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La tutela assicurativa, gli elenchi delle malattie professionali e la prassi amministrativa

IL QUADRO ITALIANO

RICOSTRUZIONE NORMATIVA, PRASSI AMMINISTRATIVA

3. La tutela assicurativa, gli elenchi delle malattie professionali e la prassi amministrativa

Oltre alla disciplina normativa in materia prevenzionistica e organizzativa, pare opportuno soffermarsi sul sistema istituzionale di riconoscimento legale delle malattie muscolo-scheletriche e sulle conseguenti prestazioni indennitarie.

Cenni storici

La tutela assicurativa delle malattie professionali ha effettivo inizio, in Italia, con una legge varata nel 1929, ma entrata in vigore nel 1934. La legge tutelava sei malattie definite “intossicazioni da ….. con le conseguenze dirette di tale intossicazione nelle seguenti manifestazioni: …”. Di seguito venivano elencate malattie nosologicamente definite, ovvero dei quadri sindromici circostanziati. Analogamente dettagliate erano le lavorazioni cui l’assicurato doveva essere addetto per godere della tutela. Il periodo massimo d’indennizzabilità dalla cessazione del lavoro era stabilito in un anno per tutte le malattie, con l’eccezione per le intossicazioni da solfuro di carbonio che era di due anni. Le malattie erano tutelate con presunzione legale di origine professione (ossia il lavoratore era sollevato dall’onere di dar prova di aver contratto la malattia a causa della lavorazione cui era addetto) e si operava in un sistema tabellare chiuso.

L’Italia arrivava tardi e male. I paesi dell’europa centrale avevano, già dalla fine dell’ottocento, attivato la tutela assicurativa delle malattie professionali e, quando l’Italia si è adeguata, in altri paesi era stata già rivisitato e ampliato l’elenco delle malattie tutelate.

Il rincrescimento per il ritardo è dovuto al fatto che il nostro paese è stato culla della medicina del lavoro con le felici intuizioni di Bernardino Ramazzini e, dal 1902, con la Clinica del Lavoro fondata a Milano da Luigi Devoto, primo Istituto scientifico al mondo, per lo studio e la cura delle malattie causate dal lavoro.

La tabella, così come concepita, fu integralmente riportata nel testo unico varato con Regio Decreto n°1765 del 17 agosto 1935.

Con l’eccezione della legge n° 455 del 12 aprile 1943, riguardante la tutela della silicosi e asbestosi, il legislatore ha rivisitato la tabella delle malattie professionali il 15 novembre 1952, col D.P.R. 1967, operandone una radicale ristrutturazione nella formulazione delle patologie, delle lavorazioni e dei periodi massimi di indennizzabilità. Il numero delle malattie tutelate arrivò a quaranta, fu eliminata la specifica elencazione dei quadri morbosi tutelati, furono indicate le lavorazioni che esponevano a determinati agenti senza scendere in una elencazione particolareggiata, e il periodo massimo d’indennizzabilità fu rimodulato introducendo il limite di dieci anni in caso di manifestazioni neoplastiche.

Alla voce n° 36) furono inserite le “malattie osteoarticolari e angioneurotiche causate da vibrazioni di utensili ad aria compressa o ad asse flessibile”. Le lavorazioni prevedevano “lavori nei quali si impiegano utensili ad aria compressa o ad asse flessibile”. Il periodo massimo di indennizzabilità era di

“due anni”.

La successiva legge n° 313 del 21 marzo 1958 estendeva per la prima volta ai lavoratori agricoli la tutela di sette malattie professionali ( anchilostomiasi, arsenico, mercurio, solfuro di carbonio, fosforo, idrocarburi, fenoli e cresoli).

Le tabelle del 1952, per l’industria, e quelle del 1958, per l’agricoltura, furono integralmente riportate nel testo unico del 1965 (D.P.R. 1124). Detto T.U., pur con le numerose modifiche e integrazioni, è ancora vigente, anche se la tabella delle malattie professionali è stata più volte rivisitata e aggiornata.

