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Testi e nomi esaminat

Nel documento L'onomastica nella narrativa di Lia Levi (pagine 62-200)

In questo terzo capitolo mi dedicherò all'analisi onomastica su alcuni dei libri per l'infanzia scritti da Lia Levi. Per prima cosa ho selezionato i testi in grado di rappresentare al meglio le scelte onomastiche operate dall'autrice che, come avremo modo di vedere, sono influenzate anche dalla fascia d'età dei bambini a cui un determinato testo è dedicato. In un secondo momento, basandomi su questa influenza ho deciso, al fine di rendere più agevole il processo di analisi, di dividere in quattro gruppi i dodici libri da me presi in considerazione: il primo gruppo contiene i libri dedicati ai bambini fra i tre e i cinque anni, nel secondo prendo in considerazione i testi per bambini a partire dai sei anni, il terzo è dedicato ai lettori dai nove anni in su, infine il quarto comprende i libri destinati ai bambini a partire dai dieci anni d'età.

Dopo aver operato questa divisione sono passata all'analisi onomastica dei testi seguendo delle tappe ben precise che consistono in:

1. riassumere il romanzo o il racconto preso in considerazione;

2. elencare in ordine alfabetico i Nomi Propri individuati nel testo dividendoli in: Nomi, Cognomi, Soprannomi, Pseudonimi, ecc.;

3. elencare in ordine alfabetico i cognomi seguiti dai rispettivi nomi, i Toponimi e gli Altri Nomi (titoli di film, di libri, di generi alimentari, ecc.);

4. individuare le tematiche e i percorsi educativi tracciati dall'autrice; 5. specificare il periodo storico in cui si svolge la vicenda;

6. valutare linguisticamente i nomi propri individuati specificandone la loro funzione all'interno del testo;

7. chiarire, qualora fosse necessario, la funzione dei Toponimi e degli Altri Nomi inseriti all'interno della vicenda narrata.

3.1 Libri per bambini in età prescolare

I racconti presi in considerazione in questa sezione sono dedicati ai bambini che si trovano in età prescolare. In questa fase il piccolo, pur non sapendo ancora decifrare le lettere, può ugualmente riuscire a seguire con interesse la lettura fatta da un adulto.

Per i bambini molto piccoli, infatti, la lettura o l'ascolto di una storia possono diventare un vero e proprio gioco. Quest'ultimo è lo strumento con cui l'uomo, nel corso della sua vita, continua ad imparare e a migliorarsi. Il gioco49 può realizzarsi, secondo quanto sostenuto

da Luciana Bellatalla, in molti modi e uno di questi è quello che si realizza attraverso la narrazione di storie. Tuttavia, una storia può essere narrata non solo attraverso la scrittura e conseguentemente la lettura, ma anche mediante anche altre attività o forme d'espressione come la pittura o la danza.

Tuttavia, quando si parla di narrazione non è facile non pensare alla lettura o alla scrittura di un libro e in questo mio lavoro ad essere presa in considerazione, oltre all'onomastica, è proprio la lettura.

Come il gioco, quindi, anche la narrazione è un'attività importante nella vita dell'uomo, ma altrettanto importante è l'ascolto. Chi ascolta, a prescindere dalla sua età, non è affatto un soggetto passivo, in quanto egli è capace di provare forti emozioni anche solo ascoltando una storia.

Proprio per questo, narrare o leggere ad un bambino in età prescolare non sarà mai inutile, in quanto egli, come qualsiasi altro ascoltatore più maturo, sarà in grado di interiorizzare i messaggi che lo scrittore gli vuole inviare attraverso libri adatti alla sua età. Tuttavia, catturare l'attenzione dei più piccoli non è sempre facile, ecco perché è necessario rendere i libri più attraenti grazie all'inserimento in essi di un folto numero di immagini; immagini tra l'altro in grado di agevolare la comprensione del testo.

È importante, dunque, che tutti gli elementi di un libro per bambini, compresi quelli onomastici, si adattino alle loro esigenze; ed è proprio su quest'ultimo elemento che si focalizzerà, da qui in avanti, la mia attenzione.

Il pappagallo francese50

Il pappagallo francese è un piccolo libretto del 2006 dedicato ai bambini dai cinque anni

in su.

