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1.7 TERAPIA DELLE EMORRAGIE NON VARICOSE

1.7.2 Trattamento angiografico

1) sanguinamento massivo (che richiede almeno la trasfusione di 4 unità di sangue nelle 24 ore) o emodinamicamente instabili (pressione sistolica<100 mm Hg e frequenza cardiaca <100 bpm);

2) refrattarietà alla terapia endoscopica;

3) sanguinamento ricorrente dopo terapia chirurgica.

Esistono tre opzioni terapeutiche per il controllo delle emorragie digestive: 1) il controllo farmacologico con l'uso di vasopressina;

2) l'embolizzazione endovascolare; 3) il vasospasmo catetere-indotto.

Il controllo farmacologico con uso della vasopressina è stato descritto per la prima volta nel 1972 e sicuramente gli strumenti utilizzati sono più economici e semplici di quelli necessari per eseguire un'embolizzazione 67. La tecnica consiste nel cateterizzare l'arteria mesenterica superiore o inferiore e nell'infondere la vasopressina77; la prima infusione viene effettuata in 20 minuti con una dose di 2U/min seguita da una successiva angiografia per verificare che il sanguinamento sia stato interrotto e che l'arteria non sia eccessivamente vasocostretta78, 79. Si può

aumentare la dose di somministrazione progressivamente a 3 U/min e poi a 4U/min, se non si riesce ad ottenere l'emostasi. Ogni somministrazione dovrebbe essere seguita da un periodo di attesa di circa 20 minuti, il tempo minimo di azione della vasopressina per valutarne l'efficacia, seguito da un controllo angiografico per verificare l’avvenuta emostasi. L'infusione è continuata per 12-24 ore 67

di vasopressina viene poi sostituita da soluzione salina per circa 6-12 ore. A differenza dell'embolizzazione, la capacità di determinare emostasi dipende da fattori associati, quali la presenza di coagulopatie e aterosclerosi. In particolare, le arterie aterosclerotiche non rispondono alla vasopressina e questo può determinare una inadeguata emostasi e/o un maggior rischio di recidiva80. La terapia farmacologica con vasopressina viene usata ampiamente, può portare all'emostasi nel 60-90% delle emorragie ed è particolarmente utile quando utilizzata nel trattamento delle emorragie inferiori. Di contro, il successo della procedura nelle emorragie digestive superiore è del 15-30%. Il tasso di recidiva è alto e si attesta, in caso di terapia non continua, al 71%, per questo la tecnica dovrebbe essere considerata prevalentemente per il controllo temporaneo dell'emorragia in attesa di intervento chirurgico 81.

L’incidenza di complicanze è del 0-20% e fino al 9% di queste possono essere fatali 82, 83. Il mantenimento del catetere in loco per molto tempo può determinare trombosi

vascolare, mentre una sua inavvertita dislocazione può essere causa di dissezione. Il dislocamento del catetere nelle arterie renali può causare dolore al fianco ed ematuria, se invece coinvolge l'arteria frenica può provocare dolore toracico e aritmie. Altri effetti collaterali distrettuali sono la trombosi dell'arteria mesenterica, infarto intestinale e peritoniti batteriche spontanee, mentre effetti collaterali sistemici comprendono aritmie, angina e ipotensione. Infine si possono avere complicanze nella sede di accesso vascolare, quali ematomi, pseudoaneurismi, spasmi arteriosi e infezioni67.

L'embolizzazione viene effettuata con materiali diversi a seconda dell'anatomia vascolare, dei reperti angiografici, della posizione che può essere raggiunta dal catetere e delle preferenze dell'operatore. I materiali embolizzanti si distinguono in permanenti (ad esempio spirali metalliche e particelle di alcol polivinilico) e temporanei (ad esempio spugna di gelatina). Solitamente si utilizzano spirali metalliche o particelle di alcol polivinilico (PVA) delle dimensioni di 300-500 micron. L'utilizzo delle sole spirali è associato ad alti tassi di risanguinamento precoce se paragonato al PVA o al materiale spongioso. L'utilizzo di N-butil-cianoacrilato è molto utile nel trattamento dei sanguinamenti massivi che richiedono emostasi urgente, specialmente nei pazienti affetti da coagulopatia che richiedono emostasi rapida. L'embolizzazione può essere localizzata, prossimale e segmental. L’embolizzazione localizzata prevede l'embolizzazione superselettiva del vaso sanguinante; quella prossimale viene invece praticata quando il vaso sanguinante non può essere cateterizzato neanche con un microcatetere e si provvede ad embolizzare il vaso prossimale al ramo interessato dal sanguinamento; infine, l’embolizzazione segmentale prevede l'embolizzazione non solo del vaso interessato ma anche dei rami collaterali o dell'arteria adiacente. Nella embolizzazione prossimale si può andare incontro a ricanalizzazione del vaso sanguinante a causa del flusso retrogrado distale al punto di embolizzazione, mentre una embolizzazione segmentale può provocare complicazioni ischemiche del tratto interessato 84. Una strategia ormai convalidata prevede l'esecuzione di una endoscopia prima di effettuare l'esame angiografico, che

permette di posizionare delle clip a livello dei vasi ritenuti responsabili del sanguinamento. Le clip servono da ausilio nel caso in cui una volta eseguita l'angiografia non si riesca ad individuare lo stravaso del mezzo di contrasto; in questi casi si provvede al cateterismo superselettivo dei vasi che terminano a livello delle clip e alla loro embolizzazione. L'arteria gastroduodenale presenta un doppio apporto vascolare dall'arteria epatica e dalla mesenterica superiore e in questo caso l'embolizzazione prossimale può fallire nel contenere l'emorragia a causa della pressione del flusso retrogrado sul punto embolizzato. In questi casi si esegue la embolizzazione del tratto a monte e a valle del sanguinamento con la cosiddetta tecnica “a sandwich”. Questa tecnica dovrebbe essere effettuata anche in caso di sanguinamenti dall'arcata pancreaticoduodenale. Le emorragie dell'arteria gastroduodenale sono piuttosto comuni dopo l'esecuzione di interventi pancreatobiliari e possono essere trattate sia con embolizzazione che con posizionamento di uno stent. L'embolizzazione con tecnica sandwich può provocare in una percentuale non trascurabile di pazienti (30-40%) ischemia o un infarto epatico anche se numerosi circoli collaterali che comprendono le arterie gastriche e freniche solitamente servono a proteggere il fegato da insulti ischemici.

