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La trasformazione della professione all’interno delle Masterskie «Il fronte architettonico deve essere la parte più signi-

COMPITO PER IL SECONDO CORSO Laboratorio sperimentale

4. Gli anni del Realismo Socialista (1932-1945)

5.2 La trasformazione della professione all’interno delle Masterskie «Il fronte architettonico deve essere la parte più signi-

ficativa del fronte culturale della nostra costruzione socialista»41.

Dal 1933 il Laboratorio architettonico del Mossovet fu sotto la ge- stione dell’Archplan42 - presidente Lazar Moseovič Kaganovič43. Dal

40 V. Paperny, Cultura…, p.3.

41 Introduzione, in Raboty architekturnych masterskich za 1934 god.,

Moskva, 1936, p.9. (italiano mio)

42 Comitato di architettura e pianificazione del Consiglio comunale di Mosca. Si veda I.A.Kazus’, Sovetskaja…, pp. 213-4. «una commissione congiunta che consentiva il dialogo tra le massime istanze politiche (Sta- lin e Kaganovič) e quelle tecniche, coordinate da Vladimir Semenov» (A. De Magistris, Paesaggi del realismo socialista, in URSS anni ’30-’50, paesaggi

dell’utopia staliniana, Mazzotta, Milano 1997, pp. 9-32)

43 Per le ragioni espresse nel testo il fondo Kaganovič conservato all’archivio RGASPI a Mosca risulta di grande interesse per la ricerca in campo urbanistico. Tuttavia, dei diversi faldoni componenti il fondo, solo il n.3 risulta ad oggi consultabile.

Sulla figura di Kaganovič si veda: E. A. Rees, Iron Lazar: a Political Biography

of Lazar Kaganovich, Anthem Press, 2012; L. Marcucci, Il commissario di ferro di Stalin: biografia politica di Lazar Kaganovič, Einaudi, Torino, 1997.

Per un focus specifico circa gli interventi urbanistici promossi: L. Marcucci,

1930 Kaganovič (1893-1991) aveva consolidato definitivamente la sua posizione politica e con il titolo di Primo Segretario del Partito Bol- scevico ricopriva a Mosca un ruolo paragonabile a quello di “primo cittadino”. In tal veste aveva messo in rassegna e indagato le grandi problematiche urbane che gravavano sulla città di Mosca. Dunque sin dai primi anni Trenta Kaganovič aveva inquisito e analizzato fredda- mente le condizioni della capitale non mancando di confrontarla con le grandi città europee, i loro sistemi infrastrutturali, le loro attrezza- ture. Contemporaneamente, sempre nei primi anni Trenta, individuò alcune linee generali da cui partire per la ricostruzione: nuovi edifici, la predisposizione di impianti di riscaldamento, la costruzione del- la grande metropolitana, il rifiuto dell’espansione indiscriminata del perimetro urbano, e altre. Nel 1931 con un’importante delibera rese Mosca economicamente indipendente – decisione di imprescindibile importanza per lo sviluppo della capitale e per la realizzazione delle opere architettoniche-ingegneristiche realizzate negli anni Trenta - ciò non ne fece un “caso urbanistico” unico; al contrario Mosca fu assunta a modello per la pianificazione urbana delle grandi città sovie- tiche appartenenti al territorio dell’ex Russia ed anche delle capitali degli altri Paesi appartenenti all’Unione.

L’Archplan era suddiviso in due sezioni: il Dipartimento di pianifi- cazione urbana e il Dipartimento di progettazione. Furono create le Masterskie nel numero di dieci per la sezione degli urbanisti44 e dieci

per gli architetti45.

Questa nuova struttura rappresentava un grande cambiamento: era totalmente riformata l’impostazione gerarchica del Laboratorio archi- tettonico che nei suoi primi quindici anni di vita (1918-1933), pur tra- sformandosi, cambiando membri, nomi e direzione, aveva mantenuto

vič, in A. De Magistris, U.R.S.S. anni ’30- ’50. Paesaggi dell’utopia staliniana,

Mazzotta, Milano, 1997.

