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Un paradigma di potere egemonico internazionale

Una definizione di ciò che debba intendersi per 'potere politico' nelle relazioni tra gli attori operanti sulla scena internazionale implica allo stesso tempo la costruzione di uno schema

teorico che serva a isolare determinati processi, a privilegiare determinati nessi causali e individuare certe problematiche, rappresentandoli come determinanti e relativamente costanti rispetto a fattori posti come variabili. L'ipotesi guida delle pagine che seguiranno consiste nella possibilità di una reciproca interazione tra due approcci teorici differenti nello studio delle relazioni di potere a livello internazionale, il funzionalismo-sistemico da un lato e il neo- marxismo gramsciano dall'altro, quali modelli in grado di fornire un metodo e un apparato categoriale entro cui elaborare un paradigma realistico della governance espressa dal G8. La ricerca di una loro interazione finalizzata alla soluzione del problema che è oggetto di questo studio richiede alcune precisazioni. In primo luogo non si tratta di dimostrare la piena compatibilità o integrazione reciproca dei due indirizzi teorici, questione che richiederebbe uno studio a parte e che non potrebbe non finalizzarsi alla produzione di una nuova teoria che sia sintesi delle prime due. In questa sede non si potrà andare oltre una messa a confronto dei vantaggi e dei limiti delle due teorie rispetto all'oggetto specifico della trattazione, vale a dire uno schema esplicativo del potere politico internazionale che serva a spiegare le condizioni di possibilità e il funzionamento di un'istituzione come il G8.

La seconda considerazione si riferisce alla necessità di declinare singolarmente ciascuno dei due approcci teorici restringendo l'analisi e la comparazione a) ad alcuni autori ed opere presi come rappresentativi dell'intero indirizzo e b) ad alcune concetti chiave utili al nostro scopo. In questo senso ci si riferirà in particolare ad modello di potere egemonico rinvenibile nell'indirizzo dello strutturalismo neorealista per giungere alla sua problematizzazione negli approcci costruttivisti, nell'analisi di tipo neo-marxiano di Cox, cercando infine ad un'ipotesi di sintesi attraverso un'interpretazione di alcune ricerche foucaultiana. Dalla loro interazione, si tenterà di mostrare, è possibile ricavare l'idea di una 'struttura egemonica' quale schema astratto di funzionamento della politica internazionale in grado di superare l'unilateralità delle teorie realiste ed egemoniche delle relazioni internazionali, quelle delle analisi basate sul retreat dello Stato, e allo stesso tempo la staticità dello strutturalismo funzionalista e il rischio di riduzionismo attribuito al neo-marxismo. Una volta delineato tale modello sarà possibile fornire un inquadramento teorico del paradigma di governance in oggetto. Come nella sezione precedente, non si renderà conto di tutta la letteratura disponibile oggi sulla teoria delle relazioni internazionali, impresa al di fuori delle possibilità di chi scrive e inutile ai fini di questa ricerca. Saranno infatti prese in considerazione soltanto le teorie e le opere cui sono riconducibili nel dibattito attuale le tendenze, i concetti e gli indirizzi di analisi più influenti e diffusi.

