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Trasformazioni e persistenze nella sindacalizzazione dei pubblici dipendenti 3

Nel documento Politiche del lavoro pubblico (pagine 45-53)

Le logiche sindacali di azione nel pubblico impiego in tempi di crisi e riforme

4. Trasformazioni e persistenze nella sindacalizzazione dei pubblici dipendenti 3

Come già osservato in altra sede (Carrieri e Feltrin 2016) il terziario pubblico e privato è andato assu-mendo negli anni un peso strategico per la sindaca-lizzazione del lavoro dipendente. Soffermando l’at-tenzione sulle modifiche che hanno interessato la composizione della base sindacale nell’arco di un quarantennio (grafico 11) evidente è innanzitutto il

calo degli iscritti provenienti dal settore primario4

e manifatturiero: se nel 1978 industria e

agricoltu-ra assieme, con oltre 3 milioni 600 mila iscritti costi-tuivano oltre la metà degli iscritti occupati (52,1%), oggi, con poco più di un milione 800 mila iscritti, non arrivano a un terzo del totale (30,6%). Il progressi-vo spostamento del baricentro sindacale verso il ter-ziario pubblico e privato è avvenuto soprattutto ad opera degli iscritti del commercio (che triplicano il loro peso, passando da 382 mila a oltre un milione di iscritti, ovvero dal 7% al 21% del totale) e dell’i-struzione (che passa da 371 mila a 567 mila iscrit-ti) e grazie alla sostanziale tenuta del comparto

del-la Pubblica amministrazione. La configurazione deldel-la base sindacale è dunque oggi profondamente muta-ta e vede al primo posto appunto il commercio, che fino ai primi anni Novanta costituiva uno dei fanalini di coda della sindacalizzazione e che oggi addirittu-ra pareggia, per volume di iscritti, il manifatturiero. Tessile, chimica, energia e metalmeccanica assieme costituiscono dunque una mole di iscritti pari a quelli totalizzati dal comparto commercio e turismo.

I comparti del pubblico impiego – istruzione e servizi amministrativi e sanità assieme – con poco meno di un milione e mezzo di iscritti pesano per il 28% sul complesso delle adesioni degli attivi. Il loro numero è andato crescendo rispetto agli anni d’o-ro della sindacalizzazione (+165 mila) e così il lod’o-ro contributo relativo, che alla fine degli anni Settan-ta incideva per il 23% (grafico 12). Fin qui il trend

complessivo e il risultato di lungo periodo: andan-do a scrutare più nel dettaglio il dato, si vede innan-zitutto come il comparto istruzione presenti delle traiettorie diverse da quelle del comparto dei ser-vizi amministrativi e sanità (grafico 11). Nella scuo-la scuo-la crescita delle adesioni ha avvio alscuo-la fine degli anni Novanta e prosegue con ritmi sostenuti fino ad oggi. Nel resto del pubblico impiego invece si pos-sono individuare quattro periodi: a) la crescita degli anni Ottanta, che porta questa categoria a raggiun-gere – all’inizio degli anni Novanta – l’apice in termi-ni di iscritti (un milione 80 mila nel bientermi-nio ’91-’92); b) il calo degli anni Novanta; c) la crescita lieve ma progressiva che dai primi anni Duemila procede fino al 2010-2011; d) la battuta d’arresto che interessa il periodo più recente, dove peraltro la lettura del dato è viziata da un’operazione di revisione e pulizia

Grafico 11

Numero di iscritti a Cgil, Cisl e Uil per settore occupazionale, 1978-2017

5 Tra il 2014 e il 2015 la Cisl ha effettuato un’operazione di verifica e pulizia dei dati interni sui tesseramenti. Nel corso del 2016 la Cisl ha quindi riproposto i dati del 2015 rivisti e puliti e la gran parte del cambio si concentra sui dati della Fp che dalle 309.156 tessere inizialmente contabilizzate per il 2015 passa a 235.800, per una riduzione del 23,7%. Altre federa-zioni interessate dalla revisione sono state Fim (-2,6%), Fisascat (-0,9%), Femca (-0,9%), Filca (-0,7%), Fai (-0,1%).

dei dati di tesseramento operata da uno dei tre

sin-dacati confederali5.

