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La tutela della sicurezza

Nel documento RAPPORTO UNIONCAMERE 2015 (pagine 170-178)

del mercato

169 il bilancio del 2014 e le prospettive a breve termine

mercato del lavoro e lo “stato di salute” delle famiglie

e innovazione: la trasformazione dell’economia e dei consumi

La competitività dell’Italia sui mercati internazionali e le dinamiche settoriali

dell’unicità del modello di sviluppo italiano

sui quali intervenire per far ripartire

l’economia

#Unioncamere #giornataeconomia Vigilanza su prezzi e appalti

tra le richieste delle imprese per favorire legalità e sicurezza sul mercato

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L

a sicurezza del mercato è una delle precondizioni di un sistema economico sano, in grado di produrre e redistribuire risorse e benessere. Un’economia che non viene percepita come sicura si rivela meno competitiva di altre in ragione di numerosi fattori che condizionano l’intero circuito produttivo, tra cui la ridotta capacità di attrarre investimenti, il maggiore costo del denaro sostenuto da resi-denti e imprese, il minore slancio sui mercati internazionali, così come anche le maggiori spese che devono essere sostenute per le funzioni ispettive e di con-trollo, per la tutela della salute e dell’ambiente, etc.

Da una indagine campionaria svolta a fine 2014 da Unioncamere e dal-l’Istituto Guglielmo Tagliacarne è possibile comprendere quali siano i principali fattori ambientali che non favoriscono la sicurezza del mercato e, di conse-guenza, le azioni che il Sistema italiano delle Camere di commercio può effet-tuare, in ragione del suo radicamento capillare nel territorio e grazie anche al suo rapporto privilegiato con il mondo delle imprese.

Uno dei fattori che, secondo gli imprenditori, ostacolano la sicurezza eco-nomica è costituito dalla scarsa trasparenza che favorisce fenomeni di sommer-sione, concorrenza illegale, corruzione nella committenza pubblica. Secondo il 61,4% delle imprese intervistate - soprattutto quelle edili, manifatturiere e dei ser-vizi non commerciali - a favorire scarsa trasparenza e sicurezza sui mercati con-corre soprattutto un sistema normativo poco chiaro. Un quinto del campione (19,9%), invece, indica la modesta capacità di controllo fiscale, previdenziale e amministrativo da parte degli organi di controllo della PA. Per il 17,3% degli in-tervistati, poi, vi sono problemi legati alla scarsa chiarezza delle procedure am-ministrative di affidamento dei lavori (soprattutto nel caso dell’edilizia) o, comunque, di tipo autorizzatorio o concessorio, evidenziando come una drastica semplificazione delle procedure amministrative abbia anche una rilevanza nel favorire la trasparenza. Accanto a ciò, si sottolinea anche, con una percentuale analoga (16,8%), la modesta trasparenza delle funzioni di vigilanza che non sono, quindi, soltanto insufficienti, ma anche qualitativamente problematiche, perché opache, poco aduse al contraddittorio con il cittadino o l’impresa, scar-samente comprensibili.

Per superare le condizioni di scarsa trasparenza e sicurezza negli scambi, un terzo delle imprese oggetto dell’indagine (32,7%) suggerisce di potenziare la vigilanza sui prezzi, al fine, ad esempio, di evitare frodi nei confronti dei con-sumatori che si riverberano sull’immagine dell’azienda produttrice, oppure mec-canismi di aumento dei prezzi nei vari passaggi della catena distributiva che penalizzano il produttore e generano rialzi a carico del consumatore. Non è un

caso che a richiedere tale misura siano soprattutto le imprese agricole (37,3%) che nella catena del valore sono piuttosto penalizzate rispetto ai distributori finali del prodotto. Seguono poi suggerimenti mirati a tutelare meglio i consumatori (24,1%), non solo rispetto all’aumento del prezzo, ma anche relativamente alla qualità del prodotto e alla sua rispondenza a norme di sicurezza e di difesa della salute. Meno rilevante (18,4%), se non per le imprese edili (23,9%) che devono commisurare costi e prezzi a precisi computi metrici, è il suggerimento riferito a un sistema metrologico legale, così come la maggiore diffusione della posta elet-tronica certificata (11,3%), che interessa le imprese edili perché dialogano con più frequenza con la PA per gare ed appalti. La tutela della proprietà intellettuale interessa una impresa su dieci, soprattutto quelle che operano nei servizi avanzati e quelle di dimensioni medio-grandi che, quindi, hanno una più diffusa attività innovativa da difendere.

Tali considerazioni suggeriscono la necessità di potenziare il ruolo che il Si-stema delle Camere di commercio svolge per aumentare la sicurezza delle tran-sazioni sul mercato, come parte fondamentale della sua mission istituzionale. In questo ambito, quasi la metà delle imprese intervistate (49,1%) ignora che il di-ritto annuale versato alla Camera di commercio locale serva anche a finanziare le attività in materia di sicurezza del mercato, quali gli uffici metrici, il Registro Imprese, le Commissioni rilevatrici dei prezzi, i laboratori chimico–merceologici, gli uffici brevetti e marchi, etc. Sembra pertanto opportuna una più intensa, e anche corretta, campagna di comunicazione circa il ruolo delle CCIAA sul terri-torio per garantire, attraverso idonei canali, la sicurezza e la trasparenza del mercato e degli scambi commerciali, soprattutto in aree come il Nord Est (52,2%), dove tale consapevolezza, da parte delle imprese, appare meno dif-fusa.

