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Le traduzioni delle edizioni degli Illuministi scozzesi: un quadro d'insieme

PARTE II Le traduzioni italiane dei “classici” dell'Illuminismo scozzese

3.2 Le traduzioni delle edizioni degli Illuministi scozzesi: un quadro d'insieme

L'indubbio vantaggio offerto dalla realtà politico-istituzionale italiana ad una ricerca come quella che ho condotto, che si è occupata delle traduzioni come vettori di circolazione e di adattamento delle idee, è quello di mettere a disposizione, per buona parte delle opere del corpus “d'eccellenza” che ho scelto di prendere in esame, più di una versione tradotta, ciascuna delle quali realizzata in un differente contesto e con precise logiche culturali ed editoriali; una situazione che mi ha consentito di considerare la penisola come un

“laboratorio” di strategie di appropriazione e di rielaborazione dei Lumi scozzesi96.

Il quadro d'insieme che mi propongo di delineare nelle pagine che seguono ha lo scopo di presentare – tenendo conto delle indicazioni metodologiche proposte nella prima sezione del mio elaborato – alcune riflessioni generali, partendo da un'analisi meramente quantitativa del numero di traduzioni realizzate, della loro distribuzione cronologica e geografica, per poi procedere con ragionamenti più specifici sulle motivazioni all'origine della selezione dei testi da tradurre, sulle competenze e sulle politiche adottate dagli esecutori dei lavori di volgarizzamento e, infine, sulle modalità di intervento, tanto sul contenuto quanto sul paratesto, decise da stampatori ed editori.

I primi dati che emergono dall'analisi delle edizioni italiane dei quattro autori sui quali ho concentrato l'attenzione evidenziano, innanzitutto, la presenza dominante delle traduzioni delle histories di William Robertson (43 versioni complete e 5 relative solo ad alcuni tomi)97, seguite da quelle di David Hume (9 versioni complete e 3 relative ad alcuni

capitoli della sua opera storiografica)98, da quelle di Adam Ferguson (4 versioni complete e

96 Richiamo a questo proposito, ancora una volta, l'attenzione sul fatto che, pur nella consapevolezza della

loro importanza, ho lasciato a margine considerazioni di ordine prettamente linguistico sulle diversità stilistiche presenti nelle versioni di una stessa opera realizzate in differenti contesti italiani.

97 La presenza delle traduzioni delle histories robertsoniane risulta distribuita in questo modo: la History of

Scotland poté contare 2 edizioni complete e una parziale (del solo I libro) nel Settecento e 4 edizioni

complete nell'Ottocento; la History of Charles V conobbe 3 edizioni complete settecentesche più una relativa al solo I libro (la celebre View of Progress) e 4 edizioni complete ottocentesche; la History of

America ebbe 6 edizioni complete nel XVIII secolo e 10 edizioni nel secolo successivo più 5 ristampe

senza variazioni (2 settecentesche dello stampatore veneziano Gatti e 3 ottocentesche del palermitano Garofalo) e 3 edizioni del II libro (contenente la biografia di Cristoforo Colombo); infine, la Historical

Disquisition fu tradotta 2 volte nel Settecento ed 1 nell'Ottocento, anche se quest'ultima versione venne

pubblicata per altre due volte, con alcune aggiunte, nell'arco di un decennio. A queste traduzioni ho voluto aggiungere 4 edizioni della History of Greece che, sebbene non fosse un'opera del celebre storico William Robertson, ma di un omonimo, fu, comunque, considerata e presentata nell'Ottocento come un suo lavoro.

98 Per quanto riguarda David Hume ho potuto censire 3 edizioni ottocentesche della History of England, a

cui va aggiunta quella relativa al solo I tomo (frutto di un progetto editoriale veneziano interrotto per cause che spiegherò); 3 edizioni settecentesche dei Political Discourses (con una selezione di saggi che

1 parziale di un solo libro dell'Essay on Civil Society)99 e, per ultimo, da quelle di Adam

Smith, tradotto una sola volta nell'intervallo di tempo considerato100.

