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U N CASO DI ASSICURAZIONE CONTRO IL RISCHIO DI AMMORTAMENTO DEI PRESTITI PUBBLICI

ESISTE UNA « STORIA ECONOMICA » ?

U N CASO DI ASSICURAZIONE CONTRO IL RISCHIO DI AMMORTAMENTO DEI PRESTITI PUBBLICI

L'assicurazione contro il rischio corso dai possessori di titoli di debito pubblico di vedere estratti e rimborsati alla pari titoli correnti in borsa a prezzi superiori alla pari non è forma tra le più conosciute nel mondo assicurativo. Occorre all’uopo : 1) si tratti di un prestito redimibile con cartelle rimborsabili alla pari per estrazione a sorte; 2) i corsi di borsa siano superiori alla pari; e 3) il tesoro non abbia facoltà di rimborsare tutto in una volta, chè in tal caso offrirebbe il rimborso, non fos- s’altro per ottenere il consenso dei creditori ad una conversione a più basso saggio d’interesse.

Un breve carteggio tra l’amministrazione del debito pubblico e le segreterie di stato degli interni e delle finanze del Regno di Sardegna circa una richiesta di auto­ rizzazione per aprire una nuova forma di assicurazione avanzata dai « Fratelli Nigra, banchieri di S. M. in Torino » ( 1) gitta una luce suggestiva su un caso sin­ golare nella storia del debito pubblico.

I N ig r a in v ia r o n o con lettera 3 0 lu g lio 1 8 3 4 a lla seg reteria d e lle fin a n ze il p r o g e tto d i assicu razion e, c h ie d e n d o p arere fa v o r e v o le . E ssen d o sta to il p r o g e tto restitu ito ai b an ch ieri, n o n rim a n e traccia d ei d ati su i q u a li essi fo n d a v a n o l'o p era ­ z io n e . È tu ttavia fa c ile ricostru irli p o ic h é e siste co p ia d e ll’o r ig in a le d e lla circolare 5 a g o sto 1 8 3 4 c h e era in te n z io n e d ei N ig r a d i d iv u lg a r e p er p ortare a co n o scen za d e l p u b b lic o la lo r o n u o v a in izia tiv a :

« II corso dei fondi pubblici piemontesi 5 % elevato al disopra del pari recando una forte perdita alti proprietari di quelle cedole che per l’estrazione vengono estratte a sorte, perdita questa maggiormente gravosa a tutte le persone che nc tengono di quelle ipotecate: come pure alle opere pie e corpi amministrati, ci ha determinati, dietro molte richieste avute, di guarentirle contro il pari mediante il premio di uno per mille sul valore nominale da pagarsi nel mese prima d’ogni estrazione con contemporanea dichiarazione del numero e va­ lore di ciascheduna cedola che vuoisi assicurare onde poterla descrivere nella quietanza

(1) Archivio di stato di Torino, Archivio sistematico, Tesoro, Debiti, Debito pubblico, provvedimenti generali, pratica n. 6568.

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PIER GINO TREVES: ASSICURAZIONE E PRESTITI PUBBLICI 183 a rilasciarsi. Le cartelle guarentite che saranno estratte verranno da noi rimpiazzate nel ter- ' mine di dieci giorni dopo consegnateci. L'estrazione per l'imprestito del 1831 avendo luogo quattro mesi prima che ne sia pagato l'ammontare, li possessori delle cedole non gravate d’ipoteca potranno presentarcele anche prima del semestre che le verranno cangiate a piaci­

mento ».

Il ministero delle finanze richiese al direttore generale del debito pubblico il proprio parere in merito, facendogli notare 1’esistenza di precedenti in materia in Francia e a Torino, precedenti che non avevano dato luogo a nessun richiamo da parte del ministero, sebbene questo non fosse neppure stato interpellato in propo­ sito (2). Era naturale quindi che il parere richiesto in tali termini fosse senz’altro favorevole. Anzi il direttore generale opinò (con lettera , del 7 agosto 1834) l’assi­ curazione fosse da incoraggiarsi poiché

« rappresenta un vero vantaggio per : proprietari d’iscrizioni, un modo per essi facoltativo di sfuggire a perdite rinascenti c notevoli allorché il corso trascende di assai oltre il pati, quindi un rimedio ad un inconveniente che taluni aliena da questo modo d’impiego di fondi e per conseguenza un mezzo di viemaggiormcnte accreditarlo a rendere pregiati questi titoli circolanti in nome del regio governo, con incremento al pubblico credito.

