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L'allevamento dell'Alpaca in Toscana: studio preliminare sulla qualita' del latte

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali

L’allevamento dell’Alpaca in Toscana:

analisi preliminare sulla qualità del latte

Candidato Relatore

Giada Del Plavignano Mina Martini

Correlatore Federica Salari

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“Quando gioco col mio alpaca, chissà se sono io

che mi sto divertendo con lui o lui con me”

(Michel de Montaigne

)

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ABSTRACT

Scopo di questo studio è stato quello di effettuare un’analisi preliminare della qualità, della composizione minerale e del profilo acidico del latte di alpaca allevati nel territorio toscano al fine di fornire dati per un’eventuale formulazione di latte artificiale per i cria.

Allo studio hanno partecipato due aziende localizzate rispettivamente nella provincia di Firenze e di Grosseto che sono state sottoposte sia ad indagine conoscitiva che a prelievi di latte.

I campioni di latte individuali , provenienti da femmine pluripare, sono stati sottoposti ad analisi per determinarne la composizione chimica,, il contenuto minerale ed il profilo acidico.

I dati sono stati sottoposti ad analisi statistica mediante un modello per misure ripetute con l’azienda (1,2) ed il momento della lattazione (30,60) come effetti fissi ed il soggetto come effetti random.

La qualità del latte non subisce significative variazioni durante la

lattazione, mentre le due aziende mostrano contenuti diversi di proteine e caseine. Anche la composizione minerale non subisce variazioni durante la lattazione, solo lo zinco (Zn) è significativamente maggiore a 60 giorni Il profilo acidico del latte valutato durante il corso della lattazione non mostra differenze significative, eccezion fatta per gli acidi grassi C18:1 trans9, C18:2 trans 9,12 e C22:6 che aumentano significativamente a 60 giorni di lattazione, mentre le due aziende il mostrano contenuti

significativamente diversi SFA, MUFA e PUFA, oltre che al contenuto di acidi grassi quali C18:1trans11, di CLAcis9trans11, di C18:2trans9,12 e di C18:2cis 9,12.

Parole chiave: alpaca,qualità del latte, profilo acidico, contenuto minerale, tecniche di allevamento

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ABSTRACT

The purpose of this study was to perform a preliminary analysis of the quality, the mineral composition and fatty acid profile of alpacas’ milk in order to provide data for a possible milk substitute for cria.

The study involved two farms located in the province of Florence and Grosseto.

For each farm, individual milk samples, from multiparous females, were analysed for chemical composition, mineral content and fatty acid profile. Data were statistically analyzed using a model for repeated measures with the farm (1.2) and the time of lactation (30, 60) as fixed effects and subject as random effects.

The quality of the milk does not change significantly during lactation, while the two farm show different content of protein and casein. Also the mineral composition does not change during lactation, only zinc (Zn) is significantly greater at 60 days.

The fatty acid profile of milk does not show significant differences during lactation except for the fatty acids C18: 1 trans9; C18: 2 trans-9,12 and C22: 6 that significantly increase at 60 days, while the two farm show different contents of SFA, MUFA and PUFA, in addition to the content of other fatty acids such as C18:1trans11, cis 9trans11 CLA, of C18: 2

trans9,12 and C18:2cis9,12 .

Keywords: alpaca, milk quality, fatty acid profile, mineral content, breeding techniques

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INDICE

INTRODUZIONE

pag.8

1.

ORIGINE FILOGENETICA DELL’ALPACA

pag.8

2.

ORIGINE DELL’ALLEVAMENTO DI ALPACA

pag.11

3.

CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE

pag.13

4.

CARATTERISTICHE FISIOLOGICHE

pag.18

4.1 Caratteristiche apparato gastro-enterico pag.18

4.2 Alimentazione e nutrizione pag.21

4.3 Caratteristiche riproduttive pag.26

5.

SOCIETÀ ITALIANA ALPACA (S.I.A.)

pag.32

6.

SOCIETÀ NAZIONALE ALPACA E LAMA

(S.N.A.E.L.)

pag.34

7.

TIPOLOGIE DI PRODUZIONE

pag.36

7.1 La lana pag.36

7.2 La carne pag.41

(7)

7

CONTRIBUTO SPERIMENTALE

pag.48

8.

SCOPO DEL PROGETTO

pag.48

9.

MATERIALI E METODI

pag.48

9.1 Indagine conoscitiva per l’arruolamento delle aziende

pag.48

9.2 Analisi qualitative del latte pag.49

9.3 Analisi statistica pag.50

10.

RISULTATI DELL’INDAGINE

pag.51

10.1 Le aziende pag.51

10.2 Composizione chimica del latte pag.57

10.3 Elementi minerali pag.59

10.4 Profilo acidico del latte pag.64

11.

CONCLUSIONI

pag.72

12.

BIBLIOGRAFIA

pag.73

13.

SITOGRAFIA

pag.84

(8)

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INTRODUZIONE

1. ORIGINE FILOGENETICA DELL’ALPACA

L’alpaca è un mammifero appartenente alla famiglia dei Camelidae, al genere Vicugna, alla specie Vicugna pacos.

Altri membri della famiglia dei Camelidi sono il vicuna (Vicugna vicugna), il lama (Lama glama) ed il guanaco (Lama guanicoe). (www.genome.wustl.edu)

Figura 1 Vicugna vicugna (www.extraconfidencial.com)

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Figura 3 Lama guanicoe (www.rhamphotheca.tumblr.com)

Da alcuni reperti paleontologici, ritrovati in Nord America, è emerso che l’origine dei Camelidi risale a 16 milioni di anni fa.

Durante la fine del Pliocene gli antenati dei Camelidi migrarono in Nord America mediante il ponte di terra di Bering.

La migrazione nel Sud America di alcuni esemplari ha permesso la loro sopravvivenza durante l’era glaciale pleistocenica, così da dar vita ai discendenti che conosciamo oggi (Reiner et Bryant, 1983).

Da uno studio condotto in Sud America è emerso che l’origine dell’alpaca domestico è controversa, questo a causa dell’ibridazione subita da questa specie con altre sue antenate.

La tradizione rimanda l’origine dell’alpaca al Lama guanicoe per la sua natura di animale di facile addomesticabilità, dunque concettualmente lontana dalla specie Vicugna vicugna, la quale si pensa non sia mai stata addomesticata.

Per cercare di chiarire quale fosse la reale origine dell’alpaca è stato

condotto, circa un decennio fa, uno studio nel quale sono stati analizzati dei campioni di DNA di alpaca sia domestici che selvatici.

I risultati rivelarono che gli alpaca domestici presentavano una

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tale relazione dalla possibilità che quasi tutti gli esemplari presi in esame fossero degli ibridi, al contrario l’analisi del DNA condotta su alpaca selvatici, mostrò una corrispondenza maggiore tra il DNA di alpaca e quello di Vicugna vicugna.

A dare supporto all’interpretazione effettuata sul DNA microsatellite, è stata condotta un’analisi combinata di un marcatore su un sottoinsieme di campioni, da questo la conferma che l’alpaca discende dal Vicugna vicugna e dunque, è stata necessaria la sua riclassificazione tassonomica come

Vicugna pacos (Kadwell et al. 2001).

Si distinguono due razze di alpaca esistenti Huacaya e Suri, le quali si differenziano per le proprietà delle fibre dei mantelli.

(www.genome.wustl.edu)

Figura 4 V. pacos Huacaya Figura 5 V. pacos Suri

(www.atlasalpacas.com) (www.llamas-alpaca.com)

La razza Huacaya è la più comune e presenta un vello arricciato ed un fiocco a blocchi, la lana è accomunabile a quella di pecore di razza Corriedale, la più vecchia di tutti gli ibridi Merino-Lincoln.

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Il vello della razza Suri è meno comune, è molto brillante con un vello poco arricciato ed un fiocco che presenta l’attacco dei blocchi più morbido rispetto alla razza Huacaya, inoltre i blocchi appaiono distinti.

La razza Suri ricorda, per la lucentezza del vello, le pecore Lincoln o Longwool, allevate in Gran Bretagna (Sponenberg, 2010).

Figura 6 razza Corriedale Figura 7 razza Lincoln-Longwool

(www.zeithound.blogspot.com) (www.lavenderfleece.com)

2.

ORIGINE DELL’ALLEVAMENTO DI ALPACA

Gli alpaca possiedono come habitat naturale gli altipiani andini del Perù e della Bolivia, il loro addomesticamento risale a circa cinquemila anni fa, quando l’impero Inca iniziò ad apprezzare le caratteristiche del vello di questi animali (www.agraria.org).

