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Start up innovative. Aspetti evolutivi, civilistici e fiscali.

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Academic year: 2021

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I

NDICE

Introduzione……… 3

Parte Prima – Profili evolutivi e civilistici delle start up innovative……… 7

Capitolo 1 - Il nuovo stato giuridico per l’imprenditorialità innovativa: la start up innovativa 1. Lo scenario di riferimento: dove si innestano le start up innovative……….. 9

1.1. Definizione dello status di start up innovativa...16

1.2. Requisiti e particolari tipologie di start up innovative... 26

1.3. Costituzione e regime pubblicitario……….. 34

1.4. Agevolazioni e misure di favore: riduzione degli oneri di avvio………. 39

2. Profilo derogatorio delle start up innovative: ambito di applicazione e finalità………... 41

2.1. Deroghe applicabili a qualsiasi tipo di società………..42

2.2. Deroghe applicabili esclusivamente alle S.r.l... 46

3. Deroghe in materia di procedure concorsuali………... 51

Capitolo 2 - Le misure ed i soggetti promotori di politiche di sostegno all’imprenditorialità innovativa 1. Il motore per la crescita delle start up innovative: l’incubatore d’impresa………... 57

1.1. Disciplina e requisiti specifici dell’incubatore certificato………. 79

1.2. Costituzione e regime pubblicitario………... 87

1.3. Agevolazioni e misure di favore……… 92

2. Le risorse finanziarie per crescere: i capitali di rischio e l’accesso al credito bancario………... 95

2.1. La raccolta di capitale mediante crowdfunding………... 103

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Parte Seconda – Profili fiscali ed in materia di lavoro delle start up innovative………. 125

Capitolo 3 - La creazione di un “ecosistema” favorevole per le start up innovative: misure fiscali di favore e disposizioni in materia giuslavorista 1. La leva fiscale: la “Tremonti Start up” ex articolo 29……… 127

1.1. La leva per gli investitori persone fisiche……… 135

1.2. La leva per gli investitori società di capitali……… 140

1.3. L’intensificazione delle agevolazioni per le start up innovative in ambito energetico o sociale……… 145

2. Detassazione dei redditi derivante dalla remunerazione tramite strumenti finanziari………… 147

3. Disapplicazione delle disposizioni sulle società di comodo e quelle in perdita sistematica…... 153

4. Disposizioni derogatorie in materia di rapporti di lavoro subordinato………... 163

4.1. Contratti di lavoro a tempo determinato e loro particolari caratteristiche………... 164

4.2. Trattamento retributivo dei lavoratori nelle start up innovative……….. 172

Capitolo 4 - Aspetti fiscali aggiuntivi connessi alle società in start up 1. Il trattamento degli interessi passivi………175

2. Il trattamento delle perdite fiscali………... 181

3. Agevolazioni in materia di Ricerca & Sviluppo………. 182

4. Dall’esenzione delle plusvalenze reinvestite in start up alla Legge di stabilità 2014…………. 189

Conclusione………. 197

Bibliografia………. 205

Indice dei documenti……….…………. 214

Indice delle tabelle………. 215

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3

I

NTRODUZIONE

“Nel mondo globale, la sfida si chiama innovazione, ricerca, competitività. È una sfida che riguarda tutti: il rinnovamento scientifico, tecnologico e industriale è la miglior risposta alla crisi economico-finanziaria come alla crisi di fiducia che investe in questo momento l‘Eurozona.“

Quali parole migliori se non quelle del nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo intervento al Forum The European House – Ambrosetti di Villa

d’Este nel settembre 2012, per esprimere il mio particolare desiderio di analizzare il

mondo delle start up innovative (Sti), con particolare riguardo ai fattori in grado di favorirne la nascita e lo sviluppo, in conseguenza del crescente interesse che tale fenomeno imprenditoriale sta destando nell’odierno scenario economico e delle prospettive di crescita che sembra in grado di offrire nei territori che supportano lo sviluppo di innovazione; attenzione testimoniata, non da ultimo, dai numerosi interventi legislativi che si sono succeduti negli ultimi due anni, in favore di questa interessante fattispecie societaria.

Riforme radicali per facilitare opportunità imprenditoriali che, vuoi per una burocrazia ossificata, vuoi per un sistema bancario ancorato a rigidi sistemi di garanzie e una cultura sociale favorevole alle grandi imprese, invece che alle piccole start up, hanno stentato a decollare ed hanno impedito sinora di fare passi avanti significativi nella direzione dell’“imprenditorialità produttiva”.

Chi meglio, allora, dei creatori di start up innovative può riaccendere quello spirito imprenditoriale, oggi sempre più spento e depauperato?

Sono proprio loro i “moderni argonauti della conoscenza”: scienziati, ricercatori, manager dell’innovazione e imprenditori innovativi che popolano e modellano con le loro iniziative e progetti avveniristici, quel mercato unico, prodotto ultimo della globalizzazione mondiale. Oggi, nel vuoto generato dalla crisi, ogni start up, che sopravviva o meno, è una particella di energia che alimenta il ciclo delle idee imprenditoriali alla sorgente.

È da queste considerazioni iniziali e dall’urgenza, ormai al termine del mio personale percorso formativo, di avvicinarmi al mondo del lavoro, con una consapevolezza maggiore di quella finora maturata, che ho deciso di approfondire quale sia l’effettivo contributo che le Sti possono avere nella segnata economia italiana e fino a che punto

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l’Italia può dirsi un Paese attraente per le start up e per tutti coloro che vogliano lanciarsi in un’impresa simile.

Dopo una prima disamina sulla definizione di start up innovativa, dai contorni ancora fumosi e relativamente incerti, attraverso un framework teorico comprendente i più autorevoli contributi presenti in letteratura e sui requisiti che si rendono necessari per acquisirne lo status, ho esaminato, attraverso una puntuale analisi della disciplina civilistica e del quadro normativo, i non meno importanti profili derogatori in materia di diritto societario ed in ambito di procedure concorsuali.

Il secondo capitolo ha, invece, visto rivolta la mia attenzione ai soggetti promotori di politiche di sostegno all’imprenditorialità innovativa: mi sto riferendo nello specifico agli incubatori d’impresa, luoghi questi in grado di rafforzare il dialogo e le relazioni tra la comunità industriale, quella scientifico-tecnologica, finanziaria e istituzionale e promuovere opportunità di crescita, insieme ad una cultura dell’innovazione diffusa. Accanto alle classiche tipologie di approvvigionamento, quali il ricorso al credito bancario o il reperimento di capitali di rischio per le Sti, parimenti importante, è lo spazio che ho deciso di dedicare al rivoluzionario processo di finanziamento dal basso che vede l’Italia come primo esempio europeo ad aver adottato una normazione compiutamente definita in materia di equity crowdfunding,

L’effetto attrattivo e la funzionalità operativa delle piattaforme di crowdfunding consente ad ipotesi progettuali ancora non compiute di trovare l’inerzia necessaria, in termini di avviamento, feedback e risorse, per potersi realizzare.

Visto da molti altri Paesi come modello-guida, cui guardare con interesse, il finanziamento collaborativo italiano ha la potenzialità di trasformare radicalmente il mondo della finanza, fungendo da equalizzatore delle diseguaglianze sociali e dando la possibilità, ai soggetti interessati, di detenere un portafoglio diversificato di azioni, altrimenti troppo rischioso, mediante il semplice utilizzo di tecnologie digitali.

I siti dedicati alla raccolta fondi assolvono quindi una funzione parallela a quella degli incubatori di impresa, riconosciuti a livello internazionale come driver essenziali dell’innovazione e dello sviluppo economico.

Riproducendo in parte alcune delle funzioni di tali strutture, le piattaforme di

crowdfunding possono in qualche modo essere considerate alla stregua di “incubatori

liquidi”, che prescindono da alcuni elementi strutturali, ma sono comunque in grado di mantenere intatta la loro prospettiva e la loro forza, quali facilitatori dell’innovazione.

