A NALISI DELLA TRADIZIONE POLIBIANA
2.3 Testimonia e fragmenta veicolati da Polibio: presentazione e analisi lessicale, metodologica e tematica
2.3.6 I testimonia di raccordo tra l’opera del Tauromenita e quella del Megalopolitano
T 6a e T 6b sono i testimonia che, all’interno della mediazione polibiana, informano, innanzitutto, del punto di raccordo dell’opera del Megalopolitano con quella di Timeo e, in secondo luogo, permettono una riflessione in relazione all’arco cronologico abbracciato dal Tauromenita nelle sue opere. Secondo quanto delineato nel primo capitolo, dunque, sulla scorta degli studi di R. Vattuone si tende a indicare, in generale, la produzione dello storico di Tauromenio mediante il termine Storie, alludendo sia ai Sikelika – opera in trenotto libri inerenti la storia siciliana fino alla morte di Agatocle avvenuta nel 289 a.C. –, sia allo Scritto su Pirro, riguardo al quale lavoro le fonti non danno informazione alcuna relativamente all’arco cronologico abbracciato. Proprio per questo motivo, dunque, si coglie l’opportunità di accettare l’informazione di Polibio relativamente alla continuità della sua opera con quella di Timeo, continuità che si realizza nel momento di raccordo costituito dalla centoventinovesima olimpiade, comprendente, all’incirca, il periodo tra il 264 e il 260 a.C.: è proprio questo dato – sottolinea R. Vattuone – a fornire una preziosa indicazione cronologica, l’unica di cui sia possibile disporre, che permette di orientarsi almeno in relazione alla cronologia della parte finale dell’opera dedicata all’Epirota. Della scelta polibiana di agganciarsi all’opera del Tauromenita, nonostante le aspre critiche rivolte dal Megalopolitano al predecessore, si è già discusso, ricorrendo, per le riflessioni in merito, alle preziose pagine di L. Canfora relativamente al concetto di “catena storiografica”, in ottemperanza al quale sarebbe opportuno valutare la scelta di Polibio di porsi in continuità rispetto a Timeo, continuità che, a ben vedere, dovette costituire una scelta obbligata e necessaria per lo storico di Megalopoli, costretto, per potersi
imporre in campo storiografico, ad un ineludibile confronto con il predecessore siculo evidentemente tanto accreditato fra i suoi contemporanei.
T 6a = Polyb. I, 5, 1: ποθησόμεθα δεὰ ταύτης ρχηὰν τ ς βύβλου τηὰν πρώτηνὑ ἀ ῆ διάβασιν ξ ταλίας ωμαίων· α τη δ’ στιὰν συνεχηὰς μεὰν το ς φ’ ν Τίμαιος πέλιπεν,ἐ Ἰ Ῥ ὕ ἐ ῖ ἀ ὧ ἀ πίπτει δεὰ καταὰ τηὰν νάτην καιὰ ε κοστηὰν προὰς τα ς κατοὰν λυμπιάδα.ἐ ἰ ῖ ἑ ὀ
“Porremo l’inizio di questo libro in corrispondenza della prima diabasi dei Romani fuori dall’Italia: questo libro è collegato con il punto in prossimità del quale s’interruppe Timeo e cade nel periodo della centoventinovesima olimpiade”.
Nel testimonium 6a, dunque, Polibio affermava che la prima diabasi dei Romani costituiva il nesso cronologico di raccordo tra la propria opera e quella di Timeo, che è possibile identificare con lo Scritto su Pirro, come meglio si definirà nel commento al
testimonium 6b.
T6 b = Polyb. XXXIX, 8, 4-5: ξεθέμεθα τοιγαρο ν ν ρχα ς τι τ ς μεὰνἐ ῦ ἐ ἀ ῖ ὅ ῆ προκατασκευ ς ποιησόμεθα τηὰν ρχηὰν φ’ ν Τίμαιος πέλιπεν. πιδραμόντες δεὰῆ ἀ ἀ ὧ ἀ ἐ κεφαλαιωδ ς ταὰς καταὰ τηὰν ταλίαν καιὰ Σικελίαν καιὰ Λιβύην πράξεις, πειδηὰ περιὰῶ Ἰ ἐ μόνων τ ν τόπων τούτων κ κε νος πεποίηται τηὰν στορίαν (...).ῶ ἀ ῖ ἱ
“Abbiamo esposto perciò appunto all’inizio che avremmo posto l’incipit della prefazione dal punto in cui Timeo si è interrotto. Ripercorrendo in modo sommario i fatti avvenuti in Italia, in Sicilia e in Africa, poiché riguardo a questi argomenti soli, anche quello ha già scritto la storia”.