44 Dalla n.1 alla n. 10 queste erano dirette rispettivamente da: S.E. Černyšev, B.M. Iofan, M.Ja. Ginzburg, G.B. Barchin, N.A. Ladovskij, K. Majer, S.M. Mart, A.I. Meškov, V.V. Baburov, V.N. Semenov.

45 Inizialmente furono create dodici Masterskije ma ben presto due furono soppresse. Cfr. Introduzione, in Raboty arkhitekturnykh masterskikh

Masterskaya № 1-12, Moskva 1936, pp. 9-23.

Si veda anche: I.A.Kazus’, Sovetskaja…,op.cit. p.170; “Architektura CCCP”, 1933, n.5, p. 60; “Stroitel’stvo Moskvy”, 1933, n.5-10.

191 4. Gli anni del Realismo Socialista (1932-1945) costante la struttura generale. Dal 1933 questa fu trasformata a pro di una struttura organizzativa in cui i dieci laboratori di architettura e di urbanistica, sotto la guida di un “maestro” – figuravano i nomi più importanti del corpus di architetti dell’Unione Sovietica – piani- ficavano e progettavano indipendentemente. Da questo momento il lavoro venne inteso come lavoro creativo, artistico - si consideri che all’interno del Dipartimento di Pianificazione urbana vi era anche un piccolo corpo di artisti-scultori. La progettazione era articolata in due momenti distinti, uno ideativo, sviluppato individualmente dall’archi- tetto-autore, che era il principale responsabile del progetto e curava anche i rapporti con la committenza. Questi concepiva il concept poi sviluppato insieme al team di architetti, e da questa collaborazione nasceva il progetto definitivo, cui avrebbero lavorato ingegneri, strut- turisti, disegnatori. L’architetto-autore era responsabile dell’intero processo di progettazione e costruzione e curava anche l’aspetto eco- nomico, definendo il compenso, di cui una percentuale andava alla Masterskaja46.

In parte, quindi, questi laboratori ripercorrevano l’iter di quelli acca- demici, attraverso la figura di un Maestro, la presenza di colleghi con cui intessere un dibattito costruttivo per lo sviluppo creativo indivi- duale e collettivo, momento di alta formazione per gli architetti mo- scoviti47. Formalmente troviamo una connotazione pedagogica molto

forte – e non è un caso che parallelamente alle Masterskie fu istituita l’Akademia Architektura48, organo ufficiale di ricerca, primo a pro-

muovere in URSS una scuola di dottorato.

Nel 1936 venne pubblicato il compendio dei primi due anni di lavoro delle Masterskije dal titolo Raboty architekturnych masterskich za 1934 46 Cfr. I.A.Kazus’, Sovetskaja …, p.172.

47 Cfr. I.A.Kazus’, Sovetskaja…, p.173.

48 Fondata il 18 ottobre 1933 con il decreto “Sull’istruzione architet- tonica”, promuoveva la ricerca e la divulgazione, in campo architettonico, oltre che attraverso i dottorati, tramite la propria casa editrice e le riviste. Nel 1940 Golosov fu proposto come candidato per la nomina a membro corrispondente - nomina destinata a «i migliori ricercatori distintesi nella costruzione socialista, nel lavoro pratico e scientifico nel campo architetto- nico» (RGALI, f. 1979, o.1, c. 37, pp.1-3). Si consulti inoltre: A. Opončis- kaja, per una storia dell’Accademia di Architettura pansovietica, in A. De Magistris, U.R.S.S. anni ’30- ’50. Paesaggi dell’utopia staliniana, Mazzotta, Milano, 1997, pp. 63-78.

