la rassegna compiuta illustra le evoluzioni che recentemente hanno toccato il governo locale e le sue funzioni, in Piemonte e nel Paese. Per descriverla si è preferito richiamare il cambiamento in alcune funzioni svolte, anziché esaminare il susseguirsi di provvedimenti che hanno toccato il governo locale negli ultimi anni. nel contributo si dà particolare enfasi alle funzioni di area vasta attribuite alle Pro-vince. da sempre oggetto di dibattito, le Province recentemente hanno catalizzato l’attenzione, fino a venir depotenziate e snellite dalla legge 56 del 2014. legge che consente una declinazione anche diversa sui territori, attraverso l’intervento legislativo di adattamento delle regioni.
Quindi le funzioni comunali e i servizi di prossimità, soprattutto il loro esercizio in contesti di frammen-tazione comunale. un tema anch’esso affrontato da quella legge, e presente da sempre nel dibattito piemontese.
il riassetto delle funzioni di area vasta
la riforma recente ha ridefinito il ruolo delle Province in via transitoria, contando sull’approvazione di una modifica costituzionale che le avrebbe soppresse. il referendum ha avuto esito negativo e le Pro-vince rimangono un ente territoriale della repubblica. È probabile un prossimo intervento correttivo di quella legge, e vi sono già proposte in merito.
le Province sono comunque diventate ente a elettività indiretta, con un ridimensionamento impor-tante delle proprie funzioni. il ridimensionamento è operativo dal 2015, con il forte taglio nelle risorse
attribuite dallo Stato, attuato in varie modalità30. le regioni sono chiamate a farsi carico di quelle
fun-zioni non inserite tra quelle fondamentali. in Piemonte, la regione ha cercato di facilitare quel ridimen-sionamento funzionale, riprendendo parte delle competenze assegnate e del personale connesso. l’operazione consente di alleggerire le spese provinciali: 780 dipendenti delle Province – erano 4150 nel 2014 – passano alle dipendenze della regione; molti rimangono comunque in servizio presso le sedi provinciali per svolgere attività diventate regionali ma decentrate. le Province avviano il proprio riassetto interno. nel frattempo il governo riconosce le difficoltà finanziarie in cui sono incorsi molti enti, con alcuni interventi di sostegno finanziario.
oltre al ridisegno funzionale la riforma ha cambiato radicalmente la forma di governo per le Province e le funzioni di area vasta. non vi sono più le Giunte, i consiglieri provinciali delle 7 Province passano dai 231 a 92, i consiglieri metropolitani da 45 a 16 e vengono eletti non più a suffragio diretto, come avveniva dal dopoguerra, ma dai Sindaci del territorio. Pertanto gli amministratori di Province e della città metropolitana si sono ridotti fortemente nel numero, e operano senza ricevere indennità, cosa che avviene anche per i Segretari provinciali. i cosiddetti costi della politica sono calati dai 7 milioni
degli anni 2011 e 2012, ai 3 milioni nel 2014, quindi a 500mila31 nel 2016, compresi quelli della città
metropolitana di torino.
Su questo cambiamento si sono raccolti i giudizi di testimoni operanti in questi enti. Giudizi che non sono univoci. Vi è chi sottolinea le aspettative dei territorio: un consiglio composto da Sindaci, in pre-valenza piccoli comuni, può favorire un’azione dell’ente più partecipata ed efficace a favore dei servizi sovracomunali, e nel campo delle opere pubbliche. Parimenti i nuovi consigli potrebbero servire a
fa-vorire i processi di gestione associata tra comuni32. ma non è opinione condivisa: per alcuni tali
aspet-tative erano più forti prima della consultazione referendaria, in prospettiva della soppressione delle Province e riassetto con enti di area vasta a opera della regione. Viene anche rimarcata la questione dimensione: la composizione degli interessi e l’affermazione di ottiche sovracomunali dipende dalla ampiezza delle assemblee dei sindaci: da 315 membri per la città metropolitana e 250 per la Provincia di cuneo, ai 119 ad asti.