Infatti, l’allevamento selettivo di alpaca sembra risalire al 4.300 a.C. e reperti più attendibili indicano che, a partire dal 550 a.C., gli alpaca fossero allevati per la produzione di lana, la quale veniva poi trasportata dalle montagne alle coste del Perù dove veniva venduta.

Successivamente, tra il 1.200 ed il 1.532 d.C., l’impero Inca sfruttò l’allevamento di alpaca per il trasporto di eserciti e merci, nonché per la produzione di lana (Reiner et Bryant, 1983).

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Da allora in poi l’alpaca, ed i camelidi in generale, hanno occupato un importante ruolo sia dal punto di vista economico, sia sociale, nonchè religioso per le popolazioni andine.

I prodotti tessili derivanti dall’allevamento di alpaca erano scambiati in tutte le Ande, la loro carne consumata, mentre la pelle e le ossa impiegati come materiali per la produzione di utensili, ornamenti e come

combustibile.

I camelidi domestici destavano, inoltre, un’interesse religioso nelle

popolazioni andine, tanto che venivano sacrificati e deposti in tombe al fine di soddisfare funzioni religiose simboliche e le loro interiora venivano impiegate per la divinazione di presagi.

Infine questi animali venivano considerati come simbolo di prestigio e forte marcatore di identità (Dufour et al., 2014).

Durante il periodo della conquista ispanica, intorno al 1500, alpaca e lama erano considerati come unico bestiame da soma e venivano impiegati nel trasporto di carovane, cruciali per lo sviluppo di estese reti commerciali. Nonostante ciò, durante questo periodo storico, l’alpaca rischiò l’estinzione e fu solo nel 1800 che fu riscoperto ed apprezzato per la qualità della sua lana (www.agraria.org).

Oggi l’allevamento di alpaca è essenzialmente limitato agli altipiani andini, in eco-zone denominate puna che comprendono altipiani compresi tra i 3.900 ed i 4.500 metri sul livello del mare.

Tali zone sono caratterizzate da bassi livelli di ossigeno, rare variazioni termiche intra-annuali, ma variazioni della temperatura durante il giorno ed un elevato tasso di precipitazioni atmosferiche.

L’acqua per il sostentamento degli animali e dei pascoli è infatti fornita dalle piogge e dalle altre precipitazioni nel corso dell’anno, durante soprattutto, la stagione delle piogge.

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La vegetazione comprende zone umide e torbose, le quali sono

naturalmente favorevoli all’allevamento di alpaca, le cui condizioni di vita ottimali variano a seconda della funzione a cui l’animale è destinato

(Dufour et al., 2014).

Negli ultimi anni l’allevamento di alpaca ha iniziato ad interessare anche alcuni Paesi europei come Svizzera, Inghilterra, Germania ed Italia. (www.agraria.org)

3. CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE

Le quattro specie di camelide americano esistenti hanno la caratteristica di possedere un numero pari di cromosomi, questo determina la loro non crociabilità, pertanto ogni specie ha sviluppato caratteristiche diverse. (www.peruparadisetravel.com)

Figura 8 (animalweb2003.altervista.org)

L’alpaca fino all’ultimo decennio scorso era classificato tassonomicamente come Lama pacos, credendolo discendente del Lama guanicoe (guanaco). Il guanaco (hanaku dal quechua, l’antico idioma andino) è alto circa 1.20 metri, possiede un collo lungo, zampe lunghe e magre, il vello si presenta lanoso e di colore marrone, mentre ventralmente assume una colorazione più biancastra.

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L’habitat spazia dalle pianure aride alle Ande fino a 4.000 metri di

altitudine, in quanto animale cosmopolita, lo si può trovare in tutto il Sud America.

Nella provincia desertica della Patagonia Argentina, Santa Cruz, vivono più di un milione di guanacos, i quali hanno colonizzato zone dove è possibile trovare pascoli floridi ed acque pulite.

La pelle di questi animali viene impiegata per la produzione tessile ed in particolare dei tipici quillangos, pesanti coperte per il freddo.

Sono animali facilmente addomesticabili e vivono in branco o mescolati con i Lama, dei quali rappresentano i predecessori

(www.storieeracconti.it).

Grazie a studi recenti sul DNA di alpaca è stato possibile identificare l’antenato di questi animali, ossia il Vicugna vicugna, dal quale deriva la nuova classificazione tassonomica dell’alpaca: Vicugna pacos.

Il vicogna (huikuña dal quechua),tra i camelidi andini, è il più piccolo nonostante possa misurare fino ad 1.30 metri di altezza, infatti presenta un corpo più gracile rispetto alle altre specie, ma riesce comunque a possedere dei movimenti agili.

Il vello è di colore marrone chiaro tranne che sul ventre, il petto e l’interno delle zampe caratterizzate da un mantello bianco.

Sul petto il vicogna presenta dei crini che possono arrivare a misurare fino a 20 centimetri di lunghezza.

Alla nascita pesa 5 Kg e nell’età adulta arriva a pesarne 40 Kg (www.peruparadisetravel.com).

L’alpaca (pacocha dal quechua) ha una forma più ricurva e piccola ripetto al guanaco e presenta una notevole varietà di colori del mantello, per il quale non è possibile effettuare una determinazione univoca.

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Può raggiungere l’altezza di 1.50 metri ed un peso medio di 64 Kg, alla nascita un cria pesa circa 7 Kg.

Anche per gli alpaca, come per la maggior parte degli animali da reddito allevati, esistono degli standard di razza, i quali stabiliscono delle linee guida nel giudizio degli animali, sia per gli allevatori che per i giudici di mostre.

Le due razze di alpaca, Huacaya e Suri, come già visto, si differenziano solo per le caratteristiche del vello, dunque è possibile affidarsi per entrambi ad un solo schema.

L’alpaca si presenta come un animale aggraziato, dal corpo armonioso e portamento eretto, porta la testa alta con ciuffo denso, possiede occhi scuri ed orecchie a punta di freccia.

Il tronco è forte e l’ossatura, soprattutto delle gambe, appare vigorosa ed il vello ricopre interamente l’animale fino ai piedi.

Le proporzioni ideali dovrebbero essere: collo, tronco e gambe rispettivamente tutte un terzo dell’altezza.

L’alpaca ideale è inscritto in un quadrato (www.alpacas-gardena.it).

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Testa:

presenta un aspetto forte, ben disegnata, di media lunghezza ed il muso è quadrato. Gli occhi sono di forma ovale, attenti e ben distanziati, sporgono leggermente dalle orbite, appaiono larghi e profondi e possono essere di colore castano o nero.

Il naso presenta due narici ben definite, il labbro superiore è diviso e mobile.

Le orecchie sono di media lunghezza, coperte da un pelo corto e soffice, erette e a forma di “baionetta”.

Le mascelle chiudono bene e gli incisivi della mandibola si chiudono sul cuscinetto dentale superiore.

Collo:

il collo è dritto e sottile ed è una linea continua rispetto alla spina dorsale e si fonde armoniosamente con la spalla.

Sezione frontale:

il petto appare largo e profondo, il garrese è ampio dove si incontrano le spalle, è muscoloso e ben inserito, le spalle formano una linea dritta con la schiena.

Tronco:

possiede una profonda circonferenza toracica con costole ben cerchiate. La schiena è robusta e la linea superiore leggermente convessa.

La regione lombare è larga, robusta e piatta, la groppa si presenta lunga e larga.

Sezione posteriore:

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La coda è dritta, attaccata leggermente in basso in modo da coprire i genitali. Le cosce sono forti e muscolose. L’altezza delle articolazioni femorali e delle spalle devono essere uguali.

Arti:

gli arti anteriori devono presentarsi forti e dritti, i posteriori, visti da dietro, sono dritti e paralleli. I metacarpi sono solidi e dritti, i piedi ben formati e con due dita che puntano in avanti e che portano ognuno un’unghia dritta e forte.

La pianta del piede è coperta da un cuscinetto.

Genitali maschili:

lo scroto è solidamente attaccato, di piccole dimensioni e contiene due testicoli di dimensioni uniformi.

Genitali femminili:

la vagina è coperta dalla coda, di medie dimensioni e deve avere un orientamento verticale e non orizzontale.

Altezza e peso:

l’animale adulto misura circa 90 cm al garrese e può superare i 60 Kg di peso.

Deambulazione:

il passo dovrebbe avere una lunghezza media e dovrebbero essere tracciate, idealmente, due linee parallele al momento della falcata, il piede posteriore segue quello anteriore.