49 Bellatalla L., Bettini D., Leggere all'infinito. Tra pratica e teoria della letteratura, FrancoAngeli, Milano, 2010, pp. 82-83. (Queste pagine trattano della funzione del gioco e delle varie forme di narrazione). 50 Levi L.; Il pappagallo francese, Edizioni Piemme, Verona, 2006.

Il protagonista del racconto è un bambino di nome Riki che, stufo di giocare sempre da solo, chiede ai genitori di comprargli un animale domestico, anzi più precisamente un pappagallo. Riki sostiene che questo tipo di uccello, potrà fargli molta compagnia data la sua capacità di parlare.

L'incarico di andare a comprare un pappagallo viene affidato alla simpatica, ma anche molto distratta zia Allegra. Quest'ultima, infatti, sceglie, senza neppure farci caso, un uccellino dal piumaggio davvero insolito. Il pappagallo, infatti, non presenta i colori tipici della sua razza, come il rosso, il giallo e il verde, ma uno strano piumaggio di color blu, bianco e rosso. La suddetta triade cromatica ricorda a Riki quella presente sulla bandiera francese, arrivando così a pensare che l'uccellino possa avere origini francesi. Per questo motivo decide di chiamarlo Franci, un nome che non solo sta per Francia, ma anche per Francesco.

Ben presto, però, Riki constata che il pappagallo non ripete mai nessuna parola da lui pronunciata. Fatta notare la cosa alla zia, i due decidono di tornare al negozio per chiedere spiegazioni. Il negoziante svela il mistero: il pappagallo parlerà solo dopo aver udito la parola giusta, ossia quella che a lui piace di più.

Un giorno, mentre Riki guarda la televisione, qualcuno, in un programma televisivo, pronuncia la parola “Libertà” e immediatamente Franci inizia a ripeterla ininterrottamente. Riki resta sorpreso da questa inaspettata voglia di parlare di Franci e non a capire perché il pappagallo abbia deciso di ripetere proprio la parola “Libertà”, di cui, fra l'altro, il bambino non conosce neppure il significato. Riki si rivolge al padre, il quale gli spiega che la parola “Libertà” significa che tutti possono fare ciò che vogliono, a patto che si facciano solo cose buone. A Riki piace molto questa spiegazione e anche lui, proprio come Franci si diverte a ripetere a voce alta questa parola per lui quasi magica. Un giorno però, dopo avere a lungo riflettuto, il bambino arriva alla conclusione che il pappagallo ripeta solo la parola “libertà” in quanto con essa cercherebbe di comunicargli il suo desiderio di essere libero. Sicuro della sua teoria, Riki decide di aprire la gabbietta in cui è costretto Franci. Quest'ultimo, finalmente libero, vola immediatamente fuori dalla finestra. Pur avendo riconquistato la libertà Franci non si dimentica di andare a trovare ogni sera il suo amico, il quale da parte sua puntualmente gli porge una manciata di briciole.

Nomi propri individuali

Allegra Franci Riki

Valutazione dei nomi propri

Il pappagallo francese è dedicato, come abbiamo detto, a bambini molto piccoli e privi di

una vera e propria capacità di lettura. Per questo è importante che un adulto legga e spieghi loro le parti scritte del testo.

Come in tutti i libri per i piccolissimi anche in questo, la parte scritta è molto ridotta oltre ad essere semplice e lineare. Le parole del testo sono poi accompagnate da una serie di disegni colorati volti ad attirare maggiormente l'attenzione dei piccoli. I personaggi, qui, come nella maggior parte dei libri di questo genere, sono pochi, ma con caratteristiche fisiche e psicologiche ben delineate.

Un esiguo numero di personaggi comporta anche un numero esiguo di nomi propri e nel

Pappagallo francese, infatti, sono presenti solo tre nomi individuali, ma ciascuno di essi è

il risultato di una scelta ponderata da parte dell'autrice. Una scelta, che come vedremo, non si è basata solo sulla gradevolezza del suono, ma anche sul significato linguistico dei nomi.

Iniziamo con il soffermarci sul nome della zia Allegra, nel quale, effettivamente, è ancora possibile rintracciare il significato dell'aggettivo da cui deriva, rispecchiando così in pieno il carattere gioviale della zia. Il nome, infatti, si basa sull'aggettivo allegro,a con il quale si indica una persona che vive allegramente, ossia in modo lieto e spensierato.