le nuove province dal 2016 hanno iniziato a ridisegnare le proprie strutture organizzative, nell’ottica dello snellimento. Vi è chi ha fatto una ricognizione sul territorio sulle politiche di area vasta più ri-chieste. alcuni enti hanno avviato nuovi ruoli di assistenza ai comuni: nella redazione della documenti programmatici, come stazione unica appaltante, avvocatura e consulenza legale sui nuovi
adempi-30 Fatto di contributi finanziari statali e del gettito delle imposte e addizionali proprie. Per quegli enti più ricchi, per l’elevato imponibile locale (gettito rc auto, imposta di trascrizione, ecc.), i contributi statali erano inesistenti: il taglio delle risorse ha quindi significato un trasferimento dalle Province allo stato di parte di quel gettito.
31 Spesa per indennità e rimborsi degli organi istituzionali, dati di cassa, tratti dalla banca dati SioPe. 32 le proposte avanzate di correzione della legge 56 mirano proprio a rafforzare questo ruolo della Provincia.
menti (anticorruzione); anche progettazione tecnica. la Provincia di cuneo, nel suo duP 2017-2019 enuncia 4 obiettivi strategici: completamento delle infrastrutture strategiche e miglioramento della rete stradale provinciale danneggiata; messa in sicurezza degli edifici scolastici; interventi di tutela e valorizzazione ambientale ed energetica e di valorizzazione delle risorse naturali nell’ottica di promuo-vere scenari di sviluppo locale sostenibile; coordinamento territoriale per il miglioramento del turismo sostenibile sia a livello economico che ambientale.
l’avvio della città metropolitana è l’altro grande obiettivo della legge 56/2014. Sono operative dal 2015 con una delimitazione territoriale, definita per legge, che coincide con gli ambiti territoriali delle
Province sedi delle grandi città e di roma33. dispone di alcune funzioni aggiuntive rispetto a quelle
delle vecchie Province. ma è oggetto di un taglio nelle risorse attribuite dallo Stato. in Piemonte la regione ha mantenuto alla città metropolitana alcune funzioni rispetto alle Province: gli interventi connessi alla formazione e all’orientamento professionale, in materia di ambiente, quelli per l’informa-tizzazione; mentre l’assetto dei centri per l’impiego è provvisorio in attesa di definizione del quadro a livello nazionale. di fatto il futuro ente delle città metropolitane è considerato largamente nelle mani dei suoi enti costituenti. in particolare le relazioni che i comuni del territorio vorranno attivare: attual-mente i 315 comuni sono articolati secondo 10 Zone omogenee, quasi tutte rappresentate nel consi-glio metropolitano. alcune zone omogenee comprendono i comuni della cintura torinese, anche se gli ambiti delle zone non riflettono del tutto l’ambito dell’area metropolitana in senso stretto, altre zone omogenee hanno caratteri del tutto diversi. di rilievo saranno poi le relazioni che sapranno stabilirsi tra regione e città metropolitana.
i servizi di prossimità
il contributo ripercorre poi le trasformazioni intervenute in Piemonte nell’assetto dei servizi in con-testi frammentati. la frammentazione è una specificità di questa regione – e dei territori alpini – ed è oggetto di iniziative di Stato e regioni da molti decenni. Peraltro le iniziative intraprese, soprattutto quelle regionali, non hanno mai avuto una calibratura “trasversale” rispetto alle diverse politiche, sia statali che regionali.
i benefici che i piccoli comuni ottengono dall’attivare processi di gestione associata rimangono limitati ai contributi economici aggiuntivi previsti dagli specifici interventi di sostegno all’associazionismo. nel caso delle altre politiche di cui possono beneficiare i comuni – in campo artigianale, turistico, commer-ciale, … – difficilmente sono riconosciute premialità o incentivi per i comuni che operano in gestione associata, oppure penalizzazioni quando i singoli enti hanno una dimensione ridotta, o comunque non hanno la necessaria adeguatezza organizzativa (o capacità amministrativa) per sviluppare
l’in-tervento in modo efficace. Potrebbero individuarsi strumenti per il concreto esercizio delle specifiche
funzioni comunali attualmente di competenza dei piccoli comuni.
la mancanza di trasversalità di questi interventi e incentivi si rileva anche nella separatezza e diversità che hanno avuto fino al 2014, degli interventi gli enti montani. una diversità che si è cercato di
supe-rare con le comunità collinari34. i successivi interventi, volti a superare le comunità montane, hanno
lasciato libera scelta ai comuni nelle modalità per costituire le unioni montane.
