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Tipologie di copertura artificiale

PARTE I - CONSUMO DI SUOLO

39 Figura 17.1 - Suddivisione dei suoli consumati del Veneto tra il 2012 ed il 2015 in funzione

21. Tipologie di copertura artificiale

A. Strollo, L. Congedo, T. Luti, I. Marinosci, A. Raudner, N. Riitano

Diverse sono le tipologie di copertura artificiale che devono essere considerate causa di consumo di suolo, ma sono poche quelle principali, in cui si concentra la gran parte della superficie persa (Tabella 21.1).

Le infrastrutture di trasporto rappresentano, nel 2013, circa il 41% del totale del suolo consumato. Di queste, il contributo più significativo viene dalle strade asfaltate (10% in ambito urbano, 11,6% in ambito rurale e 2,9% in ambito naturale) e dalle strade sterrate (15,5%, prevalentemente in aree agricole).

Le aree coperte da edifici costituiscono il 30% del totale del suolo consumato e si collocano prevalentemente in aree urbane a bassa densità (11,5%) e in ambito rurale (11,1%). Gli edifici in zone residenziali compatte rappresentano solo il 2,5% del totale del suolo consumato.

Le altre superfici asfaltate, impermeabilizzate o fortemente compattate o scavate, come parcheggi, piazzali, cantieri, discariche, aree estrattive e serre permanenti, costituiscono complessivamente il 28,7% del suolo consumato.

Considerando solo il consumo di suolo tra il 2008 e il 2013, e quindi i cambiamenti da copertura non artificiale a copertura artificiale, senza considerare tutti i cambiamenti all’interno delle stesse classi di primo livello (ad esempio un’area di cantiere del 2008, edificata prima del 2013), si può stimare34 il contributo della classe degli edifici pari al 13% circa e quella delle infrastrutture pari al 20% del totale. Il 13% di edifici, ad esempio, rappresenta, in questo caso, solo edifici presenti nel 2013 la cui costruzione è iniziata dopo il 2008 su aree naturali, agricole o seminaturali. Non tiene, invece, in considerazione edifici realizzati su cantieri avviati prima del 2008 o su altre aree già consumate. Si deve tenere in considerazione, inoltre, che le aree di pertinenza e tutto ciò che non fa parte del fabbricato, non vengono

34 I dati sono da considerare puramente indicativi a causa della numerosità campionaria utilizzata per tale valutazione, pari alla somma dei punti della rete di monitoraggio nazionale e regionale e IUTI (si veda il rapporto dello scorso anno per dettagli metodologici). L’integrazione della rete IUTI, utile per aumentare l’accuratezza delle stime, rende tuttavia i dati non direttamente confrontabili con quelli derivanti dalle sole reti nazionale e regionali di monitoraggio del cap. precedente.

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classificate come edificio e vengono conteggiate nel consumo di suolo solo in caso di effettiva copertura artificiale del suolo.

Il nuovo consumo di suolo ha inciso prevalentemente sulle aree agricole e, in particolare, quasi il 60%, tra il 2008 e il 2013 è avvenuto a scapito di aree coltivate (in gran parte seminativi). Il 22% ha riguardato aree aperte urbane e il 19% del consumo di suolo ha distrutto, per sempre, aree naturali, vegetate o non (Tabella 21.2).

Tabella 21.1 - Percentuale di superficie per tipologia di suolo consumato sul totale del suolo consumato in Italia, anno 2013. Fonte: ISPRA.

Tipologia di copertura artificiale

Superfici complessive in percentuale sul totale del

suolo consumato 2013

Edificio in zone residenziali a tessuto continuo 2,5

Edificio in zone residenziali a tessuto discontinuo e rado 11,5

Edificio in zone industriali, commerciali, infrastrutturali e altre aree artificiali 3,5

Edificio in ambito prevalentemente rurale 11,1

Edificio in ambito prevalentemente naturale 1,4

Strade asfaltate in ambito urbano 10,0

Strade asfaltate in ambito prevalentemente rurale 11,6

Strade asfaltate in ambito prevalentemente naturale 2,9

Strade sterrate in ambito urbano 0,6

Strade sterrate in ambito prevalentemente rurale 11,3

Strade sterrate in ambito prevalentemente naturale 3,6

Piazzali, parcheggi, cortili e altre aree pavimentate o in terra battuta 13,1

Serre permanenti 2,0

Aeroporti e porti (aree impermeabili) 0,4

Aree e campi sportivi impermeabili (compresi i campi di calcio) 1,4

Sede ferroviaria 0,9

Altre aree impermeabili 7,9

Campi fotovoltaici a terra 0,5

Aree estrattive non rinaturalizzate, discariche, cantieri 3,8

Tabella 21.2 - Percentuale di superficie per tipologia di copertura persa a causa del consumo di suolo in Italia tra il 2008 e il 2013. Fonte: ISPRA.