Fin qui abbiamo scorso i dati in termini assoluti, per osservare come i numeri del pubblico impiego as-sumano una valenza importante e in crescita in am-bito sindacale. Passiamo ora ad analizzare i dati sul-la densità associativa (figura 2) all’interno dei diversi comparti occupazionali. Il tasso di adesione al sinda-cato varia in misura notevole tra settori: il primato spetta al comparto edile, che vede oggi un tasso di iscrizioni al sindacato confederale superiore al 60%. La propensione all’adesione è cresciuta

notevolmen-te negli anni Duemila, accentuandosi con la crisi occu-pazionale che ha colpito duramente questo settore. Anche il settore dei trasporti è caratterizzato da una forte adesione sindacale, con tassi attorno al 50%. Di-versamente dalle costruzioni tuttavia, la propensio-ne all’adesiopropensio-ne ha subito un vistoso calo rispetto agli anni Ottanta e ai primi anni Novanta. Tassi di adesione superiori al 40% si riscontrano anche nelle comunica-zioni e nel credito, segmento quest’ultimo in tenden-ziale crescita sindacale. Altri settori a elevata densità associativa sono il tessile – chimica – energia, dove il numero di iscritti diminuisce perché cala

l’occupazio-Grafico 12

Composizione degli iscritti occupati per settore occupazionale, v.a. in migliaia e composizione percentuale. Anni 1978-1987-1997-2007-2017. Solo settori industria e servizi, pubblico e privato

Nota: nell’industria manifatturiera non è compresa l’agroindustria. Fonte: elaborazioni su dati di tesseramento Cgil, Cisl e Uil

Figura 2

Occupati dipendenti, iscritti dipendenti e tassi di sindacalizzazione nei settori tessile-chimica-energia, metalmeccanica, costruzioni, trasporti, comunicazioni, credito, commercio, servizi amministrativi e sanità, istruzione (1978-2017)

6 Le differenze nei trend occupazionali visualizzati al grafico 13 rispetto a quelli emergenti dalla figura 1 sono imputabili alle diverse fonti di riferimento, che adottano classificazioni dei dati parzialmente diverse. In particolare i dati Istat utiliz-zati nel grafico 13 per i comparti Servizi amministrativi e Sanità e Istruzione ricomprendono anche i dipendenti privati e contano tutte le tipologie contrattuali, compresi i contratti flessibili. I dati Istat inoltre, diversamente dal dato Aran, non comprendono le Forze armate.

Figura 2 (continua)

Fonte: elaborazioni su dati Istat e Cgil, Cisl e Uil

Tassi (aree dx) Dipendenti Iscritti

ne nel settore, ma i tassi d’iscrizione si mantengono tutt’ora elevati (38% circa al 2017) e superiori a quelli che si riscontrano nell’altro importante segmento ma-nifatturiero, quello della meccanica (29%).

Nel settore manifatturiero e nelle costruzioni, in sintesi, il tasso di adesione sindacale si rafforza con la crisi occupazionale. Diversamente, nel settore del commercio e del turismo la crescita (in valore assolu-to) delle tessere sindacali è imputabile esclusivamen-te alla straordinaria espansione occupazionale cono-sciuta dal comparto: il numero di iscritti cresce solo

perché aumentano i lavoratori, ma la propensione all’adesione permane contenuta, con tassi d’iscrizio-ne al sindacato confederale inferiori al 20%, seppure in lenta crescita.

Venendo ai settori del pubblico impiego6, è

possi-bile osservare come i tassi di iscrizione nei servizi am-ministrativi e sanità e nell’istruzione si collochino su livelli medio alti (rispettivamente 34% e 36%). Tutta-via, tra i due comparti del pubblico impiego i trend risultano divergenti, con tassi d’iscrizione in crescita nell’istruzione e viceversa in progressiva contrazione

nei servizi amministrativi e sanità. Addirittura nell’i-struzione la quota di iscritti ai sindacati confedera-li raggiunge negconfedera-li anni recenti (2014-2015) il proprio massimo mentre all’inverso nei servizi amministrati-vi e sanità i valori attuali si collocano sui livelli più bas-si registrati dal comparto nel periodo di osservazione (1978-2017).

Ulteriori indicazioni per connotare l’adesione sindacale nel pubblico impiego sono desumibili da numerose indagini campionarie realizzate negli anni da chi scrive. Un’indicazione è ad esempio quella che riguarda la relazione tra adesione al sindacato e collocazione politica, che nel pubblico impiego – e nei servizi – sembra valere molto meno che negli al-tri settori. In queste aree occupazionali infatti il gap che separa elettori di destra e di sinistra in termini di propensione alla sindacalizzazione si riduce e gli occupati che votano a destra mostrano tassi di ade-sione al sindacato molto vicini a quelli medi di set-tore. Ancora, nel pubblico impiego, inversamente a ciò che si registra nel privato, le donne mostrano tassi di sindacalizzazione superiori a quelli dei col-leghi maschi, in ragione della forte sindacalizzazio-ne del personale docente, segmento in cui preva-le la componente femminipreva-le. Ancora in riferimento alla combinazione settore-qualifica, emerge un’altra specificità del pubblico impiego, ovvero la sindaca-lizzazione delle qualifiche elevate – dirigenti e qua-dri – che si attesta su tassi molto elevati (attorno al 50%), due volte quelli che si riscontrano tra i diri-genti del settore privato.