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La creazione di un “ecosistema” favorevole alle start up innovative passa, però, indiscutibilmente attraverso misure fiscali e disposizioni in materia giuslavorista accattivanti e di favore, in grado di accrescerne l’appeal.

Proprio per questo motivo la seconda parte di questo elaborato si occupa di ripercorrere, in maniera meticolosa, il faticoso iter legislativo finalmente conclusosi con l’approvazione degli incentivi fiscali nell’investimento in Sti con decreto del 30 gennaio 2014, pubblicato il 20 marzo in Gazzetta ufficiale, oltreché evidenziare le ulteriori misure agevolative previste ed oggi in vigore: dagli oneri azzerati di costituzione e registrazione presso le Camere di commercio alla remunerazione dei collaboratori con stock option, dal credito d'imposta sulle assunzioni di ricercatori alla corsia preferenziale per accedere al Fondo centrale di garanzia, fino ad arrivare a previsioni in materia di lavoro subordinato ulteriormente semplificate che di fatto “liberalizzano” la disciplina contrattuale anzidetta, incentivando la creazione di nuove imprese e l’occupazione in generale.

Nel quarto ed ultimo capitolo, sulla scia di quanto osservato in quello precedente, oggetto di osservazione specifica sono il trattamento fiscale degli interessi passivi e delle perdite fiscali ed aggiuntivi aspetti fiscali connessi alle società in fase di start up. Un piccolo contributo che ci permette di capire se l'Italia stia diventando o meno, un Paese sempre più attraente ed ospitale per la proliferazione di start up innovative, sarà reso nelle conclusioni di questo elaborato, dove verrà dato risalto all’importanza che le stesse possono avere come acceleratori delle politiche industriali anticrisi.

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Parte Prima – Profili evolutivi e civilistici delle start up

innovative

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9 CAPITOLO UNO

IL NUOVO STATO GIURIDICO PER L’IMPRENDITORIALITÀ INNOVATIVA: LA START UP INNOVATIVA

SOMMARIO: 1. Lo scenario di riferimento: dove si innestano le start up innovative. – 1.1. Definizione dello status di start up innovativa. – 1.2. Requisiti e particolari tipologie di start up innovative. – 1.3. Costituzione e regime pubblicitario. – 1.4. Agevolazioni e misure di favore: riduzione degli oneri di avvio. – 2. Profilo derogatorio delle start up innovative: ambito di applicazione e finalità. – 2.1. Deroghe applicabili a qualsiasi tipo di società. – 2.2. Deroghe applicabili esclusivamente alle S.r.l.. – 3. Deroghe in materia di procedure concorsuali.

1. Lo scenario di riferimento: dove si innestano le start up innovative

Uno dei fenomeni più evidenti dell'evoluzione del contesto economico internazionale degli ultimi decenni è l'accentuazione della mondializzazione dei mercati, da cui deriva una forte espansione, in termini quantitativi e qualitativi, dell'offerta di prodotti e servizi alla portata dei consumatori di tutto il mondo. All'interno di questo scenario, le imprese hanno visto moltiplicarsi le possibilità di scelta dei mercati di sbocco, ma contemporaneamente si sono trovate di fronte, in molti settori, ad una progressiva saturazione e/o alla frammentazione dei segmenti della domanda.

A rendere il quadro ancora più complesso ed incerto è stato, poi, il terremoto finanziario che ha investito gli Stati Uniti nel 2007 con lo scoppio della bolla dei mutui sub-prime, propagatosi, a causa della globalizzazione dei mercati, in tutto il mondo e purtroppo anche in Italia, dove i segni di una crisi economica profonda sono ancora piuttosto evidenti e tangibili e si sommano all’ingente debito pubblico accumulato dal nostro Paese negli anni.

Segnali allarmanti provengono anche dal mondo del lavoro: il tasso di disoccupazione è salito nel novembre del 2013 al 12,7%, in crescita rispetto al 12,5% registrato a ottobre, restando al livello record dal 1977.1 Notizie confortanti non giungono nemmeno dal lato dell’occupazione giovanile: il tasso di disoccupazione registrato lo scorso dicembre è pari al 41,6%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4 punti nel confronto tendenziale. Anche in questo caso si tratta di un livello top

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dall'inizio delle serie storiche, ovvero dal 1977.2 Il sistema produttivo, quindi, sta attraversando una crisi che non sembra avere carattere solamente congiunturale e che non pare territorialmente delimitata.

Alcuni dati alla mano ci segnalano però che qualcosa sta cambiando e si stanno iniziando ad intravedere i primi timidi segnali di ripresa: “la recessione è finita, il percorso di risalita sarà però lento e difficile: la ridotta capacità produttiva, intaccata dalla prolungata caduta della domanda interna, rappresenterà una zavorra nella fase di ripartenza.”3 In quest’anno “il contesto migliorerà grazie ad una politica di bilancio meno restrittiva e all’accelerazione del commercio globale, fattori che contribuiranno a far ulteriormente aumentare la fiducia e alimenteranno così la spesa di famiglie ed imprese.”4

Tasto dolens è la stretta al credito che colpisce le nostre imprese, senza nessun segnale di attenuazione. “I prestiti sono calati del 9,2% nei due anni tra settembre 2011 e ottobre 2013, ad un ritmo medio di – 0,4% al mese, per un totale di – 84 miliardi di euro. In gran parte dei casi è la banca a negare il credito (84,2%), ma alcune imprese rinunciano a fronte di un’offerta a costi troppo alti (15,8%). Altre aziende non lo chiedono più, e queste non vengono proprio rilevate.”5 La scarsità di prestiti ostacola, come sappiamo, l’operatività di molte aziende.

Oltre a quanto appena detto e accanto ad una pressione fiscale opprimente, l’altra piaga della tassazione di impresa in Italia è custodita dal numero e dalla complessità degli adempimenti, molti di più e molto più costosi rispetto ai paesi concorrenti. L’Italia è al sessantacinquesimo posto per facilità di condurre un’impresa e perde posizioni nei vari confronti internazionali di competitività.

In questo critico contesto di accentuata concorrenza, il sistema Italia non riesce ad emergere neppure sfruttando l’alto livello di capitale umano e potenziale innovativo di cui dispone: il successo della ricerca scientifica in ambito accademico non riesce a concretizzarsi in valore economico per il sistema produttivo italiano.

Questo score insoddisfacente dipende da più fattori che, congiuntamente, influenzano la capacità innovativa del Paese; tra questi assumono particolare rilievo:

2 Fonte dati: Istat 2013, sezione lavoro.

3 Dati tratti da “Scenari economici n. 19, Dicembre 2013”, aggiornati al 16 Dicembre 2013, Centro Studi Confindustria. 4 Dati tratti da “Scenari economici n. 19, Dicembre 2013”, aggiornati al 16 Dicembre 2013, Centro Studi Confindustria. 5

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 la mancanza di un chiaro programma di politica economica che punti sulla R&I, con interventi strutturali ed efficaci per strumenti e risorse adeguate e certe;  la scarsa propensione all’investimento in R&I;6

 la frammentazione del sistema istituzionale di finanziamento, che parcellizza gli interventi, riconducibili a numerose amministrazioni, centrali e periferiche senza un efficace coordinamento;

 la mancanza di strumenti fiscali per sostenere gli investimenti in R&I e i tempi lunghi nella gestione degli strumenti pubblici di cofinanziamento della R&I;  la forte presenza di piccole e medie imprese, che condiziona negativamente la

quota di investimenti complessivi in ricerca e innovazione da parte del settore privato;

 la scarsa propensione a collaborare tra sistema pubblico di ricerca e il sistema delle imprese, in particolare piccole e medie, e la debole attenzione ai risultati applicativi dei risultati della ricerca;

 l’elevata specializzazione delle imprese italiane che rende di fatto poco convenienti e scarsamente remunerati gli investimenti in ricerca con pochi sbocchi di mercato.