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4. CARATTERISTICHE FISIOLOGICHE

4.1 Caratteristiche apparato gastro-enterico

L’alpaca, come tutti gli altri membri della famiglia dei camelidi, non è un ruminante, ma per diverse caratteristiche dell’apparato gastro-enterico viene definito pseudo ruminante.

Studi di caratteristiche di fermentazione hanno dimostrato che il processo di fermentazione anaerobica ed il prodotto finale della ruminazione, in acidi grassi volatili, dei camelidi è simile a quello prodotto dai ruminanti (Stevens 1971).

I microrganismi presenti nei prestomaci dei camelidi sono uguali ai microrganismi ritrovati in altri sistemi di fermentazione anaerobici. La dinamica di popolazione delle differenti specie batteriche, che è possibile ritrovare all’interno dei prestomaci dei camelidi, dipende soprattutto dalla fonte di materiale ingerito (Navarre et al., 1999).

Le labbra dell’alpaca possiedono caratteristiche che le rendono uniche, in quanto il labbro superiore presenta una schisi e questo permette il

movimento indipendente di ogni lato del labbro.

Tale particolarità permette all’alpaca di essere molto selettivo sulle essenze di cui nutrirsi, la lingua infatti, non partecipa all’afferramento del cibo, a differenza dei bovini, e raramente esce dalla bocca; quindi gli alpaca non riescono a leccare loro stessi, i loro piccoli o più importante, da un punto di vista nutrizionale, non riescono a leccare i blocchi di sale.

Gli incisivi degli alpaca sono saldamente fissati nella parte antero-inferiore della mascella, come per i piccoli ruminanti ed impiegano circa 4/5 anni per la sostituzione completa ed il loro sviluppo.

I movimenti della mandibola permettono il taglio efficiente del cibo e la sua frantumazione, ma spesso la masticazione è grossolana, infatti si

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avvalgono della masticazione mericica per una corretta digestione dell’alimento (www.alternativeview.net).

Figura 10 tratto gastro-enterico dell'alpaca (www.alternativeview.net)

I ruminanti possiedono quattro compartimenti: rumine, reticolo, omaso, abomaso ed il rumine appare suscettibile al rigonfiamento, mentre gli pseudo ruminanti possiedono tre compartimenti C1, C2, C3 ed il C1 appare resistente al rigonfiamento (www.evolutionfarmvets.co.uk).

I neonati possiedono un grande vero stomaco ed un C1 poco sviluppato che per 8 settimane cresce in maniera proporzionale, ma solo intorno alle 12 settimana di vita del cucciolo avrà raggiunto la dimensione e la funzionalità finale, ossia di digestione della fibra vegetale.

Il C1 è posizionato sul lato sinistro dell’addome e costituisce circa l’80% del volume dei prestomaci, il C2 rappresenta il 6% del volume totale ed insieme riescono a contenere fino a 10-15 litri di alimento digerito. Sulla superficie degli stomaci sono presenti delle sacche ghiandolari che permettono l’assorbimento di sostanze nutritive, la secrezione di muco,

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glicoproteine ed urea, al fine di fornire un’ambiente ottimale per la sopravvivenza e l’azione dei microbi.

Infine, tali ghiandole sembrano permettere la secrezione di bicarbonato il quale permette di tamponare l’acidità gastrica di C1 e C2.

L’apertura tra C1 e C2 è grande tale da permettere il passaggio dall’uno all’altro di piccole frazioni minerali che intercorrono alla variazione del pH da 6 a 7.

Infine il C3, il quale rappresenta il 14% del volume dei prestomaci, è tubulare ed è situato sul lato destro dell’addome.

L’ultima parte del tratto di C3, un quinto del totale, possiede vere

ghiandole gastriche ed il pH ha un valore di 2-3, dunque soluti ed acqua sono rapidamente assorbiti (Lemosquet et al. 1996).

La motilità dei prestomaci è fondamentale per una fermentazione continua e gli stomaci degli alpaca presentano una maggior velocità contrattiva rispetto a quella dei ruminanti, dunque la stratificazione dell’alimento è minore, da qui risulta maggiore l’esposizione del contenuto prestomacale ai microbi.

Nel C1 sono prodotti gas che provocano dalle 3 alle 4 eruttazioni ad ogni ciclo di motilità, questo potrebbe spiegare il motivo per cui gli alpaca, rispetto ai ruminanti, sono più resistenti all’accumulo di gas e gonfiore clinico.

Il rigurgito, dovuto al rifluire del cibo, si verifica durante la miscelazione ed il contenuto dello stomaco viene risucchiato in esofago e portato da un’onda antiperistaltica alla bocca.

Come nei ruminanti, la fibra più grossolana viene rigurgitata per consentire una nuova masticazione ed aumentare la superficie di attacco per i batteri, nonchè per stimolare la secrezione salivare.

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L’intestino tenue degli alpaca adulti è lungo 8 metri ed ha la funzione di digerire ed assorbire i nutrienti, dal tenue il bolo decorre in cieco e crasso (di 6 metri di lunghezza), quest’ultimo ha la funzione di assorbimento di acqua, minerali e vitamine, secerne muco e permette un’ulteriore azione microbica sul contenuto gastro-intestinale (Heller et al. 1984).

4.2 Alimentazione

L’alimentazione degli alpaca, soprattutto nei Paesi dove questi animali sono stati importati, assumono un aspetto importante e devono essere attentamente studiati per sopperire alle carenze che si possono manifestare a causa delle differenti condizioni climatiche che si possono presentare (Liu et al., 2009).

A tal proposito sono stati condotti una molteplicità di studi inerenti

l’adattamento alimentare degli alpaca e le modalità con cui questo animale si alimenta, quindi sono stati messi a confronto con le abitudini alimentari dei ruminanti di interesse zootecnico, quali capre, pecore e bovini.

Secondo alcuni studi i camelidi sudamericani possiedono una maggiore efficienza digestiva rispetto ai ruminanti (Hintz et al., 1973; San Martin et Bryant, 1989), mentre secondo altri non ci sono alcune differenze (Florez 1973; Foose 1982; Engelhardtet al. 1977; Warmington 1989).

Tali risultati contraddittori possono essere dovuti all’uso, nello studio, di alimenti a differente qualità.

Lo studio di San Martin e Bryant (1989) ha evidenziato una migliore capacità digestiva nei camelidi, rispetto agli ovini, alimentati con alimenti fibrosi e a basso contenuto proteico.

Lo stesso studio ha però evidenziato che nelle diete a base di alimenti di qualità, dunque con poco contenuto in fibra grezza ed elevato contenuto

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proteico, gli ovini possiedono una migliore capacità digestiva rispetto ai camelidi.

Lo studio di Warmington et al. (1989), evidenziò come non ci fossero differenze nell’efficienza digestiva di camelidi ed ovini, entrambi nutriti con foraggi di bassa qualità.

Nonostante le contraddizioni apportate dagli studi analizzati, è possibile affermare che i camelidi sudamericani abbiano un’elevata capacità di adattamento alimentare, soprattutto riguardo l’utilizzo di alimenti di scarso valore qualitativo.

Tali capacità digestive hanno permesso ad alcuni Paesi, soprattutto in America Latina, di poter sfruttare zone aride, caratterizzate da scarse risorse alimentari, mediante l’introduzione di camelidi.

Sempre dalla letteratura, sembra che l’efficienza digestiva dei camelidi migliori alle altitudini maggiori (López et Raggi 1992).

Lo studio dei fabbisogni alimentari per gli alpaca non è semplice e non esistono degli organismi scientifici che si occupano delle esigenze nutrizionali di questi animali e che riescono, quindi a fornire una guida pratica alla loro nutrizione (Sponheimer et al., 2003).

Un numero limitato di studi ha tentato di definire quali siano le esigenze nutrizionali degli alpaca, ma si trattava di esperimenti non basati su di un’alimentazione di tipo controllata.

L’esiguità di tali informazioni impedisce di poter fornire delle raccomandazioni nutrizionali su base scientifica (Van Saun, 2006).

A questo proposito, essendo la nutrizione un requisito fondamentale per il mantenimento delle funzioni normali del corpo nel tempo (crescita,

gravidanza, lattazione, lavoro, ecc.), il National Research Council (NRC), ha stabilito di estrapolare delle raccomandazioni alimentari per alpaca sulla base dei fabbisogni alimentari di ruminanti come pecore, capre e bovini da carne.