Tipologia di copertura agricola o naturale Superfici perse nel periodo 2008-2013 in percentuale sul totale dei cambiamenti

Alberi/arbusti in aree urbane 5%

22%

Altre aree permeabili in ambito urbano 17%

Alberi/arbusti in aree agricole 8%

59%

Seminativi 48%

Altre aree permeabili in ambito agricolo 3%

Alberi/arbusti in aree naturali 5%

19%

Pascoli/ prati /vegetazione erbacea 5%

Rocce/suolo nudo/spiagge/dune 2%

Altre aree permeabili in ambito naturale 7%

22. Il consumo di suolo e le attività estrattive da cave: il caso del Lazio

M. Di Leginio, F. Fumanti, M. Di Gennaro, S. Tersigni, D. Vignani

Nonostante la forte diminuzione degli ultimi anni, l’attività di estrazione di risorse minerarie da cave rappresenta ancora un importante settore dell’economia nazionale nonché la fonte delle bellezze (e delle brutture) dei centri urbani italiani. Tale attività però, anche quando regolamentata, risulta fortemente

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invasiva e può determinare serie problematiche ambientali. Oltre agli impatti temporanei (rumore, polveri, inquinamento, etc.), le pratiche d’estrazione producono modifiche del paesaggio e deterioramento degli ecosistemi, in particolare nelle aree collinari e montane, possibili alterazioni della circolazione e della qualità delle risorse idriche superficiali/sotterranee e perdita, molto spesso irreparabile, di suolo. Le leggi regionali, cui è stata demandata la materia, prevedono, infatti, il ripristino dello stato dei luoghi al termine delle attività di estrazione ma oltre alle possibili violazioni della norma ed alle oggettive difficoltà di ripristinare il luogo in ambiti geomorfologici montani, le norme non riguardano le migliaia di attività chiuse/abbandonate prima dell’entrata in vigore delle leggi regionali. Le leggi regionali demandano la pianificazione dell'attività estrattiva di cava alla regione stessa e/o alla provincia mediante la redazione di Piani regionali (o provinciali) dell'attività estrattiva (PRAE o PPAE). Tali piani contengono prescrizioni circa l'individuazione e la delimitazione delle aree, i fabbisogni, le modalità di coltivazione, i tempi di escavazione e i piani di recupero della cava. La frammentazione della normativa a livello locale ha però determinato una certa disomogeneità sia delle norme sia delle informazioni disponibili. Per cercare di chiarire le diverse zone d’ombra fornendo un quadro omogeneo della reale situazione nazionale, è stato creato un apposito gruppo di lavoro interistituzionale Istat-ISPRA. Il GdL ha avviato, da maggio 2015, una specifica rilevazione, presente nel Programma Statistico Nazionale, svolta tramite il coinvolgimento di tutti gli uffici statistici regionali e degli uffici tecnici regionali e/o provinciali competenti in materia. A livello nazionale si registrano circa 4.900 cave (al 2013) formalmente attive, cioè dotate di autorizzazione in vigore, ma il numero di quelle realmente in produzione è sensibilmente inferiore. Sul territorio della Regione Lazio, il cui piano è stato approvato nel 2011 dal Consiglio Regionale ma la definitiva entrata in vigore è stata successivamente bloccata per l’opposizione di alcune province, sono presenti circa 350 cave in attività che interessano più del 40% dei comuni (161 su 378 comuni totali); in Figura 22.1 è riportato il rapporto percentuale tra superficie interessata da attività estrattiva e superficie consumata totale (con rifermento al 2011). Appare evidente come in alcuni comuni, seppur con dinamiche differenti, l’attività estrattiva sia la causa predominante di consumo di suolo: a Coreno Ausonio (FR), senza considerare le volumetrie del materiale estratto, il territorio consumato per attività estrattiva supera addirittura il 60% del consumo totale (ca. 250 ha) mentre a Riano (RM), altro noto bacino estrattivo regionale, si sfiora il 50%. Particolare è il caso del comune di Riofreddo (RM) dove su quasi 64 ettari di suolo consumato ben 33 sono attribuibili ad un’unica grande cava di calcare. In altri casi i poli estrattivi sono decisamente più estesi (Guidonia Montecelio – Tivoli: circa 354 ettari; Rio Galeria-Magliana: 250 ettari soltanto nel XI Municipio di Roma) ma, poiché inseriti in contesti comunali ad elevata urbanizzazione, le percentuali rispetto al consumo totale risultano minori.

Figura 22.1 - Distribuzione percentuale a livello comunale di suolo consumato per attività estrattiva nella regione Lazio (2011). Fonte: ISPRA.

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