Il primo aggiornamento dopo l’emanazione del testo unico avvenne il 09 giugno 1975 col D.P.R. n° 482;

l’assetto della tabella rimase invariato, mentre il numero delle voci salì a 49 per l’industria e 21 per l’agricoltura. La voce n° 42) così recitava “malattie osteoarticolari e angioneurotiche causate da vibrazioni meccaniche prodotte da strumenti di lavoro e loro conseguenze dirette”; “lavori nei quali si impiegano utensili ad aria compressa o ad asse flessibile, macchine ribattitrici, macchine riga suole e

riga tacchi, motoseghe portatili”. P.M.I. : “sei anni”. Nella tabella dell’agricoltura non furono previste malattie dell’apparato muscolo scheletrico.

Il fatto veramente rilevante si verificò nel 1988 con la sentenza della Corte Costituzionale n°179 che, ammettendo a tutela anche le malattie non tabellate, introdusse il cosiddetto “sistema misto”. In altri termini tutte le malattie causate dal lavoro erano passibili di tutela assicurativa con la sola differenza che, per quelle non riportate in tabella, il lavoratore doveva dare prova di averle contratte a causa del lavoro.

La successiva rivisitazione e aggiornamento delle tabelle avvenne il 13.04.1994 col D.P.R. n° 336. Il numero delle malattie fu elevato a 58 per l’industria e a 27 per l’agricoltura; anche la formulazione venne modificata in (voce 52) “malattie osteoarticolari e angioneurotiche causate da vibrazioni meccaniche prodotte da strumenti di lavoro e trasmesse al sistema mano braccio, con le loro conseguenze dirette”. La formulazione nella tabella dell’agricoltura fu sostanzialmente identica con l’eccezione che venne omessa la locuzione “prodotte da strumenti di lavoro”. Le lavorazioni previste per l’agricoltura furono quelle

“..forestali nelle quali si impiegano in modo prevalente motoseghe portatili”. Per l’industria furono tutelate le “lavorazioni svolte in modo prevalente con impiego di: a)macchine portatili munite di utensile;

macchine portatili ad asse flessibile; macchine per calzaturifici: ribattitrici, riga suole e riga tacchi;

motoseghe portatili”.

Nel campo delle patologie dell’apparato muscolo scheletrico la vera svolta, dopo sessanta anni, si è avuta con la rivisitazione delle tabelle avvenuta col D.M. 09. 04.2008. Nella tabella dell’industria le malattie hanno raggiunto il numero di 85, mentre nell’agricoltura sono diminuite da 27 a 24. Oltre alle “malattie causate da vibrazioni meccaniche trasmesse al sistema mano braccio” ( n° 76 e 21) già presenti nella precedente stesura delle tabelle, è stata inserita la “ernia discale lombare” (n° 77 e 22) e le “malattie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore” (n° 78 e 23). Solo per l’industria, inoltre, sono state inserite le “malattie da sovraccarico biomeccanico del ginocchio”.

Una visione d’insieme

Il sistema italiano di tutela del lavoratore, oltre all’aspetto indennitario, ossia dell’indennizzo del danno alla persona, previsto dall’articolo 38 della Costituzione e gestito dall’INAIL, si fa carico anche del sistema di prevenzione delle malattie professionali con vari meccanismi: indagini epidemiologiche e statistiche con conseguente adeguamento delle tabelle di legge.

Lo strumento normativo di riferimento per dette attività è quello previsto dall’articolo 139 del T.U.

rivisitato dall’articolo 10 del D.Lgs. 38/2000. Il primo (art.139) fa obbligo ad “…ogni medico, che ne riconosca l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto del Ministero per il lavoro…. La denuncia deve essere fatta all’ispettorato del lavoro competente per territorio, il quale ne trasmette copia all’ufficio del medico provinciale.”

Il secondo, l’art.10, prevede che “….l’elenco delle malattie di cui all’articolo 139 del T.U. conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del T.U. ….La trasmissione della copia della denuncia di cui all’art. 139, comma 2, del T.U. …è effettuata, oltre che all’Azienda Sanitaria Locale, anche alla sede dell’istituto assicuratore competente per territorio. Ai fini del presente articolo, è istituito, presso la banca dati INAIL il registro delle malattie causate dal lavoro ovvero ad esso correlate…”.

Come noto, il primo elenco di malattie fu emanato con D.M. 18 aprile 1973, conteneva 65 malattie o gruppi di malattie tra le quali alcune riguardanti l’apparato muscolo scheletrico, come appresso riportato:

 Malattie osteoarticolari o angioneurotiche provocate dalle vibrazioni meccaniche.

