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Esiliato sulla “nave dei filosofi” nel 1922, ritorna in Italia per qualche mese nel 1923 su invito della Croce Rossa Italiana e risiede principalmente a Cavi di Lavagna, ma viaggia spesso per il Paese al fine di incontrare gli amici conosciuti durante il suo primo esilio.

In questo periodo ricorda il primo soggiorno italiano così:

Proprio recentemente mi è capitato di ritornare da quelle parti in automobile. Oltrepassato l’istmo del promontorio di Portofino, ci siamo lasciati Camogli, più giù, e Recco alle spalle. Superiamo una villa dalle torrette merlate, poi una serie di villette nuove, costruite più tardi, sfrecciando lungo gli stupendi dirupi sul mare, e sollevando dietro di noi una gran nube di polvere bianca; ed eccola, proprio sulla strada, la cara “Villa Maria”: passò in un baleno! […]

Così trascorse in un baleno anche la vita in quell’oasi tranquilla, in mezzo al turbine delle vicissitudini. Due anni di vita. Ora vivo nella mia quarta incarnazione, allora ero soltanto nella seconda. Dopo l’isolamento durato sei mesi, la fuga in Finlandia. […]

In viaggio si ragionava: “Staremo qui un mese o due, e poi si potrà tornare nella “Russia rinnovata””. E come ci credevamo! […]

полках. Но не дала судьба оседлости. И всюду, откуда пришлось уйти – оставил в ящиках книжное кладбище: в Москве, в Риме, опят в Москве. По мелочам – и в Париже, и в Гельсингфорсе, и – скоро случится – здесь в Берлине. […] Грустные эти строчки, пестрящие именами старыми, скучными и забытыми, посвящаю юношеским рукам, укладывавшим в ящики мое маленькое книжное собрание. Одни уходят из жизни, другие вступают в жизни; на момент встречается грядущее с прошлым. Сегодня мой глаз любовно ласкает глубокие, бархатные штрихи старой гравюры, которую «грыдовал» давно ушедший художник. Вот мы и встретились на минуты. Любовь к старой книге, любезной желтизною бумаги и лоском кожанего переплета, эту изредчавшую ныне любовь к преемственности в культуре, – завещаю вам, молодой далекий друг, опекуша и хранитель моего последнего маленького сокровища! […]” in Cit.: M.A.OSORGIN, Kusočki iz vospominanij. Biblioteka, «Okno», 1924, (3), Parigi, pp. 255-259.

87 Come si legge nella lettera di Pavel Muratov a Lo Gatto del’8 marzo 1923, lo “Studio Italiano” di

Mosca nasce nel 1918 per iniziativa del fiorentino Odoardo Campa ed è un’organizzazione scientifica e letteraria di carattere privato, che non ha alcuna “filiale” in Italia. Al momento della stesura della lettera di Muratov alla direzione dello Studio troviamo Muratov stesso nel ruolo di presidente, Aleksej Živelegov vicepresidente e Sergej Šervinskij come segretario. Tra i membri italiani dello “Studio” ricordiamo Giulio Colajanni e Andrea Caffi, mentre tra quelli russi Boris Grivcov e Michail Chussid. Cfr. P.MURATOV, “Lo

Studio Italiano” di Mosca, in E. Lo Gatto (a cura di), «Russia: rivista di letteratura, arte, storia», 1923, (I),

Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, p. 361.

Altri frequentatori dello “Studio” sono Konstantin Bal’mont, Jurgi Baltrušajtis, Vjačeslav Ivanov, Nikolaj Berdjaev, Valerij Brjusov, Boris Zajcev e Michail Osorgin.

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Dapprima, per un breve periodo, vi abitammo in cinque, poi la nostra comunità crebbe, si affittarono altre stanze in case vicine, si arrivò fino a venti e più persone […]88

Proprio da Cavi invia il primo articolo per «Poslednie Novosti», rivista per cui collabora fino al 1940. Già durante questo breve soggiorno capisce che l’Italia non è più il luogo felice che aveva lasciato nel 1916.

Il figlio del ristoratore era un anarchico e divenne socialista. Dieci anni fa si chiamava comunista, e sono curioso di sapere se adesso è fascista […] Il Dottor Capozzi di Sestri Levante, che una volta curava tutti i russi di Cavi, ex socialista convinto, mi salutava per strada col gesto fascista. Per questo mi facevo curare dal Dottor Maffi, deputato comunista, inoltre proprietario di una bellissima villa. Questa conoscenza criminosa non piaceva al maresciallo dei carabinieri. […] Questi sventolava tra le mani il passaporto sovietico e dubitava della validità del mio visto89.