La zia Allegra rappresenta tutte quelle figure parentali, diverse dai genitori, che accompagnano la crescita del bambino soprattutto nei suoi primissimi anni di vita. Gli zii, come i nonni, si differenziano dai genitori per la loro maggiore affabilità nei confronti dei più piccoli, con i quali possono arrivare ad instaurare un rapporto molto confidenziale. La zia Allegra viene descritta come una persona simpatica, con la quale il nipotino si diverte a fare cose stravaganti. Questo personaggio insieme al nome che le è stato attribuito catapultano il piccolo lettore in un mondo fatto di leggerezza e vivacità,

elementi questi essenziali nella vita di ciascun bambino.

I soli altri due nomi presenti nel racconto sono quelli del protagonista Riki e del suo pappagallo Franci. I due nomi possono essere considerati rispettivamente le abbreviazioni di Francesco e Riccardo. Per quanto riguarda il nome Franci, dal testo capiamo che esso viene scelto da Riki principalmente per l'affinità che a livello di suono intercorre tra questo e il nome dello stato francese e in secondo luogo per la somiglianza con il nome individuale Francesco.

Anche tra Francesco e Francia esiste una similarità di suono che riflette un ulteriore collegamento a livello etimologico. Il nome Francesco51 deriva, infatti, dall'etnico

medievale Franciscus, a sua volta basato sul germanico frankisk con il quale inizialmente si indicava l'appartenenza al popolo germanico dei Franchi e poi a quello dei francesi. Ma il nome Francesco in Italia si può ritrovare anche nella forma abbreviata Franco.52

Il nome Franco però è in realtà un nome autonomo il cui etimo è da rintracciare nel germanico franka, con il quale si indicava il popolo dei Franchi e il cui significato era quello di “uomo di condizione libera”, poiché nell'Alto Medio Evo, solo i franchi godevano di pieni diritti nei territori sotto la loro giurisdizione.

Dunque, il nome Franco rimanderebbe, non a caso, al concetto di libertà. Un concetto che possiamo ritrovare nel nome Franco dal quale è stato tratto l'aggettivo italiano franco.53 Quest'ultimo è passato dall'indicare un uomo di condizione libera a quello di uomo privo di incertezze e sincero.

Alla luce di questo non possiamo non vedere una connessione diretta fra il nome Francesco, di cui Franco può essere abbreviazione e la parola che il pappagallo si ostina a ripetere, ossia “libertà”.

Inoltre, la parola “Libertà” pronunciata da Franci e la connessione del nome Franci con la Francia punterebbe, forse, a ricordare un momento storico preciso dello stato francese. La parola “Libertà” può infatti farci pensare alla prima parola del motto rivoluzionario francese “Liberté, égalité, fraternité”. Questa battuta sintetizzava quanto scritto nel 1789 nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino che successivamente, nel 1791,

51 De Felice E., Dizionario dei nomi italiani, Oscar Mondadori, Milano, 1992, p. 175, (s.v. Francesco). 52 De Felice E., Dizionario dei nomi italiani, p. 175, (s.v.Franco).

veniva inserita come prefazione al testo costituzionale francese. Tra i diritti naturali dell'uomo elencati nella Dichiarazione vi è appunto quello secondo cui ciascun individuo è libero di fare ciò che vuole, a patto che la cosa non nuoca ad altri.54

Il medesimo principio viene ricordato nel Pappagallo Francese mediante la spiegazione che il padre fornisce a Riki riguardo il significato della parola “Libertà”.

La parola libertà viene riecheggiata per tutto il testo ed è insita nello stesso nome del pappagallo. Quest'ultimo non prova nessun entusiasmo nel ripetere meccanicamente le parole che gli vengono proposte dagli uomini, anzi egli è come annichilito tra le sbarre della sua gabbietta e solo il suono della parola “libertà” lo risveglia improvvisamente dal suo torpore. La condizione di Franci rappresenta una libertà mancata o meglio impedita da altri, ma egli vuole affrancarsi, ossia liberarsi dalla sua posizione di sottomesso. Non a caso la voglia di libertà è stata attribuita ad un pappagallo presumibilmente di origine francese, in quanto proprio i francesi hanno preteso con forza l'affermazione dei loro diritti nei confronti di uno stato dispotico.

