A NALISI DELLA TRADIZIONE POLIBIANA
2.3 Testimonia e fragmenta veicolati da Polibio: presentazione e analisi lessicale, metodologica e tematica
2.3.4 I testimonia e il fragmentum relativi alla permanenza timaica ad Atene
Il dato biografico relativo alla permanenza timaica ad Atene, contenuto nei
testimonia 4b, 4c, 4d, 19.110, 19.130, 19.230 e nel fragmentum 34, è informazione che,
nelle Storie polibiane, diventa strumentale alla critica metodologica del Megalopolitano nei confronti del Tauromenita, critica imperniata sul difetto fondamentale da parte di Timeo di non aver condotto ricerche personali – spostandosi nei vari luoghi fatti oggetto d’indagine – facendo dell’analisi autoptica un momento irrinunciabile della ricerca. In particolare, le sezioni 19.110, 19.130 e 19.230 del testimonium 19 sono comprensive, rispettivamente, del testimonium 4c, del testimonium 4b e del fragmentum 34, e del
testimonium 4d, come sarà possibile mettere in evidenza di seguito: per una maggiore
economia e chiarezza nell’esposizione, dunque, propongo direttamente l’analisi di T 19.130. T 19.110 e T 19.23087.
T 4b = F 34 = T 19.130 = Polyb. XII, 25h, 1-2: τι Τίμαιός φησιν ν τ ιὅ ἐ ῆ τριακοστ ι καιὰ τετάρτηι βίβλωι ῆ «πεντήκοντα συνεχ ς τη διατρίψας θήνησιῶ ἔ Ἀ ξενιτεύων» πάσης μολογουμένως πειρος γένετο πολεμικ ς χρείας, τι δεὰ καιὰ τ ςἁ ὁ ἄ ἐ ῆ ἔ ῆ τ ν τόπων θέας.ῶ
“Timeo dice nel trentaquattresimo libro: «Essendo vissuto per cinquant’anni ininterrottamente ad Atene in esilio», per consenso comune fu ignaro di ogni occupazione di guerra e, ancora, fu ignaro della visione dei luoghi”.
Nei testimonia e nel fragmentum credo sia particolarmente eloquente la scelta dell’avverbio συνεχ ς, ininterrottamente, scelta lessicale attraverso cui Polibio volevaῶ mettere bene in evidenza, oltre alla permanenza da esule di Timeo ad Atene – esilio suggerito dal participio presente ξενιτεύων –, soprattutto la fissità di quest’ultimo in quel luogo, da dove egli non sembrò mai spostarsi per ben mezzo secolo. In particolare, si ha la possibilità di cogliere appieno la stretta connessione tra l’informazione biografica relativa a Timeo e la polemica metodologica a questo rivolta da parte del Megalopolitano: infatti, Polibio sottolineava che Timeo, nel trentaquattresimo libro della sua opera, affermando di aver vissuto per cinquant’anni ad Atene, suggerisse implicitamente di non aver avuto nessuna esperienza delle questioni militari, né di aver visitato i luoghi direttamente. Dovrebbe trattarsi, in particolare, delle vicende militari e dell’osservazione diretta dei luoghi dell’Occidente mediterraneo, che costituiscono il
focus delle Storie del Tauromenita. Il confino ateniese, l’immobilità cinquantennale di
Timeo e, di conseguenza, il fatto di non aver praticato viaggi per alimentare la propria conoscenza con esperienze dirette e autoptiche costituiscono, dunque, le mancanze fondamentali evidenziate da Polibio, il quale, proprio per questo motivo, giudicò il predecessore, colpevole di ορασία, come evidenziato in T 19.130 = Polyb. XII, 25g, 1-ἀ
87 Quest’ordine di esposizione è dovuto al fatto che T 4b - F 34, T 4c e 4d sono compresi, rispettivamente, nelle sezioni T 19.130, T 19.110 e T 19.230 del testimonium 19. Da qui, dunque, la scelta del sistema di citazione adottato che, apparentemente, potrebbe sembrare complesso e confusionario, ma che, in realtà, tenderebbe a evidenziare la similarità testuale dei testimonia e del fragmentum correlati tra loro. Segnalata tale similarità testuale, dunque, la scelta successiva è stata quella di proporre il testo dei testimonia che, nella silloge jacobiana, compaia con citazione più estesa, partendo dal presupposto che un’estensione maggiore dei luoghi citati comporti una maggiore informazione.