Per quanto concerne la distribuzione tra XVIII e XIX secolo, ad eccezione dei saggi

filosofici e della History of England di Hume101, tradotti solo nell'Ottocento, tutte le altre

opere conobbero almeno una versione settecentesca che, soprattutto nel caso della History

of the Progress and Termination of the Roman Empire e degli Institutes of Moral Philosophy di Ferguson, fu anche l'unica disponibile fino a tempi più recenti. Nella

specifica situazione di Robertson, la presenza di edizioni italiane dei suoi lavori si divide quasi equamente tra i due secoli, anche se nell'Ottocento, proprio in relazione ad un incremento delle iniziative editoriali di adattamento dei “classici” della storiografia, si registra un leggero aumento delle traduzioni, soprattutto della History of America. Va segnalato anche che i periodi di maggiore attività si concentrano negli anni Settanta ed Ottanta del Settecento e durante gli anni Venti e Trenta del secolo successivo, con una pressoché totale interruzione nella fase rivoluzionaria e napoleonica, ad eccezione delle operazioni di volgarizzamento di Pietro Antoniutti – che continuava un progetto personale

non riproducevano interamente tutti quelli raccolti nell'edizione inglese), più alcune versioni parziali di capitoli della History, relativi in un caso ad osservazioni sul governo feudale e nell'altro alla ricostruzione della storia della congiura delle polveri, ambedue settecentesche. A questo vanno aggiunte, nel primo Ottocento, una traduzione della Idea of a Perfect Commonwealth (uno dei Political Discourses) e 2 edizioni di saggi filosofici. Preciso in questa sede che, occupandomi di traduzioni edite, non ho considerato una versione sicuramente interessante di una parte della III sezione dei Philosophical Essays

concerning Human Understanding (presente solo nelle edizioni dal 1748 al 1770 e non in quelle

postume), realizzata da Giovanni Agostino de Cosmi (1726-1810), letterato siciliano attivo nei circoli illuministici napoletani, con il titolo di Saggio terzo sopra l'intendimento e conservata manoscritta presso la Biblioteca Universitaria di Catania. Su de Cosmi cfr la voce curata da B. M. Biscione, DBI, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana, vol. 33, 1987, e G. Giarrizzo, Nota introduttiva, in Illuministi italiani, VII, Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato pontificio e delle isole, a cura di G. Giarrizzo, G. Torcellan, F. Venturi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1965, pp. 1079-1098.

99 Adam Ferguson conobbe una fortuna limitata in traduzione e pressoché interamente mediata, tranne in un

caso, dalle versioni francesi. Vennero date alle stampe nel Settecento una traduzione degli Institutes of

Moral Philosophy, una della History of the Progress and Termination of the Roman Republic, una

versione completa dell'Essays on the History of Civil Society e una parziale, relativa al III capitolo del II libro (dal titolo On the History of Rude Nations); nell'Ottocento si conobbe un'unica traduzione dell'Essay. Gianfranco Tarabuzzi cita anche una traduzione dell'Essay on the History of Civil Society del Ferguson iniziata a fine anni Settanta dal marchese ferrarese Filippo Calcagnini di Farignano, ma mai terminata per la morte di questi nel 1779 (Echi italiani, cit., p. 408).

100 Adam Smith ebbe una sola traduzione della Wealth of Nations nel Settecento, e trascorsero circa

sessant'anni prima che l'editore torinese Pomba ne proponesse un'altra. Nessun volgarizzamento interessò la Theory of Moral Sentiments. Sul perché Smith fosse stato così poco tradotto, nonostante l'attestazione di parte delle sue teorie nelle riflessioni dei letterati italiani, si vedano le considerazioni generali proposte nel paragrafo precedente e le successive osservazioni nei capitoli 4.1.

101 La History of England ebbe molto probabilmente anche una traduzione settecentesca curata dal somasco

Alvise Barbarigo, rimasta manoscritta e andata perduta con lo smembramento della biblioteca dei Somaschi. Alcuni “brani” vennero tradotti anche dall'abate Tognini, siciliano, già nell'Ottocento, con il titolo di Alcuni brani istorici intorno a Scozia, Inghilterra e Irlanda estratti dall'Istoria d'Inghilterra di

David Hume, ma l'opera è rimasta manoscritta ed è conservata presso la Biblioteca comunale di Palermo.

iniziato da tempo – di Alvise Zenobio, che propose una versione della humeana Idea of

Perfect Commonwealth, e di un anonimo letterato che curò un'edizione di Saggi morali e politici estratti dalle opere del Signor David Hume102. Dal punto di vista della

localizzazione geografica, il contesto settecentesco più interessato dai progetti traduttivi fu quello veneziano, che annoverò versioni di tutti gli autori, ad esclusione di Adam Smith, seguito da quello napoletano e da quello toscano, in cui vennero stampate esclusivamente edizioni di William Robertson103. Nell'Ottocento, la realtà più attiva fu naturalmente

Milano, anche se iniziative degne di essere citate furono portate a compimento anche a

Venezia, Palermo e, in misura minore, Torino e Napoli104.

