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La lana è il principale prodotto dell’allevamento dell’alpaca.

Negli ultimi anni sono stati intrapresi studi genetici al fine di determinare la qualità della fibra del vello di questi animali, i diversi studi si sono principalmente concentrati sulla valutazione del diametro e del coefficiente di variabilità della fibra (Cervantes et al., 2010).

L’obiettivo di tali studi è la determinazione di criteri oggettivi su cui poter basare la selezione di questi animali per fini commerciali.

La selezione degli Alpaca sulla base della qualità della fibra deve tenere comunque conto delle differenze che possono intercorrere tra la razza Huacaya e la razza Suri (Frank et al., 2006).

Gli individui di razza Huacaya presentano un vello più copioso ed arricciato rispetto a quello della razza Suri, che al contrario è caratterizzato da una crescita delle fibre dritte che conferiscono al vello un aspetto più compatto (Renieri et al., 2009).

Secondo lo studio di Gutiérrez e collaboratori, i parametri genetici sono stati stimati mediante una procedura multitrait applicata a modelli lineari misti, i modelli includevano degli effetti fissi:

- mese/anno di registrazione del gruppo cotemporaneo (in tutto 33 modelli per ogni razza),

- colore del vello (solo in Huacaya, in 2 modelli), - il sesso (maschio o femmina),

- età della tosatura in giorni.

L’analisi basata sui suddetti parametri ha consentito di ottenere un modello genetico lineare che ha permesso di determinare valori medi per la qualità

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della fibra, i quali sono stati riassunti nella seguente Tabella (Gutiérrez et al., 2009).

Tabella 2: media, deviazione standard (sd), punteggio ed abbreviazioni di tutte le caratteristiche delle razze Huacaya (HU) e Suri (SU)

caratteristiche razza media sd

diametro fibra (DF) HU SU 23.07 24.73 4.26 5.01 comfort factor (CF) HU SU 87.73 80.91 15.58 19.46 densità (DE) HU SU 3.28 3.19 0.73 0.56 arricciamento (A) HU 2.8 0.96 struttura bioccolo (SB) SU 2.87 0.76 testa (TE) HU SU 3.13 2.92 0.84 0.61 Copertura (CO) HU SU 3.02 3.12 0.84 0.74 Armonia (AR) HU SU 3.15 3.09 0.58 0.49

DF e DS in μm; CV in %, DE, A e Sb, TE, CO e AR punteggio da 1 a 5

(Gutiérrez et al., 2009 modificata)

Per quanto riguarda le voci riportate in Tabella 2:

il diametro della fibra (DF) è stato misurato a partire da campioni di vello di 2 mm di lunghezza, utilizzando un analizzatore che determina il diametro delle fibre (OFDA 100), il comfort factor (CF) è stato determinato sulla base della percentuale delle fibre con meno di 30 μm di diametro. Le voci che seguono sono state valutate sulla base di un’assegnazione in scala di desiderabilità da 1 (scarso) a 5 (eccellente).

La densità (DE) è stata stimata sulla base del valore dei follicoli per millimetro quadrato, tale valutazione è effettuata manualmente premendo

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sulla spalla nel punto medio dell’articolazione e sulla groppa per determinare la quantità di vello che la mano può afferrare in una volta. Il valore di arricciamento (A) è stato valutato solo su esemplari di razza Huacaya ed è stato valutato il numero delle onde delle fibre per centimetro e la loro ampiezza o altezza, la struttura del boccolo (SB) è stata valutata solo su esemplari di razza Suri, secondo i gruppi di fibre che dovrebbero essere ben definiti indipendentemente dalla loro densità e peso.

Il valore che valuta le fibre della testa (TE) è determinato sulla base della dimensione e della forma della testa stessa, in conformità con le misure dell’alpaca ideale, inoltre sono inclusi nella valutazione, le orecchie ed il muso.

La copertura (CO) determina la presenza o meno di fibra alle estremità del corpo dell’animale, infine l’armonia (AR) determina l’aspetto generale dell’animale con particolare attenzione alla proporzionalità della distribuzione delle fibre lungo le lunghezze dell’animale, dal corpo, al collo, fino alla testa (Gutiérrez et al., 2009).

