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Particolare timore a seguito dei profondi mutamenti di geopolitica che coinvolto l’Europa orientale è il traffico di materiale nucleare, il quale rappresenta una problematica che desta particolare allarme sociale.

Un esempio può essere rappresentato da quanto accaduto nel 1993 a Vilnius (Lituania)18 dove sono state rinvenute 4 tonnellate di berillio sottratte da un centro di ricerca nucleare russo.

Quello che ha destato preoccupazione è che almeno un funzionario del governo regionale russo e un alto funzionario del governo regionale e un alto funzionario del centro di ricerca sono risultati coinvolti insieme ad un’organizzazione collegata al KGB, a gruppi di criminalità organizzata e a un mercante di armi con un passato di rapporti con i paesi del Medio Oriente e organizzazioni terroristiche (v. Cachran, 1995). Malgrado ciò e nonostante l’ampia casistica riportata sulla stampa internazionale (v. Williams e Woessner, 1995; v. Bundeskrininalamt, 1992, 1993), non si conosce la dimensione economica di questo traffico, né si è sicuri che esso rappresenti una importante attività delle organizzazioni criminali.

E’ bene sottolineare che lo smembramento dell’ ex impero sovietico, ha portato un dato di fatto importate che va ad incidere nei futuri equilibri, ovvero quattro repubbliche Ucraina, Russia, Bielorussia e Kazakhistan posseggono adesso arsenali militari e basi atomiche. Quindi questa divisione dell’arsenale nucleare ha reso meno sicuro il controllo dei sistemi delle armi di distruzione di massa.

“Anche in Ucraina si sono verificati diversi tentativi di furto di testate nucleari. Nella base militare di Kola sono stati trafugati 2 Twel (sistemi ai uranio arricchito utilizzato per i reattori dei sommergibili) contenenti una quantità tale da preparare ben tre armi atomiche. Tra il ’92 e il ’94 sono stati resi pubblici tre casi di furto di uranio negli stabilimenti di Arzamas 16, Podolsk e Glazov. Il materiale rubato, nella normalità dei casi, segue l’iter sotto riportato. Il trasporto al di fuori della CSI è direttamente gestito dalla criminalità autoctona con modalità diverse (nei portabagagli delle auto, negli zainetti di giovani che vanno all’estero, a volte persino nelle tasche delle giacche o dei pantaloni per i componenti di piccole dimensioni), , ma quasi sempre con la complicità degli operatori delle dogane.

Il materiale una volta arrivato nei paesi dell’Europa dell’Est , grazie alla collaborazione di gruppi criminali occidentali, viene trasportato in basi sicure svizzere o austriache da dove sarà destinato a Paesi del Medio Oriente, Libia , Sudafrica, India, Pakistan o Argentina. A titolo di esempio il mercurio rosso, clandestinamente prodotto in laboratorio a Kiev (è stata accertata la presenza di altri

due lavoratori a Tbilisi e uno a Uzgorad, nei pressi del confine con l’Ungheria), occultato in tronchi di legname, viene spedito su Tir di nazionalità ceca, ungherese o jugoslava, in una base austriaca e, infine, trasferito nei Paesi del terzo mondo. In questo commercio il ruolo della criminalità organizzata internazionale è, verosimilmente, quello di intermediario, non essendo interessata, per il momento, a venire in possesso di armi atomiche”19.

La gran parte dei casi di contrabbando di materiale nucleare20 finora accertati coinvolge individui singoli o piccoli gruppi con nessun apparente contatto con la grande criminalità (v. Woolsery, 1994). Non esistono nemmeno prove che qualche gruppo terroristico abbia ottenuto materiale nucleare di contrabbando (v. Oehler, 1996).

La casistica esistente, riguardante quasi sempre l’Europa come territorio di transito e di negoziazioni, non va comunque sottovalutata. Se attualmente il pericolo rimane minimo, molti esperti credono infatti che verrà presto il giorno in cui il terrorismo nucleare diventerà una realtà (v. Ward, 1996) grazie ad una serie di condizioni favorevoli, come l’ampia quantità e gamma di materiali, le diverse fonti da cui attingere, i diversi soggetti che vi gravitano attorno e infine la vasta serie delle possibili utilizzazioni destabilizzanti di questi materiali. Su questi punti si possono fare delle riflessioni.

