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Si premette l’art. 116 della Costituzione come attualmen-te in vigore che, con ai commi 3 e 4, recita che “ulattualmen-teriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al comma 3 dell’art. 117 e le materie indi-cate dal comma 2 del medesimo articolo alle lett. l), limi-tatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con Legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli Enti Locali, nel rispetto dei principi di cui all’art. 119. La Legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Re-gione interessata”.

A seguire, l’art. 117, ai commi 2 e 3, sul tema che qui ci riguarda, esattamente dispone che “lo Stato ha legislazio-ne esclusiva legislazio-nelle seguenti materie: … l) giurisdiziolegislazio-ne e norme processuali; Ordinamento civile e penale; Giustizia amministrativa; … n) norme generali sull’Istruzione; … s) tutela dell’Ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a:

rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regio-ni; Commercio con l’estero; tutela e sicurezza del Lavoro;

Istruzione, salva l’autonomia delle Istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione pro-fessionale; Professioni; Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della

Salute; Alimentazione; Ordinamento sportivo; Protezione civile; Governo del territorio; Porti e Aeroporti civili; Grandi reti di trasporto e di navigazione; Ordinamento della comu-nicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’Energia; Previdenza complementare e integrativa; ar-monizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della fi-nanza pubblica e del Sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; Casse di risparmio, Casse rurali, Azien-de di credito a carattere regionale; Enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazio-ne concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei Principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

Tutto ciò richiamato, si ricorda anche che questi testi sono il risultato della sostituzione dei precedenti dettati costitu-zionali realizzata con l’art. 2 della Legge costituzionale n.

3/2001, alla quale si rinvia per uno sguardo d’insieme1. In buona sostanza, il novellato art. 116, comma 3, della Costituzione consente l’attribuzione di forme e condizio-ni particolari di autonomia alle attuali Regiocondizio-ni a Statuto ordinario – con il cosiddetto “regionalismo differenziato”

o “regionalismo asimmetrico” - in quanto permette ad al-cune Regioni italiane di dotarsi di poteri diversi dalle altre.

Ciò avverrebbe senza interferire sulle particolari forme di autonomia delle Regioni a Statuto speciale di cui all’art.

116, comma 1, a cui si rimanda2.

del Dott. Luca Eller Vainicher - Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali ed Amministrazioni pubbliche, Esperto nelle materie economico-finanziarie

1 Il testo originario dell’art. 116 era il seguente: “Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d’Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo Statuti speciali adottati con Leggi costituzionali”. Inoltre, si possono vedere la Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (per lo Statuto siciliano), la Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (per lo Statuto della Sardegna), la Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (per lo Statuto della Valle d’Aosta), la Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 e il Dpr. 31 agosto 1972, n.

670 (per lo Statuto del Trentino-Alto Adige), la Legge costituzionali 31 gennaio 1963, n. 1 (per lo Statuto del Friuli-Venezia Giulia). Ancora, si possono esaminare la Legge costituzionale 9 maggio 1986, n. 1, concernente la modifica dell’art. 16 dello Statuto della Sardegna (G.U. 15 maggio 1986, n.

111), la Legge costituzionale 12 aprile 1989, n. 3, recante modifiche ed integrazioni alla Legge costituzionale 23 febbraio 1972, n. 1, concernente la durata in carica dell’Assemblea regionale siciliana e dei Consigli regionali delle Regioni a Statuto speciale (G.U. 14 aprile 1989, n. 87), la Legge costituzionale 23 settembre 1993, n. 2, recante modifiche e integrazioni agli Statuti speciali per la Valle d’Aosta, per la Sardegna, per il Friuli-Venezia Giulia e per il Trentino-Alto Adige (G.U. 25 settembre 1993, n. 226).

2 Così il comma 1: ‘Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale’. Per memoria, a seguire il comma 2 detta che ‘la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano’.