Nella sfida all’internazionalizzazione dei mercati, le economie che stanno dimostrando un maggior dinamismo e resistenza agli shock derivanti dalle svalutazioni e crisi dei mercati sono, però, proprio quelle che mantengono nel tempo alti profili tecnologici ed innovativi. Per questo le politiche economiche dei governi sono sempre più mirate ad incentivare lo sviluppo di settori industriali ed imprese che fanno di innovazione, ricerca, sviluppo ed avanguardie tecnologiche il loro punto di forza7: è qui che nasce il desiderio di capire il contributo che le imprese start up innovative potranno apportare ad un’economia stremata e abbattuta, come è in questo momento quella italiana e che in questo elaborato andrò esaminando a 360 gradi.

6 L’Italia è il Paese, tra quelli avanzati, con uno dei più bassi valori del rapporto tra investimento in R&I e PIL (1,26% nel 2010). La media OCSE si attesta infatti al 2,4%, Stati Uniti e Germania sfiorano il 3%, soglia superata dal Giappone (3,4%). Il dato italiano è rimasto, invece, sostanzialmente invariato rispetto al valore di 20 anni fa (era al 1,25% nel 1990), seppure occorre sottolineare che, dopo la flessione registrata nel corso degli anni ‘90, questo rapporto ha ripreso a crescere da alcuni anni, in particolare grazie all’aumento delle spese in R&I delle imprese. Horizon 2020 Italia, MIUR.

7 “Da sempre l’innovazione è una conditio sine qua non del progresso economico e sociale. I Paesi che per primi hanno capito l’importanza del circolo virtuoso innovazione-produttività-crescita sono quelli che si sono posizionati meglio in termini di competitività di sistema di lungo periodo e che hanno mostrato maggiore resilienza alla crisi.” L’ecosistema per l’innovazione: quali strade per la crescita delle imprese e del Paese, Ambrosetti Club Ricerca 2013.

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Negli ultimi due anni, anche il nostro Governo, ha sentito sempre più forte il bisogno di dotarsi di strumenti adeguati che facessero del nostro Paese “il luogo nel quale l’innovazione possa rappresentare un fattore strutturale di crescita sostenibile e di rafforzamento della competitività delle imprese”.8

Proprio alla fine del 2012, con l’allora Governo Monti, si è compiuto il primo passo verso la creazione di una “cultura dell’innovazione”, inizialmente con il rapporto della Task Force sulle Startup “Restart, Italia!”, istituita dal ministro dello sviluppo economico Corrado Passera, poi con la stesura del Decreto Sviluppo 2.0, mirante alla crescita sostenibile nello sviluppo tecnologico e nell’occupazione, in particolare giovanile ed alla nascita e sviluppo delle imprese start up innovative.

Mediante l’uso di evidence-based policies, poi, il Governo Letta ha potuto “correggere il tiro” più volte nel corso del 2013, dapprima con il Decreto Lavoro estendendo a più tipologie di aziende l’ambito di applicazione della specifica normativa per le start up innovative, con un ampio e organico pacchetto di misure finalizzato ad agevolarne la costituzione e la crescita, successivamente con il decreto legge “Destinazione Italia” che punta ad attrarre investimenti capaci di sostenere l’economia italiana attraverso l’apertura di nuove attività e insediamenti produttivi, la riconversione di attività esistenti, la capitalizzazione e il rafforzamento finanziario delle nostre imprese, la valorizzazione dei nostri asset, la creazione di lavoro e conoscenza.9

Non si è accontentato qui, ma ha cercato di arginare i numerosi profili di criticità con la predisposizione di misure aggiuntive volte a creare occupazione, soprattutto a tempo indeterminato e a favore delle nuove generazioni con il “Pacchetto Lavoro” del 26 giugno 2013 e avviando una profonda revisione dei criteri di accesso al credito, per ampliare il bacino di imprese beneficiarie con l’ingresso delD.L. 69/2013, il cosiddetto “Decreto del Fare”.10

Questo dimostra che l’impegno da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico e dei Governi succedutisi a favore di questa nuova “stirpe” di imprese è forte e continuo e vòlto a far ripartire la competitività, il tasso di innovatività e di attrattività del tessuto economico italiano.

8 Cfr. Relazione Illustrativa al D.L. 18 ottobre 2012, n.179.

9 Cfr. Decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, rubricato “Interventi urgenti di avvio del piano "Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015.”

10 Vedi anche il Testo del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, Capo III , “Misure in materia di istruzione, università e ricerca”, all’art. 57, “Interventi straordinari a favore della ricerca per lo sviluppo del Paese.”

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Di pari passo si sono mosse anche le politiche europee con il Piano d’azione Imprenditorialità 2020, progetto della Commissione europea che propone azioni concrete per far emergere il potenziale imprenditoriale europeo e incoraggiare la cultura dell'imprenditorialità e dell'innovazione in Europa e Horizon 2020,principale strumento dell'Unione europea per il finanziamento della ricerca in Europa per il periodo 2014 – 2020.

Il potenziale che le imprese ad alto valore tecnologico possono sprigionare, quindi, potrebbe avere un impatto salvifico, anche superiore alle aspettative; ecco perché già a partire dal Decreto Sviluppo 2.0 il legislatore ha introdotto, nell’ordinamento giuridico italiano, una disciplina organica a sostegno dell’imprenditoria, in specie quella innovativa, disponendo la pubblicazione online, in formato aperto e riutilizzabile, della sezione speciale del Registro delle Imprese dedicata a questa tipologia di imprese e prevedendo l’avvio di un meccanismo strutturato di monitoraggio e valutazione della politica pro start up con il coinvolgimento dell’Istat.11

Mentre quest’ultima operazione si trova in rampa di lancio, al momento possiamo comunque accontentarci di analizzare nel dettaglio i risultati evincibili dalla pubblicazione online della sezione speciale del Registro delle Imprese ed improntare una prima mappatura dei principali attori e protagonisti dell'ecosistema italiano delle start up.

11“ L’obiettivo che accomuna le proposte contenute in questo rapporto è quello di aumentare il numero di imprese innovative in settori strategici per la crescita del sistema economico italiano. Alcune delle proposte hanno un costo monetario modesto; altre potrebbero avere un impatto non marginale sulla spesa pubblica. È quindi opportuno predisporre meccanismi di valutazione delle proposte contenute nel Rapporto affinché l’efficacia delle varie proposte, nonché il loro impatto sistemico, possa essere periodicamente accertato. La valutazione dell’impatto verrà effettuata mediante l’analisi, condotta con metodi scientificamente appropriati, dell’evidenza fattuale che verrà rilevata nel periodo di attività delle misure di sostegno alle startup. Affinché la valutazione sia scientificamente valida occorre avere a disposizione una cospicua dotazione di informazione statistica che permetta il ricorso a tecniche moderne e ormai utilizzate in molti Paesi per condurre quella che prende il nome di “evidence-based policy”. In linea con la nostra ambizione di stimolare l’innovazione in Italia, proponiamo che, successivamente alla loro implementazione da parte del Governo, le misure del presente Rapporto non siano solo rigorosamente studiate, ma che sia prevista l’eventuale sospensione di quelle disposizioni per le quali non possa essere dimostrato un beneficio positivo e in linea con gli obiettivi delineati nel Rapporto.

Affinché la valutazione possa avvenire in maniera rigorosa, riteniamo che i provvedimenti che tradurranno in legge e attueranno le proposte avanzate in questo Rapporto prevedano espressamente una voce di bilancio riservata, attraverso il coinvolgimento dell’ISTAT , alla creazione di banche dati riguardanti l’ecosistema delle startup e alla conduzione delle analisi. Per garantire che l’analisi sia il più possibile obiettiva e possa essere oggetto di dibattito scientifico e pubblico, il Governo dovrà infine prevedere che i dati usati per la valutazione vengano resi pubblici e riutilizzabili.”, Rapporto della Task Force sulle Startup “Restart, Italia!, 13 settembre 2012.

