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Il trattamento delle perdite fiscali

Capitolo 4 Aspetti fiscali aggiuntivi connessi alle società in start up

2. Il trattamento delle perdite fiscali

up alla Legge di stabilità 2014.

1. Il trattamento degli interessi passivi

Non so se per dimenticanza o se, più probabilmente, per specifica volontà normativa, il Legislatore, nella stesura del D.L. 179/2012 ha evitato di affrontare due aspetti critici che, in realtà, permeano in modo molto significativo la vicenda tributaria di tutte le imprese ed in particolar modo quelle in fase di start up: mi riferisco al trattamento fiscale degli interessi passivi e delle perdite fiscali.

In relazione a questi due temi, vista la loro evidente rilevanza, soprattutto nell’ambito della fattispecie oggetto di analisi, ma più in generale in tutte le situazioni di imprese neo costituite, mi sembra opportuno riepilogarne il relativo trattamento ai fini delle imposte sui redditi delle persone giuridiche (Ires).

Ai sensi dell’art. 96 del T.U.I.R., gli interessi passivi gravanti sulle imprese per il reperimento delle proprie risorse finanziarie attraverso i canali del credito, sono deducibili fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati riportati a bilancio; l’eccedenza è poi deducibile nel limite del 30% del Reddito operativo lordo (c.d. R.O.L.) della gestione caratteristica. Per “Risultato operativo lordo” si intende la differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art. 2425 c.c., alla quale devono essere sommati:

 gli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali ed immateriali iscritti nelle voci di cui al numero 10) lettere a) e b);

 i canoni di locazione finanziaria dei beni strumentali.

Una volta determinato il c.d. R.O.L., secondo le modalità di cui sopra, potranno pertanto verificarsi le seguenti situazioni:

i. interessi passivi, al netto di quelli attivi, inferiori al 30% del R.O.L.: in tal caso saranno totalmente deducibili;

ii. interessi passivi, al netto di quelli attivi, superiori al 30% del ROL: in tal caso l’eccedenza costituisce un costo non deducibile.

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Al verificarsi del caso sub ii., gli interessi passivi indeducibili potranno:

a) essere dedotti dal reddito di successivi periodi d’imposta in caso di relativa eccedenza di ROL;

b) in caso di partecipazione al consolidato nazionale, essere utilizzati ai fini dell’abbattimento del risultato di gruppo, qualora altre società presentino un ROL capiente non integralmente sfruttato per la deduzione.

Con riferimento alla disciplina delle Sti, il Legislatore non ha previsto specifiche disposizioni in materia fiscale che, in qualche modo, andassero ad affiancare la disciplina sopra commentata e questo nonostante il peso che, indiscutibilmente, gli oneri per interessi passivi vanno a produrre in capo a tutte quelle imprese che, trovandosi nella fase di start up, necessitano di sostegno finanziario.

Indipendentemente dalla presenza o meno dei requisiti per qualificarsi quale soggetto “innovativo” ai sensi del D.L. 179/2012, ma proprio in virtù dell’innegabile rilevanza che gli interessi passivi possono avere per un’impresa start up che, in ragione della sua stessa natura, necessita di un costante supporto finanziario, almeno nei suoi primi anni di vita, può essere interessante commentare da un lato, l’opportunità o meno di procedere alla capitalizzazione dei suddetti oneri finanziari al fine di alleggerire il conto economico dal peso del costo per la raccolta del capitale di rischio, dall’altro introdurre degli spunti di riflessione circa eventuali modifiche normative che potrebbero essere introdotte dal Legislatore con lo scopo di agevolare realmente questa tipologia d’impresa.

Ricorrendone i presupposti, una possibilità per le start up di alleggerire il peso degli oneri finanziari sul proprio bilancio, è rappresentata dalla facoltà di iscrivere gli stessi a diretto incremento del costo dei beni per i quali sono stati sostenuti.

Generalmente infatti, gli interessi passivi costituiscono dei costi dell’esercizio da imputare a conto economico – voce C.17) Interessi e altri oneri finanziari – nell’anno in cui maturano. Tuttavia i Principi Contabili nazionali e più precisamente l’OIC 16 (Immobilizzazioni materiali) e l’OIC 24 (Immobilizzazioni immateriali), prevedono una serie di condizioni in base alle quali detti oneri possono essere capitalizzati.

Nel dettaglio, per quanto riguarda le immobilizzazioni materiali, l’OIC 16 ne prevede la possibilità della capitalizzazione qualora siano rispettate, contemporaneamente, le seguenti condizioni:

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a) deve trattarsi di interessi passivi sostenuti specificatamente per l’acquisizione dell’immobilizzazione materiale alla quale si intende imputarli;

b) possono essere capitalizzati solamente gli interessi passivi sostenuti nel periodo che intercorre tra il momento dell’acquisto del cespite (o della sua realizzazione interna) e quello in cui il bene è pronto per l’uso;

c) il finanziamento ricevuto deve essere realmente utilizzato per l’acquisizione (realizzazione) dell’immobilizzazione materiale;

d) il tasso d’interesse utilizzato per la capitalizzazione degli oneri finanziari deve essere quello effettivamente sostenuto;

e) il valore dell’immobilizzazione materiale, comprensivo degli interessi capitalizzati, non deve mai essere superiore al valore recuperabile attraverso l’utilizzo del bene in oggetto.