Un’altra fonte informativa utile con riguardo a sin-dacato e pubblico impiego è quella riferita alle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU). Questo dato offre una misura dell’influenza sindacale diversa da quella relativa all’iscrizione e consente di misurare i rapporti tra sigle. Si osserva innanzitutto una parte-cipazione dei lavoratori sostenuta (tabella 4): ancora nel 2018 i dati di affluenza si pongono perfettamente in linea con quelli della prima tornata elettorale, anzi, seppur di poco, sono ancora più elevati (79,4%). Una partecipazione alle consultazioni per l’elezione delle rappresentanze sindacali unitarie così elevata testimo-nia il radicamento del sindacalismo nel pubblico im-piego e il forte interesse dei lavoratori a scegliere la si-gla e la persona chiamate a rappresentare le istanze che riguardano il proprio posto di lavoro.

Per quanto riguarda la struttura delle preferen-ze, risulta confermato il netto primato del sindacato confederale, che nel 2018 raccoglie ancora il 71,3% dei consensi. Il raffronto intertemporale registra tut-tavia due fasi ben distinte (grafico 13): la prima, fino al 2012, di sostanziale stabilità di consensi al sindaca-lismo confederale; la seconda fase, dal 2012 al 2018, connotata dalla crisi economica e dal blocco della contrattazione, vede un arretramento di Cgil, Cisl e Uil di cinque punti percentuali (con arretramenti signifi-cativi della Cgil e della Cisl) e un contemporaneo raf-forzamento del sindacalismo autonomo, in particola-re quello di maggiori dimensioni (Confsal, Cisal, Usb) capace di attrarre il ‘voto strategico’ (Cox 2005) degli elettori che non vogliono sprecare il proprio voto

sce-Tabella 4

Elezioni RSU nel pubblico impiego: tassi di affluenza e differenze intertemporali di breve e di lungo periodo, consultazioni 1998, 2001, 2004, 2007, 2012, 2015, 2018

Fonte: elaborazioni su dati Aran (*=nostra stima)

Comparti Tassi di affluenza Differenze

1998 2001 2004 2007 2012 2015 2018* 2018-2015 1998-2018 Funzioni centrali 84,9 85,2 86,8 85,8 85,6 82,9 84,4 1,5 -0,5 Funzioni locali 79,8 80,8 83,7 81,0 82,4 79,5 82,7 3,2 2,9 Sanità 73,6 72,0 74,7 72,4 72,1 70,0 74,4 4,4 0,8 Pcm 79,4 76,2 82,3 71,9 74,0 69,5 61,0 -8,5 -18,3 Totale 78,7 78,4 80,8 78,6 78,7 76,2 79,4 3,2 0,7

7 Si precisa che i dati sulle deleghe di fonte Aran, diramati nell’ambito dell’informativa riferita al calcolo della rappresen-tatività, non coincidono pienamente con i dati di tesseramento già analizzati, né in termini di perimetro (i dati di tes-seramento includono categorie e segmenti occupazionali non considerati dal dato Aran) né in termini di modalità di costruzione del dato (il dato Aran risponde infatti a una misurazione puntuale, a una data precisa, mentre il dato di tes-seramento è riferito all’anno solare e tiene conto anche delle adesioni avviate o concluse in corso d’anno). Per questo complesso di motivi i dati sulle deleghe presentati in tabella 6 differiscono da quelli riportati nelle pagine precedenti.

gliendo le sigle che restano sotto la soglia di sbarra-mento del 5%.

I rapporti di forza tra sindacato confederale e sin-dacalismo autonomo mostrano poi differenze anche di rilievo tra i vari comparti e in generale è possibi-le notare come la quota media di consensi ottenuta da Cgil, Cisl e Uil nell’insieme del pubblico impiego sia trainata dal dato degli Enti locali, comparto dalle di-mensioni occupazionali importanti (il 39% del tota-le) e fortemente orientato verso le sigle confederali, che raggiungono anche nel 2018 quasi l’82% dei con-sensi. Al lato opposto abbiamo il comparto della sani-tà, dove il sindacalismo confederale perde oltre dieci punti percentuali, attestandosi nel 2018 appena sopra il 66%, mentre quasi triplicano i sindacati sopra

so-glia, superando la barriera del 30% dei voti (tabella 5). Analogo fenomeno si osserva nel mondo della scuo-la (31% di autonomi sopra soglia) con in più un grave arretramento della Cgil che, per la prima volta, viene superata dalla Cisl.