E ancora:

Ricordo come i ragazzi di Cavi scrivevano con il gesso sulle palizzate: “Evviva la Repubblica!”. Nella giornata dedicata al ricordo dei Mille, salpati un tempo dalle cittadine verso la riva del Golfo, scrivevano: “Viva Garibaldi!”. Nei primi giorni della guerra europea scrivevano: “Viva Vittorio Emanuele”. Durante il mio primo arrivo dalla Russia rivoluzionaria: “Viva Lenin”. Durante la mia ultima visita sulle palizzate iniziava a comparire la riproduzione in nero del ritratto di Mussolini90.

Nell’autunno del ’23 torna a Berlino, dove si era trasferito dopo la cacciata dall’Unione Sovietica nel 1922.

A novembre del 1923 viene chiamato a Roma da Lo Gatto per partecipare insieme ad altri emigrati russi al ciclo di conferenze “La Russia e i Russi”, che si tiene dal 3 novembre al 15 dicembre, organizzato presso l’Istituto per l’Europa Orientale per iniziativa del Comitato di soccorso agli intellettuali russi. Sappiamo da varie testimonianze che alle conferenze Osorgin parla in italiano di letteratura russa e dell’intelligencija russa, dalla quale, è convinto, arriverà un rinnovamento della vita spirituale91.

88 Trad. it. A. Becca Pasquinelli in Cit.: A.BECCA PASQUINELLI (a cura di), Michail Osorgin - Un russo

in Italia, pp. 132-134.

89 Trad. it. a nostra cura. “Сын кабатчика был анархистом, стал социалистом; тому назад десять

лет он еще называл себя коммунистом, и мне было любопытно узнать, что теперь он фашист; […] Доктор Капоцци из Сестри Леванте, раньше лечивший всех русских в Кави, бывший убежденнейщий социалист, приветствовал меня на улице фашистским жестом; поэтому лечил меня доктор Маффи, депутат-коммунист, впрочем -- владелец превосходной виллы. Это преступное знакомство не понравилось маршалу карабиньеров […] Он вертел в руках советский паспорти сомневался в достоинстве моей визы.” in M.A.OSORGIN, Mestečko na Riv’ere.

90 Trad. it. a nostra cura. “Я помню, как кавийские парнишки писали мелом на заборах: “Еввива

ля республика!”. В день памяти тысячи героев, отплывших некогда из местечка на том же берегу залива, они писали: “Вива Гарибальди”. В первые дни европейской войны писали: “Вива Витторио Эммануэле”. В мой первый приезд из революционной России: “Вива Ленин”. В мой последний визит на заборах начал появляться черный штамп портрета Муссолини.”, ibidem.

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Durante il soggiorno romano frequenta il salotto di Ol’ga Resnevič Signorelli (1883- 1973), dove incontra Pirandello e Grazia Deledda (1871-1936), e per la quale nel 1939 recensisce un articolo su Eleonora Duse pubblicato dalla scrittrice un anno prima92.

Sappiamo che nel 1923 trascorre una settimana a Firenze, città che ha visitato almeno una ventina di volte: “Firenze ammalia con il suo antico fascino […] Entra anch’essa nella lista dei luoghi sacri, cari al ricordo, che devono essere visitati. […] La città più profonda e spirituale d’Italia”93. Nel convento di San Francesco a Fiesole rimane così

colpito dalla preghiera Ave Maria, accompagnata dal suono degli organi, da esclamare: “Sono profondamente grato a Firenze per quest’ultima Ave Maria che non scioglie il ghiaccio, ma brucia l’anima.94

Torna in Italia da maggio a ottobre 1926, a Cavi di Lavagna e sposa poco dopo Tat’jana Alekseevna Bakunina, che si era trasferita a Cavi con la famiglia dopo aver lasciato l’Unione Sovietica. Proprio alla famiglia Bakunin aveva affidato la biblioteca personale a Mosca, prima di essere esiliato nel 1922.