Con l’entrata in crisi dell’intero sistema economico e strategico del Patto di Varsavia21, si è venuto a create un più o meno agevole accesso all’imponente

19 Ministero dell’Interno, op. cit., pag. 464.

20 Savona E.U., La criminalità organizzata.

21 Patto di Varsavia: Il comunismo era stato così imposto alle nazioni conquistate dall’Armata Rossa. L’URSS creò rapidamente istituzioni che collegassero il suo nuovo impero. Il legame politico si stabilì nel Cominform, sorto nel 1947 come coordinamento politico dei partiti comunisti al potere. I rapporti economici venivano decisi nel Comecon (Consiglio di mutua assistenza), istituito nel 1947 per armonizzare l’economia dei Paesi orientali con i piani di sviluppo dell’Unione Sovietica.La morte di Stalin nel 1953 non cambiò la politica dell’URSS nel clima della “guerra fredda”. Nel 1955fu costituito l’organismo militare che si contrapponeva alla Nato, il Patto di Varsavia, alleanza per la sicurezza dei Paesi del blocco sovietico da minacce esterne. Tale patto garantì soprattutto il mantenimento dei vari regimi comunisti: era infatti previsto il principio di intervento delle truppe del Patto all’interno dei Paesi aderenti in caso di rivolte. La prima era scoppiata nel 1953 a Berlino, dove gli operai insorsero per protestare contro le dure condizioni di lavoro; la polizia con l’aiuto dell’Armata Rossa domò in un mese dalla sommossa. Nel 1956 una serie di disordini in Polonia trovò soluzione nel cambio della classe dirigente comunista. Occorse invece un intervento massiccio di truppe corazzate sovietiche per riprendere il controllo dell’Ungheria dopo la sanguinosa rivolta di Budapest. La durissima repressione degli insorti ungheresi ebbe forti ripercussioni politiche in Occidente, ma servì per qualche anno da monito ai

“satelliti” dell’URSS. L’unico Paese comunista che seppe mantenere l’indipendenza da Mosca era la Jugoslavia, che non aveva neppure aderito al Patto di Varsavia.

patrimonio strategico e scientifico accumulato durante il periodo della guerra fredda.

Scarsi controlli, scarsa motivazione economica e il dilagante fenomeno della corruzione a tutti i livelli hanno fatto sì che personale militare, scienziati e tecnici, con la complicità di doganieri, esponenti del governo ed esponenti dei sevizi segreti, siano in grado di trasformare quello che rimane della superpotenza militare della Russia in un “potenziale supermercato” per l’approvvigionamento di materiale strategico e per l’acquisizione di “cervelli” e delle conseguenze scientifiche necessarie (v. Perrv, 1995). Bisogna anche aggiungere che i materiali che rappresentano un pericolo per la sicurezza interna di ogni paese non sono costituiti solo da armi nucleari o materia prima fissile adatta alla costruzione di ordigni nucleari, ma anche, e soprattutto, da materiale a basso contenuto radioattivo. Quest’ultimo, non adatto a usi militari, può però diventare un efficace strumento da utilizzare a fini terroristici se combinato con una bomba convenzionale per produrre una contaminazione radioattiva pure se a basso livello (v. Woolsey, 1994). Se si considerano anche le armi batteriologiche e chimiche, i rischi di un uso terroristico di questi strumenti crescono ulteriormente, perché le tecnologie a esse associate trovano applicazione anche in campo civile. Gruppi criminali o terroristici non hanno bisogni di dotarsi di particolari o imponenti infrastrutture per produrre questi veleni; è infatti sufficiente procurasi soltanto piccole quantità di precursori, disponibili sul mercato legale.

Riflettendo quindi sugli effetti devastanti che un uso irresponsabile di questi veleni potrebbe provocare, è naturale che sia diffusa una certa preoccupazione per il fatto che gruppi terroristici od organizzati criminali possano ottenere e usare –o minacciare di usare- questi strumenti, non solo per costruire ordigni esplosivi, ma per contaminare riserve di acqua, centri commerciali, ecc. e provocare devastanti danni psicologici (v. Oehler, 1996). Questi pericoli di minaccia ambientale –provenienti dall’esterno attraverso qualche gruppo criminale o terroristico che persegua fini destabilizzanti- sommati ai pericoli interni, dovuti a un immigrazione illegale destinata a dedicarsi esclusivamente ad attività illegali, determinano la crescente preoccupazione dell’opinione pubblica europea; tali pericoli provengono entrambi da organizzazioni con ramificazioni o collaborazioni in innumerevoli aree geografiche, le quali godendo del più o meno implicito appoggio di diversi settori( da quello militare

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