La resilienza del sindacato del pubblico impiego emerge anche dal dato relativo alle deleghe

sindaca-li (ovvero il numero di iscritti censiti da Aran7)

realiz-zate nel pubblico impiego alla data delle elezioni del-le rappresentanze sindacali unitarie. I dati sul voto e quelli sulle deleghe sindacali disegnano bacini di con-senso diversi in termini di estensione: se il primo fe-nomeno interessa tre lavoratori su quattro, il secondo ne coinvolge uno su due. Se circoscriviamo il campo al solo sindacato confederale, possiamo apprezzare

Grafico 13

Quota dei voti ottenuti dalle sigle sindacali, consultazioni 1998-2018

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 1998 2001 31,3 30,9 31,9 29,7 31,7 29,5 27,7 27,9 28,3 28,1 28,3 26.3 25,7 24,8 24,4 17,6 12,9 18,1 17,9 19,5 18,3 19,6 22,0 18,9 17,7 18,1 17,5 17,8 10,3 5,2 4,3 4,2 4,7 4,7 4,2 2004 2007 2012 2015 2018 Cgil Cisl Uil Altre significa�ve Altre minori

Tabella 5

Elezioni RSU nel pubblico impiego: composizione percentuale dei voti ottenuti dalle sigle sindacali per comparto al 2018 e al 1998 e variazioni del peso relativo delle sigle 1998-2018

Sigle

Comparti Funzioni

centrali Funzioni locali Sanità Pcm Totale Istruzione e Ricerca

Composizione % voti 2018 Cgil 22,1 27,9 23,2 6,7 27,7 21,4 Cisl 21,1 35,2 23,9 18,1 24,8 25,6 Uil 19,0 18,7 19,1 2,8 18,9 14,6 Somma confederali 62,2 81,9 66,2 27,5 71,3 61,6 Altre significative 36,6 11,6 30,2 72,5 24,4 31 Altre minori 1,3 6,5 3,6 0 4,2 7,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Composizione % voti 1998 Cgil 27,4 28,4 27,5 13,9 31,3 / Cisl 23,8 35,7 31,3 37,5 27,9 / Uil 17,4 17,2 18,3 1,6 17,6 / Somma confederali 68,6 81,3 77,1 53,0 76,7 Altre significative 19,4 8,8 13,2 47,0 12,9 / Altre minori 11,9 10,0 9,7 0 10,3 / Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 /

Variazione % peso sigle sindacali ‘98-’18

Cgil -5,3 -0,5 -4,3 -7,2 -3,6 / Cisl -2,7 -0,5 -7,4 -19,5 -3,1 / Uil 1,5 1,5 0,8 1,2 1,3 / Somma confederali -6,5 0,6 -10,9 -25,5 -5,4 Altre significative 17,1 2,8 17,0 25,5 11,5 / Altre minori -10,7 -3,5 -6,1 0 -6,1 /

Fonte: elaborazioni su dati Aran

come questo attore collettivo nel suo insieme dispon-ga ancora oggi del consenso della maggioranza dei la-voratori (57,6%) e sia in grado di affiliarne uno su tre.

Tuttavia i dati mostrano ulteriori dinamiche. In vent’anni la diminuzione del numero di voti che ha interessato il pubblico impiego nel suo complesso (-16%) è imputabile alla contrazione occupazionale registrata nel settore, dal momento che i tassi di par-tecipazione elettorale si mantengono egualmente so-stenuti rispetto al 1998. Più sostenuto è il calo delle deleghe (-22%, tabella 6). In entrambi i casi il calo ha

insistito esclusivamente sul sindacato confederale, in particolare negli anni della crisi, mentre il sindacali-smo autonomo ha mantenuto intatta la sua forza, au-mentando in modo significativo il proprio peso spe-cifico che passa dal 25% delle deleghe complessive nel 1998 al 32,2% nel 2018. La flessione delle deleghe sembra insomma indicare una qualche disaffezione verso i sindacati confederali (meno deleghe e meno voti) che ancora non si manifesta in un esplicito distac-co elettorale, quanto semmai in una opzione verso il sindacalismo autonomo.

5. Alcune conclusioni sulle logiche di azione

Nel documento Politiche del lavoro pubblico (pagine 45-53)