Tabella 1. Distribuzione nei contesti editoriali delle opere di argomento storiografico105. 102 Saggio sulla Storia di Civile Società, Venezia, Santini, 1806; Idea di perfetta repubblica, Milano, Tip.

Milanese, anno IX (1801); Saggi morali e politici estratti dalle opere del Signor David Hume, Italia, 1808. In realtà, nel triennio rivoluzionario venne data alle stampe anche una versione dei Saggi politici

sul commercio, ma si trattava di una semplice ristampa, con una nuova, ma poco originale introduzione,

di quelle realizzate da Matteo Dandolo ed Isidoro Bianchi.

103 Alcune traduzioni settecentesche di opere robertsoniane vennero edite con falsa indicazione di stampa. Ad

esempio, si utilizzo questo sistema nel caso delle due traduzioni senesi, una parziale, l'altra completa, della History of Scotland, delle due veneziane relative alla History of Charles V e di quella, sempre veneziana, della Historical Disquisition. Sulle possibili ragioni del ricorso a tale procedura rinvio ai paragrafi specifici dove verranno analizzate individualmente.

104 A Venezia furono pubblicate, soprattutto, le traduzioni della History of England di Hume, mentre a

Napoli, Palermo, Torino, ma anche Roma, vennero riproposte versioni delle histories di Robertson inserite nelle collane di “classici” della storiografia.

105 I numeri contrassegnati con un asterisco (*) indicano le traduzioni parziali, relative solo ad alcuni tomi

dell'opera.

XVIII secolo XIX secolo

Toscana Venezia Napoli Milano Venezia Torino Toscana Roma History of Scotland 1 + 1* 1 // 1 // 1 // // 2 History of Charles V // 2 1 + 1* 3 // // // // 1 History of America 3 3 + 3* 2 2 2 1 3 1 4 Historical Disquisition // 1 1 // // // 3 // // History of Greece // // // 1 1 // 2 // // // 1 // // // // // // // History of England // // 1* 1 2 + 1* // // // // Regno di Napoli

History of the Roman Empire

Per quanto riguarda una prima analisi complessiva, è doveroso fare un accenno anche ai formati scelti per le edizioni delle traduzioni italiane, che erano in –8°, in –12° o in –16°; solo in un caso, quello della traduzione della History of America realizzata del patrizio Niccolò Antonio Erizzo, era stato dato alle stampe un pregevole volume in –4°, destinato,

come spiegherò, ad una circolazione limitata ad gruppo selezionato di lettori106. Anche dal

punto di vista del costo, almeno in base ai dati in mio possesso, si evince che erano quasi tutte edizioni non particolarmente costose, acquistabili in molti casi anche mediante sottoscrizione107.

Veniamo ora ad un esame più approfondito, cercando di entrare nel merito di questioni più specifiche che possano rivelarsi utili per delineare un bilancio della ricezione italiana dell'Illuminismo scozzese. Seguendo, almeno in parte, lo schema di analisi proposto da Peter Burke e dalla “cultural history of translation”, a cui ho fatto riferimento nel primo capitolo, cercherò di rispondere, fornendo alcuni esempi più significativi tra quelli esaminati, a tre interrogativi principali: Perché si traduce? Chi traduce? Come si traduce? Per quanto potessero esistere motivazioni precise, e non generalizzabili, alla base delle singole decisioni, di editori o traduttori, di realizzare una determinata traduzione in italiano, è, tuttavia, possibile individuare alcuni orientamenti complessivi. Una riflessione necessaria – quanto scontata – da fare in apertura riguarda la constatazione che l'esigenza di tradurre si imponeva principalmente quando si riteneva opportuno ed utile far circolare un'opera a beneficio di una fascia più ampia di utenti e, ancora più importante nel nostro caso, quando erano le stesse richieste del pubblico ad indirizzarsi verso produzioni francesi, inglesi e tedesche. A partire dalla seconda metà del Settecento, come è stato più volte detto in queste pagine, si erano verificati un progressivo aumento ed una diversificazione, in termini di composizione sociale, del numero dei lettori, si erano gradualmente moltiplicate le occasioni di lettura e si erano rinnovati anche i gusti, con una sensibile evoluzione delle preferenze accordate al genere teatrale, al romanzo e anche alla storiografia. L'interesse dimostrato verso opere di carattere storiografico, non più di taglio erudito, aveva favorito lo sviluppo di un'attività editoriale piuttosto intensa – le cui caratteristiche sono ancora in buona parte da studiare108 – dedicata non solo alle 106 Erizzo preparò un'edizione particolare, dedicata all'autore, del quale si onorava di essere amico, nella

quale riportò fedelmente in italiano ogni giudizio del Robertson. Cfr infra paragrafo 4.3.2.