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GLI APPROFONDIMENTI

Pertanto, in prima approssimazione, in Italia da un Siste-ma regionale a 2 blocchi logici - Regioni speciali e Regioni ordinarie - passeremmo ad una struttura nazionale con regionalismo tripartito: speciale, ordinario, differenziato.

Come abbiamo visto, l’attribuzione di tali forme irrobustite di autonomia va stabilita con Legge rinforzata che, osser-vando da un punto di vista sostanziale, è formulata sulla base di un’Intesa fra lo Stato e la Regione coinvolta nel processo, acquisito il parere degli Enti Locali interessati, nel rispetto dei Princìpi di cui all’art. 119 della Costituzione in tema di autonomia finanziaria.

Quindi, il terzo blocco di regionalismo, a sua volta sareb-be variamente regolato con ciascuna Intesa tra il Governo centrale e quello regionale. Naturalmente, fatti salvi i Prin-cipi costituzionali appena richiamati, che sono la piattafor-ma comune.

A tutt’oggi, l’attribuzione della cosiddetta “autonomia dif-ferenziata” non ha mai trovato attuazione3. Ma negli ultimi anni è diventato pregnante argomento all’ordine del gior-no. Quasi di cronaca quotidiana, non solo locale o regio-nale.

Però, va pure rammentato che nel corso della scorsa Le-gislatura il Parlamento ha approvato alcune disposizioni di attuazione dell’art. 116, comma 3, della Costituzione, concernenti la fase iniziale del procedimento per il ricono-scimento di forme di maggiore autonomia alle Regioni a Statuto ordinario.

Si richiama la “Legge di stabilità 2014” che, insieme ad un’ulteriore revisione dei contenuti delle Autonomie spe-ciali, ha stabilito un termine di 60 giorni entro il quale il Governo è obbligato ad attivarsi sulle iniziative delle Regioni a statuto ordinario presentate al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro per gli Affari regionali e ciò ai fini dell’intesa disposta dalla Costituzione (art. 1, comma 571, Legge n. 147/2013). Il termine decorre dalla data del ricevimento della proposta regionale e l’obbligo di attivazione consiste nel dare seguito all’impulso conse-guente all’iniziativa della Regione proponente finalizzata all’intesa. Perciò, tali disposizioni si collocano prima del procedimento delineato dall’art. 116, comma 3, della Co-stituzione, ma resta avvalorata la esigenza di una Legge rinforzata, il cui contenuto è fissato sulla base di un’Intesa tra la Regione e lo Stato e al Parere degli Enti Locali in-teressati. Poi approvata a maggioranza assoluta dalle 2 Camere nazionali.

Ora, per un altro delicato aspetto, conviene riportare te-stualmente il comma sopra citato: “anche ai fini di

coor-dinamento della finanza pubblica, il Governo si attiva sulle iniziative delle Regioni presentate al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro per gli Affari regiona-li ai fini dell’Intesa ai sensi dell’art. 116, comma 3, della Costituzione nel termine di 60 giorni dal ricevimento. La disposizione del primo periodo si applica anche alle inizia-tive presentate prima della data di entrata in vigore della presente Legge in applicazione del Principio di continuità degli Organi e delle funzioni. In tal caso, il termine di cui al primo periodo decorre dalla data di entrata in vigore della presente Legge”.

Si fa da più parti notare che il riferimento al “coordinamen-to della finanza pubblica” contenu“coordinamen-to nell’inciso iniziale del comma della “Legge di stabilità 2014” pare proprio che voglia aggiungere una chiave interpretativa aggiuntiva e non di poco conto rispetto a quella dell’obiettivo dell’im-pulso procedurale rispetto ai procedimenti costituzional-mente previsti. Insomma, per dare il senso della norma addizionale, in questa ottica l’autonomia differenziata in Italia risulterebbe probabilmente adeguata e funzionale anche al miglior coordinamento della finanza pubblica.

