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TRATADO SEGUNDO, DE LA BUENA CRIANÇA EN LA

3.4 IL TESTO MISCELLANEO 1 LE FORME

3.4.2.2 TRATADO SEGUNDO, DE LA BUENA CRIANÇA EN LA

MESA Y EN TODAS PARTES

Oltre alla formazione morale e religiosa, al maestro veniva delegata l’educazione all’igiene e alle buone maniere. Nel percorso elaborato da Palmireno questi temi sono specificatamente affrontati nel Tratado de la Buena

Criança, per poi essere ripresi e approfonditi con prospettive più ampie ne El estudioso cortesano, volume interamente riservato agli agibilia.

Il Tratado de la Buena Criança si apre con la definizione del modello del cortesano, così come lo intende l’autore:

Es cierto que la buena criança no estorva a la Devoción, pero avísote, que el Cortesano que yo busco, no es el galán que sirve a una dama, como el Conde Balthasar Castellón lo retrata, sino un docto moço, contrario a grossero y suzio. Vemos un docto, que sus

letras agradan a todos, y su mala criança los haze huir. Si está sentado, se os echa encima; si os habla, os da con su saliva en el rostro, o golpes en los braços, que os dexa molido. No tiene él la culpa, sino el infelice grammático que le enseñó. Créome que la buena criança haze que todos te quieran bien, y que tus letras y doctrina sean más estimadas (pp. 103-104).

La chiarezza didascalica della prosa palmireniana non lascia spazio a dubbi. Se per Baldassar Castiglione il prototipo del cortigiano è il cavaliere rinascimentale, eroico soldato e fine poeta, per Palmireno il termine cortesano è invece sinonimo di docto moço, contrapposto a grossero e suzio. Svuotata dalle connotazioni canoniche, l’idea di cortesano acquisisce nella prospettiva delineata dall’umanista alcañizano una diversa significazione, alla luce di un nuovo modello di riferimento.

Il ruolo centrale che l’igiene e le buone maniere assumono nel contesto di un’educazione globale è confermato dalle regole che Palmireno affigge sulla porta del suo auditorium. Ricorda Gallego Barnés:

En las Reglas que puso a la puerta de su auditorio sobre la orden de enseñar preveía el control semanal de la limpieza de sus alumnos, exigía el saludo con el bonete, la buena postura durante la clase, la utilización del trato de «Vuestra merced» [...]. Incluso procuraba controlar cómo se portaban en casa de sus ayos o preceptores66.

La necessità di un tale provvedimento è spiegata proprio nelle pagine de

El estudioso de la aldea:

En fin en esto nunca tengo escrúpulo en peccar por carta de más. Son los estudiantes tan suzios, críanse de tal modo en las escuelas, que ya parece refrán verdadero: Criança de estudiante. […] Desto tenemos nosotros la culpa, que no les enseñamos cómo conviene (p. 110).

La preminenza conferita all’insegnamento delle buone maniere colloca Palmireno nell’ambito di una tradizione culturale che ha origine nella classicità (Aristotele, Cicerone, Quintiliano, etc.), e che si consolida, seppur con dinamiche distinte, nelle corti medievali. Alla fine del XV secolo, Giovanni Sulpizio compone il De moribus in mensa servandi (1473-1474), un poema

66 A. G

didattico sul comportamento a tavola. Ma è con la pubblicazione del De

civilitate morum puerilium di Erasmo (1530) che le regole del vivere civile

trovano una trattazione più organica. L’umanista olandese affronta questo particolare aspetto della formazione e ne determina l’importanza ai fini di una trasformazione dell’individuo attraverso un processo di civilizzazione. Il De

civilitate è all’origine di una vasta trattatistica sul vivere civile che circola con

successo nell’Europa del XVI secolo67

. In Italia, Giovanni della Casa adattò nel

Galateo le regole del comportamento civile all’“uomo ordinario”, che «esce di

reggia e di corte»68. Sebbene sia plausibile l’influenza di Della Casa su Palmireno69, soprattutto nell’esigenza di individuare come soggetto della trattazione l’individuo “comune”, è evidente che il riferimento principale dall’alcañizano è Erasmo. Nelle pagine de El estudioso de la aldea l’autore realizza infatti una sorta di traduzione-plagio del De civilitate70, di cui sintetizza, o riporta in castigliano intere sezioni. L’operazione risponde alla necessità di mettere a disposizione del discente, privo di una sufficiente padronanza del latino, un testo considerato fondamentale per la formazione. Il controllo dell’espressività del volto, i consigli su come starnutire, tossire, sistemarsi i capelli, salutare, parlare, camminare e sedersi, la padronanza del contegno (moderare il riso, non sputare, etc.), e la buena criança en la mesa sono gli argomenti sui quali Palmireno insiste. Tuttavia il tema dell’igiene prevale sugli altri, e perviene a una ferma censura dei comportamenti rusticali:

67 Sul tema si veda N. E

LIAS, La civiltà delle buone maniere, Bologna, Il Mulino, 2009 [1969], e ID., La società di corte, Bologna, Il Mulino, 2010 [1975].

68 Si veda l’Introduzione di C. Ossola a G. D

ELLA CASA, Galateo, ed. a cura di S. Prandi, Torino, Einaudi, 2000, p. VI.