H come, in generale, reputo essere il meglio e conforme alla natura stessa della cosa il lasciare ogni latitudine alle speculazioni che illecite d'altronde non siano, nè fondate sopra false comunicazioni, o fallaci od equivoche promesse, tanto più penso, e V. S. ILL.ma agevol­ mente penserà meco ch'è da felicitarsi allorché nel paese una banca cosi specchiata e accreditata come quella dei signori Nigra, prenda l'iniziativa d'operazioni che sugli effetti del debito pubblico s'aggirino ».

La risposta ai Nigra fu quindi assai sollecita, con lettera dell’ 11 agosto 1834:

« La domanda che le S. V. ILL.me hanno indirizzata col pregiato foglio del 30 luglio u. s. per conoscere l'opinione di questa regia segreteria sovra il loro progetto di assicurare a valor integrale le iscrizioni del debito pubblico redimibile dei Regi Stati di Terraferma provenienti dal R. E. 24 dicembre 1819 quanto da quello 30 maggio 1831, mi ha condotto ad esaminare il merito di tal progetto coi suoi rapporti col credito pubblico e coll'interesse dei privati.

Io sono certo che l'impresa cui essi si accingono non può che giovare al credito, e produrre un buonissimo effetto sul corso delle iscrizioni, giacché avendo per ¡scopo di guarentire con leggero sacrificio da un'eventualità che sovente può essere assai dannosa, servirà anche di maggior allettamento a scegliere questo modo d'impiego di denaro che offre per altra parte la maggior sicurezza: non mi resta perciò che a commentare un'operazione che sarà

(2) Lettera del ministro delle finanze al direttore generale del debito pubblico, 5 agosto 1834: «.... già avvi un precedente nella materia ed è l’assicurazione aperta in Torino dai sigg. Barbaroux e Taon ed in Parigi dai sigg. Blanc e Callier delle obbligazioni di cui il R. Editto del 27 maggio p. p. i quali fecero iscrivere il relativo avviso nella Gazzetta Piemon­ tese e nei fogli esteri. Non dirò che questa. R. Segreteria non avesse sentito parlare dai sigg. Barbaroux e Taon dell'intenzione in cui erano essi di offrire l'assicurazione, giacché molte volte ne fecero cenno nelle verbali comunicazioni avute coi medesimi pel prestito di 27 milioni, relativo a dette obbligazioni, ma dirò che ciò mandarono ad effetto senza nessuna opposizione, come pure senza che siasi data una disposizione qualunque con cui glie ne sia concessa la facoltà ».

utile al pubblico credito e dalla quale £ pur giusto che essi ritraggano un compenso propor­ zionale al pericolo cui si sottopongono. Per ciò che riguarda al merito di questa operazione per l'interesse dei privati io non so rinvenirvi cosa che non si debba approvare, e mentre quanto a coloro che intendono profittare del mezzo di assicurazione loro offerto, hanno dessi tutte le guarentigie possibili nella nota solidità, nella specchiata probità e nel buon nome di cui sommamente gode la loro ragion di banco, le regie finanze, cui tali operazioni non riguardano direttamente, non possono che approvare e loro stesse congratularsi che il buon credito di una così ragguardevole casa di commercio venga in certo qual modo ad associarsi al credito del governo in una speculazione che debba riuscire utilissima al pubblico ».

In seguito a tale lettera, i Nigra potevano quindi dare corso all'operazione ed il 19 agosto 1834 usciva sulla « Gazzetta Piemontese » il seguente avviso posto imme­ diatamente sotto i corsi delle rendite pubbliche:

« I fratelli Nigra, banchieri di S. M., prevengono i possessori delle rendite del 5 % piemontesi di aver aperto un'assicurazione contro l'estrazione al pari mediante il premio di uno per mille sul valore nominale, da pagarsi prima di cadun tiraggio presentando la nota del numero e valore di ogni cedola».

A compendio di questa breve nota aggiungerò alcuni dati che valgono ad illu­ strare la portata dell'operazione, non essendo possibile rintracciare i dati relativi al­ l'assicurazione ed al successo di essa, dati che solo si potrebbero rinvenire nei registri della banca Nigra, banca privata scomparsa da più di settant'anni.