4. Per quanto riguarda la denuncia polibiana della non conoscenza timaica – previa visione diretta – dei luoghi di cui il Tauromenita scrisse, è difficile sposare in toto le posizioni del Megalopolitano, soprattutto quando l’obiettivo è quello di smascherare l’ignoranza del predecessore anche riguardo alla geografia della Sicilia, sua patria: a proposito di tali tentativi, si consideri il già esaminato fragmentum 41b, relativo alla fonte Aretusa di Siracusa. Diversamente, maggior credito potrebbe riscuotere lo storico di Megalopoli in relazione alla denuncia della presunta ignoranza in materia geografica, da parte di Timeo, riguardo ad altre aree dell’Occidente, sebbene anche in tal caso è opportuno avanzare con cautela, senza conferire alle posizioni di Polibio uno statuto di veridicità a priori: nel fragmentum 68 in particolare, in cui si parla del fiume Eridano e della leggenda di Fetonte ad esso connessa, emerge la chiara volontà di Polibio di mettere a nudo l’ignoranza timaica a proposito delle conoscenze geografiche di quella zona; tuttavia si è già parlato di come, nell’analisi del frammento proposta da C.A. Baron, sia opportuno ipotizzare che la conoscenza topografica del luogo non dovesse rientrare negli obiettivi del Tauromenita, più interessato, evidentemente, a focalizzare l’attenzione sugli usi e sulle tradizioni, ancora ancorate al mito, degli abitanti della zona. Altrove – un po’ contraddicendosi –, sebbene con l’intento di mettere a nudo la debolezza della prassi metodologica di Timeo nel percorso di ricerca, Polibio ha espressamente fatto riferimento proprio al dato secondo cui il Tauromenita si recò personalmente a visionare determinati luoghi, fatti oggetto d’indagine del proprio studio: mi riferisco, nello specifico, all’apologia del Siceliota nei confronti di Locri Epizefiri, per la realizzazione della quale, in F 12 = Polyb. XII, 9, 2-688, Polibio
ammetteva che Timeo avesse visitato personalmente una delle due Locri greche. Considerando questi dati, dunque, credo che diventi ancora più difficoltoso tacciare Timeo, concordemente con Polibio, di ignoranza in materia geografica, sia perché – come dimostrato nell’analisi di F 41b e di F 68 – la descrizione geografica, almeno nei casi esaminati, non sembra rappresentare l’obiettivo principale dell’esposizione timaica, almeno non tanto quanto la volontà di tracciare una descrizione che consideri soprattutto il dato inerente l’etnografia, sia perché, riportando l’apologetico intervento di Timeo a favore della Locri magnogreca, era Polibio stesso a riferire degli spostamenti compiuti
88
F 12 = Polyb. XII, 9, 2-3: φησιὰ τοιγαρο ν καταὰ τηὰν α τηὰν βίβλον, ο κέτι καταὰ τοὰν α τοὰν ε κότα λόγονῦ ὐ ὐ ὐ ἰ χρώμενος το ς λέγχοις, λλ’ ληθιν ςῖ ἐ ἀ ἀ ῶ α τοὰς πιβαλωὰν ε ς τουὰς καταὰ τηὰν λλάδα Λοκρούς, ξετάζειν ταὰὐ ἐ ἰ Ἑ ἐ περιὰ τ ς ποικίας.ῆ ἀ
da Timeo alla volta di una delle due Locri greche per appurare personalmente elementi e dati che scardinassero l’ipotesi dello Stagirita secondo cui, quella calabrese, era una
ποικία di origini non proprio nobili. ἀ T 4c = T 19.110 = Polyb. XII, 25d,1: τ ιῶ δεὰ Τιμαίωι καιὰ τερόνἕ τι χωριὰς τ νῶ προγεγραμμένων συμβέβηκεν. ποκαθίσαςἀ γαὰρ θήνησινἈ σχεδοὰν τηἔ πεντήκοντα καιὰ προὰς το ςῖ τ νῶ προγεγονότων πομνήμασιὑ γενόμενος, πέλαβεὑ ταὰς μεγίστας φορμαὰςἀ χειν ἔ προὰς τηὰν στορίανἱ , γνο νἀ ῶ ςὡ γ’ μοιὰἐ δοκεῖ.
“A Timeo, indipendentemente da quanto scritto prima, è capitato anche altro. Poiché, infatti, risiedette in disparte ad Atene per quasi cinquant’anni e venne a contatto con gli scritti dei predecessori, ritenne di possedere una grandissima base per la realizzazione della propria Storia, anche se si sbagliava, come sembra a me”.