Una volta che si sia accertata la sussistenza di tutte le condizioni di cui sopra, si potrà pertanto procedere alla capitalizzazione degli interessi passivi effettivamente sostenuti, i quali concorreranno alla formazione del reddito d’esercizio attraverso le quote di ammortamento che verranno determinate sulla base della vita utile del bene.

Per quanto riguarda invece la possibilità di capitalizzazione degli interessi passivi direttamente ad incremento del costo delle immobilizzazioni immateriali, l’OIC 24 la prevede esclusivamente con riferimento ai costi di ricerca e sviluppo.

In particolare, tali costi, possono essere capitalizzati solo se attengono a specifici progetti e se sono:

a) relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito;

b) riferiti ad un progetto realmente realizzabile e per il quale l’impresa dispone, o può disporre, delle necessarie risorse per portarlo a termine;

c) recuperabili attraverso i ricavi che saranno in futuro conseguiti dallo stesso progetto.

Al ricorrere delle suddette tre condizioni, unitamente a quanto già previsto anche dall’OIC 16 e a quanto detto sopra, gli interessi passivi sostenuti dalla start up potranno essere capitalizzati per lo svolgimento dell’attività di ricerca e sviluppo.

Procedendo con la capitalizzazione degli interessi passivi, pertanto, non troverà applicazione la regola di deducibilità prevista dall’art. 96 del T.U.I.R..

Se così non fosse, soprattutto in fase di start up, si potrebbero produrre effetti fiscalmente negativi, dal momento che è molto probabile non sussistano interessi attivi da utilizzare come plafond di deducibilità per quelli passivi ed è altresì plausibile che la

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start up (innovativa o meno), si trovi nell’impossibilità di conseguire un reddito operativo lordo (ROL) positivo, oppure di importo sufficientemente ampio tale da assorbire, con il suo 30%, gli interessi passivi eccedenti quelli attivi.

In conseguenza di tutto ciò e ricorrendo le condizioni previste dall’OIC 16 e 24, “alleggerire” il conto economico, mediante una corretta procedura di capitalizzazione degli oneri finanziari, potrebbe rappresentare una valida strategia per le start up che, presumibilmente, a causa del costo del capitale di debito, si trovano gravate da un carico notevole di oneri finanziari.

Al tempo stesso, occorre tuttavia ricordare come, secondo quanto stabilito dal comma 4 dell’art. 96 del T.U.I.R. “gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati indeducibili in un determinato periodo d’imposta sono dedotti dal reddito dei successivi periodi d’imposta, se e nei limiti in cui in tali periodi l’importo degli interessi passivi e degli oneri assimilati di competenza eccedenti gli interessi attivi ed i proventi assimilati sia inferiore al 30% del risultato operativo lordo”: questo significa quindi che gli eventuali interessi passivi indeducibili rappresenterebbero un asset fiscale con riferimento al quale la start up potrebbe, eventualmente, provvedere anche all’iscrizione delle imposte differite attive al fine di trarne un beneficio fiscale per gli esercizi futuri. E’ tuttavia però evidente che l’eventuale iscrizione di fiscalità differita dovrà poggiare sulla redazione di un affidabile business plan dal quale si evinca la capacità dell’impresa di produrre redditi imponibili nel futuro e nello specifico un ROL capiente: aspetti questi di oggettiva difficile pianificazione in fase di start up.

Analizzata la possibilità di procedere alla capitalizzazione degli oneri finanziari come strategia per alleggerire il carico fiscale, qui di seguito intendo, viceversa, tracciare un’ipotesi di deducibilità integrale degli stessi, come possibile strumento normativo di sostegno alla crescita ed allo sviluppo di queste nuove realtà imprenditoriali.

A fronte dell’inevitabile necessità di reperire capitale di debito, il Legislatore fiscale, in un’ottica realmente agevolativa, potrebbe riconoscere la deducibilità integrale degli interessi passivi sostenuti dalle Sti, magari proprio per quello stesso periodo di 48 mesi durante il quale dette imprese possono usufruire, ricorrendone i requisiti, dei benefici di cui al D.L. 179/2012.

Il riconoscimento di un’agevolazione di questo genere, slegata pertanto dal conseguimento di interessi attivi e/o di un risultato operativo lordo sufficientemente capiente, potrebbe realmente rappresentare una misura di sostegno tangibile per delle

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realtà che, per forza di cose, si trovano fortemente condizionate dall’erogazione di finanziamenti.