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Come già segnalato dal rapporto di “Mind the Bridge Foundation"12 del 2012, in Italia, la start up non è censita come categoria di impresa ed è quindi difficile compiere analisi strutturali del fenomeno visti gli elevati tassi di nascita e mortalità che le caratterizzano e che determinano continui mutamenti nel panorama di riferimento.

Esistono comunque diversi modi per mappare e quantificare l'universo delle start up; per fare questo ho deciso di utilizzare i dati resi disponibili da Infocamere, risalenti al 20 gennaio scorso, opportunamente rielaborati, per una comprensione più snella del fenomeno.13

A circa un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Crescita 2.0, avvenuta il 17 dicembre 2012, le start up innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese sono 1.554.

Guardando alla distribuzione geografica per regione, le società iscritte nella sezione delle start up innovative, sono così distribuite: Abruzzo 22 start up, Basilicata 8, Calabria 16, Campania 74, Emilia - Romagna 169, Friuli - Venezia Giulia 56, Lazio 164, Liguria 27, Lombardia 314, Marche 74, Molise 8, Piemonte 128, Puglia 65, Sardegna 44, Sicilia 46, Toscana 105,Trentino - Alto Adige 76, Umbria 19, Valle d'Aosta 5 e Veneto 134.

Sul podio delle province più densamente popolate troviamo, al primo posto, la Lombardia con 314 start up innovative, l’Emilia Romagna con 169 start up e il Lazio con 164; le città più densamente popolate di queste tre province sono rispettivamente: Milano 204, Bologna 54 e Roma 131.

Si registra, pertanto, una presenza forte e marcata al Nord della realtà in oggetto (59%), equilibrata al Centro (23%) e ridotta al Sud (18%).

Quanto alla distribuzione settoriale, spiccano i servizi (1.099), che includono, tra le altre, le attività di produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (464), ricerca scientifica e sviluppo (213), servizi d’informazione e altri servizi informatici (117), attività degli studi di architettura e d’ingegneria, collaudi ed analisi

12 The Mind the Bridge Foundation is a non-profit corporation founded by Marco Marinucci. A Google old timer, Marco got inspired while involved in a business plan competition and mentoring project in Africa. Inspired by the radical impact such an initiative played, he decided to replicate the model with the hope to have a similar impact, initially, in his own country, Italy. The goal of the Foundation is to foster a sustainable entrepreneurial ecosystem, spur more innovative ideas, and reinvigorate the new venture economy, providing entrepreneurship education, 360 degrees. We provide startups, investors and managers with direct exposure to the most experienced, entrepreneurial ecosystem in the world — Silicon Valley. The ultimate goal of Mind the Bridge is to help create a new generation of entrepreneurs and success stories. Per ulteriori informazioni consultare il sito http://mindthebridge.org/.

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tecniche (64), attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (43). Seguono industria e artigianato (264) , fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica (63), fabbricazione di macchinari ed apparecchiature (28), fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche (21), altre industrie manifatturiere (22) e fabbricazione di altri mezzi di trasporto (15), il commercio (33), e, da ultimo, turismo (6) e agricoltura (3).

Considerando il valore della produzione, 1.326 startup innovative sono riconducibili alla classe A che va da 0 a 0,10 milioni di euro, 198 alla classe B (0,11-0,50), 17 alla classe C (0,51-1,00), 7 alla classe D (1,01-2,00) e 6 alla classe E (2,01-5,00).

Venendo alla natura giuridica, prevalgono nettamente le società a responsabilità limitata (1.233); seguono le società a responsabilità limitata con un unico socio (89), le società a responsabilità limitata semplificate (87) e si segnala la presenza di 29 società per azioni, 23 società cooperative, 14 società a responsabilità limitata a capitale ridotto, 3 società consortili per azioni e 3 società consortili a responsabilità limitata.

A ben vedere 630 sono le startup innovative che si sono costituite nel 2013, 365 nel 2012, 239 nel 2011, 147 nel 2010, 91 nel 2009 e 5 nel 2008, a sottolineare il trend positivo che sta caratterizzando la nascita di questa particolare categoria d’impresa, ma che per molti potrebbe sembrare un risultato insufficiente.

Le start up innovative iscritte a un anno dall’entrata in vigore della policy sono, infatti, poco meno di 1.500. Si tratta di una platea ridotta in senso assoluto, se la si confronta con la totalità delle società di capitali (1,4 milioni) o con l’universo delle imprese costituite in qualsiasi forma (includente società di capitali, società di persone, ditte individuali e altre modalità d’impresa, 6,1 milioni).14

Non dobbiamo però lasciarci trarre in inganno. Tenendo presente che la cifra corrisponde perfettamente alla previsione contenuta nella relazione tecnica che ha accompagnato l’approvazione del provvedimento, è bene sottolineare che l’obiettivo primario della politica a sostegno delle start up è quello di favorire la nascita e lo sviluppo di imprese di nuova generazione capaci di introdurre sul mercato beni, servizi innovativi: frutti di cui anche le imprese tradizionali si possono giovare per rinnovare i propri processi produttivi, allineando la propria offerta con la domanda che scaturisce da una società le cui esigenze sono in costante evoluzione e soggette a rapide trasformazioni a causa dell’elevato sviluppo tecnologico raggiunto negli ultimi anni.

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Solo individuando i clienti e interpretando le motivazioni alla base dei loro desideri e delle conseguenti scelte, si possono ricercare le risposte più adeguate ad assicurare al processo di start up un mercato di riferimento ben definito nel quale concentrare proficuamente i propri sforzi.

Si tratta insomma di una politica che si propone di produrre effetti consistenti, ma “indiretti” e misurabili nel medio periodo, sul livello di competitività del nostro tessuto economico. È proprio per questo che, se il 2013 è stato l’anno dell’implementazione della norma primaria e della messa a punto di tutti i meccanismi fiscali, finanziari, burocratici necessari ad un corretto funzionamento della “policy start up”, nel 2014 il Ministero dello Sviluppo economico si concentrerà sul raccordo e la creazione di legami tra le start up innovative e le PMI tradizionali per accrescerne il valore.

1.1. Definizione dello status di start up innovativa

Prima di addentrarmi nell’analisi specifica della fattispecie start up innovativa (Sti), ritengo opportuno e doveroso soffermare l’attenzione sulla più ampia e non certamente meno composita definizione di start up.

Molti di noi, ingannati forse dal sempre più frequente utilizzo di anglicismi nella nostra lingua italiana, hanno erroneamente pensato, o meglio, hanno semplicisticamente e in maniera approssimativa tradotto, con l’avvio d’impresa, il concetto di start up.

Ben più profondo e complesso è invece il valore racchiuso in esso: sappiamo infatti che l'avvio di una nuova attività imprenditoriale è una scelta stimolante, per certi versi affascinante, ma non meno complessa e difficile da realizzare. Il successo o il fallimento di una lunga carriera aziendale dipendono sempre, almeno in parte, dal nucleo di valutazioni e di decisioni che hanno contraddistinto il concepimento iniziale dell'iniziativa.

Per questi motivi uno degli accorgimenti più preziosi per chi intenda accostarsi a un'esperienza di questo tipo è curare con la massima attenzione l'elaborazione del percorso logico incaricato di supportare tutte le azioni che precederanno ed accompagneranno l'esordio dell'impresa sul mercato: ciò significa predisporre una strategia chiara ed organica di start up che faccia emergere concretamente le idee, i vincoli, le opportunità, i rischi e i programmi giudicati critici per l'avvio e lo sviluppo del business.

