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Testimonianze, impressioni ed impegno sociale di emigrati italiani della Parigi Est

In questi fascicoli del Casellario politico centrale, oltre alle informative della polizia fascista così aride e parziali nei giudizi, si trovano le lettere che gli emigrati antifascisti spedivano alle loro famiglie e ai loro cari in Italia. Dalla lettura di queste lettere e delle interviste rilasciate nel dopoguerra da questi emigrati nonché delle loro memorie, è possibile evidenziare alcuni momenti importanti degli anni trenta a Parigi quali la crisi economica, gli scioperi e le manifestazioni del mondo operaio, le conquiste del Fronte popolare come anche le impressioni sulla Guerra di Spagna o sulla guerra fascista in Abissinia. Furono soprattutto questi momenti di partecipazione, alle lotte sindacali agli scioperi e alle grandi manifestazioni, che favorirono una maggiore integrazione di queste persone alla società francese.

Lo spazio entro il quale si muovono questi emigrati, sia da un punto di vista abitativo, lavorativo che di svago, è quello della Parigi Est, sia nei quartieri della città intramuros che nei comuni limitrofi. Come ha affermato la storica Blanc-Chalèard, questi quartieri sono passati ala storia per essere i quartieri “rossi” nello spazio politico italiano a Parigi. In un intervista della storica all'emigrato Luois Pellinghelli realizzata nel 1984, questi sottolineava che “Gli immigrati italiani

sono tutti di sinistra”. Questa sua frase trova fondamento nella zona di Parigi Est, dove erano attivi

anarchici, comunisti e repubblicani. Il grande asse italiano che unisce l' XI, XII, e XX arr. è la linea organica rue de Montreuil - rue d'Avron che incrocia il Boulevard de Charonne e le strade attigue, come la rue des Haies. Queste strade già nel 1914 erano abitate da diversi italiani, successivamente essi sono diventati talmente numerosi da dare un'impronta italiana a tutto il quartiere: Louis Pellinghelli intervistato da M.C. Blanc-Chaléard nel 1994 affermava riguardo alla zona di Charonne, che “Ici, il n'y avait que des Italiens, on ne voyait qu'eux. Rue des Vignoles, rue des

Haies, place de la Réunion. Peut-etre il y avait-il aussi des Français, peut-etre meme ètaient ils plus nombreux, mais on ne les voyait pas, on ne voyait que les Italiens”.140

E' in questa zona, tra Place de la Bastille e Place de la Nation, che si svolsero le più grandi manifestazioni, come quella per Sacco e Vanzetti nel 1927 e in particolare quelle degli anni '30. Nel 1927 la campagna a favore di Sacco e Vanzetti vede i militanti italiani in prima linea nella mobilitazione di Parigi. Nei quartieri Est di Parigi la campagna è molto attiva poiché qui si trovano molte sale popolari, la Bellevilloise, la Maison du Peuple di Montreuil, dove si svolsero meeting e data la forte presenza di anarchici, questi organizzarono diverse serate operaie a Montreuil e soprattutto nel XX arr. Con l'esecuzione di Sacco e Vanzetti, violente agitazioni scoppiarono a

Parigi il 23 agosto del ’27; la folla italo-parigina, insieme agli emigrati italiani appartenenti ai diversi orientamenti politici antifascisti, ai comunisti francesi e stranieri, manifestò in segno di protesta. Fu forse l’ultimo rigurgito delle grandi manifestazioni di folle europee del dopoguerra, ed ebbe come conseguenza una dura repressione che colpì il PCF e i comunisti italiani molti dei quali furono arrestati.141

L'emigrato Maffini, sindacalista della CGTU, ricorda quella manifestazione così: “Cercavamo di

contattare gli italiani che arrivavano attraverso i giornali e invitandoli a partecipare alle manifestazioni come quella per Sacco e Vanzetti in cui ricevetti una bastonata, in quell’occasione molti miei amici furono presi dalla polizia e poi espulsi(…)”.142

Il 12 febbraio del 1934 Maffini partecipò alle manifestazioni organizzate dal PCF e la CGTU, dalla SFIO e la CGT,143che si conclusero insieme al Cours de Vincennes, ed erano cortei in risposta al

tentativo eversivo delle leghe di destra del 6 febbraio:

“C’è stato un periodo nel quale abbiamo avuto molta paura. E’ stato nel 1934: io sono stato con

mia moglie alla manifestazione del 12 febbraio. Eravamo vicino alla piazza Saint Ambrosie, dove avevamo fatto delle barricate perché c’erano dei gendarmi a cavallo che caricavano la folla e noi volevamo impedir loro di caricare. Quando sono arrivati, abbiamo persino messo a fuoco la barricata per far paura ai cavalli, ma loro l’hanno sfondata e, inferociti si sono messi a correrci dietro. Ci siamo rifugiati dentro i portoni delle case, chiudendole dietro di noi. Quelli che non hanno fatto in tempo a entrare sono stati violentemente manganellati. Mia moglie ed io siamo arrivati, scappando, davanti a un portone che la gente, dall’interno, aveva socchiuso. Li avevamo proprio alle spalle, ho spinto dentro mia moglie, credevo di ricevere un colpo di manganello sulla

141Il dirigente dei gruppi di lingua, Mario Bavassano, riferiva nel 1928, durante la II Conferenza del partito italiano che: “Lo scorso settembre (1927) a Parigi, sono stati espulsi, lo stesso giorno, tutti i compagni che dirigevano le nostre

organizzazioni nell’emigrazione. La reazione non si è limitata a colpire i dirigenti, ma anche la base è stata colpita, da settembre a oggi 138 compagni della periferia sono stati espulsi dalla Francia: ossia 138 dei nostri migliori compagni. E’ facile valutarne le conseguenze nefaste per il nostro movimento.”.

Da un documento emanato dalla Direzione della Sicurezza Generale, apprendiamo che 408 stranieri erano stati espulsi dalla Francia per fatti politici dal 1 gennaio del ’27 al 10 ottobre dello stesso anno. Tra questi, 58 erano spagnoli, 50 polacchi e 196 italiani, ossia quasi la metà degli espulsi. In un altro documento emanato dalla Direzione della Sureté

Générale relativo agli stranieri espulsi dal dipartimento delle Alpi marittime dopo il 14 settembre 1927, si può leggere

che su 76 stranieri espulsi, due erano degli anarchici spagnoli, 8 erano anarchici italiani, il resto, cioè 60 persone, erano degli emigrati comunisti italiani. Furono espulsi per le seguenti ragioni: “hanno manifestato in occasione dell’affare Sacco e Vanzetti”, “comunista militante arrestato nel corso di una manifestazione, ha donato un falso indirizzo”, “comunista militante” (...) o ancora “ propagandisti comunisti molto attivi, partecipano sempre a delle riunioni”. L. Castellani, Un aspect de l’émigration communiste italienne en France: les groupes de langues italienne au sein du PCF

(1921-1928), in P. Milza (a cura di), Les Italiens en France de 1920 à 1940, cit., p. 216.

142 A. Bechelloni, M. Astolfi, Darno Maffini raconte, in La Trace, Revue du CEDEI, n. 10, giugno 1997, Paris, p. 44. 143 La CGT fu riunificata nel marzo del 1936 raggruppando socialisti e comunisti. Alla fine del 1937 la CGT vide l’effettivo dei suoi aderenti stranieri passare da 50.000 a 400.000, più della metà dell’effettivo era composto da italiani.Tra l’estate del 1936 e la primavera del 1938 la maggior parte di questi raggiunse i Gruppi di Lingua del PCF. P. Milza, Voyage en Ritalie, Paris, 1995 Editions Payot & Rivages, 1995, p. 262.

testa, invece ho sentito un gran colpo sul portone, che era stato chiuso dietro di me all’interno”.144

Ed è ancora Maffini a raccontare il clima degli anni del Fronte popolare: “Io sinceramente non

pensavo che avremmo potuto conservare tutto quello che il Front Populaire ci aveva permesso di conquistare. C’era qualcosa che superava anche la mia stessa immaginazione. Per esempio, le vacanze: non esistevano prima. Quando lavoravo sotto padrone avevo solo 3 giorni di vacanza pagati all’anno, tutto in una volta abbiamo ottenuto quindici giorni. E’ molto ho pensato la controffensiva padronale sarà dura. Molte delle cose che abbiamo ottenuto abbiamo anche saputo conservarle, ma altre le abbiamo perse, per esempio gli aumenti salariali. Anche l’applicazione delle quaranta ore non è stata possibile per tutti.”.145