Durante questo suo ultimo soggiorno nel nostro Paese, Osorgin fa visita all’amico Maksim Gor’kij a Sorrento, col quale aveva intrattenuto rapporti epistolari95. Nonostante

i due fossero di vedute politiche diverse, l’esilio di entrambi li aveva avvicinati. Nel 1936, poco dopo la morte di Gor’kij, Osorgin scrive su «Poslednie Novosti» № 5718:

Gor’kij è stato per lungo tempo un eccellente maestro delle classi più giovani della letteratura: i suoi consigli agli scrittori principianti sono sensati, comprensibili, illustrati da esempi adatti, che rendono chiaro il suo insegnamento. Gli mandavano centinaia di manoscritti e di pubblicazioni, ed egli trovava il tempo di leggere tutto e di rispondere ad ogni domanda. Si può decisamente dire che gli articoli e le risposte di Gor’kij saranno per un lungo periodo la miglior guida per la gioventù che scrive96.

L’Italia di questi anni non è però più la stessa: in Tam, gde byl sčastliv l’autore descrive infatti il suo ritorno in Italia negli anni Venti, dove spera di ritrovare la gioia di vivere, dopo anni di difficoltà. Ma ne resta profondamente deluso: il fascismo ha cambiato e sta

92 Cfr. «Poslednie Novosti» 1939 № 6611.

93 Trad. it. a nostra cura. “флоренция чарует прежним очарованием […] она также входит в спсок

святых мест, дорогих воспоминанию, которые нужно посетить. […] глубочайший и одухотвореннейший город Италии” in M.A.OSORGIN, Tam, gde byl sčastliv.

94 Trad. it. a nostra cura. “я благодарен глубоко Флоренции за это последнее Ave Maria! не

растопив льда – оно согрело душу”, ibidem.

95 I.A.BOČAROVA, M. Gor’kij i M.A. Osorgin. Perepiska, in R. Devis, V.A. Keldyš (a cura di), S dvuch

beregov. Russkaja literatura XX veka v Rossii i za rubežom, IMLI RAN, Moskva, 2002, pp. 387-539.

N.V.NESTEROVA, Obščestvenno-političeskie vzgljady i dejatel’nost’ M.A. Osorgina, Brjansk, 2009.

96 Trad. it. A. Becca Pasquinelli in Cit.: A.BECCA PASQUINELLI, La vita e le opinioni di M. A. Osorgin

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cambiando il Paese, i bambini cantano canzoni fasciste, la sua amata osteria romana ha chiuso97.

Nel 1926 su «Poslednie Novosti» № 2027 scrive:

Uomo del Nord, sceso lungo il corso di un lungo fiume fino ad una grande pianura, ho amato una bellezza meridionale. Quell’amore, durato a lungo, è stato fedele, tenace, indulgente. Un amore così non può finire, non può essere completamente dimenticato. Però può diventare riconoscente, poetico ricordo, dal momento che non ci sono più le consonanze di un tempo, e anche se ormai l’abituale confidenza non dà più ciò che una volta non mancava mai di offrire. E così ho salutato il Foro e ho buttato il soldo dell’addio nella fontana di Trevi. Ormai è un gesto di cortese omaggio, non più quello dell’intensa speranza di un nuovo incontro. E le coste del Mediterraneo, un tempo a me familiari quasi quanto le uggiose rive della Kama, le ho percorse senza una sosta, da Napoli fino alla frontiera francese98.

Nonostante la delusione e l’amarezza per la svolta verso l’autocrazia, i ricordi di Osorgin sul Paese sono comunque felici e nostalgici.

Nel 1928 su «Poslednie Novosti» № 2729 ricorda:

Ma ci sono anche altri Paesi, generosi di tenerezza e che non ci hanno arrecato offesa. A lungo, uno di essi è stato per me l’Italia; è stato tanto tempo fa. Là c’è molto da scegliere per riposare la mente e per i dolci ricordi; tra questi, uno dei più dolci è la bellezza degli Appennini e l’infinito, tranquillo, silenzioso mare di castagni della Toscana99.

E ancora su Vremena:

Ho molto amato l’Italia e mi sono sforzato di conoscerla: non solo l’Italia dei musei, ma quella a me contemporanea, quella viva, l’Italia con il suo lavoro, le sue canzoni, i suoi bisogni e le sue speranze. Le ho dedicato due libri e ne ho parlato in centinaia di articoli pubblicati in Russia. Le città d’Italia erano le mie stanze: Roma era il mio studio, Firenze la biblioteca, Venezia il mio salotto, e Napoli la terrazza da cui si apriva una splendida vista100.