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La caratteristica saliente di questo particolare periodo di vita aziendale è la concentrazione di un insieme di azioni e scelte strategiche che delineano la conformazione dell’impresa e i cui effetti sono destinati a ripercuotersi lungo un arco temporale esteso: il concepimento dell’idea, la predisposizione delle risorse tecniche correnti, la definizione dei metodi di produzione e della struttura organizzativa, la ricerca di personale, la conduzione di studi di mercato con i quali si cerca di definire le attività e gli indirizzi aziendali, il reperimento dei mezzi finanziari necessari, la pianificazione e l’avvio dell’attività.

Effettuare una chiara strutturazione e programmazione preventiva del processo di start up consente di raggiungere contemporaneamente più obiettivi, ovvero stimolare la maturazione dell’idea imprenditoriale, guidare il processo di realizzazione dell'impresa, valutare attentamente rischi ed opportunità di successo, controllare e verificare il progressivo raggiungimento degli obiettivi in attesa dell'acquisizione di autonomia ed economicità gestionale.

È evidente che provare a dare una definizione “scolastica” di start up non è assolutamente possibile, sarebbe fuorviante, sterile; il valore che oggi possiamo attribuirgli sembra piuttosto paragonabile ad una umbrella word, ovvero ad un concentrato di aspetti, situazioni, dinamiche che singolarmente considerate hanno una loro identità e importanza e insieme vanno ad incarnare, in maniera perfetta, il significato stesso del termine.

Per questo è necessario inquadrare la fase preliminare nell’avvio di una nuova realtà imprenditoriale15 facendo un passo indietro, ovverosia partendo dalla traduzione di una intuizione, di un desiderio, di un’aspirazione propria dell’imprenditore: è quella che in linguaggio tecnico viene definita business idea, che funge da stimolo costante all'investimento di energie e risorse e che si trova alla base di ogni esperienza manageriale.

La spinta creativa dell’imprenditore dovrà, di fatto, seguire tre direttrici caratteristiche: l’innovazione, la motivazione e la fattibilità.

La prima dovrà innervarsi di elementi di novità e di rottura che sappiano attrarre l'attenzione e l'interesse del pubblico, indipendentemente dalla circostanza che la ricetta sia originale e unica oppure consista nella combinazione e differenziazione di fattori già

15 “La start up è un embrione che contiene già i caratteri distintivi del successo, il suo DNA, ma che ancora deve sviluppare tutti gli elementi che costituiranno la struttura portante sulla quale basare la crescita e lo sviluppo duraturo della neonata impresa”Advance- Start-up: dall'idea all'impresa : business plan, metodi di valutazione, canali di finanziamento.

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esistenti o ancora rappresenti il rilancio di un business precedente. Gli aspetti dell’innovazione potranno riguardare il prodotto, il processo tecnologico, la risposta al mercato, l’organizzazione aziendale.

Secondo, ma non meno importante, elemento è la motivazione: è il carburante psicologico di ogni sfida, in grado di coordinare mezzi e sacrifici verso il raggiungimento di un obiettivo complesso di lungo termine. Naturalmente ogni progetto di business trae motivi di coinvolgimento non solo dalla remunerazione economica immediatamente ottenibile, ma anche da aspirazioni più alte come la realizzazione professionale, la promozione ed il consenso sociale, il progresso scientifico. Questo fattore è indispensabile per fornire all'imprenditore la capacità di superare gran parte delle difficoltà e degli ostacoli che si presenteranno sul suo percorso, aiutandolo a trovare di volta in volta adeguate e creative soluzioni ai problemi.

Infine terzo ed ultimo aspetto della spinta creativa imprenditoriale è la fattibilità: ogni idea di successo potrà vedere presto o tardi naufragare i propri auspici se non sarà messa realisticamente alla prova con i condizionamenti presenti nel mercato, nella legislazione vigente e nel contesto tecnico-scientifico di riferimento. Prima di intraprendere un percorso che può risultare avventato e comunque in attesa di approfondire ulteriormente il contesto di mercato in cui si colloca l’iniziativa, azione questa che permane nell’intero corso della vita aziendale, l'imprenditore dovrà compiere un’attenta ed obiettiva valutazione iniziale sulla realizzabilità, coerenza e complementarietà dei singoli elementi fondanti la business idea.

Dall'istante in cui diventa chiara la fisionomia e la combinazione dei fattori chiave alla base dell'esperienza imprenditoriale, la priorità è quella di tradurre questo mix in un concreto progetto di impresa che ben ne definisca i contenuti, gli obiettivi, i passaggi e i tempi di realizzazione. Occorre cioè declinare dallo status ipotetico a quello progettuale le risposte ai cinque quesiti principali che riguardano la nuova impresa:

1. che cosa si intende produrre e vendere? Si tratta del cosiddetto sistema di prodotto, ovvero ciò che specifica l’idea imprenditoriale e definisce l’offerta dell’impresa al segmento di mercato individuato. Il neo-imprenditore deve valutarne anticipatamente: la realizzabilità tecnica, il grado di innovatività (es. in termini di qualità, di tecnologie adottate, etc.);

2. a chi si vuol vendere? Il riferimento è al segmento di mercato da servire, si tratta di scomporre il mercato in singole unità target, appunto i segmenti, omogenei per bisogni, aspettative e comportamenti d’acquisto rispetto ad un dato

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prodotto/servizio per scegliere quelli più promettenti ai quali rivolgere la propria offerta. Si soddisfano così, in modo puntuale, i bisogni e le aspettative dei consumatori, attivando, se necessario, specifiche strategie di fidelizzazione e migliorando sia la redditività aziendale che la conoscenza del mercato;

3. in che modo si vuol produrre e vendere? Si tratta di definire la struttura aziendale, ovvero stabilire tra quali organi deve essere suddiviso il lavoro, quali funzioni e quali compiti sono assegnati a tali organi, quali relazioni devono esistere tra quest’ultimi: è la cosiddetta struttura formale dell’impresa che viene evidenziata attraverso vari documenti, di solito mediante l’utilizzo dell’organigramma aziendale;

4. quale sembianza di sé veicolare? Attraverso una politica di comunicazione forte e persuasiva si contribuisce allo sviluppo e al consolidamento di un’immagine positiva e distintiva dell’azienda, immagine che può costituire per essa una risorsa immateriale utilizzabile ai fini strategici;

5. come si intende finanziare l'idea? Si tratta di mettere in atto una politica di finanziamento efficace; per fare questo è necessario conoscere o quantomeno valutare in anticipo, con buona approssimazione, il fabbisogno finanziario aziendale iniziale e prospettico, stimare la propria abilità nell’attrarre e mobilitare autonomamente risorse finanziarie e nel valutare il set più ampio di fonti di finanziamento disponibili sul mercato e le relative criticità.

Non dobbiamo mai dimenticarci, infatti, della vitale importanza ricoperta dalla ricerca di capitali nell’avvenire di una start up; bisogna considerare sia la necessità di assicurare un equilibrio finanziario sostenibile nel tempo, in ragione delle caratteristiche specifiche dell'impresa e del suo settore di appartenenza, sia fornire una struttura adeguata alle scelte gestionali.

Le eventuali risposte ai sopra citati quesiti saranno, in questa fase, necessariamente generiche, ma comunque molto utili per trasformare una visione parzialmente ancora sfocata in una vera formula imprenditoriale, in attesa di esperire ulteriori indagini ed approfondimenti conoscitivi per la successiva realizzazione del documento prospettico e di supporto, pilastro portante su cui poggiare il progressivo aumento della complessità della gestione aziendale: il business plan.16

16 Per un’analisi del fenomeno: Mariani Giovanna - Augello Massimo M., “Conoscenza e creazione di valore : il ruolo del business plan.”