god. Un’opera voluminosa, divisa in due tomi, entrambi a loro volta suddivisi in fascicoli, uno per ogni singolo laboratorio49. Un corposo

saggio di estremo interesse introduce l’opera. Qui troviamo infatti le “ragioni ufficiali” che condussero alla drastica decisione di trasforma- re la struttura del Laboratorio architettonico del Mossovet. L’intro- duzione pose in evidenza alcune questioni fondanti per il lavoro con- dotto tra il ’33 e il ‘36: cosa significava investire sulla costruzione delle città, cosa si chiedeva agli architetti, perché era necessario rifiutare le sperimentazioni del decennio precedente e verso quale nuovo sce- nario architettonico si era diretti? Il primo e l’ultimo paragrafo sono estremamente eloquenti nel chiarire le ragioni della pubblicazione:

«l’espansione economica nazionale del nostro paese, risultato della vittoria della costruzione socialista dei sovietici (…) sotto la guida del grande leader dei popoli, il compagno Stalin, ha creato le basi per l’apogeo della creatività architettonica e per la possibilità di far crescere praticamente la questione della ricostruzione delle città sovietiche.

(…) la riproduzione delle opere dei laboratori sulla stampa è una sorta di rapporto creativo di fronte al pubblico in generale e alle masse lavoratrici, un legame organico che sarà un potente incentivo a lottare ulteriormente per la qualità dell’architettura sovietica»50.

Dunque in prima battuta troviamo i due poli agenti nel dispositivo: il deus ex machina Stalin e le masse lavoratrici51. Masse lavoratrici

che comprendevano non solo quegli operai che durante i mesi più intensi della corsa alla costruzione della metropolitana lavorarono in- cessantemente sino a sedici-diciotto ore giornaliere52, ma anche quei

49 12 volumi poiché inizialmente i Lavoratori del Soviet di Mosca era- no appunto 12. Dopo il primo anno di lavoro furono ridotti a 10.

50 Introduzione, in Raboty architekkturnych masterskich za 1934 god.,

Moskva, 1936, p. 9-23. (italiano mio)

51 Si consideri che già nel 1930 il partito Comunista aveva triplicato il numero dei suoi membri moscoviti rispetto al 1920: «Moscow was a proving ground for the centralization and bureaucratization of the party. Minorities were subjected to majorities, rambling committees to compact bureaus, gen- eralists to professional apparatchiki (party functionaries), non-party to party agencies – and the whole conglomeration to a single person, Joseph Stalin» (T. Colton, The rise of the Communist Party Machine, in Moscow…, op.cit. pp. 189-196).

193 4. Gli anni del Realismo Socialista (1932-1945) contadini che morivano di fame per carestie naturali - se non indot- te - nelle campagne dei paesi federali dell’Urss53. Agli stessi lavoratori

la redazione annunciava che, in seguito alla Risoluzione del 23 Aprile 1934, gli standard della qualità edilizia abitativa erano stati notevol- mente alzati, così da prevedere: mura di maggior spessore, migliore illuminazione, quindi più balconi, finestre e bow-window, aumento dell’altezza minima degli appartamenti da 2.8 metri a 3.0/3.2 metri, presenza di gas, acqua calda, scivoli per l’immondizia, elettrodome- stici. Inoltre ogni appartamento godeva dei propri servizi (cucina e bagno) e doveva essere “durevole e bello”54. Improvvisamente si era

molto lontani dalle Tesi sull’abitazione approvate solo pochi anni pri- ma al primo Convegno dell’Osa55 atte a introdurre la cellula base del

nuovo insediamento sovietico in cui gli spazi a funzione collettiva – dalle mense agli asili, dai servizi alle cucine – predominavano su quel- li privati, ridotti a delle piccolissime “celle per il sonno”. D’altronde Ivan Žoltovskij con la Dom na Mochovoj56 aveva messo, come fu detto

”il chiodo nella bara del costruttivismo” dando espressione e forma a quello che, nei primi anni Trenta, doveva essere un edificio residenzia- le, ponendo definitivamente uno spartiacque con la Dom Narkonfin57

progettata per i dipendenti del Ministero delle Finanze pochi anni prima. Eppure un articolo apparso sul quinto numero del 1936 del- la rivista Stroitel’stvo Moskvy firmato da Fridman, capogruppo della

the construction of the Moscow subway (1931-35), pp. 300-1.