Conoscevo allo stesso modo il Nord e il Sud, la Riviera e i castagneti toscani, le raffigurazioni di Giotto ad Assisi e gli affreschi sullo “Sposalizio” a Viterbo. […] Ho sentito l’organo a Fiesole, in una giornata tempestosa mi sono immerso all’uscita dalla Grotta Azzurra a Capri, assieme ai lavoratori genovesi ho preso d’assalto le riserve di carbone del porto, ero tra la folla indignata per l’esecuzione di Francesco Ferrero in Spagna, ho sofferto durante il Processo alla Camorra, ho vagato, andando verso l’alto, per Torre del Greco, cittadina inondata dalla cenere vulcanica, mi sono messo al collo un serpente per la festa di San Domenico in Abruzzo, ho dimenticato tutta la contemporaneità di fronte alle mura di Lucca, ho saputo distinguere il vino

97 Cit.: L.POLIKOVSKAJA, Ot nacional’nogo k obščečelovečescomu. Epizody iz žizni Michaila Osorgina,

p. 262.

98 Trad. it. A. Becca Pasquinelli in Cit.: A.BECCA PASQUINELLI (a cura di), Michail Osorgin - Un russo

in Italia, p. 154.

99 Ivi, p. 177.

100 Trad. it. A. Becca Pasquinelli in M.TSOMOVA, op. cit., pp. 18-19. “Я очень любил Италию и

прилежно ее изучал, не музейную, а современную мне, живую, Италию в труде, в песне, в нуждах и надеждах. Я написал о ее жизни две книги и рассказывал о ней в сотнях статей, печатавшихся в России. Города Италии были моими комнатами: Рим — рабочим кабинетом, Флоренция — библиотекой, Венеция — гостиной, Неаполь — террасой, с которой открывался такой прекрасный вид.” in Cit.: M.A.OSORGIN, Vremena, p. 42.

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di Frascati da quelli di Orvieto e di Capri, ho stretto amicizia con Pippo, il cantante con un solo occhio delle trattorie, ho trascorso del tempo seduto sul divano del Caffè Aragno. […] Quando a Roma mi prendeva la malinconia, mi sedevo sulla carrozza di un treno diretto e mi dirigevo verso una delle città che conoscevo, o che ancora non conoscevo, a volte partivo per pernottare in una cittadina pittoresca101.

101 Trad. it. a nostra cura. “Мне были одинаково знакомы север и юг, Ривьера и каштановые леса

Тосканы, лики Джотто в Ассизах и фреска “Sposalizia” в Витербо. Я […] слушал орган во Фьезоле, тонул в бурный день при выходе из каприйского голубого грота, брал приступом с генуэзскими рабочими портовые угольные насыпи, негодовал с толпой в дни казни в Испании Франческо Ферреро, томился на процессе каморры, бродил по доверху наводненному вулканическим пеплом местечку Торре-дель-Греко, вешал на шею змей на празднике Сан-Доменико в Абруццах, забывал все современное в стенах Лукки, отличал вино Фраскати от его орвьетских и каприйских соперников, дружил с одноглазым Пиппо, певцом кабачков, просидел диван в кафе Аранью. […] Когда мне делалось тоскливо в Риме, я садился в вагон прямого поезда и ехал в один из знакомых или еще незнакомых городов, иногда выходя, чтобы переночевать в живописном местечке.” in Cit.: M.A.OSORGIN, Vremena, pp. 42-43.

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CAPITOLO TERZO

PROPOSTA DI TRADUZIONE

Michail Andreevič Osorgin

Bozzetti dell’Italia contemporanea

Parte Prima.

Dal finestrino del treno.

La giovane Italia non appartiene a quei paesi che suscitano un serio e profondo interesse. Il rapporto superficiale verso di essa è dovuto alla sua bellezza esteriore, in quanto il comune viaggiatore si limita a dare una rapida occhiata ai bei paesaggi e alle collezioni d’arte, non desiderando affatto rivolgere lo sguardo e il pensiero ai curiosi fenomeni della sua vita quotidiana. È inoltre un vero peccato che l’Italia, pur essendo straordinariamente interessante sotto molti aspetti, sia un paese difficile da studiare. Incuriosisce il fatto che la vita sociale non si concentri in un punto preciso, ma sia presente in tutto il paese sotto molteplici forme, vive e caratteristiche. E così il viaggiatore, percorrendo l’Italia da una tappa all’altra, tralascia sfilze di luoghi d’interesse culturale indipendenti e per così dire autonomi, meritevoli invece di particolare attenzione, al di là della loro rilevanza storica, dei loro monumenti, musei od opere d’arte.