“Gli italiani, operai o impiegati, quelli che erano là da più tempo, che erano sindacalisti essi stessi,

erano interessati al progresso della classe operaia, dunque per il Fronte Popolare…mentre i politici, e soprattutto i dirigenti politici, erano più rivolti verso l’Italia….e dunque la guerra di Spagna…e criticavano lo stesso Fronte popolare a causa della sua attitudine ambigua riguardo all’aiuto da portare ai repubblicani spagnoli…il non intervento di Léon Blum …infine, anche l’Unione Sovietica stessa era criticata: si rimproverava ai sovietici di avere portato un aiuto interessato, un aiuto che era accompagnato da una propaganda intensa per l’Urss, ho anche degli amici che sono andati dalla Spagna in Urss e che non si lamentavano; alcuni dicono che sono stati trattati bene, altri sono anche restati per fare la scuola di partito.”.146

Altre suggestive impressioni sugli anni del Fronte popolare sono descritte nelle lettere del comunista Giuseppe Proci e che ho potuto leggere nel suo faldone presso il Casellario politico centrale. Il Proci, che prese parte alla lotta di liberazione nella Milice dell'XI arr., era emigrato a Parigi clandestinamente nel 1935 e qui risiedeva al n. 86 della rue Montreuil (XI arr.), era partito clandestinamente per sottrarsi all'arresto in Italia, dove avrebbe dovuto scontare una pena di 3 anni di reclusione alla quale era stato condannato dal Tribunale di Torino il 30/11/1934 per contrabbando di saccarina. Il Proci, che già si era distinto per il suo credo comunista, spedisce diverse lettere sia alla moglie che ai propri fratelli coi quali ha dei rapporti molto conflittuali per differenti visione politiche. Nelle lettere descrive le condizioni degli operai francesi al momento delle conquiste del fronte popolare, le grandi manifestazioni a cui partecipa, parla della sua fede nel comunismo, della sua avversione alle guerre fasciste e della fede nella rivoluzione.

144 A. Del Re “Emigrazione, antifascismo e lotta di classe: percorsi di vita di comunisti”, op. cit., p. 4. Intervista selezionata da una serie più vasta di conversazioni realizzate per il Ministère des Affaires sociales et de l’Emploi, Mission Recherche Expèrimentation (MIRE), per una ricerca su Les nouveaux comportements immigrès dans la crise,

cit., pp. 4 -5. BDIC-Fonds Maffini.

145 Intervista a Maffini in A. Del Re, Emigrazione, antifascismo e lotta di classe: percorsi di vita di comunisti, Parigi, febbraio 1988, p. 5., in BDIC, Fonds Maffini.

In una lettera spedita ai suoi fratelli nel maggio del 1937 scrive: “Non comprendo il vostro così

lungo silenzio; siete forse ammalati? Cosa vi succede? Io vi ho risposto alle tue lettere una raccomandata e una comune inoltre vi ho scritto una cartolina (...) come pure ho scritto ai miei fratelli che mi vergogno di essere loro fratello nelle condizioni che mi trattano, ma verrà quel giorno ormai è due anni che sono in Francia e ho fatto senza di loro sia per partire come per rimanerci dunque questo dimostra che io no ho ancora bisogno di loro ne meno in terra straniera ove non conoscevo la lingua e ove non comprendevo nulla in più senza carte.

“(…) E pure è bentosto due anni ora pare che mi facciano le carte, e così potrò lavorare e guadagnare 7,50 all'ora come fotografo lavorando 40 ore e pagate 48 qui con la legge socialista e si fa festa al sabato e domenica. Dunque non si possono lamentare gli operai qui. Come sapete io sono arrivato qui senza un centesimo, e molto ammalato, m'ha mantenuto il partito comunista e i nostri dottori mano curato e oggi la mia salute va meglio. I compagni italiani come meglio ancora francesi mi vogliono molto bene. Man comperato tutto il necessario per la foto e hanno speso più di 5000 franchi. Il I maggio ho assistito alla grande manifestazione .. ove più di un milione era sulla Piazza con delle bandiere rosse. Dunque si vive e si vive bene – libertà - abbiamo raccolto più di due milioni per la Spagna Repubblicana, ove Mussolini manda i nostri giovani affamati a farli ammazzare a profitto dei borghesi che dopo essersi salvati dalle sabbie infocate del Abissinia manda in Spagna, ma il suo giorno è vicino, finirà anche per lui.

Il battaglione Garibaldi formato di volontari veri rivoluzionari che sono in Spagna finito là verranno in Italia a liberarvi da questa tirannia e regime di fame.