In tale contesto, più del 72% del campione non sostiene comunque costi ag-giuntivi al diritto camerale per avvalersi dei servizi camerali in materia di sicu-rezza sul mercato; solo un modesto 6,3% del campione ricorre a ulteriori servizi per i quali sostiene costi maggiori, ma, mediamente, non paga più di 500 euro: un costo addizionale non particolarmente oneroso, quindi, stante la rilevanza sopra menzionata di alcune attività.

Sotto il profilo dell’utilità, della varietà e della qualità dei servizi erogati, le indicazioni dell’utenza imprenditoriale sugli strumenti pubblici messi in campo per tutelare la sicurezza e la trasparenza del mercato sono importanti ai fini di una politica mirata in tal senso. Quasi il 40% delle imprese intervistate apprezza l’introduzione del DURC, ovvero il documento unico di regolarità contributiva,

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come elemento di certificazione della regolarità dei versamenti presso INPS, INAIL e Cassa Edile, quindi come documento che fornisce una prima indicazione circa il fatto che l’impresa partecipante ad una gara pubblica non operi “in nero” e non pratichi forme di concorrenza sleale sui costi proposti nell’offerta presentata in una gara. L’utilità del DURC deriva comunque dalla notevole semplificazione amministrativa introdotta da un documento unico, che snellisce radicalmente una serie di adempimenti amministrativi, con il vantaggio di essere trasmissibile in via telematica.

La strada della semplificazione tramite attestazioni uniche è quindi molto gradita dalle imprese, seguita da quella di una maggiore vigilanza amministra-tiva su gare e appalti pubblici (32,6%). All’opposto, non eccessivamente gradite sono le certificazioni antimafia (9%), percepite dalle imprese come ulteriore adempimento amministrativo di modesta utilità, considerato che non ha affatto ridotto i fenomeni di penetrazione mafiosa negli appalti pubblici.

La valutazione complessiva sull’operato delle Amministrazioni Pubbliche in tema di trasparenza, legalità e tutela della concorrenza secondo le imprese ita-liane è, nel complesso, mediocre (con un voto medio di 5 in una scala da 1 a 10) e segnala punte leggermente più negative soprattutto nel Mezzogiorno e nelle province a minor sviluppo, segnalando quindi che, laddove la penetrazione criminale nell’economia e negli appalti è più radicata storicamente, e/o dove le condizioni più critiche dello sviluppo richiederebbero una azione pubblica più efficace a tutela del mercato, essa è invece avvertita essere meno efficace.

Con riferimento alle azioni ritenute utili per migliorare la sicurezza e la tra-sparenza del mercato, il 38,4% delle imprese intervistate afferma l’esigenza di semplificare le specifiche norme, spesso confuse, oscure, contraddittorie e poco applicabili. Tale indicazione proviene soprattutto dalle imprese più strutturate (oltre il 43% per le imprese con più di 10 addetti), che pure possono permettersi di avere uffici legali preposti all’analisi di tali norme. Ciò indica come l’opacità delle normative sia, effettivamente, un’esternalità negativa per le imprese, anche al di là della loro dimensione organizzativa. Per un terzo degli intervistati, poi, si rileva anche un problema di scarsa etica degli affari e della professionalità, che incide negativamente sulla trasparenza e sicurezza degli scambi e del mer-cato. Un problema che riguarda soprattutto le imprese dei servizi non commer-ciali e delle aree a minor sviluppo del Mezzogiorno, dove vi è quindi un legame evidente fra modesto sviluppo economico e scarso sviluppo della cultura del la-voro e del fare impresa. Per una insufficiente capacità di autoregolamentazione da parte degli operatori di mercato, l’idea di affidare alle imprese stesse le

pro-cedure di controllo, creando meccanismi di tipo paritario per le imprese, è scar-tata da quasi tutto il campione (6,9%).Poste queste considerazioni, oltre il 33% degli intervistati afferma invece la necessità di incrementare i controlli ammini-strativi, rivelando quasi una modesta fiducia nell’operato delle altre imprese con-correnti.

Azioni ritenute maggiormente utili per migliorare la sicurezza e la trasparenza del mercato secondo le imprese italiane - (In %)

Semplificazione norme di sicurezza 38,4

Maggior etica professionale 33,2

Incremento controlli amministrativi 33,1

Maggiore chiarezza funzioni istituzionali vigilanza 19,5

Maggiore comunicazione attività di vigilanza 18,5

Affidare procedure controllo a stesse imprese 6,9

Altro 0,6

Totale 100,0

Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100 Fonte: Unioncamere - Istituto G. Tagliacarne

Nel documento RAPPORTO UNIONCAMERE 2015 (pagine 170-178)