Non sto parlando qui di uno studio dell’Italia, ma solo di un rapporto consapevole del viaggiatore nei suoi confronti.

In Italia è piacevole sentirsi non un forestiero, ma un aborigeno del luogo. Gli occhi dell’osservatore traggono godimento da questo paese, in particolare per la sua modernità. È possibile ormai osservare senza particolare attenzione e diligenza le sue antichità e assaporare il nutrimento artistico dei suoi musei. Proprio in questo momento i campi, che scorrono davanti al finestrino del treno, acquistano un particolare interesse, che si aggiunge a quello per un bel quadro, umile o severo, cupo o gioioso che sia, ma pur sempre pittoresco. Eppure molti non ritengono questa Italia un paese di cultura, ma tutta la costa ligure, tutto il Piemonte, tutta la Lombardia e, in particolare, tutta la Toscana

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dicono il contrario. Non è una scacchiera germanica di campi appiattiti e monotoni; in Italia ci saranno anche meno ammaestramento, ma non certo meno disciplina agricola. Inoltre, sul terreno irregolare e ondulato, l’ordine delle coltivazioni appare pittoresco. In lontananza ecco delle montagne non molto alte, in parte coltivate, in parte divise in appezzamenti e con piccoli alberelli che separano l’una dall’altra i filari di viti. Ma la questione non riguarda la cultura della terra, bensì quella del popolo. Mentre procedete da Ferrara a Ravenna, ricordate che in quest’ultima ormai da anni è in corso una lotta agraria tra locatari e braccianti agricoli. La lotta è complicata, lunga, originale per gli ideali e gli intenti dei combattenti. È una lotta che non riesco a descrivere in queste rapide annotazioni scritte su un treno in corsa. Osservando la coppia d’inglesi seduta di fronte guardare con indifferenza, quasi sprezzanti, questi campi e le fattorie disseminate su di essi, non posso non menzionare che il moto agrario ravennate ha scritto una pagina della storia mondiale su nuovi e ancora inauditi rapporti, ha posto questioni che esistevano solo come teorie scientifiche di ambito socio-economico e che finora mai erano state messe in pratica, come la questione della socializzazione degli attrezzi per la produzione agricola (in questo caso riguardo alle trebbiatrici), del diritto esclusivo dei lavoratori per organizzare l’utilizzo delle macchine atte alla coltivazione dei campi, del privare i fondiari e i locatari di tale diritto.

Ma guardate come si mescolano bene in Italia gli umori del nuovo con quelli del vissuto, gli effetti della lotta quotidiana con le immagini dei secoli passati. Si avvicinano le colline toscane che subito rievocano gli indimenticabili dipinti di Fra Beato Angelico e di Giotto, pieni di tranquillità e religiosità. Sullo sfondo di queste colline corrono veloci le casette e le mura fortificate, con il monastero che svetta sulla cima.

C’è una vita del tutto diversa, ma le immagini della natura sono eterne, su di esse il tempo non può nulla. Da queste colline scendono a valle la tranquillità e la bellezza, l’eterna carezzevole bellezza dell’Italia. Da esse arriverà un nuovo genio artistico che, attraversando i campi, giungerà in città e creerà nuove chiese con un nuovo stile, lo unirà alle creazioni dei secoli passati attraverso il solido legame della bellezza immortale, l’unico criterio dell’arte…

Il mio treno si è lasciato la Toscana alle spalle. Ora la ferrovia corre vicino al mare lungo la costa del Golfo di Genova. I miei inglesi fanno una smorfia; a loro non piace che quei quadri deliziosi siano scomparsi, che adesso il treno si tuffi in una galleria dopo l’altra, che non si possa aprire il finestrino poiché entrerebbe la polvere di carbone. Il mare appare e scompare, grigio e burrascoso sotto il cielo azzurro. Sì, adesso non c’è