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Sulla base di questo presupposto sono state tentate varie ipotesi al fine di definire dei range nutrizionali per i principali nutrienti.

In primis è stato preso in considerazione il fabbisogno di acqua il più

essenziale tra i nutrienti, in quanto ha un importante ruolo nella regolazione della temperatura corporea, oltre a fornire un mezzo acquoso per tutte le reazioni metaboliche.

Nei giovani la percentuale di acqua nell’organismo si aggira intorno all’85-90%, mentre negli adulti può variare tra il 60 ed il 70% a seconda del tenore di materia grassa.

Dall’acqua dipende anche la capacità di consumo della sostanza secca ossia, quando le risorse di acqua sono poco disponibili il consumo dell’alimento diminuisce.

L’acqua dovrebbe essere sempre a disposizione dell’animale e la sua qualità elevata: fresca, pulita, illimitata.

Il fabbisogno giornaliero di acqua è determinato dal peso corporeo, dallo stato fisiologico, dal livello di attività motoria, dalla produttività, dalla composizione della dieta, oltre che dalle condizioni ambientali (Rübsamen et Engelhardt, 1975).

Il fabbisogno di acqua è correlato al fabbisogno energetico (1ml/kcal di assunzione di energia metabolizzabile) o al peso corporeo metabolico (122 ml/kgBW0.75).

Una regola più generale applicabile per la somministrazione di acqua a questi animali in allevamento, è di considerarla da due a tre volte

l’assunzione di sostanza secca o più semplicemente come il 3% del peso corporeo per l’adulto come mantenimento e l’8% del peso corporeo dell’animale giovane per garantirne la crescita.

La quantità di acqua somministrata dovrebbe essere aumentata nella

stagione calda di circa il 10-15% rispetto ai quantitativi somministrati nella stagione mite (Fowler, 1989).

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Dal punto di vista di prestazione degli animali, l’energia è il nutriente più importante, in quanto supporta tutti gli stati fisiologici.

La maggior parte degli studi inerenti l’analisi dell’energia metabolizzabile degli alpaca sono frutto di rettifiche di dati raccolti per specie animali a loro associabili quali ovicaprini e lama.

In tabella sono riportati i valori di energia metabolizzabile e proteine grezze associabili a varie funzioni fisiologiche di alpaca (National Research Council,1981).

Tabella 1: Modello predittivo per alpaca e lama di Energia metabolizzabile (ME) e proteine grezze (CP) in varie funzioni produttive.

a Based on descriptions from NRC (1981a) b Derived from data in NRC (1981a)

La gestione dei fabbisogni alimentari degli alpaca è variabile e sottostà a rettifiche dovute all’attività che l’animale svolge durante il giorno, dunque come l’animale spende energia per aggirarsi nel suo ambiente in cerca di cibo.

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La richiesta energetica per l’alimentazione in allevamento è minima e non ha bisogno di aggiunte, questo perché la disponibilità di alimento è maggiore in allevamento rispetto alla vita allo stato brado.

E’ possibile, comunque, determinare il requisito energetico per gli alpaca utilizzando l’approccio impiegato per le capre, ossia l’energia per le capre può essere aumentata dal 25 al 50 al 75% a seconda della qualità del pascolo (rispettivamente gestione intensiva o pascolo naturale, pascolo semiarido o arido, ecc.) e della topografia del territorio (a livello del mare, zona collinare o montuosa) (Carmean et al., 1992).

I fabbisogni proteici per i ruminanti sono più complicati da determinare rispetto a quelli per gli pseudo-ruminanti, in quanto vengono definiti in relazione alle necessità della popolazione microbica del rumine.

Sono stati definiti dei modelli specifici per prevedere i fabbisogni proteici dei camelidi, utilizzando lo studio del bilancio di azoto di Huasaquiche, è stato stimato il fabbisogno proteico di manutenzione per gli alpaca, che risulta equivalente a 2.38g di proteine digeribili/KgBW.75 equivalente a 3.5g CP/ KgBW.75 (Huasaquiche 1974).

Infine la fibra non è una categoria di nutrienti specificatamente richiesta per gli alpaca, in quanto non avendo un sistema di fermentazione come quello dei ruminanti, non è capace di estrarrre eventuali sostanze nutritive dalla fibra alimentare.

Tuttavia l’animale possiede nel suo apparato prestomacale delle popolazioni microbiche e dunque la fibra viene considerata, anche per questi, un substrato nutriente essenziale.

Secondo quanto riportato in bibliografia è raccomandato un minimo del 25% di fibra grezza, sul tal quale, della dieta (Johnson 1989, 1994).

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Il consumo di fibra limita l’assunzione di sostanza secca nei ruminanti, lo stesso si attenderebbe nei camelidi, lo studio di Mertens (1987) ha suggerito un apporto ottimale di NDF dell’1.2% del peso corporeo dell’animale, per supportare le funzioni produttive e soddisfare il fabbisogno di fibra ruminale.

Il requisito minimo di NDF dipende dall’efficacia della fibra, ossia da quanto questa sia lignificata e dalla dimensione delle particelle.

Per i camelidi potrebbe essere previsto un valore maggiore del contenuto di NDF nella dieta, in quanto hanno una migliore capacità a fermentare la fibra alimentare, quindi nella razione per un alpaca, o un camelide in generale, il contenuto di fibra minimo consigliato è del 21-25% di ADF e del 30-35% di NDF (Mertens, 1987).

4.3 Caratteristiche riproduttive

Le ovaie degli alpaca sono di forma globulare irregolare, simile a quelle della scrofa, i follicoli sono considerati normali quando la loro dimensione si trova tra i 5 ed i 12 millimetri di diametro.

L’utero di alpaca è bicorne ed entrambi gli ovidotti sono contorti e terminano in una borsa che circonda le ovaie.

Le punte delle corna sono smussate ed arrotondate, l’ovidutto apre nel corno uterino tramite una papilla rialzata che funge da sfintere (Bravo et Sumar, 1983).

La cervice ha due o tre pieghe spiraliformi irregolari, il corpo uterino e le corna sono facilmente palpabili mediante la palpazione rettale.

La placenta, come in altri camelidi, è diffusa ed epiteliocoriale.

Al termine della gestazione sia l’epitelio coriale che quello uterino sono frastagliati dalla placenta, cosicchè la distanza minima infracapillare di tutti i percorsi di diffusione non è maggiore di 2 millimetri (Steven at al., 1980).

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L’attività ovarica nella femmina di alpaca inizia intorno ai 10 mesi di vita, ma fino ai 12-13 mesi non mostra comportamenti sessuali ed il maggior numero di femmine non è recettiva sessualmente fino a che non raggiunge questa età (Novoa et al., 1972).

Come in molte altre specie animali c’è una relazione che intercorre tra il peso corporeo dell’animale ed il tasso di fertilità e quindi incide sulla percentuale di parti (Leyva & Sumar, 1981).

Dallo studio dei sistemi di allevamento e produzione peruviana, è stato osservato che il 50% degli animali svezzati non raggiunge il peso vivo appropriato per l’accoppiamento entro l’anno di età (dovrebbe essere circa il 52% del peso da adulto), dunque l’accoppiamento viene rimandato al compimento del secondo anno di età.

Attraverso uno studio è stato dimostrato che con una migliore alimentazione post-svezzamento, già a 7-8 mesi di età, quasi il 100% degli alpaca svezzati raggiunge il peso corporeo ideale per iniziare l’attività riproduttiva (Bustinza & Medina 1986).

La selezione dei maschi, per la rimonta interna, si basa sulle dimensioni del testicolo, come presupposto vige il rapporto diretto tra la circonferenza scrotale ed il numero di spermatozoi che l’animale è in grado di produrre (Sumar, 1985).

Il maschio di alpaca già verso il primo anno di età inizia a mostrare interesse sessuale per la femmina, ma solo l’8% dei maschi riesce a eseguire l’atto di copula.

Intorno ai 2 anni di vita circa il 70% dei maschi sarebbe pronto alla monta, ma l’accoppiamento fecondo avviene solo al raggiungimento del terzo anno di età, quanto la totalità dei maschi viene considerata atta alla copula.

Un maschio di alpaca raggiunge la piena maturità sessuale intorno ai 5 anni, in allevamento vengono riformati prima di tale periodo, generalmente

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dopo tre anni di servizio, al fine di evitare fenomeni di inbreeding (Sumar, 1985).