Dall’analisi dei dati ottenuti è possibile evidenziare come i livelli di ereditabilità varino da moderati ad elevati per la razza Huacaya e da moderati a bassi per la razza Suri, questo suggerisce che il classificatore valuti gli aspetti sopra elencati a seconda della razza presa in esame.

I caratteri che contraddistinguono la fibra della razza Suri potrebbero essere classificati come standard di razza, in quanto lo studio ha evidenziato che tutte le coppie di animali presi in esame hanno delle correlazioni genetiche. In particolare è stato osservato che il maggior numero di correlazioni si hanno per la distribuzione armoniosa del vello e per il parametroche valuta le fibre del v ello che ricopre la testa.

Per quanto riguarda la razza Huacaya il più alto valore di correlazione genetica corrisponde alla densità della fibra e all’arricciamento.

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Questo suggerisce che nella valutazione degli individui di razza Huacaya il classificatore è meno influenzato dalla bellezza dell’animale a favore di una maggiore oggettività nella valutazione della produzione della fibra (Gutiérrez et al., 2009).

Sono stati effettuati studi inerenti l’effetto della genetica nelle variabili di sesso ed età.

Per quanto riguarda la variabile sesso, non sono state trovate differenze significative nei tratti genetici analizzati, tranne che per quanto riguarda una piccola porzione di popolazione di castrati, che hanno dimostrato di avere una fibra più pesante e una maggior quota di lana grossolana prodotta.

Il test ha inoltre evidenziato come la popolazione di femmine più anziane, circa 17 anni di vita, produca fibre più brevi (109.8 mm contro i 129.0 mm) rispetto a quelle prodotte dalla popolazione maschile (Wuliji at al., 2000). Un’altra piccola differenza è riferita alla resistenza della fibra, 38.7 N/kilotex per i maschi e 44.5 N/kilotex per le femmine.

La minor resistenza delle fibre, se sottoposte a forza, che cratterizza il vello delle femmine potrebbe essere ricondotto al fatto che il ciclo riproduttivo supera i due anni (Hunter et al., 1990).

Per quanto riguarda il fattore legato alla variabile età, è stato osservato che le fibre di animali più giovani sono più delicate e più facilmente sottoposte a rottura durante la loro lavorazione e quindi si possono presentare dei problemi di trasformazione.

All’aumentare dell’età diminuisce il Comfort Factor (ossia la percentuale di fibre che hanno meno di 30 μm di diametro), così come la curva di crescita e la lunghezza della fibra (Lupton et all., 2006).

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A seconda dell’età un alpaca può produrre dai 3 ai 6 Kg di lana all’anno, essendo animali longevi, in 30 anni di vita un singolo esemplare può arrivare a produrne fino a 120 Kg.

La tosatura viene di solito effettuata in primavera, così da evitare che l’animale possa soffrire la calura estiva.

La lana più pregiata è quotata fino a 250 €/Kg, in Paesi come l’Australia o la Nuova Zelanda, ma in Italia è difficile trovare un mercato disposto ad acquistare lana per valori superiori a 100 €/Kg, (www.money.wired.it) valore comunque elevato e lontano da quello stimato da Coldiretti nel 2012, per il mercato della lana di pecora in Italia, che veniva venduta a 1.22 €/Kg (www.sardegna.coldiretti.it).

La lana di alpaca presenta una moltiplicità di colori naturali ed è l’unico animale al mondo a vantare una vasta gamma di tonalità: dal bianco puro fino al fulvo, tutta la gamma di marroni e beige, fino al nero carbone, si possono annoverare più di 22 colori naturali.

Figura 14 www.localharvest.org

Una volta che l’animale viene tosato la lana viene lavata e pettinata e successivamente filata, spesso a mano (www.mondosolidale.it).

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La fibra del vello di alpaca è rinomata per la sua sofficità al tatto e per le sue caratteristiche termiche.

È molto apprezzata soprattutto per non causare reazioni allergiche, dunque è ben tollerata quando viene portata direttamente a contatto con la pelle, è perciò indicata nell’abbigliamento intimo dei neonati (Patrizi et al., 2011).

7.2

La carne

All’inizio degli anni ’90 nelle Ande erano annoverati poco più di 2.8 milioni di alpaca (Wheeler, 1993), questi animali per le popolazioni autoctone costituivano un’importante risorsa proteica.