I dati che possiamo porre a corredo sono dunque soltanto:

a)

uno specchio dei corsi della rendita del 1819 e 1831 e delle obbligazioni 1834 nell'anno 1834:

Corsi della rendita Corso dello obbligazioni 1834 1819 1831 1834 23 aprile 101,90 104 1205 3 maggio 103 104,50 10 maggio 104,30 105,25 13 maggio — 106,50 22 maggio 105,65 107,— 31 maggio 106 108 10 giugno — 109 1205 10 luglio — 109,50 1234 5 agosto 108,50 107,25 23 agosto 107,50 6 settembre 109 — 29 novembre 109 110 1205

Lo specchio dimostra la rapida zione dei bilanci operata da Carlo essendo già oltre alla pari, i corsi

ripresa del credito dello stato con la sistema- Alberto subito dopo l'avvento al trono. Pur continuavano a salire, sicché l’estrazione alla

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ASSICURAZIONE E PRESTITI PUBBLICI 185

pari di 100 o di 1000 cagionava grave danno ai portatori delle rendite, obbligati, se volevano rimpiazzare le cartelle estratte a pagare la differenza fra la pari e il corso.

b)

ammontare iniziale dei due debiti redimibili, e non soggetti a conversione, del 1819 e del 1831, rispettivamente in lire 47.779.510,40 e lire 25.000.000 e ancora sussistenti nel 1834 in lire 38.428.536 e lire 24.422.050,20, nonché i relativi piani di ammortamento (3).

Essendo così note la probabilità di una cartella di essere estratta e la perdita in caso di estrazione in confronto al valore corrente (da 7 a 10 lire per ogni 100 nominali) il premio dell’ 1 ° / 00 era sufficiente a coprire il rischio che la banca si assumeva ?

Sembra che l’assicurazione non abbia avuto il successo sperato poiché i N igia chiesero al ministero dell'interno di concedere alle amministrazioni dipendenti la facoltà di assicurare le proprie rendite (lettera del 25 agosto 1834), rendite che invero costituivano la maggior parte dei prestiti.

Col progressivo rialzo delle rendite giunte nel 1846 al corso di 127, — aumento dovuto non solo alla floridezza delle finanze piemontesi, ma anche alla diminuita massa circolante in seguito ai rimborsi, ed al permanere della richiesta per la neces­ sità di sostituire quelle, fra le estratte sottoposte a vincoli, ed erano oramai quasi tutte le superstiti — venne a variare fortemente (da 7 a 27 ogni 100 lire di capitale nominale) la differenza a carico dell’assicuratore. Inoltre, poiché in base al sistema d’ammortamento dei prestiti piemontesi (vedi nota 3) la somma disponibile per i rimborsi aumentava continuamente, la probabilità che una cartella aveva di essere estratta cresceva in ragione sempre maggiore

Agli assicuratori quindi, dovette quasi subito presentarsi il problema dell’au­ mento progressivo del premio, poiché, mantenendo ferma la quota dell'uno per mille, mentre variavano gli altri termini dell’equazione, l’operazione sarebbe in breve divenuta passiva.

Piero Gino Tr e v e s.

(3) Il servizio dei prestiti piemontesi era diviso in due parti, una relativa alla dotazione della rendita e l'altra al fondo di estinzione. Ad ogni prestito era assegnata sul capitale iniziale una quota fissa corrispondente ad una annualità di rendita ed un'altra quota pure fissa per provvedere alla prima rata di estinzione del prestito. La rata di interessi rimaneva costante, andando gli interessi relativi alle cedole estinte ad accrescere il fondo di estinzione. Non esi­ stevano però vincoli di tempo e si potevano tenere in sospeso di cassa le somme destinate all'ammortamento impiegandole poi quando si ritenesse più conveniente. Fu però cura costante dell'amministrazione piemontese, aiutata dalle ottime condizioni della finanza, di procedere con regolarità all'ammortamento e di rendere di pubblica ragione i dati relativi agli acquisti al corso se sotto la pari, alle estrazioni quando i corsi erano oltre la pari e alle giacenze di cassa. L'archivio di stato in Torino, sez. riunite, finanze, conserva tutti i registri relativi ai prestiti, compresi i contratti di acquisto al corso fatti a mezzo degli agenti di cambio del de­ bito pubblico, creati col R. E. 24 dicembre 1819 istitutivo del debito pubblico piemontese.

ECONOMICO

1. — Giova ritornare, per proporre non soluzioni bensì problemi, sopra al le­ game fra idea liberale e liberalismo economico, che il Croce recentemente e ripetuta-

mente (ad es. in

La Critica,

1936, pagg. 372, 399 e 459) ha dichiarato contingente,

ed in nessun luogo forse meglio che colle parole seguenti :