107 Mi è stato possibile, purtroppo, ricostruire l'elenco dei sottoscrittori in due soli casi, quello della Storia di

America stampata da Giovanni Gatti e quello della Istoria di Grecia uscita dai torchi di Antonio Fontana.

108 Sul consumo culturale di storia si vedano le riflessioni di S. Landi, Note sul consumo di storia in Toscana,

in F. Angiolini, E. Fasano Guarini (a cura di), La pratica della storia in Toscana: continuità e mutamenti

pubblicazioni di contributi originali, ma anche, e soprattutto, alla commercializzazione di edizioni di testi stranieri e alla realizzazione di volgarizzamenti. Non sorprende, dunque, in quest'ottica il successo registrato dalle histories di William Robertson, che, in continuità con quanto stava accadendo in altri contesti europei, iniziarono ad essere proposte in varie versioni anche in Italia, con un graduale incremento nel XIX secolo. Le opere robertsoniane, composte, come detto, con una particolare cura nei confronti dei potenziali

lettori109, affrontavano temi, per così dire, “alla moda”, dalla descrizione delle imprese di

Cristoforo Colombo e delle caratteristiche della società americana, che interessavano

moltissimo durante il periodo della guerra d'indipendenza110, alla storia delle vicende di

Maria Stuart e degli avvenimenti accaduti in quella Scozia che, grazie ai romanzi di Walter Scott, attirava sempre più la curiosità del pubblico111.

Lo stile dello storico scozzese, semplice e lineare, rendeva non troppo complicato il lavoro traduttivo ed era naturale che, in una realtà così composita dal punto di vista istituzionale, e, di conseguenza, normativo, come quella italiana, la concorrenza tra gli editori per garantirsi il privilegio di dare alle stampe una prima versione fosse altissima. Esemplare a questo proposito fu il contenzioso tra il fiorentino Giuseppe Molini e il veneziano Giovanni Gatti. Quest'ultimo, infatti, deciso a sfruttare a proprio vantaggio il clamore suscitato a Venezia dalle vicende rivoluzionarie, fece uscire dai suoi torchi una traduzione della History of America che riproduceva esattamente quella che il Molini stava patrocinando in Toscana, giustificandosi nell'avvertimento preposto al primo tomo, con il sostenere che «questa insigne opera del Signor Robertson è sì generalmente interessante, e n'è sì rapido il corso, che possono aver luogo più edizioni, senza che l'una pregiudichi

all'altra in verun conto»112. La sua operazione mirava a coprire, in realtà, una porzione

quanto più ampia possibile del mercato italiano e almeno a giudicare dal discreto numero

paragrafo 4.2.2 per un'analisi dettagliata del fenomeno nel Settecento.

109 Cfr supra paragrafo 3.1.

110 Si vedano, in particolare, le riflessioni sul “mito” americano a Venezia nel XVIII secolo proposte da P.

Del Negro in Id., Il mito americano nella Venezia del '700, cit., sulle quali ritornerò nel paragrafo 4.3, ma anche quanto osservato, ad esempio, nella prefazione all'edizione milanese della History of America, pubblicata nel 1830-1831 nella collana “Biblioteca Storica Economica”. In essa, veniva sottolineato come la decisione editoriale di presentare la Storia di William Robertson quale prima opera della collana fosse dipesa prevalentemente dal fatto che essa conteneva «i fasti di uno dei più straordinari uomini che mai abbiano onorata la società e del cui nome l'Italia, tanto ricca di ingegni sublimi, va pienamente superba» (L'editore ai lettori, in Storia d'America, Milano, Indicatore Lombardo, 1830-1831, p. 5).

111 Su quest'ultimo caso si veda in particolare l'edizione napoletana della History of Scotland, su cui cfr infra

paragrafo 5.1.1.

112 Avvertimento, in Storia di America, Venezia, Gatti, 1778, p. 30. Sulla stamperia Gatti cfr infra paragrafo

4.3. Interessante notare come Gatti tornasse sull'argomento nell'avvertimento preposto al IV ed ultimo tomo, accusando lo “Stampatore Fiorentino” di aver compiuto un pessimo lavoro.

di sottoscrizioni – distribuite lungo tutto lo stivale – e dalle successive ristampe curate anche dai suoi eredi – tre delle quali erano relative al solo II libro che conteneva una

biografia di Cristoforo Colombo – fu sicuramente un investimento redditizio113. Allo stesso

modo, doveva essere stata percepita come un possibile affare anche la traduzione della