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niente da ammirare, ma comunque ce ne sarà di tempo per meravigliarsi. La mano dell’uomo ha scavato queste innumerevoli gallerie, la mano dello stesso italiano che questi inglesi ritengono un fannullone. Voi sapete cosa fa tale fannullone, proprio uno del luogo, un ligure? Con pala e piccone per sei mesi lavora un duro terreno, infruttuoso e pietroso, che rifiuta l’aratro; ebbene sì, l’aratro qui non può nulla! È necessario frantumare a mano ogni zolla di terra, togliere a mano le pietre, ridurre la terra in polvere, ripulirla dalle radici delle erbacce, concimarla. La prossima primavera rifioriranno gli alberi da frutto che sono stati predisposti all’irrigazione, sugli ulivi cominceranno a frinire le cicale, le foglie di vite si stenderanno aggrappandosi ai sostegni metallici. Ecco perché il fannullone del luogo per sei mesi tiene in mano la pala, ma finita la stagione non fa più niente. La famiglia si occupa del resto senza le sue direttive. E allora, prese le sue cose, il fannullone se ne va a Genova dove al porto si mette ad aspettare il piroscafo degli emigrati, che porta i fannulloni liguri in America per l’intera stagione invernale. Il piroscafo trasporta tanti lavoratori italiani in ottima salute, alcuni per sempre, altri per molto tempo, ma una gran parte solo per una stagione e un’alta percentuale di questi ultimi sono liguri. Trascorsa la stagione, tornano a casa con il proprio gruzzoletto e una salute precaria, e di nuovo prendono in mano la pala. Il lavoratore italiano non è così forte e ammaestrato come quello inglese, ma resiste alla fatica ed è instancabile, è tenace nel lavoro e non esige giornate festive, ricompensa la mancanza della giornaliera bistecca mattutina con un immancabile pastasciutta a mezzogiorno, la polenta durante la pausa e un fiasco di vinello102 acido.

Ed è proprio grazie a questa tenacia nel lavoro che vengono costruite le ville sulla Riviera di Levante. L’America è una miniera d’oro per il lavoratore che non conosce fatica. Coloro che possono permettersi di vivere in America per un tempo più lungo, dando temporaneamente in affitto il proprio terreno, tornano poi con un accumulo di capitale e con la psicologia del piccolo redditiere, o del grande se hanno fortuna. Qui in patria glorificano gli americani. Conosco dei redditieri in Riviera che prima lavoravano la terra e che adesso possiedono ville costruite secondo uno stile moderno di alquanto pessimo gusto. Le loro mogli e le loro figlie imparano a suonare al piano il walser e l’ultima novità da Napoli, la Piedigrotta, durante le occasioni indossano vestiti con merletti, parlano un po’ di spagnolo, spesso usando un gergo ispanico-argentino. Per una vecchia usanza e per patriottismo il padre fuma la pipa utilizzando un cattivo tabacco

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nazionale, ma a Voi offrirà certo un vero cubano e un liquore straniero! Se non ci sono ospiti in casa, indossano pantaloni e camicia, ma per uscire portano sempre stretti risvolti inamidati e il colletto rosso da operaio. Il figlio di questo “americano” è un europeo nell’aspetto e nella lingua e sogna di divertirsi in inverno a Parigi.

Un comune dopo l’altro. La Liguria è una regione ricca di ogni ben di Dio, dovei sacerdoti vivono meglio di tutti... La maggior parte dei comuni ha una componente clericale all’interno dei consigli municipali. Tuttavia i socialisti hanno già fondato i propri capisaldi vicino Genova, con le sue solide organizzazioni di lavoratori, e da qualche parte lungo il litorale. Qui la lotta non è facile, in quanto la gente del posto vive con il reddito dei villeggianti (stranieri) e il forestiero, ammirando con piacere le processioni cattoliche dei bambini, teme un po’ le chiassose manifestazioni operaie. Però assai spesso per la via principale di Nervi si incontrano volti abbronzati aventi segni e garofani rossi all’occhiello, invece a Rapallo capita che rumoreggino gli anarchici. Tutto questo accade nei principali luoghi di villeggiatura della Riviera. A Sturla viene propagandata la rivista antimilitaristica «La Pace», pubblicata a Genova. Per le strade di Sestri Levante è possibile trovare targhette con scritto “Viva la rivoluzione sociale”. La lotta coinvolge tutto il litorale…

Galleria dopo galleria. Grande è la formica che ha scavato queste montagne! Una formica del genere è comparsa anche in Russia quando è stata costruita la strada per il Caucaso. Questa formica ha conquistato la Svizzera, sua vicina borghese, ha creato in Argentina una seconda Italia, ha allestito un servizio di ristorazione a Londra, ha messo

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