Dato lo sviluppo dell’allevamento di questa specie animale anche in Paesi come il Nord America e l’Europa, alcuni studiosi hanno cercato di determinare la qualità della carne di questi animali per poter ottenere un prodotto secondario dell’allevamento (Cristofanelli et al., 2005).

Lo studio condotto da Pérez et al. (2000) era basato sull’impiego di 40 alpaca maschi di 25 mesi si età, gli animali erano originari del Sud America, allevati secondo un sistema di allevamento estensivo, con alimentazione naturale su pascoli spontanei.

Gli animali sarebbero stati condotti al macello, pesati in loco dopo un digiuno di 24 ore e macellati con la stessa procedura impiegata per le vacche da carne.

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Tabella 3: caratteristiche della carcassa di alpaca

Unità di misura Valore

Peso vivo al macello Kg 46.1 ± 2.23

Lunghezza carcassa cm 71.1 ± 1.9

Resa % 53.0 ± 0.84

Peso carcassa a caldo Kg 24.4 ± 1.53

Area muscolo 1 cm2 33.8 ± 2.9 Coscio % 34.4 ± 1.1 Spalla % 23.7 ± 1.3 Torace % 17.7 ± 1.6 Lombata % 16.8 ± 2.2 Collo % 6.8 ± 0.14 Coda % 0.25 ± 0.01 1

area del muscolo Longissimus Torachis et Lomborum, misurato alla dodicesima costola.

(Pérez et al., 2000)

Tabella 4: caratteristiche della carcassa di ovini (con classe di conformazione R)

Unità di misura Valore

Peso vivo Kg 32.72 Peso carcassa Kg 16.53 Resa % 50.48 Collo % 10.55 Spalla % 17.55 Coscio % 31.88 Torace % 24.81 Lombata % 11.65 (www.ismea.it)

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Per meglio determinare la qualità della carne di alpaca sono stati messi a confronto i dati di tabella 3 con quelli di tabella 4, che sono riferiti alle caratteristiche della carcassa di ovini.

Gli ovini si prestano a questo confronto meglio dei bovini per il peso vivo similare e per la modalità di allevamento e di alimentazione, spesso prettamente pascoliva.

Confrontando le due tabelle (3 e 4) si osserva che la resa media al macello è maggiore per l’alpaca e si aggira intorno al 53%, mentre per gli ovini è circa il 50%.

La resa dei tagli è maggiore per gli alpaca, anche se di pochi punti percentuale per quanto riguarda il coscio (34% ca. contro il 31% ca. per gli ovini), la spalla (23% ca. e 17% ca.), lombata (16% ca. e 11% ca.), mentre negli ovini risulta maggiore la percentuale di torace (24% ca. contro 17% ca. dell’alpaca).

Dunque in termini di resa di macellazione e di tagli commerciali, la carne di alpaca sembra abbia caratteri quantitativi che possano sostenere un eventuale mercato per la carne di questi animali.

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Tabella 5: Confronto tra la composizione chimica della carne di alpaca, manzo e bovino adulto (alimentati su pascolo).

Parametro Unità di misura

Alpaca Manzi Bovino

adulto Acqua % 74.07 72.34 73.73 Proteine % 22.69 20.43 21.45 Grassi % 2.05 3.38 1.71 Colesterolo mg/100g grasso intramuscolare - 45.65 45.79 Ceneri % 1.10 0.90 1.03

(Salvá et al., 2009) (Graças Padre et al., 2006)

Dalla tabella 5 si evince che la carne di alpaca da un punto di vista chimico non si differenzia molto da quella bovina.

È una carne che apporta una notevole quantità di proteine, non molto distante in punti percentuale rispetto a quella bovina, la quale però sembra essere più grassa.

Per la carne di alpaca non è ancora stato stimato il quantitativo di colesterolo che potrebbe apportare, per cui non è possibile determinare gli effetti di questo alimento in una dieta Mediterranea (Salvá et al., 2009).

7.3

Il latte

Il latte è il prodotto della secrezione mammaria, in quanto mammiferi anche gli alpaca producono latte e dunque è opportuno accennare all’anatomia della ghiandola mammaria di questi camelidi.

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Nelle femmine prepuberi e nullipare sono visibili sono i piccoli capezzoli, in quanto il tessuto mammario non si sviluppa completamente fino alla fine della prima gravidanza.