Anche nel caso dei testimonia 4c e 19.110 l’informazione biografica relativa al soggiorno timaico ad Atene è strettamente connessa alla critica metodologica polibiana nei confronti del predecessore. Nello specifico, nei testimonia viene dato particolare rilievo alla possibilità che Timeo ebbe in quella città di accostarsi alla lettura delle opere dei predecessori, la conoscenza delle quali egli dovette giudicare sufficiente per l’elaborazione della propria στορία, sebbene – secondo quanto evidenziava Polibio – siἱ sbagliasse. Si potrebbe scorgere un suggerimento del perché dell’errore di Timeo – indicato dal participio presente γνο ν –, nel termine utilizzato per indicare l’opera delἀ ῶ Tauromenita, ossia στορία, vocabolo indicante un lavoro che, polibianamente inteso,ἱ presuppone non solo il vaglio dei documenti e delle opere dei predecessori, ma anche, e soprattutto, la conoscenza concreta dei luoghi descritti e la conoscenza autoptica degli avvenimenti da sostituire, quando non fossero state possibili da realizzare, con le deposizioni di chi, eventualmente, fosse stato presente a quei fatti e a quegli avvenimenti89. E, dal punto di vista polibiano, Timeo era carente soprattutto negli ultimi
due aspetti: per questo motivo, dunque, il Megalopolitano rimproverò al predecessore di aver sostituito la cultura teorica, ossia la βιβλιακηὰ ξις cui si allude nei ἕ testimonia 4c e
19.110, all’esperienza diretta della politica e delle questioni militari90. In questo
commento a T 4c e T 19.110, qualche riflessione credo meriti il participio aoristo ποκαθίσας, veicolante l’immagine – divenuta poi particolarmente cara ad A. ἀ
89 Cfr. Plb. XII, 25e, 1-2.
Momigliano – di un Timeo solitario, che sedeva in disparte e ai margini di una città di grande fermento culturale.
T 4d = T 19.230 = Polyb. XII, 28, 3-7: κ γωὰἀ δ’ νἂ ε ποιμιἴ , διότι ταὰ τ ςῆ στορίαςἱ ξει ἕ τότε καλ ςῶ , τανὅ ἢ οἱ πραγματικοιὰ τ νῶ νδρ νἀ ῶ γράφειν πιχειρήσωσιἐ ταὰς στορίαςἱ (...) ἢ οἱ γράφειν πιβαλλόμενοιἐ τηὰν ξἐ α τ νὐ ῶ τ νῶ πραγμάτων ξινἕ ναγκαίανἀ γήσωνται ἡ προὰς τηὰν στορίανἱ · πρότερον δ’ο κὐ σταιἔ πα λαῦ τ ςῆ τ νῶ στοριογράφωνἱ γνοίας ἀ . νὧ Τίμαιος ο δεὰὐ τηὰν λαχίστηνἐ πρόνοιαν θέμενος, λλαὰἀ καταβιώσας νἐ νιὰἑ τόπωι ξενιτεύων καιὰ σχεδοὰν ςὡ εἰ καταὰ πρόθεσιν πειπάμενοςἀ καιὰ τηὰν νεργητικηὰνἐ τηὰν περιὰ ταὰς πολεμικαὰς καιὰ πολιτικαὰς πράξεις καιὰ τηὰν κἐ τ ςῆ πλάνης καιὰ θέας α τοπάθειανὐ , ο κὐ ο δἶ ’ πωςὅ κφέρεταιἐ δόξαν ςὡ λκωνἕ τηὰν τοῦ συγγραφέως προστασίαν.
“Ed io vorrei dire che gli eventi della storia saranno (scritti) bene allorquando o gli uomini d’azione si accingeranno a scrivere le opere di storia (…) oppure quando coloro che si accostino all’esposizione dei fatti riterranno necessaria per la realizzazione di un’opera storica l’esperienza degli affari pubblici stessi: prima (di questo) non ci sarà la fine dell’ignoranza degli storiografi. Ma Timeo, non avendo neppure la minima considerazione di queste cose, anzi, essendo vissuto in un solo luogo da straniero e avendo rinunciato quasi intenzionalmente sia all’esperienza personale attiva riguardo agli affari di guerra e di politica, sia all’esperienza derivante dai viaggi e dalla visione personale, io non so come egli riscuota buona fama, come se avesse il prestigio di uno storico”.