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Quest’ultimo completa con precisione la definizione del percorso strategico, consentendo di valutare i punti di forza e di debolezza e quindi di individuare le azioni alternative praticabili. Inoltre stabilisce un benchmark che funge da strumento di controllo, sulla base del quale poter misurare le decisioni e i risultati aziendali futuri. D’altro canto, oltre alla centralità rivestita dalla business idea e all’importanza di disporre di risorse finanziarie adeguate, l’ingrediente necessario per trasformare una start up qualsiasi in un’impresa di successo è la presenza di un management team competente ed instancabile.

Le risorse umane sono l’elemento critico di una start up. Chi decide di investire in un’azienda appena nata lo fa, soprattutto, perché crede nelle persone, nelle loro capacità ed esperienze, nei loro successi passati, nella loro coesione e motivazione.

Sono tre le ragioni fondamentali che ci inducono a considerare il management team come fattore cruciale di una start up: la complementarietà delle competenze e delle

skills necessarie, l’approccio flessibile e risolutivo ai problemi ed alle avversità che si

possono manifestare, la visione di business condivisa.

Inoltre, solo lavorando in team è possibile evitare alcuni degli errori che, non raramente, si manifestano in molte start up, quali:

 la resistenza al cambiamento: la necessità di cambiare direzione di marcia, o meglio, rivedere alcuni aspetti del business è, direi, momento fisiologico e congenito nella realizzazione di qualsiasi impresa. Il fondatore spesso mostra resistenze al cambiamento, per paura che il suo business concept venga snaturato. In un team, al contrario, le decisioni scaturiscono da un confronto più ampio che finisce per far prevalere le motivazioni pratiche a quelle psicologiche (e soprattutto a quelle strettamente personali/soggettive);

 la limitata qualità della comunicazione: il team si presenta al mercato ed ai propri stakeholders soltanto dopo un’analisi approfondita del contesto di riferimento, evitando così di commettere errori banali, dovuti ad un’insufficiente vaglio critico di dati ed informazioni raccolte;

scarsa capacità problem solving e difficoltà ad imparare dai propri errori.

Anche la scelta della forma giuridica d’impresa, non è aspetto da sottovalutare quando si ha a che fare con l’avvio di un’attività imprenditoriale e, influenza, sempre concretamente, l’assetto di governo e organizzativo con cui verrà svolto tutto il lavoro successivo. È una decisione reversibile, nel senso che può essere cambiata successivamente, ma sopportando dei costi: pertanto occorre coordinarla fin dall'inizio

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con le caratteristiche, le necessità e gli obiettivi del business che si ha in mente, tenendo in considerazione alcuni elementi:

- il numero di persone coinvolte nella gestione;

- il volume d'affari che si prevede di realizzare nel medio periodo; - il livello di capitalizzazione che si ritiene congruo;

- il grado di responsabilità e di coinvolgimento e il reddito dell'imprenditore e dei soci;

- la complessità amministrativa.

Introdotti solamente alcuni dei profili di criticità riscontrabili nella propedeutica attività di avvio d’impresa e analizzata, in precedenza, la difficile fase economica che stiamo attraversando e che comunque non deve scoraggiare aprioristicamente l’imprenditore,17 si intuisce che da un lato l’imprenditorialità, possente volano della crescita economica e della creazione di posti di lavoro e dall’altro il capitale umano, le idee, la capacità di fare ricerca e innovazione, altro non sono che le fondamenta di un edificio traballante e articolato, qual è il sistema economico italiano oggi, ma che non necessariamente si presenterà così anche in futuro.18

Ecco che al complesso e variegato tema dell’inizio d’impresa, a cui ho dedicato soltanto poche pagine per non appesantire in maniera eccessiva la trattazione, devo adesso aggiungerne un altro, come già anticipato di centrale rilevanza in questo elaborato: qualificare la start up innovativa e comprenderne gli elementi fondanti, attraverso l’analisi meticolosa del D.L. 18 Ottobre 2012, n. 179 (c.d. “Decreto crescita 2.0”), convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 Dicembre 2012, n. 221.

È ovvio che il collegamento tra le due fattispecie esiste ed è evidente, ma con l’introduzione della IX sezione del Decreto, intitolata “Misure per la nascita e lo sviluppo di imprese start up innovative”, l’intento del Legislatore è stato piuttosto quello di predisporre uno strumento nuovo, capace di convogliare ed amalgamare in un unico centro di interessi, con finalità produttive, tutti i soggetti che oggi orbitano separatamente nell’ampia galassia dell’innovazione, ovviamente sia nazionali che esteri: è il caso delle imprese tradizionali che vi possono investire, delle persone fisiche dotate di capacità di innovare, ma non di strumenti e di risorse per imprendere e, dei ricercatori

17 “Dall’inizio dell’estate in Italia sono emersi segnali di stabilizzazione, anche se la congiuntura rimane debole nel confronto con il resto dell’area dell’euro e l’evoluzione nei prossimi mesi rimane incerta”, Bollettino economico, Banca d’Italia, Ottobre 2013. 18 “L’altra sindrome da combattere è quella di “Fort Apache”, che spinge a dire siamo in declino, alziamo muri per chiuderci e difendere così quello che ci resta”. Decreto Legge “Destinazione Italia”, 19 settembre 2013.

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qualificati, spesso relegati nell’ambito universitario che, nel sistema Italia, è storicamente asettico rispetto alla cooperazione operativa con le imprese.

Non si tratta, però, di favorire la costituzione di nuove imprese, le cosiddette start up, come ad un primo sguardo potrebbe sembrare, ma di ridare nuova vita ad un impianto deteriorato e indebolito, in grado però di rinascere come un’araba fenice dalle proprie ceneri.

C’è da dire poi che, a suffragio di quanto appena detto, interviene (e interverrà più volte) la Relazione Illustrativa al Decreto che esplicitamente afferma: “Non viene introdotta una nuova fattispecie di società. Il Governo è già intervenuto per semplificare l’avvio d’impresa, con l’introduzione della S.r.l. semplificata per i giovani con meno di 35 anni e della S.r.l. a capitale ridotto.”19

Come già ampiamente anticipato, quindi, piuttosto che inserire un’ulteriore fattispecie societaria si preferiscono introdurre specifiche deroghe ai diritti societari, del lavoro e delle procedure concorsuali operanti, affiancando alle stesse delle agevolazioni, prevalentemente di carattere fiscale.

Al fine di usufruire di dette deroghe ed agevolazioni, le start up dovranno avere lo status di «innovative», ossia rispettare determinati requisiti.

In tal senso, il comma 2 dell’art. 25 del D.L. n. 179/2012, definisce, innanzitutto “l'impresa start up innovativa, di seguito «start up innovativa», come la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, di diritto italiano ovvero una Societas Europaea20, residente in Italia ai sensi dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione”.21

Si evince, a questo punto, che il primo parametro connotante la start up innovativa è la forma societaria da questa “indossabile”; quest’ultima potrà essere costituita sotto forma di:

 S.p.a., S.a.p.a., S.r.l., anche in forma di cooperativa;  Societas Europaea.

19 Sul tema si veda “Le nuove s.r.l. semplificate: quali i benefici della nuova disciplina?” da Il sole 24 ore, 2 dicembre 2013. 20 La società europea è una forma di società che può essere costituita sul territorio dell'Unione europea e che funziona sulla base di un regime di costituzione e di gestione unico, anziché sottoposto a normative statali differenti. Le società europee sono regolate dal regolamento europeo 8 ottobre 2001, n. 2157.

21I sistemi multilaterali di negoziazione (c.d. Mtf) costituiscono dei sistemi di negoziazione alternativi ai mercati regolamentati di tipo multilaterale il cui esercizio è riservato ad imprese di investimento, banche e gestori dei mercati regolamentati, Consob.

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Si nota allora che, se da un lato il Legislatore si è preoccupato di precisare l’inclusione delle società cooperative, nulla ha proferito in merito alle società consortili. Nel silenzio normativo, tuttavia, non sembra si possa escludere l’attribuzione dello status di start up innovativa anche ad un consorzio che rispetti i requisiti appena delineati e quelli che mi appresterò a descrivere nel paragrafo successivo.

