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Tocco da Casauria e Stoppani

Nel documento Gerardo Massimi (pagine 35-44)

Antonio Stoppani

Antonio Stoppani – sacerdote, geologo, naturalista e letterato lombardo (Lecco 1824 - Milano 1891) – nonostante la straordinaria fortuna editoriale della sua più nota opera di divulgazione, Il Bel Paese, della quale sono state pubblicate decine di edizioni, sembra poco conosciuto in Abruzzo, nonostante abbia dedicato alla valle del Pescara pagine importanti, sia sul piano scientifico, sia su quello della documentazione delle condizioni sociali all’indomani dell’unità d’Italia. Ancor maggiore è l’importanza dello Stoppani quale promotore, con le sue ricerche geologiche, della protoindustrializzazione abruzzese e della valorizzazione del distretto minerario della Maiella settentrionale.

Singolare il destino dello Stoppani! Conosciutissimo da tutti i consumatori di una nota marca di formaggi, produttrice del Bel Paese, nel cui involucro è da decenni riprodotta una stampa ottocentesca raffigurante lo Stoppani, erroneamente ritenuta da molti l’effigie del fondatore della marca, è caduto nel dimenticatoio per la pubblica opinione ed è virtualmente del tutto sconosciuto in Abruzzo, che pur avrebbe fondate ragioni per ricordarlo. Se non altro per la simpatia con la quale lo Stoppani ha osservato Tocco da Casauria e la valle del Pescara, e per la straordinaria fortuna editoriale, decine e decine di edizioni, dell’opera, Il Bel Paese, nella quale le osservazioni sono confluite.

Geologo, naturalista e letterato lombardo (Lecco 1824 - Milano 1891), sacerdote, Antonio Stoppani21 dopo aver insegnato per vari anni nella scuola media superiore, fu chiamato ad insegnare geologia nelle Università, successivamente, di Pavia (1861), di Milano (1862-1878), di Firenze (1878-1883) e, ancora, di Milano, ove diresse anche il Museo civico.

Lo Stoppani fu tra i primi ad occuparsi della geologia e della paleontologia della Lombardia, affermando, contro le teorie vigenti, secondo le quali le Alpi si erano formate con sollevamenti successivi ed indipendenti, legati anche a fenomeni eruttivi, l’unità geognostica ed orografica dell’arco alpino lombardo-svizzero (Milano 1857) e pubblicando con altri due scienziati (G. Menghini ed E. Cornalia) una grossa opera in quattro volumi dal titolo Palèontologie lombarde ou description des fossiles de Lombardie (1858-1881).

Alpinista appassionato, si occupò anche di glaciologia e di geografia fisica; fu fra i fondatori dell’Istituto geologico italiano; è l’autore di uno dei primi trattati di geologia (Corso di geologia - Milano - voll. 3).

Lo celebrità dello Stoppani è comunque certamente legata a Il Bel Paese (1875) ove sono descritte, con manzoniano stile letterario (lo Stoppani fu seguace di

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Le notizie biografiche sono tratte da Tofini P., Gli studiosi italiani della terra e dell’universo, Signorelli, Roma, 1981, pp. 140-141.

Manzoni, di cui scrisse anche un’affettuosa biografia) le bellezze d’Italia: opera di genuina divulgazione scientifica, dedicata in particolare ai giovani, nella quale è anche evidente lo sforzo di conciliare scienza e fede; della fortunata opera si ebbero più di cento edizioni22.