Se il nostro Legislatore fiscale prevedesse, almeno per i 48 mesi di vigenza del regime agevolato in parola, la deducibilità integrale, o quanto meno secondo un meccanismo di pro rata come quello previsto per i soggetti IRPEF e disciplinato dall’art. 61 del T.U.I.R. – secondo il quale gli interessi passivi inerenti all’attività dell’impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi – l’effetto che si determinerebbe sarebbe senza dubbio positivo. Basti pensare che la Sti nel caso di conseguimento di redditi fiscali imponibili, si vedrebbe immediatamente riconosciuto un vantaggio dato dalla integrale deducibilità degli interessi passivi, mentre, viceversa, nel caso in cui dovesse conseguire una perdita fiscale, la stessa risulterebbe ulteriormente incrementata per effetto di detta deducibilità integrale (con la conseguenza di avere a disposizione per il futuro, un importante asset fiscale da utilizzare in abbattimento degli imponibili fiscali dei successivi esercizi).

Il beneficio sarebbe poi oltremodo amplificato nel caso di perdite conseguite nel primo triennio di attività dell’impresa, stante la riportabilità integrale e senza limiti di tempo delle perdite fiscali conseguite in tale lasso di tempo, ai sensi dell’art. 84, comma 2 del TUIR.

Concludendo, quindi, la disamina sul trattamento fiscale degli interessi passivi gravanti sulle imprese in fase di avvio e con specifico riferimento al nuovo soggetto giuridico delle Sti, come disciplinato dal D.L. 179/2012, posso sostenere che, probabilmente, la scelta fatta dal Legislatore di non prevedere una serie di disposizioni specifiche per la materia in oggetto, a fronte viceversa del riconoscimento di importanti incentivi fiscali all’investimento nelle imprese innovative direttamente con capitale proprio, deve essere letta come una specifica volontà legislativa di favorire una forte capitalizzazione delle Sti, a fronte di un’esposizione finanziaria che sia il più ridotta possibile.

Non va tuttavia dimenticato il dettato dell’art. 30, comma 6 del D.L. 179/2012 che, forse in un’ottica compensativa, ha previsto l’accesso gratuito e semplificato al Fondo di Garanzia per le PMI, istituito con la Legge 23 dicembre 1996, n. 662: come già ampiamento descritto al capitolo 2 a cui rimando, rivolgendosi a tale fondo, la start up non avrà il riconoscimento di alcun contributo in denaro, ma semmai la possibilità di

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ottenere, grazie all’intervento del Fondo in qualità di garante, finanziamenti senza la necessità di ulteriori garanzie.

Ciò rappresenta, sulla carta,245 un indubbio vantaggio per l’impresa che si vedrà pertanto riconosciuta la possibilità di accedere a fonti di finanziamento esterne senza l’obbligo della prestazione di quelle garanzie, molto spesso anche di natura personale, che talvolta possono rappresentare un importante ostacolo per la crescita delle Sti.

245 Si vedano le considerazioni svolte e i connessi profili di criticità in merito al Fondo di garanzia per le PMI svolte al paragrafo 2.2. del medesimo elaborato, rubricato “Le risorse finanziarie per crescere: i capitali di rischio e l’accesso al credito bancario.”

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2. Il trattamento delle perdite fiscali

Ai sensi dell’art. 84 del TUIR, le perdite fiscali realizzate in un determinato periodo d’imposta, possono essere:

i. computate in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi (senza limiti di tempo) in misura però non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare;

ii. computate in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione però che siano state realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione.

Con riferimento alle imprese start up, è quindi evidente come la situazione di cui al sub ii., sia quella maggiormente ricorrente, in considerazione del fatto che la fase iniziale dell’attività, individuata dal Legislatore fiscale nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione, è quella durante la quale il conseguimento di perdite fiscali appare innegabilmente molto probabile: mediante la concessione della riportabilità integrale ed illimitata delle perdite conseguite durante tale fase di avvio, il Legislatore ne ha riconosciuto la criticità ed ha inteso concedere alle imprese un beneficio fiscale che possa, almeno parzialmente, supportare lo sforzo compiuto dalle stesse nei primi anni di attività.

La presenza di tale norma agevolativa, contenuta nel comma 2 dell’art. 84 del T.U.I.R., può probabilmente spiegare anche la ragione per cui, all’interno del D.L. 179/2012, non sono state previste ulteriori misure aventi ad oggetto il trattamento fiscale delle perdite fiscali.

Va tuttavia sottolineato come, stante la durata della disciplina agevolativa riconosciuta alle Sti, corrispondente ad un periodo di 48 mesi, in un’ottica di coerenza, sarebbe forse stata opportuna l’introduzione di una specifica previsione per l’estensione del periodo di riportabilità integrale ed illimitata delle perdite, prevista dal comma 2 dell’art. 84 del T.U.I.R., da 36 a 48 mesi, al fine di allineare la disposizione contenuta nel T.U.I.R. con la nuova disciplina in oggetto.

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