Nella prima parte del testimonium 19.230 Polibio, nuovamente, chiariva una delle caratteristiche fondamentali del proprio manifesto metodologico, ossia la necessità, per la realizzazione di un’opera storica, di possedere una conoscenza pratica e un’esperienza diretta della politica e degli affari militari, come viene specificato successivamente e in Plb. XII, 25g, 1-491: il Megalopolitano sosteneva, infatti, che gli
eventi della storia sarebbero stati scritti in modo buono soltanto se a questo tipo di scrittura si fossero accinti o ο πραγματικοιὰ τ ν νδρ ν, ossia quelli fra gli uomini cheἱ ῶ ἀ ῶ
91 Plb. XII, 25g, 1-4: τιὍ ο τεὔ περιὰ τ νῶ καταὰ πόλεμον συμβαινόντων δυνατόν στιἐ γράψαι καλ ςῶ τοὰν μηδεμίαν μπειρίανἐ χονταἔ τ νῶ πολεμικ νῶ ργωνἔ ο τεὔ περιὰ τ νῶ νἐ τα ςῖ πολιτείαις τοὰν μηὰ πεπειραμένον τ νῶ τοιούτων πράξεων καιὰ περιστάσεων. λοιποὰν ο τὔ ’ μπείρωςἐ ποὰὑ τ νῶ βυβλιακ νῶ ο τὔ ’ μφαντικ ςἐ ῶ ο δενοὰςὐ γραφομένου συμβαίνει τηὰν πραγματείαν πρακτονἄ γίνεσθαι το ςῖ ντυγχάνουσινἐ · εἰ γαὰρ κἐ τ ςῆ στορίας ἱ ξέλοιἐ τις τοὰ δυνάμενον φελε νὠ ῖ μ ςἡ ᾶ , τοὰ λοιποὰν α τ ςὐ ῆ ζηλονἄ καιὰ νωφελεὰςἀ γίνεται παντελ ςῶ . τι ἔ δεὰ περιὰ τ νῶ πόλεων καιὰ τόπων τανὅ πιβάλωνταιἐ γράφειν ταὰ καταὰ μέρος, ντεςὄ τριβε ςἀ ῖ τ ςῆ τοιαύτης μπειρίας ἐ , δ λονῆ ςὡ νάγκηἀ συμβαίνειν τοὰ παραπλήσιον, καιὰ πολλαὰ μεὰν ξιόλογαἀ παραλείπειν, περιὰ πολλ νῶ δεὰ ποιε σθαιῖ πολυὰν λόγον ο κὐ ξίωνἀ ντωνὄ · ὃ δηὰ συμβαίνει μάλιστα Τιμαίῳ διαὰ τηὰν ορασίανἀ .
fossero stati impegnati attivamente a livello civile, oppure quegli scrittori che avessero compreso il bisogno di acquisire una certa esperienza in relazione agli affari pubblici – α τ ν τ ν πραγμάτων ξις –. Dal punto di vista polibiano, dunque, soltanto unaὐ ῶ ῶ ἕ conoscenza di tale tipo avrebbe potuto sopperire alla γνοια, ossia all’ignoranzaἄ palesata dagli storiografi nell’esposizione dei fatti storici. Il riferimento a Timeo è successivo a quello degli storiografi: nei testimonia e nei fragmenta timaici mediati da Polibio studiati finora il Tauromenita non è mai stato definito mediante il termine στοριογράφος, tuttavia, ritengo che la vicinanza di tale vocabolo con il riferimento al ἱ
Nostro conforti quanto, fino a questo punto, si è cercato di dimostrare, ossia che Polibio considerasse il predecessore come uno scrittore di storia; inoltre, questa volta, la presenza di στοριογράφος orienterebbe, in modo ancora più convincente,ἱ l’interpretazione del successivo συγγραφεύς nel senso di “storico” relativamente al Tauromenita, riguardo al quale il Megalopolitano si domandava con meraviglia come fosse possibile che egli potesse riscuotere una così buona fama come se, appunto, fosse uno storico di prestigio. Infine, anche in T 4d e in T 19.230 viene posto in evidenza il fatto che l’esilio di Timeo si consumò unicamente in un solo luogo – come suggerisce il numerale ε ς riferito a τόπος –, condizione che determinò la rinuncia quasi intenzionaleἷ – σχεδοὰν ς ε καταὰ πρόθεσιν – da parte del Siciliano a procurarsi una personaleὡ ἰ esperienza sia in relazione agli aspetti politici e militari, sia in relazione alla conoscenza dei luoghi, conoscenza derivante unicamente dai viaggi e dalla possibilità di constatare autopticamente ciò di cui eventualmente si parli ( πειπάμενος καιὰ τηὰν νεργητικηὰν τηὰνἀ ἐ περιὰ ταὰς πολεμικαὰς καιὰ πολιτικαὰς πράξεις καιὰ τηὰν κ τ ς πλάνης καιὰ θέας α τοπάθειαν).ἐ ῆ ὐ