Nulla viene detto, altresì, in merito sia alle Società Cooperative Europee, sia ai Gruppi Europei di Interesse Economico; l’esclusione di quest’ultimi sembra in linea con la norma di attuazione interna22, ai sensi della quale i GEIE nazionali sono stati disciplinati in maniera affine alle società di persone.

Con riferimento alla forma di S.r.l., si osserva invece che, in assenza di particolari limitazioni al capitale delle start up innovative, anche le S.r.l. semplificate possano fruire dei benefici riconosciuti alle start up innovative in presenza dei requisiti qualificanti.

Per quanto concerne, invece, il requisito della residenza, si deve sottolineare come il Legislatore abbia adottato la nozione di residenza fiscale ex art. 73 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi che, come noto, è più ampia di quella civilistica ex art. 46 del Codice Civile. In particolare, il comma 3 di detto articolo prevede che una società sia considerata tale qualora, per la maggior parte del periodo d’imposta, abbia nel territorio dello Stato in maniera alternativa: la sede legale, ossia quella prevista dallo statuto o dall’atto costitutivo ex art. 16 del Codice Civile, la sede dell’amministrazione oppure l’oggetto principale, ossia l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo Statuto.23

Tale nozione di residenza deve essere, poi, coordinata anche con due ulteriori requisiti presenti nel già citato art. 25, comma 2 del Decreto Crescita, e cioè che detta società debba avere:

1. la sede principale dei propri affari ed interessi in Italia;

2. quale oggetto esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Nello specifico, quindi, il primo requisito richiama chiaramente la nozione civilistica di domicilio prevista dall’art. 43 del Codice Civile per le persone fisiche; il secondo, invece, nel prevedere un «oggetto prevalente», sembra a sua volta voler richiamare l’«attività prevalente» che l’art. 58, comma 3 del D.P.R. n. 600/1973 utilizza per

22 Cfr. D. Lgs. n. 240 del 23 Luglio 1991. 23

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determinare il «domicilio fiscale» dei soggetti diversi dalle persone fisiche privi di una sede legale, amministrativa, secondaria o una stabile organizzazione in Italia.

Nello stabilire quale debba essere l’oggetto delle società in questione, il Legislatore sembra altresì qualificare ex lege proprio gli «affari e interessi in Italia» previsti dal primo requisito.

In sostanza richiamando e qualificando le sopra esposte nozioni di domicilio, quella civilistica delle persone fisiche e quella fiscale delle società, ha inteso rafforzare il requisito della residenza fiscale sopra descritto, imponendo che le società, ancorché abbiano in Italia la sede legale o amministrativa, in ogni caso debbano ubicarvi in via principale i propri affari e interessi innovativi ad alto valore tecnologico.

In altri termini, per godere dello status di innovativa, non è sufficiente che la società start up sia fiscalmente residente per il solo fatto di avere in Italia la sede legale o amministrativa, ma dovrà in ogni caso svolgere sul territorio nazionale l’attività innovativa costituente il proprio oggetto quantomeno principale.

Ulteriore parametro connotante la start up innovativa, in stretta connessione con la definizione generale appena datane, si ravvisa al comma 3 dell’art. 25,24 che ci esplicita a chi, a prescindere dalla forma societaria utilizzata, si riferisca la suddetta caratterizzazione: potrà essere start up innovativa sia l’impresa di nuova costituzione, sia quella già costituita. Con riferimento a quest’ultimo caso, sempre nel pieno possesso dei requisiti richiesti, è prevista una durata variabile della disciplina di favore collegata all’anzianità della società stessa.

Nello specifico viene stabilito che:

 se la start up innovativa è stata costituita entro i due anni precedenti, la disciplina troverà applicazione per un per un periodo di quattro anni dalla data di entrata in vigore del Decreto (20 Ottobre 2012);

 se la società è stata costituita entro i tre anni precedenti, la disciplina troverà applicazione per un per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore del Decreto;

24 “Le società già costituite alla data di conversione in legge del presente decreto e in possesso dei requisiti previsti dal comma 2, sono considerate start-up innovative ai fini del presente decreto se entro 60 giorni dalla stessa data depositano presso l'Ufficio del Registro delle imprese, di cui all'articolo 2188 del codice civile, una dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale che attesti il possesso dei requisiti previsti dal comma 2. In tal caso, la disciplinadi cui alla presente sezione trova applicazione per un periodo di quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, se la start-up innovativa è stata costituita entro i due anni precedenti, di tre anni, se è stata costituita entro i tre anni precedenti, e di due anni, se è stata costituita entro i quattro anni precedenti.”

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 se la società è stata costituita entro i quattro anni precedenti, la disciplina troverà applicazione per un per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del Decreto.

A completamento del suddetto comma 3, occorre inoltre sottolineare che, per le società già costituite alla data di conversione in legge del nuovo Decreto e che siano già in possesso di tutti i requisiti necessari, poc’anzi analizzate, la qualifica di start up innovativa è subordinata al deposito presso il Registro delle Imprese, di cui all’art. 2188 del c.c., di una dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante che attesti l’esistenza dei relativi requisiti.

Il dettato di quest’ultima norma, così come sopra illustrato, è stato modificato dal comma 16-bis dell’art. 9 del D. L. n. 76/2013, rubricato “Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto e altre misure finanziarie urgenti” (il cd. Decreto Lavoro), convertitocon modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 99.

All’art. 16-bis si legge testualmente: “All’articolo 25, comma 3, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, nel primo periodo, le parole: «entro 60 giorni dalla stessa data» sono soppresse.” Non sussiste più, pertanto, il termine perentorio dei 60 giorni per l’espletamento della formalità “dichiarativa” in obbligo al rappresentante legale.

Questo è solamente uno degli interventi, in materia di start up innovative, promosso dal D. L. n. 76/2013 che vede nella spinta all’occupazione, in particolare giovanile e nella lotta all’abuso della flessibilità, gli strumenti necessari per favorire una revisione profonda delle novità introdotte, poco più di un anno fa, dalla riforma del mercato del lavoro.

Mi riservo, quindi, di enunciare le ulteriori modifiche apportate dal Decreto Lavoro, quando parlerò dei requisiti necessari per la qualifica di start up innovativa e degli incentivi all’investimento in quest’ultime, ponendo enfasi sulla genesi delle norme in esame e della direzione che il Legislatore ha voluto intraprendere per raggiungere gli obiettivi tanto declamati di creare con la start up innovativa “un preciso strumento di politica economica teso a favorire la crescita, la creazione di occupazione, in particolare quella giovanile, l'attrazione di talenti e capitali dall'estero, e a rendere più dinamico il

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tessuto produttivo e tutta la società italiana, promuovendo una cultura del merito e dell’assunzione di rischio”.25

1.2. Requisiti e particolari tipologie di start up innovative

La definizione appena espressa di start up innovativa non è sufficiente ad inquadrare il fenomeno: il Legislatore ha voluto, infatti, definire un perimetro circoscritto per tale fattispecie, composto di requisiti oggettivi e soggettivi qualificanti.

Una volta definite le società start up che possono godere dello status di innovative, lo stesso Legislatore, al comma 2 dell’art. 25, ha stabilito i requisiti necessari a tal fine. Proprio con riferimento ai requisiti, è poi intervenuto il Legislatore con il D. L. n. 76/2013,convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, il già noto Decreto Lavoro, apportando significativi elementi di cambiamento nella materia.

È possibile, a questo punto, suddividere la norma in questione in due blocchi: un primo blocco che riflette, li potremo definire, i requisiti “cumulativi” in quanto devono coesistere tutti congiuntamente nella società predetta affinché possa definirsi start up innovativa ed un secondo blocco che riguarda la sussistenza di almeno uno dei requisiti “innovativi” che andrò definendo qui di seguito.