Il periodo riproduttivo per gli alpaca nel proprio habitat naturale è stimato tra Dicembre e Marzo, periodo nel quale sugli altipiani del Perù si hanno i mesi più caldi, in concomitanza con le piogge abbondanti, tali da garantire pascoli verdi e rigogliosi (San Martin et all.,1968-Franklin, 1983).

Anche all’interno degli allevamenti, dove i maschi e le femmine non vengono separati, i parti si concentrano in questo periodo.

La copulazione è di solito preludio necessario per l’ovulazione e gli alpaca, per questo, sono classificati come specie ad ovulazione indotta, motivo per il quale i parti possono avvenire durante tutto l’arco dell’anno (San Martin et al., 1968).

L’accoppiamento avviene al momento in cui la femmina appare recettiva al maschio ed essume la posizione di decubito ventrale, al termine dell’accoppiamento, il maschio può attuare una copula con un’altra femmina recettiva.

Femmine non recettive allontanano il maschio.

Gli alpaca nel periodo della recettività, seppur raramente, assumono un comportamento di monta con le altre femmine (England et al., 1971).

La lunghezza del periodo di gestazione negli alpaca è stimato, per le razze Huacaya e Suri, rispettivamente come 341 e 345 giorni.

Una particolarità di questa specie è che i feti occupano il corno uterino sinistro, anche se l’ovulazione avviene su entrambi i corni, questo indica che gli embrioni originari della parte destra migrano a sinistra, questa è una rarità tipica dei camelidi, ma la ragione di ciò resta sconosciuta, ma sembra che implichi una riduzione del tasso di parti gemellari (Fernandez-Baca et al., 1979).

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Per la diagnosi di gravidanza, al fine di evitare strategie più ivasive come la palpazione, viene inserito nel gruppo delle femmine un maschio castrato, il quale rileva le femmine recettive e dunque per esclusione, quelle gravide. Il metodo è efficace per l’84% dei casi entro i 70 giorni di gestazione (Alarcon et al., 1990).

Il verificarsi di falsi positivi, con un aumento del tasso di progesterone nel sangue, può essere dovuto alla perdita precoce dell’embrione.

Un’altra strategia per diagnosticare l’instaurarsi di una gravidanza è la misura della concentrazione di progesterone nel latte 12 giorni dopo l’accoppiamento (Sumar, 1991-Sumar et al., 1993).

Sono inoltre state provate tecniche di diagnosi mediante l’utilizzo di ultrasuoni, attendibili per il 92% ad un’età fetale media di 80 giorni.

Infine l’utilizzo di ecografia transrettale ha permesso la rilevazione di gravidanza fino al quindicesimo giorno dal suo instaurarsi (Johnson, 1989).

Il parto negli alpaca è generalmente semplice ed avviene in tempi relativamente brevi, più del 90% delle nascite si verificano tra le 7 e le 13 del mattino.

Questo permette ai cria di godere del caldo e dell’asciutto, prima che arrivi il freddo della notte, in estate sugli altipiani sono comuni le temperature di congelamento (Sumar 1985).

I camelidi sembrano in grado di ritardare il parto per ore, se non per giorni, al fine di evitare di dare alla luce i cuccioli nelle ore o nelle giornate più fredde. (Sumar et al.,1978)

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Fino al quarto giorno dopo il parto la femmina si presenta al maschio per un nuovo accoppiamento.

Tuttavia, la regressione luteale, la crescita follicolare e l’involuzione uterina non sono completi, la femmina non può ovulare o rimanere gravida da questi primi accoppiamenti.

La fecondazione si verifica a partire dal quinto giorno dopo il parto.

In particolare 10 giorni dopo il parto i follicoli sono sviluppati ed il corpo luteo è regredito e l’utero per lo più involuto.

Per l’accoppiamento programmato in allevamento è raccomandato che sia effettuato tra i 15 ed i 20 giorni dopo il parto per ottenere una buona fertilità ed un parto all’anno (Sumar et al., 1972).

I giovani di alpaca sono chiamati cria ed in allevamento, nonostante il parto non richieda cure, è necessario adottare delle accortezze.

Figura 8 (www.pinterest.com)

Figura 12

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I cria alla nascita dovrebbero avere un peso di circa 5-7 chilogrammi e generalmente incrementano il loro peso di circa 7-8 grammi al giorno ed in un mese dovrebbero raddoppiare il peso della nascita.

La temperatura corporea normale di un cria si aggira tra i 37° ed i 38°C, si tratta di un parametro importante in quanto se la temperatura non raggiunge tale range l’animale ha difficoltà di allattamento.

Subito dopo la nascita sono attivi, entro 5-10 minuti sono in grado di sedersi, nella successiva mezz’ora iniziano i primi tentativi per stare in piedi.

Le prime ore di vita sono fondamentali al fine di creare un legame di imprinting con la madre, come nelle altre specie animali (www.alpacas.wordpress.com).

Figura 13 (www.bioweb.uwlax.edu)

I parti gemellari sono rari negli alpaca, nei casi in cui si verificano i cria possono sopravvivere, pur nascendo sottopeso.

Lo svezzamento naturale avviene intorno ai 6 mesi di età, può verificarsi la necessità di svezzare in tempi diversi, ad esempio nel caso in cui la madre sia in cattive condizioni di salute oppure nel caso in cui l’incremento ponderale del cria sia elevato, lo svezzamento viene anticipato ai 5 mesi,

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mentre può essere posticipato in caso di stagione fredda, fino ai 7 mesi di vita (www.alpacas.wordpress.com).

5. SOCIETA’ ITALIANA ALPACA (S.I.A)

La società Italiana Alpaca (S.I.A.) è nata per creare un punto di riferimento per chi decide di allevare questa specie animale.

Lo scopo della società è quello di dare informazioni tecniche, scientifiche, commerciali e promuovere la partecipazione di coloro che vi aderiscono. I principali punti di interesse per il S.I.A. sono:

-l’allevamento,

-la produzione di fibra, - la pet therapy,

-l’impiego come animale da compagnia, -l’organizzazione di show e fiere,

-l’impiego degli animali come mezzo per il recupero del territorio.

Per poter certificare il proprio allevamento ed entrare così a far parte del S.I.A., è necessario rivolgersi all’unico ente di certificazione italiano riconosciuto dalla Società: il 3CERT.

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L’ente 3CERT permette non solo di certificare l’allevamento, ma

garantisce anche formazione e consulenza, mediante l’impiego di servizi mirati alle aziende.

Il compito dell’ente è quello di guidare l’allevatore verso un percorso di ottimizzazione delle risorse, mediante la selezione della materia prima secondo criteri oggettivi di valutazione.

Le certificazioni avvengono su tre livelli:

-3CERT-FIBRA il quale definisce il prodotto grezzo fibra, classificandola in base al colore, alla lunghezza ed al diametro in micron.

La classificazione della fibra permette all’allevatore di determinare mediante criteri oggettivi il reale valore di mercato del proprio prodotto. -3CERT-DATA il quale sancisce l’originalità dei dati trattati ed in qualità di ente terzo esiste la garanzia della qualità e della varietà delle

informazioni trattate.

-3CERT-L.A.R. il quale stabilisce criteri oggettivi di valutazione di un animale da cui deriva la valutazione economica dello stesso.

Per gli allevamenti che decidono di entrare a far parte di tale Società esiste un marchio registrato, il quale garantisce ai clienti, destinatari di tale marchio, che i prodotti tessili siano stati realizzati in Italia con fibra 100% di alpaca allevati nel territorio nazionale.

L’uso del marchio è concesso solo ad imprenditori soci del S.I.A., i quali devono rispettare il regolamento e disciplinare imposto dalla Società.

Il marchio mira a garantire la tutela dei prodotti nazionali, nonché degli allevamenti da cui essi derivano.

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Infine il S.I.A. propone, mediante l’impiego di un Libro Genealogico e del relativo disciplinare, uno strumento per il miglioramento genetico delle razze di alpaca, al fine di valorizzarne la produzione sia sul piano tecnico che economico, mediante un programma di selezione basata su criteri morfologici mirati alla qualità ed alla quantità di vello prodotto

(www.sialpaca.it).

6. SOCIETÀ NAZIONALE ALPACA E LAMA (S.N.A.E.L.)

La Società Nazionale Alpaca e Lama (S.N.A.E.L.) si autodefinisce come: “Società nata dalla necessità di dare voce e forza a tutti coloro che vogliono impegnarsi nella crescita del movimento di alpaca e lama in Italia.

