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Prima di esporre il procedimento di calcolo del Valore a Rischio di un portafoglio obbligazionario a mio avviso è fondamentale specificare che cosa si intenda per obbligazione e quali sono le tipologie di obbligazioni più diffuse nel mercato.

Come definito dalla Borsa Italiana nel proprio sito internet le obbligazioni sono “ un titolo

di credito che rappresenta una parte del debito acceso da una società o da un ente pubblico per finanziarsi. Garantisce all’acquirente il rimborso del capitale più un tasso di interesse”. Tramite questo strumento finanziario l’emittente riesce a reperire del

capitale pagando un tasso più basso rispetto a quello che pagherebbe per ottenere lo stesso importo da un istituto di credito, mentre il sottoscrittore investe il proprio denaro in un titolo meno rischioso rispetto ad un’azione e che gli garantisce nella maggior parte dei

27 casi il pagamento certo di interessi durante il prestito e la restituzione del valore nominale a scadenza.

Gli elementi che caratterizzano un titolo obbligazionario sono dunque (Basso, Pianca 2010):

il valore nominale dell’obbligazione che viene ad essere stampato sul titolo e nella

maggior parte dei casi rappresenta la somma di denaro restituito al possessore del titolo alla scadenza del prestito;

il prezzo di emissione ovvero il prezzo pagato dal sottoscrittore per l’acquisto del

titolo all’emissione;

il valore di rimborso ovvero l’ammontare di denaro rimborsato al possessore del titolo

alla scadenza;

la quotazione ovvero il prezzo che il titolo assume nel corso del tempo nel mercato.

Tale prezzo è fortemente influenzato dall’andamento del tasso di mercato. Un aumento del tasso comporterà una diminuzione della quotazione e viceversa;

il tasso cedolare ovvero il tasso utilizzato per determinare l’ammontare della cedola;

cedole (coupon) cioè gli interessi pagati dal momento dell’emissione fino a scadenza.

Solitamente vengono emesse obbligazioni che pagano cedole trimestrali, semestrali o annuali. Le obbligazioni che non danno il diritto a ricevere cedole sono dette zero

coupon bond. La cedola è pari al rapporto tra il tasso cedolare ed il valore nominale

del titolo;

lo yield to maturity cioè il tasso che uguaglia il prezzo di emissione dell’obbligazione

con il valore attuale dei cash flow previsti.

Le obbligazioni possono essere a tasso fisso o a tasso variabile. In quelle a tasso fisso l’ammontare della cedola rimane costante per tutta la durata del titolo. In quelle a tasso variabile dette anche obbligazioni indicizzate, possono variare il capitale di rimborso, il valore della cedola o entrambi. Solitamente l’indicizzazione avviene sulla base dei tassi interbancari (Euribor), dell’inflazione nonché sulla base del rendimento di altri titoli.

28 Si è poi soliti suddividere le obbligazioni a seconda dell’emittente. Sulla base di questa distinzione è possibile individuare (Dipartimento del Ministero del Tesoro; Borsa Italiana; Elton, Gruber, Brown, Goetzmann 2007):

le obbligazioni governative i cosiddetti Titolo di Stato ovvero le obbligazioni emesse dal Ministero del Tesoro. I principali titoli obbligazionari emessi dal Ministero del Tesoro italiano sono:

o Buoni Ordinari del Tesoro (BOT): titoli che non prevedono il pagamento di

cedole e che offrono un rendimento dato dal cosiddetto scarto di emissione ovvero la differenza tra il prezzo di emissione ed il prezzo di rimborso pari al valore nominale. Tali titoli presentano una durata pari a 3, 6 o 12 mesi. Essendo dei titoli che non prevedono il pagamento di cedole sono dotati di una caratteristica rilevante ovvero offrono un tasso di rendimento ex-post a scadenza pari a quello calcolato ex-ante. Quindi nel caso in cui tali titoli vengano acquistati all’emissione e detenuti fino a scadenza non presentano alcun rischio di tasso (Mazzocco 2005).

o Certificati del Tesoro Zero Coupon (CTZ): titoli zero coupon con durata di 24

mesi. Sono titoli che presentano molti similitudini con i BOT infatti offrono sia un rendimento dato dallo scarto di emissione sia un tasso di rendimento ex-

post a scadenza pari a quello calcolato ex-ante. Quindi nel caso in cui tali titoli

vengano acquistati all’emissione e detenuti fino a scadenza non presentano alcun rischio di tasso (Mazzocco 2005).

o Buoni Poliennali del Tesoro (BTP): titoli con cedola fissa. Emessi con

scadenza pari a 3, 5, 10,15, o 30 anni.

o Buoni Poliennali del Tesoro indicizzati all’inflazione europea (BTP€i): titolo a

tasso variabile. In realtà in questa obbligazione il tasso percentuale è fisso, ciò che varia è l’ammontare della cedola che viene ad essere determinato moltiplicando il tasso per il capitale rivalutato in base all’Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo (IAPC), con esclusione del tabacco, calcolato

29 dall’EUROSTAT. Il rimborso del valore nominale del titolo viene comunque garantito alla scadenza;

o Buoni Poliennali del Tesoro Italia (BTP Italia): titolo indicizzato all’inflazione

italiana con scadenza a 4 anni. In tale titolo le cedole ed il capitale sono rivalutati in base all’inflazione italiana rilevata dall’ISTAT tramite l’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (FOI) con esclusione dei tabacchi. Il rimborso del valore nominale del titolo viene comunque garantito alla scadenza;

o Certificati di Credito del Tesoro (CCT):titoli a tasso variabile con durata pari a

7 anni. In tali titoli la cedola è indicizzata al rendimento lordo semplice annuo dei BOT a 6 mesi;

o Certificati di Credito del Tesoro Euribor (CCT eu): titoli a tasso variabile con

durata solitamente pari a 5 anni. In tali titoli la cedola è indicizzata all’Euribor a 6 mesi.

Il valore nominale di tutti i Titoli di Stato italiani è pari a 1000 €;

le obbligazioni societarie ovvero bond emessi da società private, banche e società industriali. Tali titoli presentano solitamente un rendimento superiore ai Titoli di Stato di uguale durata (Borsa Italiana).

2.3 – Le fasi di calcolo del Value at Risk di un portafoglio

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