53 Cfr. A. Graziosi, L’URSS di Lenin e Stalin. Storia dell’Unione Sovie-

tica 1914-1945, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 339.

54 Solo nel 1936 erano stati investiti a Mosca circa 2450 milioni di rubli nelle costruzioni – escludendo il canale Mosca-Volga - ossia quasi il doppio del 1935; di questi circa 450 milioni erano per le residenze. Cfr.

Introduzione, in Raboty architekkturnych masterskich za 1934 god., Moskva,

1936, pp. 9-23.

55 Tezisy po Žil’ju / Prinjaty na 1-m s’ezde OSA, in “Sovremennaja Architektura”, n.4, 1929, pp. 121-129.

56 R. Chiger, Dom na Mochovoj, in “Architektura SSSR” n.6, 1934, pp. 20-24; E. Rudaševskij, Dom na Mochovoj: tvorčeskij manifest architektora Žoltovskogo, in “Rodina” n.7, 2013, pp. 97-98.

57 E. Ovsjannikoba, E. Miljutina, Žiloj kompleks “Dom Narkonfina”, Moskva, Novinskij bulvard, 25, 1928-1932: Mosej Ginzburg, Ignatij Milinis, Sergej Prochorov, architektory i inžener, Tatlin, 2015; V. Buuchli, Mosei

Ginzburg’s Narkonfin Communal House in Moscow: Contesting the Social and Material World, in “Journal of the Society of American Historians”, 54,

2, 1998; V. Buuchli, An Archeology of Socialism, Oxford, NewYork, Berg, 1999.

quinta Masterskaja, dal titolo Voprosy žiliščnoj architektury (Questioni sull’architettura abitativa) fa emergere una situazione reale ben diffe- rente, ove gli edifici residenziali progettati per ospitare appartamenti per singoli nuclei familiari, studiati per la migliore distribuzione degli spazi, illuminazione e aereazione, venivano poi effettivamente abitati da più di un’unica famiglia, distruggendo così la perfetta pianificazio- ne degli schemi funzionali degli stessi:

«questo cambia del tutto la situazione, crea difficoltà tremende nell’utilizzo e azzera tutte le norme di vita quotidiana e funzionali stabilite dal progettista. Il modello di partenza perde molto dei suoi pregi, la possibilità di aerazione da parte a parte sparisce del tutto. (…) è necessario assegnare ad ogni stanza un proprio scopo abitativo. Se l’appartamento è costituito da tre stanze bisogna prevedere la possibilità del loro utilizzo da parte di due famiglie»58.

Ad ogni modo sarebbe difficile affermare che i lavoratori sono gli uni- ci destinatari dell’opera divulgativa: al vertice del successo – che vie- ne nel testo sottolineato attraverso un excursus storiografico che par- te dalla scena pre-rivoluzionaria - l’URSS sente proiettato su di sé lo sguardo dell’Occidente, dal quale espressamente si scosta e allo stesso tempo si fa osservare:

«Insieme a grande abilità, grande cultura artistica e considerevole bagaglio pratico dei principali architetti del periodo prebellico, si dovrebbe notare la loro separazione dal pensiero architettonico e costruttivo avanzato dell’Europa e dell’America.

(…) Tenendo conto della crescita dei nostri legami culturali con l’estero e del crescente interesse per la nostra architettura e l’arte in Occidente e in America, i redattori hanno ritenuto necessario dotare il testo di titoli, intestazioni, didascalie alle riproduzioni, sommari e tutti 58 D. F. Fridman, Voprosy žiliščnoj architektury, in “Stroitel’stvo Moskvvy” n.5, 1936, pp. 21-24. (italiano mio)

Qui Fridman propone uno studio di edificio residenziale per sopperire alla succitata problematica causata specialmente da problemi di natura econo- mica. La sua proposta consiste nell’incrementare il numero di appartamenti per piano – non più due ma ben otto, di cui due ad una stanza, cinque a due camere e uno a tre camere. In tal modo, inoltre, il costo dei collegamenti verticali – fortemente incidente sul costo dell’intero edificio – era notevol- mente ridotto.