L’edizione qui utilizzata è strutturata in un’ampia introduzione dedicata agli insegnanti e in una serie di capitoli, presentati come serate (29), e da un’appendice contenente altre serate (5). Dalla lettura dei titoli appare evidente l’intento dello Stoppani di prospettare particolarità naturalistiche e problematiche sociali coinvolgenti l’intero territorio nazionale (delle grandi aree risulta esclusa soltanto la Sardegna):

1 Da Belluno ad Agordo. 2 Gli alpinisti ed i viaggi alpini. 3 Da Agordo ad Udine. 4 Il ghiacciaio del Forno. 5 Il passo dello Zebrù. 6 Il passo del Sobretta. 7 Da Milano al Salto della Toce. 8 Le caverne di Vallimagna. 9 Loreto e la levata del sole. 10 La tempesta di mare. 11 La fosforescenza del mare. 12 Il petrolio e la lucilina. 13 Da Milano a Tocco. 14 Le sorgenti di petrolio. 15 I pozzi di petrolio. 16 Le salse. 17 I vulcani di fango. 18 Le fontane ardenti. 19 La buca del Corno. 20 I pipistrelli. 21 Il Letargo e le migraziomi. 22 Le Alpi Apuane. 23 I marmi di Carrara. 24 Il Vesuvio dell'antichità. 25 Il Vesuvio nella fase pliniana. 26 Il Vesuvio nella fase stromboliana. 27 Il Vesuvio nella fase pozzoliana. 28 L'Etna. 29 La valle del Bove.

Appendice: 1 Ricordi del Monte Rosa. 2 I nostri laghi. 3 l'incendio del San Martino. 4 Il Reno a Sciaffusa e l'Adda a Paterno. 5 Le marmitte dei giganti.

Numerose illustrazioni, pregevolissime per qualità e meritevoli di essere inserite in un’antologia del disegno naturalistico per finalità scientifiche e didattiche, completano l’opera

Antiche conoscenze circa le potenzialità minerarie del Morrone e della Maiella settentrionale

L’esistenza di risorse minerarie, in particolare di idrocarburi, sul versante settentrionale del massiccio della Maiella, in destra idrografica del bacino del Pescara, era nota agli eruditi sin dalla fine del XV, ma rimase a lungo una nozione vaga e imprecisa23, nonostante sia documentata sin dall’epoca romana una qualche

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Nel seguito i riferimenti a Il Bel Paese sono basati sulla 41-esima edizione economica, Cogliati, Milano, 1897.

Sempre con l’editore Cogliati lo Stoppani pubblicò altre opere, tra le quali si citano: L’era Neozoica (1881), L’ambra (1886), I trovanti (1881), Asteroidi (1879, Il dogma e le scienze positive (1886).

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Verlengia F., Bitumi e Petrolio nella Valle della Pescara attraverso i secoli, in “attraverso l’Abruzzo”, 1956, n. 2, p. 1.

Per una più approfondita ricognizione storica si segnalano:

Giuseppe Allegranza, Articolo di Lettera diretta all’Illustriss. Sig. D. Gennaro Durini, in cui

utilizzazione del bitume24, facilmente rinvenibile in un vasto territorio a forma grosso modo triangolare25. In effetti, Michele Tenore, visitando questi luoghi nei primi decenni dell’Ottocento rilevava che non era difficile trovare pezzi isolati o raccolti di vene di bitume solido, impiegati dai contadini come combustibilei.26

Le notizie più antiche riguardano la presenza di emissioni in superficie di petrolio e si rinvengono nell’Italia illustrata di Flavio Biondo da Forlì, pubblicata nel 1482, nella quale, discorrendo dell'Abruzzo, si menziona il castello di Cantalupo, nei pressi di Tocco da Casauria, per la presenza di una sorgente di petrolio, che i

in cui spira, Toccolano. Dalla p. 277-283 del vol. 17° delle Novelle letterarie di Firenze, in Firenze

MDCCLVI, nella Stamperia della SS. Annunziata.

Statistica agronomica del circondario di Caramanico. Memoria del signor Francesco Antonio De

Angelis, pp. 193-233 del n. 15, marzo 1820, degli Annali di Agricoltura Italiana, Napoli 1820.

P. De Virgiliis, La Maiella viaggio sentimentale, pp. 42-49 e 117-124 del vol. 3° del giornale Abruzzese, Chieti, 1837. Tra l’altro ricorda la frana di Roccamontepiano, 24 giugno 1760, con oltre mille morti.