Nel trattamento angiografico degli pseudo-aneurismi, l'occlusione della sola sacca pseudo aneurismatica con spirali dovrebbe essere evitata per l'elevata percentuale di risanguinamento a causa della fragilità della parete della sacca stessa. In questi casi è molto utile effettuare l'embolizzazione con tecnica sandwich; quando non è possibile

effettuare il cateterismo superselettivo, si possono sempre iniettare mezzi embolizzanti. Nelle emorragie gastrointestinali superiori, l’embolizzazione si associa ad una percentuale di successo tecnico del 92-100% e un tasso di successo clinico del 51%-94% 66, 85, 86, 87. I tassi di recidiva sono del 9-47%, mentre la percentuale dei

pazienti che deve sottoporsi a chirurgia dopo embolizzazione varia dallo 0% al 35% 84

. L'embolizzazione selettiva con microcatetere per il trattamento di emorragie gastrointestinali inferiori risulta efficace nel 91% dei casi con una percentuale di risanguinamento del 12%68. Il riscontro di un angiogramma negativo durante la prima indagine del paziente è significativamente più alto nei pazienti emodinamicamente stabili o con emorragie del tratto digestivo inferiore; questi pazienti possono essere trattati con l'embolizzazione cieca o profilattica che per definizione è l'embolizzazione effettuata senza dimostrazione angiografica del sito di sanguinamento, solitamente effettuata seguendo i reperti endoscopici che ne identificano la localizzazione88. Le più frequenti complicanze dell'embolizzazione sono di natura ischemica, quali infarto intestinale e gangrena; esse sono più frequenti nel tratto gastrointestinale inferiore, perchè nel superiore vi sono diversi circoli collaterali che riducono l'incidenza di questo tipo di complicanze 67. Un'altra complicanza nota è la formazione di stenosi nel tratto vascolarizzato dall'arteria embolizzata soprattutto con l'utilizzo di N-butil-cianoacrilato89. Altre complicazioni sono legate all’embolizzazione dei vasi non-target, evento più frequente con utilizzo di embolizzanti liquidi e particelle di piccolo calibro del cianoacrilato. Comunque,

l'embolizzazione risulta essere una procedura più sicura dell'infusione di vasopressina, con minore incidenza di complicanze nel sito di accesso vascolare e assenza di effetti collaterali sistemici dovuti alla vasocostrizione.

La probabilità del risanguinamento dopo embolizzazione aumenta in presenza di coagulopatie, in pazienti in cui sono necessarie oltre sei trasfusioni, con l'utilizzo delle sole spirali come agente embolizzante e, in ultima analisi, in caso di ricanalizzazione del vaso interessato. La recidiva emorragica è poi più frequente nei sanguinamenti da massa tumorale, post-traumatici o post-procedurali. Anche la presenza di shock, di comorbidità (almeno 2 associate) e di insufficienza multiorgano aumenta il rischio di recidiva. I fattori prognostici negativi associati ad un aumento della mortalità sono principalmente l'insuccesso dell'embolizzazione, l'età avanzata, la presenza di insufficienza multiorgano, di sepsi o comorbidità, la necessità di trasfondere il paziente massivamente e l'esecuzione recente di interventi di chirurgia maggiore89. Il vasospasmo catetere indotto può determinare emostasi temporanea della lesione, grazie alla riduzione del flusso ematico e alla pressione esercitata dal catetere che facilita la fisiologica trombosi del vaso leso. Questa tecnica trova primariamente indicazione nel trattamento dei pazienti che non tollerano la somministrazione di vasopressina e nei quali l'embolizzazione risulta complicata. Gli svantaggi della procedura sono essenzialmente la necessità di effettuare il cateterismo superselettivo del vaso ed il rischio di sviluppare recidiva emorragica67.

Sono stati effettuati molti studi retrospettivi per valutare quale fosse la migliore scelta terapeutica in caso di fallimento della terapia endoscopica tra la chirurgia e la terapia angiografica. Ripoll e colleghi hanno dimostrato tassi simili di recidiva emorragica e di mortalità nonostante i pazienti trattati con embolizzazione fossero in media dieci anni più vecchi e presentassero maggiori comorbidità90 . Eriksson e colleghi hanno confermato questi risultati ottenendo inoltre una mortalità periprocedurale inferiore dopo trattamento angiografico rispetto al trattamento chirurgico66. La sicurezza e l'efficacia del trattamento angiografico sono ormai riconosciuti e rendono questo approccio utile in pazienti refrattari alla terapia endoscopica e ad elevato rischio chirurgico.

L'angiografia rappresenta anche una valida alternativa alla chirurgia nel trattamento delle emorragie transpapillari dal momento che rappresenta una tecnica minimamente invasiva, evita la resezione di tessuti od organi e può seguire direttamente alla angiografia diagnostica89.

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