 Malattie delle borse periarticolari dovute a compressione; celluliti sottocutanee.

 Lesioni del menisco dei minatori.

 Strappi da sforzo delle apofisi spinose.

 Paralisi dei nervi dovute a compressione.

Le patologie sopra riportate non potevano, in nessun caso, essere oggetto di tutela assicurativa in quanto non presenti nelle tabelle delle malattie professionali, contemplate nell’allegato n°4 e 5 del T.U., fatta eccezione per la malattie osteoarticolari e angioneurotiche da vibrazioni meccaniche, delle quali si è già trattato nel capitolo precedente, e fino al 1988 (sent. C.Cost. n°179), epoca di introduzione del sistema misto.

La lista delle malattie di cui è obbligatoria la denuncia, oggi all’ufficio proviciale del lavoro ( dopo la legge 833/78), è stata aggiornata, per la prima volta, col D.M. 27 aprile 2004, prendendo impulso da quanto previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 38/2000 che sopra è tato ripotato. Nell’aggiornamento del 2004, in realtà, il ministero del lavoro è andato “ultra petita” rispetto alla legge varando non due liste (di possibile e probabile origine professionale), ma tre elenchi:

 Malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità;

 Malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità;

 Malattie la cui origine lavorativa è possibile.

Il totale delle malattie contenute nelle tre liste assomma a 224 e contiene, a parere di chi scrive, palesi incoerenze. In particolare per quanto riguarda le patologie dell’apparato muscolo scheletrico si rende evidente e condizionante la durata dell’esposizione al rischio lavorativo quasi si trattasse di elenco da utilizzare ai fini della verifica della sussistenza di un nesso causale, non già ai fini statistici, di prevenzione e di riscontro epidemiologico. Pur ritenendo lodevole l’intento, non si tiene conto che detti elenchi sono destinati ad “ogni medico” ai fini di una eventuale denuncia. L’elenco delle malattie ad elevata probabilità di natura professionale, stabilisce di fatto la sussistenza di un rapporto di causalità che potrebbe essere accertato solo dopo aver debitamente istruito il caso avendo riguardo non solo al criterio qualitativo del rischio, ma anche a quello quantitativo (intensità e durata dell’esposizione), modale (causa lenta), cronologico (periodo di latenza), esclusione di altre cause ecc. Dopo detta scrupolosa verifica, da effettuare da parte di professionisti esperti della materia, e avendo a disposizione la necessaria documentazione, si potrà dedurre che la malattia diagnosticata è di natura professionale con “elevata probabilità”.

Tabella 37 – Lista I, gruppo 2 – Malattie da agenti fisici

Agente Malattie Movimentazione manuale di carichi eseguita

con continuità durante il turno di lavoro

• spondilo-discopatie del tratto lombare

• ernia del disco Microtraumi e posture incongrue a carico

degli arti superiori per attività eseguite con ritmi continui e ripetitivi per almeno la metà del tempo del turno di lavoro

1. sindrome da sovraccarico biomeccanico della spalla

• tendinite del sovraspinoso (cuffia dei rotatori);

• tendinite capoluogo bicipite;

• tendinite calcifica (Morbo Duplay);

2. sindrome da sovraccarico biomeccanico del gomito

• epicondilite;

• epitrocleite;

• borsite olecranica;

3. sindrome da sovraccarico biomeccanico polso-mano

• tendinite flessori /estensori (polso-dita);

• dito a scatto;

• sindrome del tunnel carpale Fonte: tabella tratta dal d.m. 27 aprile 2004

Tabella 38 – Lista II, gruppo 2 – Malattie da agenti fisici

Agenti e lavorazioni Malattie

Microtraumi e posture incongrue a carico degli arti superiori per attività eseguite con ritmi continui e ripetitivi per almeno la metà del tempo del turno lavorativo

• sindromi da sovraccarico biomeccanico;

• sindrome da intrappolamento del nervo ulnare al gomito;

• tendinopatia inserzione distale tricipite

• sindrome di Guyon Microtraumi e posture incongrue a carico del

piede e della caviglia per attività eseguite durante il turno di lavoro

• talalgia plantare;

• talalgia del tendine di Achille;