Per cui, questo inciso normativo apre importanti scenari perché toccherebbe un futuro versante del tutto strategico e dirimente in un Paese altamente indebitato, con irrisolte questioni di competitività tra territori, di contendibilità sulle scarse risorse, di ottimale allocazione finanziaria. Se non di sprechi di denaro del contribuente (quando paga o lo si fa pagare) ormai da decenni di dominio pubblico.

Il tema di questa forma di autonomia regionale si è collo-cato al centro del dibattito sul rapporto tra Stato e Regioni (dopo l’esito non confermativo del Referendum del dicem-bre 2016 sulla riforma costituzionale), in conseguenza delle concrete iniziative intraprese dalle Regioni Lombar-dia, Veneto ed Emilia-Romagna.

Le prime 2 Regioni del Nord hanno svolto il 22 ottobre 2017, con esito largamente positivo, 2 Referendum con-sultivi sull’attribuzione di ulteriori forme e condizioni parti-colari di autonomia. Invece, la Regione Emilia-Romagna si è attivata, su impulso del Presidente della Regione, ma con l’approvazione da parte dell’Assemblea regionale, il 3 ottobre 2017, di una Risoluzione per l’avvio del pro-cedimento finalizzato alla sottoscrizione dell’Intesa con il Governo come richiesta dall’art. 116, comma 3, della Co-stituzione.

Successivamente, a fine febbraio 2018 è seguita la sot-toscrizione di un Accordo preliminare per l’attribuzione di maggiori forme di autonomia tra il Governo e le 3 Regioni

3 Ne scriveremo nei prossimi articoli della Rivista.

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GLI APPROFONDIMENTI

(Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto). In un secondo tempo, altre Regioni si sono mosse e hanno avviato un confronto con il Governo.

In sostanza, si è aperto un fronte caldissimo. Non si può dimenticare che il tema del “Federalismo”, se non oltre o molto oltre (secessione), ha infiammato per anni e decen-ni l’agone politico.

Su questi argomenti fondamentali contenuti nella nostra Costituzione repubblicana, nel febbraio 2018 ovvero alla fine della scorsa XVII Legislatura, è stata chiusa un’inda-gine conoscitiva4 in seno alla Commissione bicamerale per le questioni regionali5. In specie, nel Documento che ha concluso i lavori, la Commissione ha sottolineato come il percorso autonomistico delineato dall’art. 116, comma 3, punti ad accrescere i contenuti e completare l’autono-mia ordinaria, nell’ambito del disegno delineato dal Titolo V della Parte II della Carta costituzionale. Ed ha anche evidenziato come l’attivazione di forme e condizioni par-ticolari di autonomia rappresenti significative opportunità per tutto il Sistema istituzionale (nel suo complesso), oltre che per la singola Regione attivata. Difatti, si sostiene che la valorizzazione delle identità, delle vocazioni e delle po-tenzialità regionali definiscono l’inserimento di elementi di dinamismo nell’intero Sistema regionale e, sullo sfondo, la opportunità di favorire una competizione virtuosa tra i territori.

Comunque, si evidenzia che l’attuazione dell’art. 116, comma 3, non deve essere intesa in alcun modo come lesiva dell’unitarietà della Repubblica e del Principio soli-daristico che la contraddistingue. Tutto ciò è tanto più vero che, come sappiamo, uno dei temi più delicati del dibattito in corso riguarda l’argomento delle risorse finanziarie le quali devono accompagnare un vero processo di

raffor-zamento dell’autonomia regionale. Al riguardo, nell’ambito dell’indagine conoscitiva è emersa come centrale l’esi-genza del rispetto del Principio, elaborato dalla giurispru-denza costituzionale, della necessaria correlazione tra funzioni e risorse.

Si è posta in Commissione la domanda di come e in quale fase dovrebbe avvenire la consultazione degli Enti Locali.

Sia il Prof. D’Atena che il collega Mangiameli, uditi in Bi-camerale, hanno sostenuto come la consultazione degli Enti Locali dovrebbe avvenire attraverso il Consiglio delle Autonomie locali (Cal), che la Costituzione definisce “Or-gano di consultazione fra la Regione e gli Enti Locali”. Si tratta di Organo insediato in ogni Regione ad autonomia ordinaria.