Questo limite (settorialismo) delle interventi di sostegno all’associazionismo finora è stato giustificato dalla limitatezza delle competenze regionali sugli enti locali e di tipo ordinamentale.
ma vi sono eccezioni. un esempio sono i contributi statali per finanziare i citati servizi di accompagna-mento all’erogazione del sostegno all’inclusione attiva (Sia): contributi che possono essere ottenuti solo se vi è una gestione per bacino, con la nomina di un ente capofila. Si può immaginare che vi siano altre linee di finanziamento ai comuni che possono richiedere uno specifico livello di capacità operativa dei richiedenti oppure ambiti dimensionali adeguati.
il processo associativo tra comuni ha fatto grandi passi: serve ora valutarlo. a partire dagli enti mon-tani, che sono aumentati: dalle 48 comunità montane storiche si è arrivati a 54 unioni montane di comuni. nei territori collinari e di pianura, vi sono differenze tra le altre 50 unioni di comuni? in che modo queste entità vanno rapportate con i neoformati 30 distretti di coesione sociale, entità chiamate a gestire interventi sociali secondo modalità integrate.
l’informazione sulle politiche
nel contributo si ricorda anche la presenza di studi, analisi e valutazioni che hanno preceduto o segui-to alcuni cambiamenti di politiche setsegui-toriali: ad esempio per i tanti monisegui-toraggi e studi sull’efficacia dei servizi per l’impiego, oppure i lavori preparatori al processo di decentramento amministrativo. Queste analisi in genere fanno il punto sulle politiche precedenti la riforma. e se non sempre sono la causa prima di una riforma, quantomeno informano sulla situazione di un bisogno reale, e sulle possibili so-luzioni alternative di risposta. analisi e studi settoriali sono presenti sia al livello nazionale che a quello regionale.
nel caso dei recenti provvedimenti sul governo locale, le analisi a supporto sono carenti: provvedi-menti che hanno proposto soppressioni e semplificazioni rigide, o che hanno mantenuto sempre aperto il cantiere della fiscalità locale, oppure che introducono nuovi vincoli sull’uso delle risorse. tali provvedimenti sono risultati affrettati, poco organici; e non mirano ad accrescere la capacità degli enti di rendere conto (al territorio, agli elettori, ai livelli superiori di governo).
Vi è una sottovalutazione delle funzioni di area vasta: basti pensare al crollo delle spese di manuten-zione delle reti stradali, che avrà ripercussioni, dagli esiti non ben quantificabili: per gli interventi di ripristino oggi non è chiaro se, in qual misura e chi se ne farà carico, e oggi vi sono diverse iniziative di province e regioni per riattribuire gestione e manutenzione all’anaS.
né appare chiaro come le province possano svolgere efficacemente quel ruolo di assistenza e coor-dinamento rispetto alle attività dei comuni più piccoli. Serve ora una attuazione coerente alla nuova forma di governo: ente a elettività indiretta, con consiglio composto da Sindaci e consiglieri, in preva-lenza piccoli comuni. una composizione che può favorire un’azione dell’ente più partecipata ed effica-ce a favore dei servizi sovracomunali, ad esempio nel campo delle opere pubbliche
trent’anni orsono questo istituto redasse un rapporto sullo stato del governo locale. Per titolarlo usò la metafora del “labirinto”. i temi affrontati erano la frammentazione comunale e le forme di governo metropolitano, questioni entrambi affrontate dalla legge 142 del 1990.
oggi pare più adeguata la metafora dell’intreccio. con il decentramento le regioni hanno sviluppato nuove competenze e interazioni con Province e comuni. Questo comparto ha vissuto diverse stagioni di programmi complessi e sperimentato nuove forme di cooperazione: come quelle per i servizi socia-li, oppure il consolidamento a scala metropolitana della gestione dei servizi a rete; di rilievo anche la redazione dei tre piani strategici.