Che venga qui Mussolini ! A vedere i suoi comp. che lo conoscono da quando faceva il ciarlatano a Ginevra, ma non si muove neppure prima di muoversi ne fa arrestare 15-20 mille. Qui il presidente del parlamento Blum, come pure il presidente della repubblica io li vedo tutti i giorni ma non arrestano nessuno – anzi Blum ha defilato il I maggio con noi - Dunque non hanno paura di farsi vedere come quel mascherone. (…).”. Sempre in questa lettera dedica le ultime righe al figlio

Adriano, quattordicenne, al quale spiega che significato abbia per lui essere un comunista, propria fede nel comunismo.147

In un'altra lettera dell'estate del 1935 parla ancora di cortei contro la guerra a cui ha partecipato : “Qui si fanno delle dimostrazioni di 500.000 contro il fascismo e la guerra, un corteo che sfila per

147“Caro Adriano perchè non mi scrivi una lettera? ... ormai tu sei grande.. e dovresti sapere che bisogna ricordarsi

di suo padre, benchè tuo padre è un comunista. Tu certo sei un avanguardista ma per forza ; ricordati che sei figlio di un comunista. Comunista vuol dire amare tutti i poveri e prendere le sue difese se loro non possono. Il comunista non ha patria, dato che ama tutti i poveri e in tutte le nazioni del Mondo, all'infuori della Russia esistano poveri e Signori. In Russia i signori sono stati scacciati e comandano i poveri, cioè gli operai. Dunque spero ti ricorderai di queste parole. Mille bacioni tuo padre.”.

4 ore di seguito. Alla festa dell'Umanitè cerano 180.000 comunisti dunque pensate voi che movimenti? Al funerale di Barbussi scrittore comunista vi erano in 300.000 – cifre di quel genere. Questo a voi non interessa perchè siete fascisti ma vedremo fra 2 o 3 mesi. (Di nuovo saluti infiniti (…) e pronta risposta , quando sarà ora verrò a Torino per ora rimango qui. (…).

Tutti voi sapete che io sono partito da Torino 8 mesi fa e tutto oggi non ho avuto bisogno di voi e dei fascisti. Io sono un comunista e se occorre morirò sulla piazza (…). Verrà il sole del avvenire. E tanto più voi che avete un fratello quale sono io e sapete quanto ho passato sotto il regime di Mussolini non vi dovete mai dimenticare che io sono un comunista.

Al momento della guerra di Spagna il PCF fece forti pressioni sul governo Blum affinchè la Francia intervenisse in Spagna a sostegno della Repubblica e furono organizzate tante manifestazioni al grido “Des avions pour l'Espagne” e “Blum à l'action”come ricorda il comunista Campioli che negli anni trenta faceva parte della segreteria dei gruppi di lingua del Partito comunista francese a Parigi.148Una giovane Nella Marcellino, figlia del militante comunista Guglielmo Marcellino, di

ritorno a Parigi nel 1938 afferma nelle sue memorie che i primi cortei a cui partecipò e durante i quali si sviluppò il suo senso politico furono quelli in sostegno alla Repubblica spagnola “Partecipai alle grandi manifestazioni a favore della Repubblica spagnola e a sostegno delle

Brigate Internazionali, e mi sentii come immersa nel popolo di Parigi, trascinata da quelli imponenti cortei che riempivano i larghi boulevards e terminavano alla Bastille. E' in quelle manifestazioni che trovo la mia “vocazione” tra i lavoratori. Con i giovani francesi e gli emigrati italiani di Bagnolet, Montreuil, Paris XX (un arrondissement pieno di emigrati italiani, arabi e africani).”.149

Durante la guerra di Spagna gli emigrati italiani e le donne in particolare si trovarono ad essere partecipi di un grande movimento di solidarietà. I garibaldini in Spagna vennero aiutati e sostenuti attraverso i Comitati pro-Spagna addetti alla raccolta di viveri, medicinali, vestiti, scarpe e vettovaglie per i volontari che partivano. La dirigente comunista Teresa Noce racconta nelle sue memorie che nei quartieri periferici parigini come nei comuni intorno alla capitale le 'compagne' avevano creato numerosi Comitati popolari di aiuto alla Spagna. Le riunioni per organizzare le partenze dei volontari garibaldini si svolgevano il sabato alla casa del popolo di Montreuil.150

Ma il sostegno a questi volontari avveniva attraverso varie forme di solidarietà fra le quali l'organizzazione di feste sia nei locali che nei parchi all'aperto messi a disposizione dalle varie municipalità.151

148C. Campioli Cronache di lotta : nel movimento operaio reggiano, fra gli esuli antifascisti a Parigi, la resistenza,

sindaco di Reggio Emilia, Parma, Guanda, 1965, p. 84.

