ultima consultazione: 30 aprile 2016) Fig. 18

circa l’apertura del mercato a tipologie qualitative di prodotti (di gamma medio alta) prima poco rilevanti. In questo contesto, le imprese italiane possono maggiormente far leva sugli aspetti competitivi diversi dal prezzo per cercare di vincere la concorrenza degli altri paesi più industrializzati nei settori appena menzionati, tra cui il settore tessile-moda. 279

La maggior parte degli attori del sistema moda italiano è ormai già presente in Cina da diversi anni, per vendere, produrre, assemblare, distribuire prodotti, fare investimenti industriali o commerciali (siano essi in joint venture con partner cinesi o, grazie ai recenti sviluppi nel campo degli investimenti stranieri in Cina, anche a proprietà esclusivamente straniera tramite WFOE), e ancor più recentemente anche per erogare servizi di consulenza stilistica. In sostanza, una vasta gamma di attori 280

dell’industria della moda italiana effettua già in Cina operazioni commerciali diversificate e intrattiene relazioni commerciali di vario tipo nel settore. Certamente, pensare alla Cina meramente come a una base produttiva a basso costo è una visione anacronistica e non più sostenibile. L’Asia, soprattutto Cina e India (ma in misura minore anche Indonesia, Thailandia, Malesia) rappresenta infatti anche una grande opportunità di mercato. Con l’aumento del reddito medio pro capite dei consumatori cinesi, i nuovi ceti medi, come noto, sono disposti a spendere per acquistare un prodotto di abbigliamento italiano, Made in Italy, quando il marchio è forte. 281

Grandi opportunità di mercato emergono dunque da un lato per il settore tessile-abbigliamento italiano in Cina; tuttavia, è opportuno considerare anche le sfide che tale complesso mercato pone. Ne è esempio il problema della contraffazione e della proprietà intellettuale:

“Per fare solo qualche esempio, in Cina ci sono più di una ventina di falsi marchi Valentino: Claudio Valentino, Bruno Valentino, Giuseppe Valentino ecc. A Hangzhou c’è una ditta di falsi Valentino venduta in scatole originali Valentino che provengono da un’azienda di Dalmine, vicino a Bergamo. Dei 4.200 negozi ufficiali cinesi di prodotti cosmetici a marca Chanel si stima che perlomeno un terzo sia falso.” 282

Si tratta certamente di una tematica spinosa, che tanto le organizzazioni internazionali quanto il governo cinese stesso hanno cercato di contrastare: con l’ingresso della Cina nel WTO nel 2001, il governo cinese si è infatti impegnato ad adottare gli standard di tutela dei diritti di proprietà intellettuale previsti dal trattato TRIPs e a combattere contro falsari e contraffattori. Tuttavia, la lotta contro la contraffazione rimane di ardua

Ibidem.

279

S. S. REINACH, Manuale di comunicazione, sociologia e cultura della moda, Vol. IV, Orientalismi, cit.,

280 p. 151. Ibidem. 281 Ivi, p. 152. 282

attuazione, per la molteplicità dei tipi di merce che coinvolge, per la complessità del concetto stesso di falso nell’epoca della produzione transnazionale e della moda pronta, nonché per i molteplici interessi in gioco da entrambe le parti, copiatori e copiati. Altre possibili barriere sono rappresentate dalla presenza di canali distributivi 283

peculiari in Cina: è il caso dell’e-commerce sopra menzionato, che sta sperimentando in Cina un boom di crescita come canale preferenziale per l’acquisto di beni di consumo, tra cui l’abbigliamento. Al contrario, studi dimostrano come l’e-commerce detenga in Italia una quota ancora marginale (il 4,5% della spesa complessiva) dell’acquisto di prodotti tessili e d’abbigliamento. Anche dal punto di vista delle 284

aziende operanti nel settore i numeri sono ancora limitati: nonostante oggi la quasi totalità delle aziende abbia un sito web, attualmente soltanto il 40% del panel di aziende a campione ha un sito e-commerce, e l’incidenza di queste vendite sul giro di affari complessivo raramente supera il 5%. Vista l’importanza di tale canale 285

distributivo in Cina, lo sviluppo dell’e-commerce rappresenta pertanto una sfida all’industria italiana in questo settore.

La “Via della Seta” del tessile italiano in Cina appare dunque costellata di opportunità ma anche di sfide, connesse alla complessità e alla specificità del mercato cinese:

“La grande varietà delle espressioni di moda presenti in Cina, la contraddittoria realtà che emerge dalla dissoluzione di un modello semplice di produzione a basso costo ma comunque qualificata, mette a nudo i grandi cambiamenti e le grandi contraddizioni che la globalizzazione imprime sulla moda.” 286