« L'idea liberale può avere un legame contingente e transitorio, ma non ha nessun legame necessario e perpetuo, con la proprietà privata della terra e delle industrie; essa si oppone primamente e direttamente all’oppressione e falsificazione della vita morale, da qualunque parte si eserciti, da assolutisti o da democratici, da capitalisti o da proletari, da czar o da bolscevici, e sotto qualunque finzione mitica, sia quella della razza ariana, sia l’afcra della falce e martello; e il promovimento della libertà è il criterio con cui misura istituti politici e ordinamenti economici, in rapporto alle varie situazioni storiche, a volta a volta accettandoli o respingendoli, secondo che quegli istituti serbino o smarriscano efficacia per il suo fine. L’ideale liberale ha natura religiosa, e la storia della libertà è storia religiosa che di continuo e giudica e domina la storia economica, e non è già storia economica che della religione si serva di maschera, come immaginava Carlo Marx.... Solo movendo dalla libertà come esigenza morale è dato interpretare la storia, nella quale questa esigenza si è affermata e ha creato di volta in volta le proprie istituzioni, secondo che di volta in volta era possibile nelle varie epoche: come monarchie feudali e come repubbliche comunali, come monarchie assolute e come monarchie costituzionali, e via dicendo, e anche come vario ordina­ mento della proprietà nell'economia a schiavi, a servi e a salariati, nella massima del lasciar fare e lasciar passare, e nell'altra, diversa, deU’intervento statale, e via » (ivi, 459).

2. — Alle considerazioni che qui intendo fare ha fornito lo spunto il Croce medesimo quando avverti che, fermato il punto della esigenza etica a cui il libera­ lismo risponde, nasceva la « ulteriore questione del mezzo di assicurare l’esercizio pratico di questo diritto ». Pur riconoscendo che se « se ne potesse trovare uno diverso e migliore dell'istituto dei parlamenti, converrebbe adottarlo », osservava non risul­ tare « che l’umanità, da quando vive in società politica, ne abbia mai trovato a quel­ l ’effetto un altro di natura radicalmente diversa, nè che ora sia riuscita ad escogi­ tarlo » (ivi, 399).

3. — N elle quali parole è implicita l’affermazione che l’esigenza morale della libertà non si attui o non si attui pienamente se manchino o sieno vietati i mezzi all'uopo idonei. Consistano questi mezzi nei parlamenti od in altro, pare difficile scindere compiutamente l ’idea liberale dallo strumento con cui essa si converte in azione operante, che di sè informa la vita di pochi, di molti o di tutti i membri della collettività umana.

4. — Sono i mezzi o strumenti indifferenti all’idea? Al quesito è facile ri­ spondere che nessun mezzo è per se stesso bastevole ad assicurare la libertà morale

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TEMA PER GU STORICI DELL’ECONOMIA : DELL' ANACORETISMO ECONOMICO 187

e che qualunque mezzo, sia pur creato a tal fine, può esser pervertito a conseguire il fine contrario. Troppo spesso si videro i parlamenti, sorti a guarentigia dei cittadini contro il potere assoluto dei re, diventare essi stessi strumenti di tirannia; troppo spesso si vide la libertà di stampa, reclamata per assicurare la critica contro il dogma imposto coattivamente, diventare efficacissimo mezzo di perversione del pensiero, perchè sia lecito attribuire ai mezzi o strumenti un’efficacia autonoma. Tuttavia vi hanno mezzi, i quali per l’indole loro medesima invincibilmente repugnano all’idea della libertà ed altri, i quali invece, se pure sono impotenti a crearla, tollerano e tal­ volta favoriscono il sorgere ed il fiorire od, almeno, l’allargamento di essa ad un nu­ mero più grande di uomini. Codesto legame di repugnanza o di tolleranza e per­ fino di promovimento deve dirsi necessario ovvero contingente, perpetuo o transitorio?

5. — Preferirei dire che gli uomini deliberati a conseguire o preservare li­

bertà repugnano a taluni mezzi e si attengono ad altri; dimodoché i mezzi adoperati sono come l ’indice esterno delle tendenze morali degli uomini. Essendo meri indici o manifestazioni della volontà morale, non possono dirsi certamente attributi neces­ sari e perpetui della idea della libertà, cosicché, cessando l’attributo, scompaia l’idea. Questa è eterna e propria dell’uomo, il quale può escogitare mezzi sempre nuovi per attuarla. La circostanza che l’idea si « possa » attuare con certi mezzi e « repugni » ad altri non è tuttavia indegna di meditazione.