La conformazione della mammella può cambiare in base alla razza, l’età e la fase di lattazione (Smuts et al., 1987).

Durante il primo mese di vita del cria, in concomitanza cioè con il picco di lattazione, è possibile apprezzare l’aumento di volume della mammella, oltre ad un buon sviluppo del drenaggio venoso (Tibary et Anouassi, 2000). La mammella dei camelidi è costituita da quattro quarti ghiandolari, ciascuno con un proprio capezzolo.

La metà destra e sinistra della mammella sono separate l’una dall’altra da una membrana fibroelastica, il tessuto si estende dalla linea alba (corda tendinea che si estende tra la cartilagine xifoidea ed il bordo craniale della pelvi, dove è inserito il tendine prepubico –König et Liebich, 2007-) al tendine prepubico, ed è possibile apprezzare una scanalatura tra la metà sinistra e la metà destra della mammella (Nosier, 1974).

La parte laterale dei quarti è coperta da tessuto della tunica addominale e la parte caudale dalla parete addominale.

I quarti anteriori e posteriori sono indipendenti, ma non vi è una visibile separazione tra loro.

I capezzoli che sono diretti cranio-vemtralmente possiedono due aperture (Smuts et al., 1987).

Grazie all’impiego di radiografie con metodi di contrasto è stato possibile osservare in maniera più meticolosa l’anatomia della mammella di camelidi.

È stato osservato che ogni quarto è composto da due ghiandole distinte, ciascuna delle quali porta, mediante un canale di separazione, all’interno del rispettivo capezzolo.

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Ogni ghiandola mammaria è costituita da parenchima, stroma connettivale, dotti e sistemi alveolari.

La ghiandola è costituita da diversi lobuli individuali separati da setti di tessuto connettivo.

Il sistema di canali inizia con piccoli dotti intratubolari che si allargano progressivamente, ciascun canale è rivestito da un epitelio.

Le unità secretorie, acini o alveoli, sono piccole vesciche di dimensioni disuguali che formano il sistema del lobulo alveolare, il quale mostra una grande variabilità a seconda dell’attività secretoria della ghiandola e del momento dello stadio della lattazione in cui l’animale si trova (Fowler, 1998).

Figura 15 (www.suncrow.com)

Il latte è un prodotto dell’allevamento dell’alpaca che non viene impiegato per altri scopi se non per l’alimentazione del cria., il quale raddoppia il proprio peso nei primi 30 giorni di vita, quando cioè il loro sostentamento dipende strettamente dal latte materno.

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Per comprendere le esigenze nutrizionali del cria è fondamentale conoscere dati concreti sulla composizione del latte di alpaca.

Sono stati condotti alcuni studi sulla qualità del latte di alpaca, nel 1987 Jimenez e collaboratori hanno determinato un contenuto di grassi pari al 4.4% ed un contenuto proteico pari al 5.67%.

Più recentemente Parraguez et al. (2003) hanno condotto uno studio inerente la composizione del latte di alpaca utilizzando campioni di latte di massa di 42 individui, i risultati sono riportati nella seguente tabella (6).

Tabella 6: confronto composizione latte di alpaca con la composizione di latte di specie ad interesse zootecnico

Grasso % Proteine % Lattosio % S.s. %

Alpaca 3.68 4.53 6.00 15.06

Vacca 3.46 3.43 4.71 12.38

Pecora 7.54 6.17 4.89 19.52

Capra 4.62 3.41 4.47 13.23

Asina 1.21 1.74 6.23 9.61

(Parraguez et al., 2003) (www.agraria.org)

In tabella 6 sono sono state messe a confronto le varie composizione del latte di specie di interesse zootecnico con quella del latte di alpaca.

È possibile notare come la quantità di grasso del latte di alpaca si avvicini molto ai valori del latte di vacca riportati in bibliografia, mentre il contenuto percentuale in proteine differisce dagli altri, ma si colloca a metà tra i valori riferiti per vacca/capra e pecora.

Il lattosio contenuto nel latte di alpaca sembra essere molto vicino al valore riportato per il latte d’asina.

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Infine il contenuto di sostanza secca del latte di alpaca sembra essere uno dei valori maggiori tra quelli riportati, secondo solo a quello di pecora, ma comunque lontano dagli altri valori.

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