Su questa base, si aprirebbero delle trattative e si elabo-rerebbe un testo concordato, il quale dovrebbe confluire in un Disegno di legge governativo. Una questione è però capire in quale fase procedurale debba collocarsi la con-sultazione.

Formalmente, la disposizione costituzionale prevede che l’iniziativa sia preceduta dalla consultazione. Altresì, ragio-nando sistematicamente, in Commissione si fa notare che non meno significativa dovrebbe essere la consultazione alla fine della negoziazione sull’Intesa raggiunta.

In sostanza, si prospettano 2 consultazioni degli Enti Lo-cali, cioè all’avvio e poi alla conclusione del processo di regionalismo differenziato.

Così si conclude a livello parlamentare: “si evidenziano vantaggi in termini di gestione efficiente delle risorse pub-bliche, atteso che l’attribuzione di funzioni e competenze a beneficio di determinate Regioni avviene nel caso in cui queste siano in grado di esercitarle meglio di quanto ad oggi riesca allo Stato. Inoltre, tenuto conto delle ampie

dif-4 In realtà non era stata l’unica Commissione. Si legga, per brevità, quanto precisato in Premessa del “Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulle problematiche concernenti l’attuazione degli statuti delle Regioni ad autonomia speciale, con particolare riferimento al ruolo delle Commissioni paritetiche previste dagli statuti medesimi”, del luglio 2015, ove si scrive che “la Commissione parlamentare per le questioni regionali, prevista dall’art.

126 della Costituzione e istituita dall’art. 52 della Legge n. 62/1953, ha deliberato, in data 25 febbraio 2015, di svolgere un’indagine conoscitiva sulle problematiche concernenti l’attuazione degli statuti delle Regioni ad autonomia speciale… È la prima volta che il Parlamento affronta in maniera organica il tema dell’attuazione degli Statuti speciali… L’indagine svolta si è collocata in linea di continuità con l’indagine conoscitiva - avviata il 12 febbraio 2014 e non conclusa - sulle questioni connesse al regionalismo ad autonomia differenziata…”. Interessante, in generale, anche questo passaggio: “le audizioni svolte in occasione dell’indagine conoscitiva avviata nel 2014 hanno poi messo in evidenza come non si possa parlare di un unico modello di regionalismo speciale ma di modelli diversi anche in ragione della concreta attuazione che storicamente è stata data alle disposizioni statutarie. La mancata attuazione degli Statuti e la vetustà delle norme statutarie ha nei fatti prodotto, in alcune Regioni, un sostanziale assottigliamento della specialità regionale e un incremento delle spese per il funzionamento della Regione. Un criterio per la quantificazione dell’autonomia può essere dunque proprio ravvisato nella mole dei provvedimenti attuativi adottati. Tale procedimento conoscitivo ha rappresentato dunque la premessa logica del presente lavoro”.

5 Vedasi il Documento 6 febbraio 2018, approvato in Commissione bicamerale all’unanimità di maggioranza ed opposizione, dal titolo “Indagine conoscitiva sull’attuazione dell’art. 116, comma 3, della Costituzione, con particolare riferimento alle recenti iniziative delle Regioni Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna”. Tra l’altro, a verbale si sostiene che “… abbiamo sostanzialmente dato una valutazione positiva delle iniziative di attuazione dell’art. 116, comma 3, della Costituzione. Abbiamo dato atto che su queste iniziative, al di là delle questioni di carattere tecnico-costituzionale che sono state trattate diffusamente nel Documento, vi è un largo consenso politico, di maggioranza ed opposizione, e che quindi esse possono essere una opportunità per sperimentare forme nuove di regionalismo che consentano anche una maggiore efficienza nei Sistemi regionali”.