I soci fondatori credono in un’Associazione viva e democratica e ribadiscono con forza la propria posizione di Gentiluomini/Gentildonne, definendo con chiarezza l’insieme dei valori in cui si riconoscono e che condividono”

Le attività in cui l’Associazione si impegna sono: -allevamento

-produzione di fibra -pet therapy

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-show e fiere

-trekking ed escursioni

-impiego come animale da compagnia

-utilizzo degli animali per recuperare territori marginali

Per realizzare i suddetti scopi l’Associazione si impegna adottando le seguenti linee operative:

-ampliare e fornire informazioni sugli aspetti che riguardano il mondo dell’alpaca e del lama

-promuovere con continuità le iniziative atte alla conoscenza, al miglioramento ed all’incremento della specie Vicugna pacos (e delle due varianti di razza) e della specie Lama glama.

-disponibilità verso chiunque voglia entrare in relazione con queste specie animali, mediante la partecipazione attiva alla vita associativa (www.alpacaelama.it).

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7. TIPOLOGIE DI PRODUZIONE

7.1 La lana

La lana è il principale prodotto dell’allevamento dell’alpaca.

Negli ultimi anni sono stati intrapresi studi genetici al fine di determinare la qualità della fibra del vello di questi animali, i diversi studi si sono principalmente concentrati sulla valutazione del diametro e del coefficiente di variabilità della fibra (Cervantes et al., 2010).

L’obiettivo di tali studi è la determinazione di criteri oggettivi su cui poter basare la selezione di questi animali per fini commerciali.

La selezione degli Alpaca sulla base della qualità della fibra deve tenere comunque conto delle differenze che possono intercorrere tra la razza Huacaya e la razza Suri (Frank et al., 2006).

Gli individui di razza Huacaya presentano un vello più copioso ed arricciato rispetto a quello della razza Suri, che al contrario è caratterizzato da una crescita delle fibre dritte che conferiscono al vello un aspetto più compatto (Renieri et al., 2009).

Secondo lo studio di Gutiérrez e collaboratori, i parametri genetici sono stati stimati mediante una procedura multitrait applicata a modelli lineari misti, i modelli includevano degli effetti fissi:

- mese/anno di registrazione del gruppo cotemporaneo (in tutto 33 modelli per ogni razza),

- colore del vello (solo in Huacaya, in 2 modelli), - il sesso (maschio o femmina),

- età della tosatura in giorni.

L’analisi basata sui suddetti parametri ha consentito di ottenere un modello genetico lineare che ha permesso di determinare valori medi per la qualità

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della fibra, i quali sono stati riassunti nella seguente Tabella (Gutiérrez et al., 2009).

Tabella 2: media, deviazione standard (sd), punteggio ed abbreviazioni di tutte le caratteristiche delle razze Huacaya (HU) e Suri (SU)

caratteristiche razza media sd

diametro fibra (DF) HU SU 23.07 24.73 4.26 5.01 comfort factor (CF) HU SU 87.73 80.91 15.58 19.46 densità (DE) HU SU 3.28 3.19 0.73 0.56 arricciamento (A) HU 2.8 0.96 struttura bioccolo (SB) SU 2.87 0.76 testa (TE) HU SU 3.13 2.92 0.84 0.61 Copertura (CO) HU SU 3.02 3.12 0.84 0.74 Armonia (AR) HU SU 3.15 3.09 0.58 0.49

DF e DS in μm; CV in %, DE, A e Sb, TE, CO e AR punteggio da 1 a 5

(Gutiérrez et al., 2009 modificata)

Per quanto riguarda le voci riportate in Tabella 2:

il diametro della fibra (DF) è stato misurato a partire da campioni di vello di 2 mm di lunghezza, utilizzando un analizzatore che determina il diametro delle fibre (OFDA 100), il comfort factor (CF) è stato determinato sulla base della percentuale delle fibre con meno di 30 μm di diametro. Le voci che seguono sono state valutate sulla base di un’assegnazione in scala di desiderabilità da 1 (scarso) a 5 (eccellente).

La densità (DE) è stata stimata sulla base del valore dei follicoli per millimetro quadrato, tale valutazione è effettuata manualmente premendo

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sulla spalla nel punto medio dell’articolazione e sulla groppa per determinare la quantità di vello che la mano può afferrare in una volta. Il valore di arricciamento (A) è stato valutato solo su esemplari di razza Huacaya ed è stato valutato il numero delle onde delle fibre per centimetro e la loro ampiezza o altezza, la struttura del boccolo (SB) è stata valutata solo su esemplari di razza Suri, secondo i gruppi di fibre che dovrebbero essere ben definiti indipendentemente dalla loro densità e peso.

Il valore che valuta le fibre della testa (TE) è determinato sulla base della dimensione e della forma della testa stessa, in conformità con le misure dell’alpaca ideale, inoltre sono inclusi nella valutazione, le orecchie ed il muso.

La copertura (CO) determina la presenza o meno di fibra alle estremità del corpo dell’animale, infine l’armonia (AR) determina l’aspetto generale dell’animale con particolare attenzione alla proporzionalità della distribuzione delle fibre lungo le lunghezze dell’animale, dal corpo, al collo, fino alla testa (Gutiérrez et al., 2009).

Dall’analisi dei dati ottenuti è possibile evidenziare come i livelli di ereditabilità varino da moderati ad elevati per la razza Huacaya e da moderati a bassi per la razza Suri, questo suggerisce che il classificatore valuti gli aspetti sopra elencati a seconda della razza presa in esame.

I caratteri che contraddistinguono la fibra della razza Suri potrebbero essere classificati come standard di razza, in quanto lo studio ha evidenziato che tutte le coppie di animali presi in esame hanno delle correlazioni genetiche. In particolare è stato osservato che il maggior numero di correlazioni si hanno per la distribuzione armoniosa del vello e per il parametroche valuta le fibre del v ello che ricopre la testa.

Per quanto riguarda la razza Huacaya il più alto valore di correlazione genetica corrisponde alla densità della fibra e all’arricciamento.

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Questo suggerisce che nella valutazione degli individui di razza Huacaya il classificatore è meno influenzato dalla bellezza dell’animale a favore di una maggiore oggettività nella valutazione della produzione della fibra (Gutiérrez et al., 2009).

Sono stati effettuati studi inerenti l’effetto della genetica nelle variabili di sesso ed età.

Per quanto riguarda la variabile sesso, non sono state trovate differenze significative nei tratti genetici analizzati, tranne che per quanto riguarda una piccola porzione di popolazione di castrati, che hanno dimostrato di avere una fibra più pesante e una maggior quota di lana grossolana prodotta.

Il test ha inoltre evidenziato come la popolazione di femmine più anziane, circa 17 anni di vita, produca fibre più brevi (109.8 mm contro i 129.0 mm) rispetto a quelle prodotte dalla popolazione maschile (Wuliji at al., 2000). Un’altra piccola differenza è riferita alla resistenza della fibra, 38.7 N/kilotex per i maschi e 44.5 N/kilotex per le femmine.

La minor resistenza delle fibre, se sottoposte a forza, che cratterizza il vello delle femmine potrebbe essere ricondotto al fatto che il ciclo riproduttivo supera i due anni (Hunter et al., 1990).

Per quanto riguarda il fattore legato alla variabile età, è stato osservato che le fibre di animali più giovani sono più delicate e più facilmente sottoposte a rottura durante la loro lavorazione e quindi si possono presentare dei problemi di trasformazione.

All’aumentare dell’età diminuisce il Comfort Factor (ossia la percentuale di fibre che hanno meno di 30 μm di diametro), così come la curva di crescita e la lunghezza della fibra (Lupton et all., 2006).

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A seconda dell’età un alpaca può produrre dai 3 ai 6 Kg di lana all’anno, essendo animali longevi, in 30 anni di vita un singolo esemplare può arrivare a produrne fino a 120 Kg.

La tosatura viene di solito effettuata in primavera, così da evitare che l’animale possa soffrire la calura estiva.

La lana più pregiata è quotata fino a 250 €/Kg, in Paesi come l’Australia o la Nuova Zelanda, ma in Italia è difficile trovare un mercato disposto ad acquistare lana per valori superiori a 100 €/Kg, (www.money.wired.it) valore comunque elevato e lontano da quello stimato da Coldiretti nel 2012, per il mercato della lana di pecora in Italia, che veniva venduta a 1.22 €/Kg (www.sardegna.coldiretti.it).

La lana di alpaca presenta una moltiplicità di colori naturali ed è l’unico animale al mondo a vantare una vasta gamma di tonalità: dal bianco puro fino al fulvo, tutta la gamma di marroni e beige, fino al nero carbone, si possono annoverare più di 22 colori naturali.