M. Tenore, Sopra quattro sostanze fossili della Majella, Lettera di _ pp. 145-154 del n. XXIV dell’anno 3° del Giornale Abruzzese, Chieti, 1838 (1: la pietra da pile di Penna Piedimonte; 2: la pietra da macine di Valle Giumentina; 3: la terra saponacea di Letto Manoppello; 4: la pozzolana della Maiella).

M. Tenore, Sulla Majella montagna dell’Abruzzo Citeriore. pp. 623-624 di il Corriere di Napoli, n. CLIII, mercoledì 5 aprile 1807 (caratteri geologici e notizie su metallurgia, cave di zolfo e carbon fossile ecc.).

Tenore, Gussone e Capocci, Viaggio alla Meta, al Morrone e alla Maiella. pp. 112-125 del vol. 6° degli Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1834 (si discorre di esperimenti fatti dal Capocci e si espone il resoconto del viaggio).

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Intorno alta metà di Settembre del 1868, nella contrada Pignatara del tenimento di Lettomanoppello, fu rinvenuto un pezzo di asfalto purificato a forma di parallelepipedo della lunghezza di m 0.35, della larghezza di m 0.26 e spessore di m 0.10, che recava impresso un bollo con la seguente iscrizione : ALONI C. F. ARN. SAGITTAE, dal quale si può argomentare come sul posto doveva praticarsi l'industria dell'asfalto e come l'antico purificatore fosse un Alone Sagitta della tribù Arniense e, in conseguenza, marrucino. Per quanto riferisce il barone don Giacomo Zambra di Chieti, che fu uno studioso appassionato di memorie patrie e che, per primo, dette notizie della scoperta, nella contrada Pignatara “si rinvennero nel passato e sicuramente si rinvengono anche oggi numerosi frammenti di vasi di terra cotta con tracce di asfalto, segno evidente che in essa il bitume veniva fuso e segregato, dalle materie estranee per poter essere, in seguito travasato e congelato in forme quadrangolari, che venivano regolarmente bollate”. Il barone Zambra pensava che l'asfalto purificato venisse trasportato a Interpromium, una piccola città romana, che sorgeva nei pressi di Torre de’ Passeri, ove doveva esser posto in commercio.

Al riguardo: Giacomo Zambra, Un antico pezzo di asfalto, Chieti, Tipografia Marchi-Vella, 1868.

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I vertici insistono all’incirca sui capoluoghi comunali di Tocco da Casauria, Caramanico Terme e Lettomanappello, tutti in provincia di Pescara.

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Tedeschi e gli Ungheresi, più diligentemente degli italiani “colligunt et asportant “in ragione delle sue presunte virtù medicinali27. Le segnalazioni si ripetono nel secolo XVI, negli scritti di Leandro Alberti, Cristoforo Scanello, detto il Cieco di Forlì, e Scipione Mazzella28, ma per descrizioni accurate e di prima mano bisogna attendere la prima metà del XIX secolo. Tra esse, pregevole per il tentativo di giustificare in termini scientifici le adunanze di bitume, quella del barone G. N. Durini in una comunicazione alla Società Reale delle Scienze in Napoli29.

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Le credenze sulle virtù medicamentose del petrolio erano molto radicate e diligentemente enfatizzate dagli autori che fanno cenno del petrolio di Tocco. Al Giustiniani (Dizionario

geografico-ragionato del regno di Napoli (tomo IX, pp. 179-180; ristampa anastatica – Forni, Bologna, 1970 -

dell’opera originale, Napoli, 1805) si deve un’efficace sintesi del comune di Tocco da Casauria sul finire del XVIII secolo:

“[…] Il territorio confina con la terra di Musellaro, Popoli, Pentima, Castiglione della Pescara,

Bolognano, e con il feudo rustico di Cantalupo.