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GLI APPROFONDIMENTI

ferenze in termini sociali, economici e demografici che si riscontrano fra i territori, una più forte regionalizzazione delle competenze può favorire un’allocazione più efficien-te delle risorse anche attraverso un’offerta di beni e servizi pubblici più conforme alle esigenze e alle preferenze del territorio. La valorizzazione delle identità, delle vocazioni e delle potenzialità regionali determinano l’inserimento di elementi di dinamismo nel Sistema regionale e, in prospet-tiva, la possibilità di favorire una competizione virtuosa tra i territori. La differenziazione e l’asimmetria rappresentano uno strumento per potenziare la capacità di programma-zione e di sviluppo della singola Regione che ne beneficia e, contestualmente, spinge le altre Regioni ad assumere comportamenti più virtuosi e a seguire le migliori pratiche”.

Sempre all’unanimità dei parlamentari della Commissione bicamerale si è fatto notare che “fra le potenzialità del Si-stema, si è altresì fatto riferimento nel corso dell’indagine alla capacità di offrire una risposta idonea rispetto a forme di disagio avvertite in alcune Regioni a Statuto ordinario confinanti con Regioni a Statuto speciale, tenuto conto che a queste ultime sono assicurate speciali forme e condizio-ni di autonomia e una più consistente autonomia finan-ziaria, anche con riferimento alla modalità con cui sono chiamate a contribuire alla finanza pubblica. L’attuazione dell’art. 116, comma 3, non deve essere intesa come le-siva dell’unitarietà della Repubblica, del Principio solidari-stico … la stessa solidarietà tra le Regioni più avanzate e quelle più arretrate potrebbe realizzarsi secondo schemi nuovi e più efficaci se attuata attraverso il coinvolgimento diretto delle Regioni e non, come oggi, solo attraverso il riparto operato al centro. Il percorso autonomistico deline-ato dall’art. 116, comma 3, mira ad arricchire i contenuti e completare l’autonomia ordinaria, all’interno del disegno delineato dal Titolo V della Costituzione (come ridefinito nel 2001), che potrà dirsi compiutamente realizzato

quan-do tutte le Regioni, e non solo alcune, avranno ottenuto la maggiore autonomia che l’art. 116, comma 3, consente. Il raggiungimento di un siffatto alto grado di maturità per lo Stato regionale italiano potrà peraltro favorire il supera-mento del divario territoriale, e non una sua accentuazio-ne (Mangiameli)”.

Per toccare poi un argomento peculiare sul quale molto si sta scrivendo e dibattendo anche a livello di opinione pubblica: “uno dei punti più delicati del dibattito riguarda il tema delle risorse finanziarie che devono accompagnare il processo di rafforzamento dell’autonomia regionale. Al riguardo, nell’ambito dell’indagine conoscitiva è emersa come centrale l’esigenza del rispetto del Principio, elabo-rato dalla giurisprudenza costituzionale, della necessaria correlazione tra funzioni e risorse. Una volta individuate le competenze e le funzioni che, in base alla specificità della singola Regione, costituiscono l’oggetto dell’attribuzione di maggiore autonomia, devono essere riconosciute alle Regioni le risorse occorrenti per lo svolgimento dei nuo-vi compiti, sulla base di parametri oggettinuo-vi quali i costi standard o … dei fabbisogni standard. Sempre in tema di risorse, nell’ambito dell’indagine è stato sottolineato come occorra individuare una soluzione che sia idonea a garantire la stabilità delle stesse, al fine di poter mettere al riparto il processo in atto da eventuali esigenze contin-genti legate a manovre economiche restrittive. Al riguardo, l’indicazione che è emersa è quella di puntare a forme di compartecipazione al gettito dei tributi sui redditi prodotti nel territorio come strumento principale per l’attribuzione delle risorse necessarie”.

Insomma, all’apparenza il tema non aveva costituito ma-teria di grandi contrasti. Ma nel 2018 e inizio del 2019, con il trascorrere del tempo, le cose si sono complicate un bel po’.

(la II parte sarà pubblicata sul prossimo numero della presente Rivista)

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GLI APPROFONDIMENTI

La stabilizzazione dei precari