Per quanto riguarda, quindi, i requisiti “cumulativi” di carattere soggettivo, il comma 2 ci dice che:

 la maggioranza delle quote o azioni rappresentative del capitale sociale e dei diritti di voto nell'Assemblea ordinaria dei soci sono detenute da persone fisiche;26

 ha, quale oggetto sociale esclusivo, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Bene, con riferimento al primo punto è necessario, fin da subito, far notare che, come già annunciato, l’art. 9, comma 16 del Decreto Lavoro, lo abbia espressamente soppresso, capovolgendo di fatto l’intento iniziale del Legislatore, ossia quello di dare

25 Cfr. Relazione Illustrativa al D.L. 18 ottobre 2012, n.179.

26 Tale criterio è volto a favorire esclusivamente le start up “genuine”, quelle che come mostrano i numerosi casi di successo (Facebook, Google, Twitter ecc.) nascono dalla passione di individui che si lanciano in visionarie avventure imprenditoriali, di cui desiderano mantenere il controllo, almeno nella fase iniziale dello sviluppo. L’obiettivo della norma è, quindi, quello di evitare che come start up innovative vengano classificate imprese controllate da gruppi imprenditoriali esistenti o, peggio ancora, scatole vuote che non hanno niente a che fare con lo sviluppo di prodotti o servizi innovativi.” Di Diego Sebastiano, “Creare una start up innovativa. Tutto quello che bisogna sapere per diventare un imprenditore di successo”, pag. 14.

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posizione centrale ai soci persone fisiche all’interno della compagine sociale, ammettendo la partecipazione di soggetti diversi dalle persone fisiche, soltanto se titolari di minoranza di azioni/quote e diritti di voto in assemblea ordinaria.27 I soci, a seguito della modifica, potranno essere, indistintamente, persone fisiche o persone giuridiche.

Si stabilisce, pertanto, che fin dal momento della costituzione della start up, vi sia, finalmente, la possibilità della partecipazione al capitale sociale di fondi venture capital, di spin-off universitari e dello Stato, con specifici fondi pubblici ad hoc, che co-investano con i privati e in grado di soppiantare la criticata rigidità dell’impianto normativo originario.28

Diversamente, con riferimento al secondo punto, si pone un problema di carattere interpretativo: né la disposizione né la Relazione alla stessa sono in grado di fornirci un parametro che meglio specifichi il significato di alto valore tecnologico.

La formulazione, infatti, risulta eccessivamente generica e difficilmente contestualizzabile. L'interpretazione letterale suggerirebbe che il concetto di innovazione sia connesso esclusivamente allo sviluppo di tecnologie di alto valore e che quindi non ci possa essere innovazione, ai fini del decreto, senza un elevato valore tecnologico. Secondo l’indicazione che può essere tratta dall’ultimo requisito di cui alla lettera h) del comma 2, dovrebbero essere tali i prodotti o servizi tutelabili mediante privativa industriale o, se già tutelati in tal senso, che siano ancora allo stadio di invenzione, ossia non ancora implementati in un sistema produttivo e/o commerciale tradizionale. Tale limitazione non sembra, però, quella più corretta in quanto ogni campo delle attività economiche potrebbe essere un trampolino per lo sviluppo di prodotti o servizi ad alto tasso di innovazione tecnologica.

27 Non viene, invece, espressamente esclusa la possibilità, per questi ultimi, di detenere la maggioranza dei diritti di voto nelle assemblee straordinarie.

28 “Stabilire che il 51% del capitale sociale della start up (fino massimo 48 mesi dalla sua costituzione) debba essere detenuto da persone fisiche, potrà probabilmente comportare difficoltà sia nella fase di avvio, ma anche nella fase immediatamente successiva in cui eventuali fondi di venture capital fossero interessati a entrare nella compagine societaria (anche in considerazione della non percorribilità del ricorso a S.r.l. semplificate o a capitale ridotto) […]. La rigidità del Legislatore sul punto potrebbe rendere complesso l’eventuale futuro intervento dello Stato, con specifici fondi statali che co-investano nelle start up insieme ai privati […]. Oltre a ciò, i requisiti “accademici” richiesti dal Legislatore che sembrerebbero più ispirati a disciplinare e incentivare spin off universitari, si scontrano con la costatazione che fino ad oggi le principali start up di successo in Italia ne prescindono completamente, non avendo, per lo più, tra i fondatori, laureati o ricercatori universitari. La rigidità del sistema esclude poi automaticamente investimenti in seed capital che invece avrebbero dovuto essere disciplinati adeguatamente (anche considerata la difficoltà odierna da parte dei giovani di poter ricorrere al credito per avviare un’attività di impresa)”, Il limitato ambito di applicazione della disciplina del crowdfunding italiano alle start up innovative: un’occasione mancata?, Matteo Bignami, Il Sole 24 ore, 22 Aprile 2013.

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Una chiave di lettura, ulteriore, potrebbe essere quella fornita da Assonime nella Circolare 11/2013.29

Sempre poi per quanto riguarda i requisiti “cumulativi”, questa volta però di carattere oggettivo, il comma 2 ci dice che la start up innovativa:

 è costituita e svolge attività d'impresa da non più di quarantotto mesi. Il Legislatore sembra quindi escludere la possibilità che una start up inizi la propria attività in un momento successivo alla costituzione;30

 ha la sede principale dei propri affari e interessi in Italia;

 a partire dal secondo anno di attività della start up innovativa, il totale del valore della produzione annua, così come risultante dall'ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio, non è superiore a 5 milioni di euro. In questo caso, il requisito si ritiene riferito al futuro e non al passato, stante l’inciso “secondo anno di attività della start up innovativa”. In altri termini, il rispetto del limite del fatturato dovrà essere verificato a decorrere dal secondo anno in cui la società risponde a tutti i requisiti per essere una start up innovativa. Superato il limite anzi detto l’impresa cessa, quindi, di essere start up e può dirsi impresa matura;

 non distribuisce, e non ha distribuito, utili. L’intento principale di questa disposizione è sicuramente quello di utilizzare tali introiti per patrimonializzare l’azienda o per effettuare investimenti in ricerca e sviluppo, favorendo così la crescita della start up. È un divieto temporaneo che sussiste fintanto che l’impresa mantiene i requisiti; non sarà pertanto necessario, evidentemente, inserire tale divieto in una specifica clausola statutaria della società, rilevando ai fini della normativa il comportamento concludente dell’impresa. Per quanto riguarda le imprese già costituite alla data di entrata in vigore del provvedimento, che si qualificano start up ai sensi dell’art. 25, comma 3, la

29 “Tendenzialmente ogni campo dell’attività economica può consentire lo sviluppo di prodotti o servizi ad alto tasso d’innovazione. Non è ammissibile quindi una limitazione a priori dei campi d’attività in cui l’impresa start up innovativa può operare, ivi compresi quelli tecnologicamente maturi. Non sembra giustificato inoltre che questa indicazione importi una limitazione ai sistemi innovativi applicati alla produzione industriale. La locuzione dovrebbe essere intesa in senso ampio, come riferita a ogni attività economica da cui possa discendere l’introduzione di nuovi prodotti e nuovi servizi, nonché a nuovi metodi per produrli, distribuirli e usarli”, pag. 13, Circolare Assonime n. 11/2013.

30 “L’impresa avvia l’attività contestualmente alla costituzione. Se l’impresa non comunica l’inizio dell’attività contestualmente alla costituzione non può chiedere l’iscrizione nella sezione speciale e quindi si procede alla mera iscrizione dell’atto costitutivo nella sezione ordinaria, con imposta di bollo e diritti di segreteria.” Guida relativa alle modalità di iscrizione delle start up innovative nel Registro delle Imprese predisposta dalle Camere di Commercio.

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