History of Charles V, che lo stampatore Gasparo Storti propose a Venezia pochi anni dopo

l'uscita dell'edizione originale, definita un «livre de fort bon débit», che metteva a

disposizione della clientela nella sua bottega già nella versione francese del 1771114. Non

furono solo gli stampatori veneziani a saper cogliere e sfruttare al meglio il favore che il pubblico dimostrava di accordare a tali opere, ma ragionamenti del tutto simili condizionarono, con ogni probabilità, anche la decisione del senese Francesco Rossi, che nel 1779 scelse di completare il lavoro di traduzione della History of Scotland intrapreso un quindicennio prima dall'abate Pietro Crocchi, suo conterraneo, o, ancora, la scelta del napoletano Michele Stasi di dare alle stampe il volgarizzamento della Historical

Disquisition115.

Le stesse logiche commerciali avrebbero guidato, come è facilmente intuibile, anche le imprese traduttive degli editori ottocenteschi, che attraverso una serie di strategie e di interventi su testo e paratesto, miravano ad interessare il lettore alla propria proposta. Non è, dunque, un caso che il milanese Antonio Fontana scegliesse di far uscire nella sua collana “Biblioteca Storica di tutte le Nazioni” una nuova versione della History of Greece, presentandola come il quarto capolavoro poco noto dello storico scozzese, nel tentativo di rilanciare, contemporaneamente, le vendite delle precedenti traduzioni delle histories, edite

nella collezione116. Analogamente, è spiegabile come il veneziano Giuseppe Picotti e il

113 Le ristampe furono due, nel 1783 e nel 1794, quest'ultima a cura del figlio Silvestro Gatti.

Contemporaneamente alla pubblicazione della prima versione e delle due ristampe della Storia d'America vennero proposte anche tre edizioni della Vita di Cristoforo Colombo, adattamento del II libro della

History.

114 La citazione è tratta da R. Pasta, Editoria e cultura nel Settecento, cit., p. 246 e si riferisce al commento

fatto da Storti in una delle lettere inviate alla Societé Typographique di Neuchatel di cui era cliente (lettera datata 10 giugno 1789 e conservata presso la Bibliothèque Publique Universitaire di Neuchâtel). Lo stesso figlio di Gasparo, Giuseppe, nel 1794 avrebbe anche dato alle stampe una interessante versione della Historical Disquisition curata dal gesuita Domenico Teixeira.

115 Storia di Scozia, s. l. [Siena], s. n. [Rossi], 1779-1780; Notizie preliminari alla Storia di Scozia,

Amsterdam [Siena], s. n., 1765; Ricerche istoriche, Napoli, Flauto, 1793. Naturalmente la stessa logica di proporre un testo di successo, che aveva già riscosso l'ammirazione non solo dei letterati ma di un vasto pubblico europeo, era alla base della versione fiorentina della Storia di America ristampata, tra le polemiche accennate, da Gatti.

116 Come spiegherò meglio in seguito, al paragrafo 5.1.2, l'operazione di Antonio Fontana, che aveva

acquistato dal più noto Bettoni la “Biblioteca storica”, era piuttosto interessante, innanzitutto perché fu l'unico degli editori italiani che si occuparono della History of Greece ad attribuirla inequivocabilmente al William Robertson celebre storico scozzese, mentre era, invece, opera dello sconosciuto William Robertson archivista di Edimburgo. Da notare anche il fatto che tra le produzioni robertsoniane Fontana non citasse, nella sua prefazione alla Istoria di Grecia, la Historical Disquisition, tradotta nella collana

milanese Nicolò Bettoni avessero finalmente deciso di dare alle stampe, ambedue con un

iter «travagliatissimo»117, due diverse versioni italiane della History of England, accolte

entrambe con molto favore sui principali periodici dell'epoca. Sarebbe tuttavia quanto meno limitativo non ricordare anche che progetti di traduzione di opere storiografiche vennero portati avanti non solo – o almeno non esclusivamente – perché garantivano un buon riscontro in termini economici, ma anche perché opere di tale genere venivano considerate letture educative e formative. È questo il caso di Giuseppe Maria Galanti che, nel suo ambizioso programma editoriale, legato alla Società letteraria e tipografica di Napoli, raccolse l'eredità di Genovesi e la sua convinzione della necessità di fornire ad un pubblico “medio” gli strumenti concettuali idonei per interpretare i cambiamenti del proprio tempo118.

Sempre in riferimento al contesto napoletano, va osservato come un altro possibile motivo all'origine della realizzazione di traduzioni fosse quello connesso alla volontà di far circolare testi su determinati argomenti, politici, economici o sociali, che si pensavano potessero essere di una qualche utilità per il miglioramento delle condizioni generali della

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