Il nome Franci, oltre a racchiudere in sé tutti questi significati, presenta anche un suono molto dolce grazie alla presenza della vocale finale -i, che come in tutte le forme diminutive, suggerisce l'idea di piccolezza e di tenerezza. Il solo nome Franci è, infatti, sufficiente a far capire quanto piccolo e grazioso sia il pappagallo francese.

La stessa cosa vale per Riki, che sdrammatizza il ben più autorevole nome Riccardo di cui è probabilmente l'abbreviazione. L'antroponimo Riccardo55 suona come imperioso e forse

per questo è stato a lungo attribuito, in Europa, a vari sovrani e condottieri. Fra questi come non citare il famoso Riccardo Cuor di Leone. L'espressione Cuor di Leone venne aggiunta al nome del sovrano, in quanto egli dimostrò sempre molto coraggioso nel corso delle sue numerose imprese militari.

L'idea di forza e sicurezza che ancora oggi ci suggerisce il nome Riccardo56 viene

confermata anche dalla sua base etimologica. Il nome Riccardo deriva dal germanico

54 Per quanto riguarda la “Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino”: Bergese M., Palazzo M.,

Clio Magazine. Dalla metà del Seicento alla fine dell'Ottocento, Vol. 2., Editore La Scuola, Brescia, 2003,

pp. 110-115.

55 Cepeda Fuentes M., Cattabiani S., Dizionario dei nomi. Origine e curiosità dei nomi italiani, Newton, Roma, 2002, pp. 314-315 (s.v. Riccardo).

Rikhart composto da rikja “ricco, potente” e hardhu “forte, valoroso”.

Alla luce di tutto questo possiamo affermare che Franci, rappresenta la libertà, e tutti coloro che lottano per riprendersela ogni qual volta gli venga tolta. Riki, invece, dato il collegamento di questo nome con il concetto di forza, potrebbe rappresentare, anche se in maniera molto velata, tutti quei sovrani o capi di stato che hanno limitato o limitano i diritti naturali dei cittadini.

Pur non potendo certamente paragonare il piccolo Riki ad un un vero e proprio “tiranno” è importante sottolineare che anch'egli tiene costretto in una gabbia il suo Franci, inconsapevole così di fargli un torto. Tuttavia, una volta capito il significato della parola “libertà”, Riki libera immediatamente Franci, il quale gliene sarà riconoscente.

Con questo racconto Lia Levi vuole instillare nella mente dei più piccoli la consapevolezza di quanto sia importante rispettare i diritti altrui.

Riki e Franci rappresentano rispettivamente “l'oppressore” e “l'oppresso”, ma la scoperta del significato insito nella parola “Libertà” fa sì che il bambino possa scegliere di fare la cosa più giusta, ossia liberare il suo amico.

L'amico del mondo57

L'amico del mondo è un racconto del 2007 che l'autrice scrive per i bambini dai cinque

anni in su.

Tutto ha inizio quando i genitori di Felice, per festeggiare la sua nascita, decidono di organizzare una grande festa alla quale invitano anche tre madrine dotate di poteri magici. Da queste tre signore Felice riceve dei doni davvero magnifici, ossia: la bellezza, l'intelligenza e l'allegria.

I genitori però dimenticano di far recapitare l'invito ad una quarta madrina di nome Clotilde. Quest'ultima, dotata di poteri ancora più grandi rispetto alle altre, resta molto offesa da questa mancanza di rispetto nei suoi riguardi. Tuttavia, decide di non mostrare il suo risentimento e di offrire al piccolo Felice un dono davvero speciale, ossia quello di poter essere “amico del mondo”.

A distanza di anni Felice può finalmente usufruire del dono ricevuto da Clotilde. Quest'ultima, davanti al ragazzo apre un armadio con all'interno tante facce colorate rappresentative di vari gruppi etnici. La madrina annuncia a Felice che da quel momento in poi potrà assumere, se vorrà, i caratteri fisico-somatici di un africano, per esempio, o di un cinese. Basterà che Felice indichi con un dito una determinata faccia perché questa diventi immediatamente la sua. Il ragazzo potrà anche parlare, senza il minimo sforzo, tutte le lingue del mondo.