• sindrome del tunnel tarsale Fonte: tabella tratta dal d.m. 27 aprile 2004

Tabella 39 – Lista III, gruppo 2 – Malattie da agenti fisici

Agenti e lavorazioni Malattia

Microtraumi e posture incongrue degli arti superiori per attività eseguite con ritmi continui e ripetitivi per almeno la metà del tempo del turno di lavoro

- sindromi da sovraccarico biomeccanico;

- sindrome dello stretto toracico (esclusa la forma vascolare);

- Morbo di Dupuytren Fonte: tabella tratta dal d.m. 27 aprile 2004

Nelle successive rivisitazioni delle liste, avvenute con decreto ministeriale del 14 gennaio 2008 e 19 marzo 2010, sono state apportate alcune modifiche al gruppo dei tumori, ma le patologie dell’apparato muscolo scheletrico sono rimaste sostanzialmente invariate.

In conclusione è importante sottolineare la sostanziale differenza tra tabelle delle malattie professionali allegate al testo unico e liste delle malattie di cui è obbligatoria la denuncia all’ufficio provinciale del lavoro. Le prime sono lo strumento di riferimento per la tutela assicurativa del lavoratore con presunzione legale di origine professionale, mentre le seconde (liste) sono utili a scopo statistico, epidemiologico e per l’eventuale aggiornamento periodico delle tabelle. Un’ultima osservazione va fatta sulla codifica con riferimento all’uso del codice ICD10 sia per le liste che per le tabelle. L’Italia non ha ratificato l’ICD10 e, nel nostro paese si opera col codice ICD9. L’intenzione dichiarata è quella di rendere comparabili i dati statistici con i paesi esteri che adottano l’ICD10. L’intento sarebbe lodevole se gli stessi dati fossero utilizzabili in Italia, ma così non è.

Ancora sull’apparato muscolo-scheletrico nelle vigenti tabelle

Un primo esame delle tabelle aggiornate nel 2008, nel loro insieme, consente di fare alcune considerazioni di carattere generale.

Mentre nelle stesure successive alla prima tabella del 1934 era stato fatto ricorso alla formulazione generica “malattia causata da ….” seguita dell’agente fisico chimico o biologico, ma senza specificare nosologicamente la patologia, nella vigente tabella si è preferito specificare quali sono le malattie tutelate.

I pregi e i difetti di tale scelta sono evidenti: nella formulazione generica sono ammesse a tutela con

presunzione legale di origine professionale tutte le malattie che l’evidenza scientifica, anche per conoscenze acquisite successivamente al varo della tabella, ritiene essere state causate dell’agente indicato. Nella formulazione specifica sono tutelate tassativamente solo le patologie elencate. In quest'ultimo caso c'è il vantaggio, per il lavoratore, di avere immediata percezione della patologia che può derivare dall'esposizione al rischio lavorativo. Analogo discorso vale per i medici di famiglia od ospedalieri che praticano branche diverse dalla medicina del lavoro o della medicina legale. Unica eccezione è data dall'inserimento, in alcune voci della tabella dell'industria (n° 78), della locuzione “altre malattie...”. L'intento del legislatore è stato quello di sopperire alla limitazione della tutela che si sarebbe verificata con la enunciazione nosologica delle patologie tutelate. L'Istituto assicuratore, nella circolare 47 del 24 luglio 2008, manifesta l'intenzione di non restringere la tutela alle sole malattie elencate. Nei fatti, però, cosi si esprime: “In questi casi, come nelle tabelle previgenti, le previsioni tabellari indicano la sostanza patogena senza definire la patologia e, dunque, la malattia può ritenersi tabellata solo a seguito della prova che sia stata cagionata dall'agente indicato in tabella. La suddetta prova dovrà ritenersi raggiunta in presenza di un elevato grado di probabilità dell'idoneità causale della sostanza indicata in tabella rispetto alla patologia denunciata per come desumibile anche dai dati epidemiologici e dalla letteratura scienmtifica”. Ossia sarà trattata come malattia non tabellata.

Al di là della interpretazione fornita dalla citata circolare, il lavoratore, o chi per lui, nel chiedere il riconoscimento di una malattia definita come “altra...” deve preoccuparsi esclusivamente di dimostrare:

 l'esposizione all'agente riportato in tabella

 la compatibilità tra esposizione e malattia.