Figura 14 www.localharvest.org

Una volta che l’animale viene tosato la lana viene lavata e pettinata e successivamente filata, spesso a mano (www.mondosolidale.it).

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La fibra del vello di alpaca è rinomata per la sua sofficità al tatto e per le sue caratteristiche termiche.

È molto apprezzata soprattutto per non causare reazioni allergiche, dunque è ben tollerata quando viene portata direttamente a contatto con la pelle, è perciò indicata nell’abbigliamento intimo dei neonati (Patrizi et al., 2011).

7.2

La carne

All’inizio degli anni ’90 nelle Ande erano annoverati poco più di 2.8 milioni di alpaca (Wheeler, 1993), questi animali per le popolazioni autoctone costituivano un’importante risorsa proteica.

Dato lo sviluppo dell’allevamento di questa specie animale anche in Paesi come il Nord America e l’Europa, alcuni studiosi hanno cercato di determinare la qualità della carne di questi animali per poter ottenere un prodotto secondario dell’allevamento (Cristofanelli et al., 2005).

Lo studio condotto da Pérez et al. (2000) era basato sull’impiego di 40 alpaca maschi di 25 mesi si età, gli animali erano originari del Sud America, allevati secondo un sistema di allevamento estensivo, con alimentazione naturale su pascoli spontanei.

Gli animali sarebbero stati condotti al macello, pesati in loco dopo un digiuno di 24 ore e macellati con la stessa procedura impiegata per le vacche da carne.

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Tabella 3: caratteristiche della carcassa di alpaca

Unità di misura Valore

Peso vivo al macello Kg 46.1 ± 2.23

Lunghezza carcassa cm 71.1 ± 1.9

Resa % 53.0 ± 0.84

Peso carcassa a caldo Kg 24.4 ± 1.53

Area muscolo 1 cm2 33.8 ± 2.9 Coscio % 34.4 ± 1.1 Spalla % 23.7 ± 1.3 Torace % 17.7 ± 1.6 Lombata % 16.8 ± 2.2 Collo % 6.8 ± 0.14 Coda % 0.25 ± 0.01 1

area del muscolo Longissimus Torachis et Lomborum, misurato alla dodicesima costola.

(Pérez et al., 2000)

Tabella 4: caratteristiche della carcassa di ovini (con classe di conformazione R)

Unità di misura Valore

Peso vivo Kg 32.72 Peso carcassa Kg 16.53 Resa % 50.48 Collo % 10.55 Spalla % 17.55 Coscio % 31.88 Torace % 24.81 Lombata % 11.65 (www.ismea.it)

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Per meglio determinare la qualità della carne di alpaca sono stati messi a confronto i dati di tabella 3 con quelli di tabella 4, che sono riferiti alle caratteristiche della carcassa di ovini.

Gli ovini si prestano a questo confronto meglio dei bovini per il peso vivo similare e per la modalità di allevamento e di alimentazione, spesso prettamente pascoliva.

Confrontando le due tabelle (3 e 4) si osserva che la resa media al macello è maggiore per l’alpaca e si aggira intorno al 53%, mentre per gli ovini è circa il 50%.

La resa dei tagli è maggiore per gli alpaca, anche se di pochi punti percentuale per quanto riguarda il coscio (34% ca. contro il 31% ca. per gli ovini), la spalla (23% ca. e 17% ca.), lombata (16% ca. e 11% ca.), mentre negli ovini risulta maggiore la percentuale di torace (24% ca. contro 17% ca. dell’alpaca).

Dunque in termini di resa di macellazione e di tagli commerciali, la carne di alpaca sembra abbia caratteri quantitativi che possano sostenere un eventuale mercato per la carne di questi animali.

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Tabella 5: Confronto tra la composizione chimica della carne di alpaca, manzo e bovino adulto (alimentati su pascolo).

Parametro Unità di misura

Alpaca Manzi Bovino

adulto Acqua % 74.07 72.34 73.73 Proteine % 22.69 20.43 21.45 Grassi % 2.05 3.38 1.71 Colesterolo mg/100g grasso intramuscolare - 45.65 45.79 Ceneri % 1.10 0.90 1.03

(Salvá et al., 2009) (Graças Padre et al., 2006)

Dalla tabella 5 si evince che la carne di alpaca da un punto di vista chimico non si differenzia molto da quella bovina.

È una carne che apporta una notevole quantità di proteine, non molto distante in punti percentuale rispetto a quella bovina, la quale però sembra essere più grassa.

Per la carne di alpaca non è ancora stato stimato il quantitativo di colesterolo che potrebbe apportare, per cui non è possibile determinare gli effetti di questo alimento in una dieta Mediterranea (Salvá et al., 2009).

7.3

Il latte

Il latte è il prodotto della secrezione mammaria, in quanto mammiferi anche gli alpaca producono latte e dunque è opportuno accennare all’anatomia della ghiandola mammaria di questi camelidi.

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Nelle femmine prepuberi e nullipare sono visibili sono i piccoli capezzoli, in quanto il tessuto mammario non si sviluppa completamente fino alla fine della prima gravidanza.

La conformazione della mammella può cambiare in base alla razza, l’età e la fase di lattazione (Smuts et al., 1987).

Durante il primo mese di vita del cria, in concomitanza cioè con il picco di lattazione, è possibile apprezzare l’aumento di volume della mammella, oltre ad un buon sviluppo del drenaggio venoso (Tibary et Anouassi, 2000). La mammella dei camelidi è costituita da quattro quarti ghiandolari, ciascuno con un proprio capezzolo.

La metà destra e sinistra della mammella sono separate l’una dall’altra da una membrana fibroelastica, il tessuto si estende dalla linea alba (corda tendinea che si estende tra la cartilagine xifoidea ed il bordo craniale della pelvi, dove è inserito il tendine prepubico –König et Liebich, 2007-) al tendine prepubico, ed è possibile apprezzare una scanalatura tra la metà sinistra e la metà destra della mammella (Nosier, 1974).

La parte laterale dei quarti è coperta da tessuto della tunica addominale e la parte caudale dalla parete addominale.

I quarti anteriori e posteriori sono indipendenti, ma non vi è una visibile separazione tra loro.

I capezzoli che sono diretti cranio-vemtralmente possiedono due aperture (Smuts et al., 1987).

Grazie all’impiego di radiografie con metodi di contrasto è stato possibile osservare in maniera più meticolosa l’anatomia della mammella di camelidi.

È stato osservato che ogni quarto è composto da due ghiandole distinte, ciascuna delle quali porta, mediante un canale di separazione, all’interno del rispettivo capezzolo.

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Ogni ghiandola mammaria è costituita da parenchima, stroma connettivale, dotti e sistemi alveolari.

La ghiandola è costituita da diversi lobuli individuali separati da setti di tessuto connettivo.

Il sistema di canali inizia con piccoli dotti intratubolari che si allargano progressivamente, ciascun canale è rivestito da un epitelio.

Le unità secretorie, acini o alveoli, sono piccole vesciche di dimensioni disuguali che formano il sistema del lobulo alveolare, il quale mostra una grande variabilità a seconda dell’attività secretoria della ghiandola e del momento dello stadio della lattazione in cui l’animale si trova (Fowler, 1998).

Figura 15 (www.suncrow.com)

Il latte è un prodotto dell’allevamento dell’alpaca che non viene impiegato per altri scopi se non per l’alimentazione del cria., il quale raddoppia il proprio peso nei primi 30 giorni di vita, quando cioè il loro sostentamento dipende strettamente dal latte materno.

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Per comprendere le esigenze nutrizionali del cria è fondamentale conoscere dati concreti sulla composizione del latte di alpaca.

Sono stati condotti alcuni studi sulla qualità del latte di alpaca, nel 1987 Jimenez e collaboratori hanno determinato un contenuto di grassi pari al 4.4% ed un contenuto proteico pari al 5.67%.

Più recentemente Parraguez et al. (2003) hanno condotto uno studio inerente la composizione del latte di alpaca utilizzando campioni di latte di massa di 42 individui, i risultati sono riportati nella seguente tabella (6).

Tabella 6: confronto composizione latte di alpaca con la composizione di latte di specie ad interesse zootecnico

Grasso % Proteine % Lattosio % S.s. %

Alpaca 3.68 4.53 6.00 15.06

Vacca 3.46 3.43 4.71 12.38

Pecora 7.54 6.17 4.89 19.52

Capra 4.62 3.41 4.47 13.23

Asina 1.21 1.74 6.23 9.61

(Parraguez et al., 2003) (www.agraria.org)

In tabella 6 sono sono state messe a confronto le varie composizione del latte di specie di interesse zootecnico con quella del latte di alpaca.