Le acque vi sono in abbondanza tanto nell’abitato, che fuori; quindi vi si coltivano molto gli ortaggi, che poi vendono altrove gli abitanti di questo paese. Le produzioni di olio, vino, che sono di ottima qualità, legumi, grano, granone, sempre sopravanzano il bisogno della popolazione, la quale è di circa 3000 persone, per cui commerciano con altre i paesi della provincia e fuori. La caccia nelle sue montagne, e luoghi boscosi vi è pure in abbondanza, e il fiume Aterno, ossia Pescara dà a quegli abitanti ottime trotte e capitoni. Naturalmente vi nascono medicinali, ma poco o nulla curate. Alle radici di un monte evvi un fonte, che dell’olio petronico mirabile, per quanto mi dicono, a liberare i ragazzi da vermi. In questa terra visi fanno tre fiere nel corso dell’anno. La prima a 23 novembre, detta S. Clemente, di animali vaccini. La seconda a’ 13 di giugno di cavalli, muli, e di varie specie di vettovaglie; la terza detta della Pace a’ 5 di agosto, e l’università di Tocco stabilisce la voce della seta. In ogni giovedì vi è poi mercato, in cui concorrono gli abitanti di molti altri paesi per vendere, o comprare, tutto ciò che serve al mantenimento della vita […]”.

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Cfr.: Verlengia, loc. cit., che annota: “La cava del bitume a Lettomanoppello, abbandonata e forse dimenticata durante il medio-evo e i secoli immediatamente successivi, fu rinvenuta e, com'è da pensare, riaperta nella seconda metà del secolo XVI. La notizia si attinge dalla “Descrizione del Regno di Napoli “di Scipione Mazzella (Napoli, 1586), nella quale si dice che nel territorio di Lietto manuppello è “la miniera della pece, la quale fu ritrovata l'anno 1577, ed è a modo di bitume, però fà il medesimo effetto che la pece... ”. Ma, com'è noto, poi, la lavorazione industriale del vecchio minerale nella valle della Pescara è solo opera dei nostri tempi e rimonta al 1869”.

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Durini N. G., Sullo zolfo e bitume di Abruzzo Citeriore, citato. Lo scritto del Durini probabilmente era noto allo Stoppani e certamente all’Abbate (1903, citato p. 200 della seconda parte) che lo riassumeva, per la parte riguardante Tocco da Casauria, in questa vivace descrizione:

“Ma sopratutto é notevole una sorgente di petrolio a S.E. del paese, a circa 3 km ai Rigidi del monte Orso nel Morrone, a 600 m. sul mare. Si estrae petrolio, bitume, sodio e asfalto. La sorgente è in un terreno pantanoso, il cui fondo è all'intorno tutto argilloso e coperto di sassi rotolati; nelle vicinanze é infetta di bitume di cui molte masse già indurite, lo ricoprono. Quattro sorgenti limpide che spandono forte odore bituminoso, sgorgano di continuo, e formano uno dei rivoli del fiumicello Arollo o Arolla. Nell'arida stagione scorrono sí poco che bastano appena a sostenere il pantano. In tre luoghi di questo si vedono uscire dal fondo gocce di bitume che gradatamente s'ingrandiscono e vi rimangono finché cedendo al moto delle acque si distaccano, e dilatandosi galleggiano e danno alle acque un colore radiato. Dopo le grandi piogge e le straordinarie liquefazioni delle nevi, avviene che il bitume scaturisce dai forami del monte non a gocce ma a zampilli che s'innalzano tre e quattro palmi in aria. Vari tentativi fatti per arrivare alle origini della sorgente, ritenendosi che nelle viscere più profonde il

Il Durini, in particolare, dopo una breve ricognizione sugli affioramenti di zolfo nativo e di rocce gessose, si occupa del bitume, del quale coglie la stretta parentela con il petrolio – “nell'apparenza solo differisce dalla Nafta, e dal Petrolio, varietà del carbone fitogeno, o Zoogeno idrogenato”– mentre ne sottolinea la frequenza degli affioramenti nella cosiddetta valle di Caramanico, che si interpone tra Maiella e Morrone, come “lungo il corso del fiume Orta nella profondità grandissima in cui scorrono si veggono fra gli strati calcari delle ripe visibili scoli di questo bitume”, oppure nella contrada del Crocifisso di Valle Bona (comune di Manoppello) dove “gli strati scoperti dal corso delle acque sono d'argilla e creta imbevuta di bitume liquido, che al calore estivo gocciola liquefatto”. Ancor più importante “una sorgente effettiva dove (il bitume) sgorga continuatamente mescolato coll'acqua, e spesso schietto e puro in larga copia che con calcolo non esagerato farebbesi ammontare a 400 o 500 barili all'anno”che il Durini descrive in questi termini:

“Giace essa nel territorio di Tocco a pié del monte detto Morrone, che è una Montagna isolata, e quasi direi ala della Majella. Nelle di lui pendici, e precisamente ove comincia l’erto del monte trovasi un terreno pantanoso d’un quarto di moggio d’estensione. Il fondo tutto all’intorno è argilloso e coperto di sassi rotolati ma nelle vicinanze del pantano esso è infetto di bitume e molte masse di questo già induritelo cuoprono. Quattro non copiose sorgenti di acqua limpidissima, ma con forte odore bituminoso ne sgorgono perennemente e formano una delle scaturigini onde nasce il fiumicello detto Arollo. Nell'arida stagione quelle sorgenti danno tanta poca acqua che basta appena a sostenere il pantano. Or in questo, e specialmente in tre luoghi veggonsi uscire dal fondo delle gocciole di bitume che gradatamente s'ingrandiscono, e rimangono sopra il fondo istesso fino a che cedendo al moto delle acque si distaccano, e messe in movimento si dilatano, e vengono a galleggiare, e danno all'acqua il colore iridalo del collo del colombo, e così seguendo il corso delle acque il minerale per l’indole sua glutinosa si attacca ai corpi che tocca ed ivi si riunisce, ed ammassa.

Dopo le grandi piogge, e le straordinarie liquefazioni delle nevi avviene di spesso che non a gocciole sgorga il bitume, ma a zampilli che s'inalzano tre, o quattro palmi in aria, e sembra a chi s'incontra vedere il fenomeno, come se guizzanti serpi neri uscissero dal suolo innalzandosi con moto tortuoso, e poi ricadendo. La copia che allora ne sorte è tanta che tutta la sponda dell’Arollo per corso di due miglia ne vengono sporcate, ed il puzzo bituminoso si spande largamente per quelle contrade.

Questo fatto mi fa non a torto sospettare che alle radici di quel monte un lago sotterraneo, dove si raccoglie il bitume che ne gocciola dai lati, e si ammassa sino a che cresciuto per abbondanza delle acque il lago, e non potendosi contenere ne' suoi limiti, spinga fuori con impeto prima il bitume galleggiante, e più leggiero, ed allora deposito di petrolio sia abbondante, come un pozzo trivellato di 500 m., non han dato risultati. L'acqua solforosa é usata anche per bagni e bevande”.

è che sgorga puro, ed in abbondanza. Quando poi le acque mancano allora solo alcune gocciole trascinate dal corso di quelle si rendono visibili.

Non sarebbe difficile farne raccolta formando tante vasche nel terreno istesso una sopra l’altra, e costringere l’acqua a soffermarsi in esse progressivamente prima di, scendere, e riunirsi nell'Arollo. L'inclinazione del terreno si presta facilmente a questa operazione, e più facile sarebbe se nelle vasche si mettessero delle fascine, poicchè a queste per l’indole sua glutinosa il bitume si attaccherebbe facilmente, e facile sarebbe il raccoglierlo.

In altri tempi fu chiesto questo bitume dalla Capitale ma è ignoto l’uso cui adoperossi. Oggi qualcuno ne raccoglie picciola quantità, e la porta alla marina di Pescara e colà rimescolato alla pece serve a calafatare le barche peschereccie; i pastori ne ungono le ferite degli animali; onde impedire che vi nascano vermi dalle mosche che sfuggono come ingratissimo quell'odore.