69 Il trattato di Della Casa venne pubblicato nel volume Rime e Prose, Nicolò Bevilacqua,

Venezia 1558, e in edizione singola l’anno successivo, Galateo, Antonio degli Antonii, Milano, 1559. La prima versione spagnola, realizzata da Domingo de Bezerra, fu pubblicata dopo la morte di Palmireno: Tratado (…) llamado Galateo (…), Juan Varisco, Venecia, 1585. Si ha notizia di un’edizione quadrilingue (italiano, francese, latino e spagnolo): Le Galatée, Iean de Tournes, 1598 (nel 1609 seguì un’edizione pentalingue che includeva il tedesco). Lucas Gracián Dantisco ne realizzò un adattamento nel suo Galateo español… (1582), di cui esiste un’edizione moderna a cura di M. Morreale, Madrid, C.S.I.C., 1968.

70 A. G

ALLEGO BARNÉS, Las dos ediciones de “El estudioso cortesano” del humanista

Las narizes procura que estén muy limpias, y no te ensuzies el braço, como hazen los que venden atún, que no pudiendo con sus manos mojadas alimpiarse, fregan las narizes en el braço. Si esternudas, buelve el rostro atrás, no te salte algo de la boca a la cara de los que conversan contigo. Si te suda la frente, no alimpies con la mano, echando la sudor en tierra, que es cosa de pastores; ten siempre cuidado de tener un lienço, o paño de narizes (pp. 104-105)71.

Il maestro dispensa anche consigli pratici:

Los dientes bien parescen en un estudioso blancos, pero emblanquescerlos con polvillos, o çumos, es cosa de mugeres; limpiarlos con sal, o alumbre, es dañoso a las enzías; con meados es tan suzio, que desso nos reprehenden los cosmógraphos a los españoles. Si por ventura te cae tanta pituyta de la cabeça, que no están para mostrarlos, abaxo te daré el remedio. Si algo tienes apegado en ellos de la comida passada, no lo quites con el cuchillo, ni manteles, ni con las uñas, como hazen los gatos, sino con un palillo de lentisco, o pluma, o huessezillo de pie de gallina (pp. 106- 107).

Le osservazioni relative all’igiene non si esauriscono nelle pagine del trattato sulla buena criança, ma vengono affrontate anche in altre sezioni. Nel capitolo dedicato alla Limpia doctrina si legge:

En despertándote, fregar muy bien la lengua, y peinarte muchas vezes la cabeça. Si eres ya barbado, es muy bueno raer, o rapar la barba, limpiar bien las narizes, o las orejas de mañana (p. 119).

Se le norme di igiene rientrano nella prassi educativa del maestro, le regole di comportamento, come si è detto, rispondono a codici già affermati e consolidati nell’ambiente di corte, che alla fine del XVI secolo si sono ormai ampiamente diffusi anche al di fuori di esso72. Vi è traccia anche nella letteratura coeva73. Si pensi all’Escudero che nel Lazarillo de Tormes assume,

71 Erasmo suggerisce raccomandazioni simili nella sezione dedicata a La decenza e l’indecenza

del contegno, inserita nel De civilitate..., cit., pp. 35-44.

72 P. B

URKE, Il cortigiano, in L’uomo del Rinascimento, a cura di E. Garin, Bari, Laterza, 2008 [1988]. Dello stesso autore si vedano anche Il Rinascimento europeo. Centri e periferie, Bari, Laterza, 2009 [1998] e il volume L’arte della conversazione, Bologna, Il Mulino, 1997.

73 Sul tema dell’aseo e della limpieza si veda lo studio di G.G

RILLI, El niño y el tema del aseo

del cuerpo a principios del siglo XVII, in La formation de l’enfant en Espagne aux XVIe et XVIIe siècle, cit., pp. 379-403. Grilli sottolinea come nella letteratura aurea la suciedad fosse

una peculiarità del mendigo e, di converso, «recato y acomodo son el arma para aplicarse y medrar, cambiando condición y destino social» (p. 382). La relazione metaforica tra limpieza

fuor di contesto, un atteggiamento “cortese”, che connota ironicamente, ma forse anche tragicamente, il personaggio. Nel complesso rapporto che si stabilisce tra i due, l’Escudero assume in un certo senso il ruolo di “maestro” di Lázaro74, che riferendosi al nuovo amo osserva:

Desque fuimos entrados, quita de sobre sí su capa, y, preguntando si tenía las manos limpias, la sacudimos y doblamos, y, muy limpiamente soplando un poyo que allí estaba, la puso en él. Y hecho esto, sentóse cabo della, preguntándome muy por extenso de dónde era y cómo había venido a aquella ciudad75.

La questione dell’igiene, della cura di sé o delle buone maniere venne ampiamente dibattuta anche da Budé, Lutero e Vives. Quest’ultimo inserisce significativi riferimenti al tema nei suoi Diálogos dedicati al mundo

estudiantil76. Tuttavia ne El estudioso de la aldea la urbanitas diventa forma e sostanza, tratto irrinunciabile per chi, provenendo dal contado, aspira a far parte dell’élite cittadina dedita all’esercizio delle arti liberali.