È possibile notare come la quantità di grasso del latte di alpaca si avvicini molto ai valori del latte di vacca riportati in bibliografia, mentre il contenuto percentuale in proteine differisce dagli altri, ma si colloca a metà tra i valori riferiti per vacca/capra e pecora.

Il lattosio contenuto nel latte di alpaca sembra essere molto vicino al valore riportato per il latte d’asina.

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Infine il contenuto di sostanza secca del latte di alpaca sembra essere uno dei valori maggiori tra quelli riportati, secondo solo a quello di pecora, ma comunque lontano dagli altri valori.

CONTRIBUTO SPERIMENTALE

8. SCOPO DEL PROGETTO

L’obiettivo del progetto è stato quello di determinare la composizione del latte di alpaca al fine di dare un contributo per l’eventuale formulazione di un latte artificiale da utilizzare quando i cria non possono essere allattati dalle madri.

Allo stato attuale infatti non esiste in commercio un prodotto

appositamente formulato per i piccoli di questa specie, il cui utilizzo potrebbe essere necessario nell’eventualità di morte della madre, scarsa disponibilità di latte materno e/o difficoltà di suzione da parte del cria. Il presente lavoro si pone inoltre come un contributo alla conoscenza dell’allevamento dell’alpaca il cui interesse è in aumento nel nostro Paese.

9. MATERIALE E METODI

9.1 Indagine conoscitiva per l’arruolamento delle aziende È stata condotta una ricerca sul territorio toscano al fine di determinare la presenza di allevamenti di alpaca.

Le aziende che hanno aderito al progetto sono state sottoposte ad un questionario inerente:

informazioni generali sull’allevamento:  titolare e nome dell’azienda  località

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 superficie totale dell’azienda e spazio dedicato all’allevamento degli animali

 eventuale presenza e tipologia di strutture dedicate agli animali Indagine sugli animali presenti in allevamento:

 numero totale di animali

 numero di maschi, femmine ed animali prepuberi  peso vivo medio degli animali

 attitudine produttiva  tipologia di alimentazione  parametri riproduttivi:

-pubertà

-inseminazione artificiale/accoppiamento naturale -quantità di femmine per ogni maschio intero -numero nati/numero nati morti/incidenza di aborti -incidenza di parti gemellari

-peso del cria alla nascita -durata lattazione

-svezzamneto

 parametri produttivi: -quantità di lana prodotta -periodo di tosatura -qualità della lana

 eventuali azioni sanitarie 9.2 Analisi qualitative del latte

Sono stati analizzati campioni di latte individuali di femmine pluripare provenienti da due diversi allevamenti siatuati rispettivamente nella provincia di Firenze e Grosseto.

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Gli animali sono stati sottoposti a mungitura manuale al trentesimo e al sessantesimo giorno di lattazione, dopo separazione del cria lattante almeno 4 ore prima.

All’arrivo in laboratorio, su ogni campione di latte, sono state effettuate le seguenti analisi chimiche:

 grasso totale, proteine totali, caseina (AOAC, 1990);  quantificazione del contenuto minerale (AOAC, 1990)

 profilo acidico: ottenuto previa estrazione del grasso con metodo Rose-Gottilieb (AOAC, 1990) e successiva metilazione (Christie, 1982). La composizione acidica è stata poi determinata usando un gascromatografo Perkin Elmer, Auto System, equipaggiato da

colonna capillare Factor Four (Varian) detector tipo FID, gas carrier: elio.

La temperatura del forno era programmata nel seguente modo: Livello 1, 50 °C per 2 min

Livello 2, da 50 a 180°C a 2°C a min-1 poi attesa per 20 min Livello 3, da 180 a 200°C a 1°C a min-1 poi attesa per 15 min Livello 4, da 200 a 220°C a 1°C per min-1 poi attesa per 30 min Temperatura di iniezione 270 °C

Temperatura del rilevatore 300 °C

È stata usata una miscela di acidi grassi standard per la calibrazione e per l’identificazione dei singoli picchi in base ai relativi tempi di ritenzione.

9.3 Analisi statistica

I dati relativi alle caratteristiche qualitative, alla composizione acidica e a quella minerale sono stati sottoposti ad elaborazione statistico matematica mediante un modello per misure ripetute con l’azienda (1, 2) ed il momento della lattazione (30, 60) come effetti fissi ed il soggetto come

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effetto random. L’analisi statistica è stata effettuata mediante il software JMP (2002).

I risultati dello studio sono stati messi a confronto con gli elaborati reperiti in letteratura, per ogni lavoro è riportata l’analisi di un singolo parametro qualitativo.

10 . RISULTATI DELL’INDAGINE

10.1 Le aziende

Le aziende che hanno preso parte a questo progetto sono state due ed entrambe sono state sottoposte ad un questionario.

La prima è l’“Azienda Agricola Gistri Antonella-La Valle degli Alpaca”, dell’omonima totitolare, la forma di conduzione aziendale è di tipo diretto. L’azienda è localizzata nel comune di Barberino Val d’Elsa, in provincia di Firenze.

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I rilievi collinari della zona sono costituiti prevalentemente da depositi alluvionali di fondovalle, da conglomerati, sabbie ed argille del periodo pliocenico, la morfologia prevalente è quella montana dell’alta valle (373 m s.l.m.).

Il paesaggio è un mosaico di colture, infatti è possibile apprezzare i boschi sui rilievi in formazione a morfologia sfrangiata nelle quali si trovano insinuate le colture agrarie.

Sui rilievi collinari si diffondono le colture miste e la presenza di colture specializzate è significativa nelle aree a minore acclività e in quelle di fondovalle.

Le formazioni forestali sono per lo più boschi di latifoglie decidue

termofile, leccete, cerrete e querceti di roverella (www.regione.toscana.it).

L’azienda si estende su una superficie totale di 9 ettari, 8 sono destinati al pascolo degli alpaca e 1 all’abitazione.

Gli animali sono lasciati sempre al pascolo, secondo un sistema di

allevamento semibrado, infatti la zona è delimitata da recinzioni per evitare la fuga degli animali.

Le strutture presenti sul territorio aziendale sono dei piccoli ricoveri impiegati per la separazione degli animali malati dal gruppo o per sottoporli a visite veterinarie.

In azienda sono presenti 29 animali apparteneti alla razza Huacaya, i maschi interi sono 10 e 2 impuberi, le femmine sono 14 che hanno già effettuato il primo parto e 3 impuberi.

Il peso vivo medio è 64 Kg, in accordo con i dati bibliografici

(www.alpacas-gardena.it), in azienda i maschi possono arrivare a circa 70-75 Kg di peso, mentre le femmine fino a circa 50-55 Kg.

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Gli alpaca dell’azienda si nutrono esclusivamente con le essenze che questi trovano nell’ambiente circostante, prettamente si tratta di pascoli naturali. L’integrazione alimentare è rara, viene effettuata un’integrazione a base di fieno polifita e fioccato solo in periodi estremamente sfavorevoli, ad

esempio in inverno.

Per quanto riguarda i parametri riproduttivi, le femmine detenute in allevamento effettuano il primo parto a 18 mesi, mentre i maschi sono pronti alla monta a 3 anni.

In azienda viene lasciato un maschio intero di alpaca ogni 25 femmine e gli accoppiamenti avvengono naturalmente, gli accoppiamenti sono

programmati dall’allevatrice in funzione del colore del mantello dei genitori.

Il periodo riproduttivo è arbitrario in quanto non vengono effettuati dei gruppi di monta ed essendo l’alpaca una specie ad ovulazione indotta è capace di accoppiarsi e partorire in qualsiasi periodo dell’anno (San Martin et al., 1968).

La durata della gestazione è di 11 mesi e mezzo, in linea con quanto riportato in letteratura (Fernandez-Baca et al., 1979).

L’incidenza dei parti gemellari è rara ed ad oggi nell’azienda si è presentato un solo caso, ma solo uno dei cria è sopravvissuto.

Un cria alla nascita pesa circa 7-8 Kg.

Il cria è completamente svezzato a 6 mesi, ma già intorno al primo mese di vita inizia a prendere contatto con le essenze del pascolo di cui si nutre la madre.

Per quanto riguarda i parametri produttivi le femmine arrivano a produrre fino ad 1 Kg di lana a tosatura ed i maschi fino ad 1.3 Kg.

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