Dissi che l’acque di quel pantano vanno all’Arollo, e danno a questo fiumicello tale odore bituminoso che li barbii, li capitoni, e le anguille ne contraggono un gusto straordinario, che può dilettare qualche lezioso palato. Le rane poi che sono in esso abbondanti, e grosse conservano il loro sapore, forse per la tenacità della loro pelle.

In quanto al profitto da trarsi da siffatto bitume non saprei per verità trovarlo grandissimo. Arrostendo quelle glebe, e que' strati di terra bituminosa potrebbe ritrarsene molta quantità, e sino al quarto della massa; potrebbe servire per combustibile supplendo le veci del carbone fossile; potrebbe chiarificarsi, e ridotto a Nafta avvalersene per illuminazione; potrebbe farsi uso per la marina; ma quel suo odore disgustoso è un forte ostacolo ad adoperarlo. Forse la medicina potrebbe giovarsi de' bagni di quelle acque. Il volgo le adopera per li residui della scabbia negli animali. Checché voglia essere ne rimetto dei saggi a codesta società, perchè li lumi di quelli che la compongono spandano della luce sopra questo interessante oggetto.

Può esser degno di qualche ricerca l’indagare quale cagione mai sia stata sì potente di raccogliere in quella Valle fra la Majella, ed il Morrone tanta materia bituminifera quanta se ne vede, e quella maggiore che ignota stassi sotterra ? Due sono le origini di essa vegetabile l’una, l’altra animale. Ammassi di legni resinosi distrutti, o aggregazioni di animali marini che, nella disorganizzazione de’ loro corpi abbiano data una quantità prodigiosa di idrogeno. Nel caso nostro possono essere amendue…”

Le motivazioni dello Stoppani

Nel 1864 lo Stoppani muove alla volta di Tocco da Casauria al fine di valutare, per conto dell’industriale vicentino Maurizio Laschi, le potenzialità economiche della sorgente di petrolio sopra descritta.

Il Laschi, all’epoca presidente della Società Montanistica Vicentina per lo scavo ed utilizzazione dei prodotti minerali, aveva avuto notizia della sorgente in maniera del tutto casuale nel 1863 da un ufficiale dei Bersaglieri, che si era imbattuta in essa casualmente durante una campagna di repressione del brigantaggio nelle montagne abruzzesi. L’interesse del Laschi nasceva dal fatto che intorno al 1860 era iniziato l’afflusso in Europa di petrolio americano30, la cui penetrazione inglesi e francesi cercavano di contrastare con la distillazione di olio minerale da scisti bituminosi, e su questa strada si era avviato anche il Laschi con l’impianto di un rilevante stabilimento alla periferia di Vicenza31. Mediocre però era la qualità del prodotto, in quanto gli scisti bituminosi del vicentino erano inquinati dalla presenza di fosfati, sicché urgeva ricorrere a petrolio naturale, del quale in Italia esistevano molti indizi di presenza, ma non luoghi attrezzati dai quali poterlo estrarre con vantaggio economico.

Il sopralluogo del Laschi si sviluppò a più riprese nel 1864 e coinvolse, oltre allo Stoppani, i più noti esperti di petrolio dell’epoca, “i quali tutti concordi dichiararono che il terreno di Tocco dava la più lusinghiera speranza di risultati, portando però le ricerche non alla quasi superficie, ma a grandi profondità”32.

Figura 20 Brigante abruzzese.

Fonte: Amm.ne Prov. Chieti Comune di Chieti e Museo Bardella, Il costume popolare abruzzese, Zolfanelli, Chieti, 1985, Tav. VIII.

Incoraggiato dai pareri favorevoli, il Laschi fece venire dalla Francia impianti di perforazione e tecnici che lo posero nella condizione di iniziare, verso la metà del 1865, l’estrazione industriale di petrolio nel bacino dell’Arolle, che sarebbe proseguita nel corso dell’Ottocento, seppure tra

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In quegli anni la produzione americana era valutata intorno ai 1000 mc giornalieri; i distretti di

Nel documento Gerardo Massimi (pagine 35-44)

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