Grazie a questo potere, Felice comincia a girare il mondo e il suo carattere allegro, unito alla capacità di parlare la lingua del popolo di cui è ospite, attira sempre molti bambini, ma anche tanti adulti. Tutti nel vederlo uguale a loro lo chiamano “fratello” e Felice ne è molto soddisfatto. Tuttavia, giunge per Clotilde il momento in cui può finalmente portare a compimento la sua vendetta che consiste nel privare improvvisamente Felice del dono che lei stessa gli aveva fatto. Per Felice diventa improvvisamente impossibile assumere la faccia giapponese o africana e conseguentemente non riusce più a parlare le altre lingue se non l'italiano. Nessuno lo chiama più “fratello” e Felice diventa molto triste. Non potendo più usufruire delle facce magiche, pensa a un modo per poter continuare a mantenere quel contatto con il resto del mondo che a lui piace tanto. Si ricorda di avere il dono dell'intelligenza e così capisce che se riuscisse a imparare tutte le lingue del mondo potrebbe ugualmente comunicare con le persone di altri paesi. Tuttavia, nonostante sappia tutte le lingue, al suo “ciao fratello” non rispondono più in molti, in quanto non lo vedono uguale a lui; per questo Felice decide di cambiare il suo saluto in “Ciao amico”. Da quel momento in molti gli rispondono e nonostante continui sempre ad avere la sua faccia italiana, ovunque vada, Felice riesce a conquistare i cuori di tutti.

Nomi propri

Clotilde Felice

Valutazione dei nomi propri

della versione francese di Charles Perrault. La similarità fra i due testi è data dalla presenza, in ciascuno di essi di creature fatate chiamate ad offrire doni ai figli dei regnanti; in entrambi i testi, però, compare anche una fata cattiva che scaglia sul piccolo una maledizione.

Nell' Amico del mondo Lia Levi rielabora ulteriormente l'antica fiaba non solo per quanto riguarda la trama, ma anche per quanto riguarda le tematiche in esso trattate. Attraverso la storia di Felice l'autrice vuole infatti dare valore all'integrazione sociale e culturale tra gruppi etnici diversi.

Grazie ai doni delle madrine il piccolo Felice possiede l'intelligenza e la bellezza, motivo per cui il dono di Clotilde risulta del tutto accessorio. Felice inizialmente, però, è molto attratto dalla possibilità di cambiare lingua e volto ogni volta che vuole, anche se, quando Clotilde gli negherà questo privilegio, il giovane sarà costretto a fare nuovamente ricorso alle proprie doti naturali. A quel punto, per continuare a viaggiare dovrà imparare a sfruttare i doni delle altre madrine, in particolare quello dell'intelligenza.

È così che Felice, in poco tempo, impara molte lingue, riuscendo ogni volta a farsi accettare dagli abitanti dei paesi che visita. Felice capisce che il dono di Clotilde non era affatto essenziale come credeva e che adesso ha l'opportunità di mettere a frutto le proprie potenzialità facendosi conoscere per quello che è realmente, senza bisogno di indossare una maschera.

Attraverso l'esempio di Felice, l'autrice vuol far capire ai bambini l'importanza di essere se stessi, oltre a quella di saper sfruttare al meglio le qualità che ci sono state donate. Ma il suo racconto contiene anche un messaggio sociale non irrilevante, ossia quello dell'accettazione delle diversità altrui. Non dobbiamo nascondere la nostra personalità o il nostro aspetto agli altri solo per paura di non essere accettati. È necessario imparare a convivere con ogni tipo di diversità perché sono proprio queste a rendere ciascuno di noi unico e speciale.

Anche in un racconto per bambini molto piccoli Lia Levi è stata capace di parlare, attraverso l'ausilio di elementi fantastici, di ciò che le sta più a cuore, ossia dell'importanza della tolleranza e del rispetto per ogni essere vivente. Alla luce di questa riflessione possiamo notare come l'autrice non abbia scelto a caso l'antroponimo del suo protagonista. Potremmo definire Felice un nome “parlante”, in quanto esso suggerisce

immediatamente al lettore quale sia l'essenza caratteriale del suo portatore. Tuttavia, il nome Felice, in questo contesto, ha anche una funzione di tipo augurale, in quanto

Nel documento L'onomastica nella narrativa di Lia Levi (pagine 62-200)

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