149M.L. Righi (a cura di), Nella Marcellino, Le tre vite di Nella, Milano: Apogeo, 2009, p. 37. 150 T. Noce, Rivoluzionaria di professione, La Pietra, Milano, 1974, p. 186

Ricorda ancora Nella Marcellino: “Noi ragazze, ci buttammo con entusiasmo in un'attività frenetica

per sostenere e incoraggiare la Spagna democratica. (…) e che fatica procurarsi un po' di lana o un pezzo di stoffa fra quelle povere famiglie di emigrati italiani, manovali piccoli artigiani, sarti, falegnami, barbieri che stentavano a mettere insieme il pranzo con la cena, e sempre nell'incertezza di vedersi negato il permesso di soggiorno. Organizzavamo incontri, feste, lotterie, gite, scampagnate nei parchi e nelle periferie parigine, campeggi e ogni altra sorta di iniziativa per raccogliere fondi. (..) nei quartieri popolari soprattutto nel Faubourg Saint Antoine tenemmo corsi di studio per ragazzi italiani, conferenze, piccole riunioni, tutto ciò che potesse farci stringere legami con gli emigrati, anche quelli lontani dall'attività politica.”.152

Anche Gina Pifferi, futura resistente nella MOI a Parigi, si politicizza appena arrivata nella capitale francese nel 1936, quando comincia a frequentare ambienti comunisti ed è impegnata in varie associazioni. In una intervista rilasciata nel 1986 ricorda l'organizzazione degli aiuti per la Spagna: “(…) Il primo lavoro che abbiamo fatto come organizzazione è stato quello di aiutare la Spagna,

perché c'era la guerra (…) si raccoglievano fondi e roba per mandare in Spagna. Facevamo delle raccolte enormi di cose, camion di roba, chili e chili di sapone, di pasta, di olio, di vestiti, di scarpe. Queste sezioni che avevamo in provincia specialmente, nel Nord Pas des Calais, Moselle et Meurthe et Moselle, raccoglievano nelle sedi dell'Unione Popolare italiana e dell'Unione delle donne italiane e poi con i camion ce li spedivano a Parigi e partivano poi tutti insieme con gli altri. Abbiamo mandato giù camion di roba. Quest'esperienza di organizzazione degli aiuti alla Spagna fu

una specie di ingresso nel vivo mondo dell'associazionismo fatto dalle donne: “Noi non è che

facevamo della grossa politica, diciamo così, ma era questo modo di tenere insieme: proprio quando facevamo il lavoro per la Spagna, è stato un grande momento per le donne italiane, perché dicevamo 'Noi aiutando la Spagna aiutiamo l'Italia, se in Spagna non crolla noi facciamo crollare il fascismo in Italia'. Avevamo poi anche queste visioni un po' larghe, un po' di utopia, perché poi invece è andata male...E allora si riceveva molti doni, si riceveva molta roba da queste donne e poi facevamo delle manifestazioni vere e proprie! In certe città, per esempio, si andava fuori per le strade con dei camion, con delle lenzuola – delle bandiere spagnole – perché in Francia eravamo

organizzata il 4/09/38 nella prateria di Garches, a cui parteciparono circa 300.000 persone, con le seguenti parole: “Centinaia di baracche in legno del partito comunista francese, tedesco, austriaco e spagnolo, erano state piantate nel

grande prato e si vendevano opuscoli, cartoline e si raccoglievano i soldi epr i volontari in Spagna.

I comunisti italiani, che sono sempre trattati come “i parenti poveri” , avevano in tutto 4 baracche, sormontate dal tricolore. Ho notato il Focardi e la Sernaglia Bernandina: dirigevano un tiro a segno ed i bersagli erano formati da sagome riproducenti l'effige di S.E. Il capo del Governo italiano, di Hitler e del generale Franco. In un'altra baracca venivano cotti gli spaghetti da un cartello annunziava “Spaghetti Franchi 2,50 – Abbonatevi a “La Voce degli italiani”.

ACS, PS, K1B, Comunisti estero, Francia, 1938-1939, b 53, b. 69. 152M.L. Righi (a cura di), op. cit., p. 39.

libere a raccogliere mezzi (…) avevamo un momento di grande rinomanza, noi!”.153

Altri importanti strumenti che favorirono l'integrazione e la socializzazione, negli anni '30 tra gli emigrati orientati politicamente a sinistra furono le fratellanze. Queste, che si basavano su legami di appartenenze locali, regionali o cittadini, poggiavano su una rete di conoscenze e di amicizie precedenti all'organizzazione politica ma che tendevano a rafforzare il credo politico.

Nella seconda metà degli anni trenta nella regione parigina erano attive la Fratellanza lombarda,