Ai fini di questa seconda condizione può essere utilizzata la lista I dell'elenco delle malattie di cui al D.M.

11 dicembre 2010. In tale lista, infatti, sono elencate malattie la cui origine lavorativa è di “elevata probabilità”, ancorchè non presenti nella tabella di legge.

Inutile dire che l’attuale sistema consente il riconoscimento anche delle patologie non tabellate, ma è pur vero che, per il lavoratore, non è sempre agevole dimostrare la sussistenza del nesso causale tra patologia e lavoro specialmente per le patologie a genesi multifattoriale e nei casi in cui le attività e i rischi lavorativi si sono modificati nel tempo.

Caratteristica delle lavorazioni riguardanti l'apparato muscolo scheletrico è l'introduzione in tabella di alcune locuzioni. Il riferimento è a “movimenti prolungati” e a “lavorazioni svolte in modo non occasionale”. Dell'importanza e sull'interpretazione da dare alle parole sopra citate si tratterà nel paragrafo sul nesso di causalità.

La prassi amministrativa

La prassi amministrativa in materia, nell’ordinamento italiano, è racchiusa in modo molto consistente e quasi esclusivo nelle circolari dell’Istituto assicuratore (INAIL) (19) che, oltre ad indicare eventualmente linee-guida interpretative in materia, rileva essenzialmente per le indicazioni riguardo alla valutazione del nesso di causalità tra patologia e attività lavorativa ai fini del riconoscimento dell’indennizzo per malattia professionale.

Infatti, già dalle prime circolari che hanno avuto ad oggetto i disturbi muscolo-scheletrici e le patologie da sovraccarico biomeccanico - precedentemente al riconoscimento della presunzione legale di origine introdotta nel 2008 - sono state fornite opportune precisazioni, nel contesto più generale delle malattie non tabellate, al fine di facilitare l’onere della prova, cioè la dimostrazione dell’origine lavorativa della malattia da parte del lavoratore. Il riferimento è alla circolare INAIL n. 80 del 27 marzo del 1997 che ha

19 Si vedano le circolari: INAIL, Circolare n. 35 del 16 luglio 1992; INAIL, Circolare n. 81 del 27 dicembre 2000;

INAIL, Circolare n. 71 del 17 dicembre 2003; INAIL, Circolare n. 25 del 15 aprile del 2004; INAIL, Istruzioni del direttore generale del 16 febbraio 2006. INAIL, Circolare n. 47 del 24 luglio 2008.

introdotto soluzioni abbastanza innovative per quanto concerne l’onere della prova, secondo cui il medico INAIL deve attivarsi per acquisire ogni possibile elemento documentale utile a formulare un giudizio valutativo pertinente in ordine alla determinazione del nesso di causa, rovesciando l’originaria impostazione che prevedeva la dimostrazione della prova a carico del richiedente. Nella stessa circolare era portato ad esempio il caso, che calza pienamente nella presente analisi, del riconoscimento della sindrome del tunnel carpale, esclusivamente qualora l’anamnesi lavorativa evidenziava l’esistenza di un rischio professionale di natura, durata ed intensità tali da far ragionevolmente considerare la sua influenza di grado superiore, o quanto meno uguale, a quella esercitata dai fattori eziologici extraprofessionali.

Di rilevante importanza sono anche la circolari INAIL n. 81 del 27 dicembre del 2000 e la circolare INAIL n. 25 del 15 aprile del 2004 che si sono occupate prevalentemente, e per la prima volta, delle malattie del rachide da sovraccarico biomeccanico e movimentazione manuale dei carichi, per le quali in passato sussistevano grosse problematiche nel riconoscimento richiedendo, quindi, ulteriori iniziative di analisi e studio. Con la n. 81, quindi, dato che il riconoscimento dell’origine professionale di queste patologie non era di agevole interpretazione, considerata la genesi multifattoriale delle stesse, è precisato che il rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori si concretizza al verificarsi di quattro principali fattori di rischio, variamente combinati tra loro, quali:

• ripetitività;

• forza;

• posture incongrue;

• inadeguati periodi di recupero;

maggiormente riscontrabili, secondo l’elenco rilevato dalla Sovrintendenza Medica Generale, nelle lavorazioni di:

• montaggio, assemblaggio e cablaggio su linea a ritmi prefissati con o senza l’ausilio di strumenti manuali, elettrici e pneumatici;

• approvvigionamento e/o scarico linea macchina (torni, frese, presse) a ritmi prefissati e/o elevati;

• confezionamento, imballaggio su linea a ritmi prefissati e/o elevati;

• operazioni di cernita/selezione a ritmi prefissati e/o elevati (es. industria della ceramica e alimentare);

• levigatura manuale e/o con levigatrice orbitale nella lavorazione del legno, autocarrozzeria, ecc.;

• lavorazione della plastica (operazioni di rifilatura e sbavatura);

• lavori di tappezzeria e rivestimenti in ambito industriale e artigianale;

• industria tessile (filatura, orditura ecc.);

• industria dell’abbigliamento, camicerie, maglierie, jeanserie, calzifici ecc. (taglio, cucitura a macchina o a mano, orlatura e altre rifiniture, stiratura a mano o con presse);

• industria calzaturiera e pelletteria (taglio, montaggio, cucitura, incollaggio ecc. a ritmi prefissati e/o elevati);

• lavori in edilizia (posatori di pavimenti e rivestimenti, imbianchini, stuccatori) quando svolti con continuità per buona parte del turno lavorativo;

• lavorazione del marmo, di pietre, del legno, di metalli (incisione, taglio, scultura, ecc.);

• lavori di carpenteria con uso di martello, mazza per almeno un terzo del turno lavorativo;

• lavorazione delle carni (pollame, suini): macellazione (scuoio, eviscerazione, disosso ecc.), insaccamento a ritmi prefissati e/o elevati;

• movimentazione dei carichi per facchinaggio (porto, aeroporto, traslochi, ecc.), magazzinaggio, alcuni reparti nosocomiali;

• conduzione mezzi meccanici movimento terra, trattorista, gruista, carrellista, ecc.

• alcuni lavori agricoli (potatura, raccolta e cernita, tosatura, mungitura manuale, ecc.) eseguiti con continuità;

A queste dove aggiungersi altre attività di meritevole attenzione, da valutare comunque nelle singole fattispecie, tra cui:

• massofisioterapista;

• parrucchiere;

• stiratrice;

• cassiera full time in supermercati;

addetti ai videoterminali (in particolare archivisti, data entry).

La circolare n. 25 del 15 aprile del 2004, invece, si è occupata degli stessi disturbi, come anticipato più sopra, ma in chiave di movimentazione manuale dei carichi, dimostrando che l’analisi dei casi di patologie della colonna vertebrale denunciate all’INAIL riguardava quasi esclusivamente determinate situazioni lavorative quali:

• attività di facchinaggio;

• di magazzinaggio;

• nel lavoro del personale ausiliario e infermieristico;

• e nelle lavorazioni manovali edili;

considerate senza tralasciare la valutazione dei fattori di rischio non professionale come:

• età;

• fattori ereditari;

• traumi pregressi;

• fattori patologici acquisiti;

• condizioni ambientali.

Quanto ai recenti riscontri in materia di indennizzo e riconoscimenti essi sono valutabili nella circolare INAIL n. 47 del 24 luglio 2008 secondo cui, a fronte della denuncia di una malattia nosologicamente definita, cioè nominativamente indicata in tabella, la presunzione legale d’origine è operante una volta accertata l’esistenza della patologia e l’adibizione non sporadica o occasionale alla mansione o alle lavorazioni che espongono all’agente patogeno indicato in tabella, ovvero, nell’ipotesi in cui siano state genericamente indicate le lavorazioni che espongono a un dato agente, l’esposizione lavorativa all’agente patogeno indicato in tabella.

Quanto ai recenti riscontri in materia di indennizzo e riconoscimenti essi sono valutabili nella circolare INAIL n. 47 del 24 luglio 2008 secondo cui, a fronte della denuncia di una malattia nosologicamente definita, cioè nominativamente indicata in tabella, la presunzione legale d’origine è operante una volta accertata l’esistenza della patologia e l’adibizione non sporadica o occasionale alla mansione o alle lavorazioni che espongono all’agente patogeno indicato in tabella, ovvero, nell’ipotesi in cui siano state genericamente indicate le lavorazioni che espongono a un dato agente, l’esposizione lavorativa all’agente patogeno indicato in tabella.