6. — Per restringermi, come è nell’indole di questa rivista, a considerazioni

economiche, non pare accettabile senza qualche riserva la tesi che la libertà possa affermarsi qualunque sia l’ordinamento economico ed anche nell’economia a schiavi od a servi. Perchè lo schiavo od il servo si senta pienamente libero occorre da un lato che egli affermi l’inesistenza delle differenze giuridiche che lo distinguono dagli uomini liberi, ossia neghi, occorrendo colla forza, l’ordinamento economico vigente. L'esigenza universale della libertà che implica l ’esigenza del riconoscimento della dignità umana altrui pare d’altro canto incompatibile colla affermazione del diritto proprio a disporre, come di cosa, di un altro uomo. L’idea liberale trionfa e si per­ feziona non con l'uso dello strumento della schiavitù, bensì col negarlo e collo sforzarsi di spezzarlo e sostituirlo con altro più congruo. Parimenti, entro i limiti in cui fu storicamente vero che nei comuni tra il mille ed il milletrecento le corpo- razioni d’arti e mestieri furono strumento efficace a servi ed oppressi per unirsi, rafforzarsi, acquistare coscienza della propria dignità personale, l’istituto delle corpo- razioni fu strumento efficace di attuazione dell’idea della libertà. Ma questa avrebbe repugnato invincibilmente a servirsi dello strumento medesimo nei secoli XVII e XVIII quando le corporazioni erano divenuti corpi chiusi cristallizzati da regola­ menti regi, i quali consacravano il privilegio dei maestri in carica. Gli artigiani gli inventori gli innovatori cercarono allora libertà, che non era soltanto economica, bensì anche libertà piena di vivere secondo i dettami della propria coscienza, abban­ donando le vecchie città a carta, fornite di privilegi, per fondare nuove città nella campagna o traversando, come fecero i « pilgrim fathers », i mari per creare nuovi stati nelle vuote terre americane. N on certo l’istituto della corporazione creò o negò

libertà; ma gli uomini dei comuni intesi a libertà crearono corporazioni «aperte», concorrenti le une contro le altre nell’attirare a sè i migliori; ed invece gli uomini proni a servitù morale del basso impero o del sei-settecento si adagiarono nelle cor­ porazioni « chiuse » simili a caste ereditarie, che poi altri uomini ribelli a servitù dovettero con duro sforzo fuggire o distruggere. Il desiderio di sopraffare la concor­ renza economica degli arabi e degli ebrei nella Spagna del quattrocento, degli ugo­ notti nella Francia di Luigi XIV non invocò, no, principii di libertà, bensì fece appello al mito della necessità di far trionfare la vera fede contro l’eresia. La cacciata degli ebrei dalla Spagna e degli ugonotti dalla Francia non riuscì, è vero, a distruggere la libertà intima dei perseguitati. Il marrano spagnuolo, il quale compieva atti formali di ossequio alla religione da lui aborrita, esaltava forse in se stesso la propria libertà spirituale; attingeva nella macerazione interiore del sentimento e del pensiero virtù più sottili di resistenza all'oppressione o, come forse Bodin, gioiva nel costrurre teorie che si riannodavano alla fede ed al pensiero aviti. Esaltando la propria libertà spirituale frammezzo all'esterno obbliga­ torio conformismo, quei pochi prepararono il trionfo successivo della libertà per i molti. Indizio del trionfo avvenuto fu il riconoscimento della uguaglianza economica e giuridica fra ebrei e cristiani, fra ugonotti e cattolici.

7. — La Russia contemporanea è esempio stupendo della incompatibilità fra

pieno conformismo economico e pienezza di libertà morale. La odierna caratteristica economica russa non è invero l'adozione del sistema detto comunistico. Io non so che cosa sia questo, perchè le definizioni forniteci dai suoi sacerdoti sono, in sede teorica, troppe e vaghe, e perchè, ridotti alle strette, costoro dichiarano erronea ogni critica ad una concezione la quale si attuerà in futuro in maniere oggi imprevedute. Qualunque esso sia, se il sistema fosse consapevolmente voluto da tutti od anche solo da molti russi, esso sarebbe perfettamente compatibile con la libertà morale. Volendo un fine, ad ipotesi, una certa uguaglianza di vita o di punto di partenza nella vita economica tra gli uomini, ed essendo persuasi che l’organizzazione comunistica della struttura economica sia mezzo adeguato al fine, codesti russi avrebbero creato o creerebbero gli organi produttivi e distributivi all’uopo opportuni; nè si vede come da questa creazione sarebbe menomata la loro libertà spirituale e morale. Potrebbe darsi che l'ordinamento così voluto conducesse a risultati, in punto di beni economici prodotti, minori di quelli conseguibili con altro ordinamento, ad es. di impresa pri­ vata; ma poiché gli uomini consapevolmente avrebbero voluto quei diversi minori risultamenti, nessuna libertà sarebbe da ciò offesa. La caratteristica economica della Russia d'oggi non è però un qualunque non definito ordinamento comunistico, bensì la sua introduzione ad opera di una piccola minoranza che lo impose e lo conserva,