In T 6b viene ribadita la continuità dell’opera polibiana con quella timaica, continuità che, secondo quanto si evince dal testimonium precedente 6a, trova un momento di raccordo nella centoventinovesima olimpiade, periodo corrispondente al lasso di tempo tra il 264 e il 260 a.C. L’importanza del testimonium 6b credo sia legata alla seconda parte di esso e ritengo sia connessa con le scelte lesscali polibiane: mi riferisco, nello specifico, al participio aoristo πιδραμόντες e all’avverbio κεφαλαιωδ ς.ἐ ῶ Nella seconda parte del testimonium 6b si chiariscono, inoltre, con precisione quali siano i fatti in merito ai quali Polibio ammetteva esplicitamente di proseguire la storia di Timeo: si tratta degli eventi avvenuti in Italia, in Sicilia e nella Libye. In particolare, il
background di questi avvenimenti potrebbe far insorgere qualche difficoltà
relativamente alla possibilità di stabilire a quale dei due scritti timaici, tra i Sikelika e lo
Agatocle, quanto quelle di Pirro condivisero gli stessi scenari, sia perché in T 6b non ci sono riferimenti cronologici. In realtà, la soluzione al quesito è contenuta nello stesso
fragmentum e penso che qualche riflessione riguardo al participio aoristo πιδραμόντεςἐ e all’avverbio κεφαλαιωδ ς, menzionati poc’anzi, possano rivelare la risposta. Si è giàῶ parlato precedentemente, nella sezione dedicata ai testimonia e i fragmenta relativi all’invettiva timaica, dell’acredine mostrata da Timeo nei conronti di Agatocle e denunciata da Polibio, un astio e un livore rispondenti, in primis, a rancori personali del Tauromenita che lo spinsero a lanciare accuse e attacchi scivolando, addirittura, nell’ambito della sfera personale e privata e mostrando, così facendo, di scadere proprio relativamente alla capacità di discernimento riguardo agli argomenti che rientrassero, oppure no, nell’ambito della materia storica, aspetto che costituisce uno dei punti cardinali della critica metodologica indirizzata da Polibio a Timeo. Partendo da questo presupposto, dunque, e considerando quale doveva essere la valutazione del Megalopolitano a proposito dei libri timaici dedicati ad Agatocle – che Diodoro Siculo informa occupino i libri dal XXXIV al XXXVIII105 –, sarebbe quanto meno strano
credere che fosse in riferimento a questi ultimi libri dei Sikelika che in T 6b lo storico di Megalopoli ammettesse di ripercorrere per sommi capi, πιδραμόντες κεφαλαιωδ ς, gliἐ ῶ eventi svoltisi in Italia, in Sicilia e in Libye già affrontati da Timeo: da qui, dunque, l’opportunità di considerare che il lavoro cui si stesse riferendo Polibio fosse quello relativo alla figura dell’Epirota, opera che, indubbiamente, doveva ispirare maggiore fiducia al Megalopolitano, se egli stesso affermava che si poteva proseguire l’esposizione degli avvenimenti successivi a quelli esposti da Timeo. In particolare poi, l’aggettivo μόνος in posizione predicativa indica proprio che i fatti svoltisi in Italia, Sicilia e Africa costituiscano l’argomento principale dell’opera di Timeo presa a riferimento e proprio lo Scritto su Pirro – che Polibio segnalava arrivasse fino al 264 a.C. – appare essere, convincentemente, l’opera in questione, opera in cui le imprese dell’Epirota in Magna Grecia, in Sicilia e in Africa, scenario già noto a Timeo, potevano ben costituire il focus della narrazione. Credo che sia possibile affermare, dunque, che nel fragmentum 6b si registri la prima, e forse l’unica, attestazione esplicita del riconoscimento, da parte polibiana, della qualità del lavoro del predecessore di Tauromenio, in continuità rispetto al quale il Megalopolitano mostrava di porsi, questa
volta, senza polemiche. Che Polibio ribadisse, nella parte finale della sua opera, di essersi posto come continuatore dell’opera di Timeo è un dato particolarmente significativo, soprattutto se confrontato con quanto egli stesso aveva affermato in I, 3, 1- 4, dove è Arato di Sicione a costituire il terminus a quo per la propria esposizione degli eventi storici che, dunque, avrebbe dovuto prendere avvio dalla centoquarantesima olimpiade, corrispondente, all’incirca, al periodo compreso tra il 220 e il 216 a.C; nella ricerca di un perché a tale scelta polibiana, apparentemente in controtendenza rispetto alle critiche rivolte al Tauromenita, si è già parlato di quanto si debba tenere in debito conto il plauso che arrideva a Timeo fra i lettori romani ancora ai tempi di Polibio. Secondo quanto è possibile evincere da T 6a e da T 6b, lo storico di Megalopoli non espresse biasimo né plauso in relazione al resoconto timaico degli eventi che precedettero di quasi mezzo secolo lo scoppio della prima guerra punica: in relazione a tali avvenimenti, infatti, è bene notare che il racconto di un greco di Sicilia dovesse essere ricco di informazioni importanti riguardo alle città greche del Mediterraneo occidentale. Circa i fatti di quel periodo, dunque, gli scritti di Timeo furono per Polibio una tappa obbligata e irrinunciabile, soprattutto perchè essi costituivano l’unico resoconto in relazione agli eventi che sconvolsero la Sicilia e la Magna Grecia fino al 264 a.C106.