2.1 Funzionalismo sistemico e realismo egemonico.

Opera di capitale importanza per lo sviluppo, se non forse per la stessa nascita, di una teoria sistematica delle relazioni internazionali, la Theory of International Politics di Waltz costituisce il riferimento obbligato per una definizione dei concetti e dei metodi impiegati nel dibattito contemporaneo. Il rigoroso apparato categoriale e l'elevato grado di formalizzazione reso possibile dal peculiare approccio sistemico, così come la produttività per l'evoluzione e il raffinamento della ricerca che una simile teoria ha espresso a partire dalle sue pretese conoscitive, dai suoi limiti e dal dibattito cui ha dato vita, rendono ancora imprescindibile un confronto critico con l'analisi waltzeriana. Nella sezione che segue saranno presi in esame alcuni dei concetti fondamentali del neorealismo sistemico insieme alle principali critiche rivolte ad essi, nel tentativo di isolarne la rispettiva utilità ai fini della nostra indagine. Le lacune della teoria sistemica dell'equilibrio e delle successive alternative che a questa sono state opposte, in particolare nelle teorie realiste e neo-istituzionaliste della stabilità egemonica, permettono di delineare un comune campo di problematiche le cui relazioni costituiscono la premessa all'elaborazione di uno schema esplicativo della forma di governance espressa dal G8. Come si tenterà di dimostrare, infatti, le teorie della stabilità egemonica, anche se prese in senso debole, e il neorealismo sistemico si basano su un'idea affine di potere politico che conduce a fissare una rappresentazione discendente e unidirezionale dell'egemonia, in quanto dipendenza degli attori internazionali dalla supremazia di uno o pochi Stati dominanti. La definizione di struttura formulata da Waltz, cui risulta legata un'ampia letteratura sul tema, presenta una ristretta sfera di potere esplicativo imputabile principalmente a) alla sua stessa costruzione analogica mutuata sull'esempio del determinismo delle teorie microeconomiche, b) all'idea di potenza come autosufficienza economica di una nazione e c) all'uniformità delle modalità strategiche di conservazione degli stati non-egemoni come difesa della propria autonomia economica, politica e militare, comportamento cui corrisponde la spinta contraria della potenza dominante nello stabilire e imporre una rete di dipendenza univoca attraverso cui sottometterli. Le criticità interne alla teoria si riflettono direttamente sulla sua concreta utilità alla comprensione e spiegazione di un ordine internazionale profondamente diverso dal sistema bipolare della Guerra Fredda. Le conclusioni dello studio waltziano, come delle teorie riconducibili alla stabilità egemonica, non solo si dimostrano inadeguate di fronte alla profonda ristrutturazione dei rapporti di forza che ha seguito la fine dell'URSS, ma allo stesso modo impediscono di considerare la valenza e le implicazioni di un modello di governance che, pur avendo preso forma sotto i loro

occhi, soltanto adesso risulta pienamente visibile nelle sue potenzialità: il club del G8.

I limiti di questo approccio analitico non inficiano però l'opportunità di riprendere ed elaborare il progetto di una teoria sistemica e neorealista delle relazioni internazionali. I requisiti epistemologici e i vantaggi in termini esplicativi di uno schema teorico “a livelli” costruito sulle categorie di struttura e unità funzionali rappresentano ancora la base di un metodo di ricerca promettente nell'interpretare l'ordine specifico di relazioni di potere nelle società contemporanee. Per questo il punto di vista sistemico, si cercherà di mostrare, rappresenta una condizione di partenza nella ricerca di una teoria definitivamente svincolata dai presupposti positivistici, individualistici e prescrittivi caratterizzanti gran parte della letteratura sulla crisi della democrazia liberale e dello Stato. Nella misura in cui sarà funzionale agli scopi che questo studio si propone, la preferibilità di una teoria sistemica costituirà la base di un'interazione possibile tra neorealismo e neomarxismo nella sfera della politica internazionale118.

Fin dall'opera del '58 The Man, the State and the War Waltz pone la questione di un'analisi a due livelli nello studio delle relazioni internazionali che serva a introdurre e distinguere un piano causale strutturale separato dal comportamento individuale delle singole unità interagenti119. I primi capitoli della Theory of International Politics saranno dedicati alla critica delle teorie riconducibili ad un riduzionismo causale definibile, in termini generali, nello studio e costruzione di uno schema teorico dell'intero a partire dalle singole interazioni delle parti. La natura positivistica di un simile paradigma di ricerca si evidenzia a partire dalla definizione dell'oggetto d'analisi nel nesso motivazionale causa-effetto proprio del singolo attore, nella definizione delle relazioni intersoggettive interne allo spazio internazionale come risultati direttamente imputabili ai comportamenti e alle motivazioni degli attori coinvolti o, in generale, nel presupposto dell'unidirezionalità e intenzionalità della rapporto causale da un agente all'altro. La riduzione teorica concerne l'isolamento di una causa singolare come determinante nell'innescare uniformemente un insieme di processi causali di diversa natura e

118L'espressione “politica internazionale”, usata anche nelle pagine precedenti, sarà adesso giustificata in

riferimento all'oggetto specifico della teoria sistemica applicata al rapporto tra attori internazionali. Una denominazione più appropriata sarebbe forse “teoria del potere politico a livello internazionale”, concentrando così l'attenzione sulla questione della natura del potere politico nelle relazioni tra attori su un piano transnazionale. Una simile definizione della disciplina risulterebbe più specifico rispetto alla generica dizione “teoria delle relazioni internazionali”. Per comodità di espressione, comunque, sono state adottate e si adotteranno la prima e l'ultima espressione, più diffuse in ambito accademico: il senso con cui vengono intese in queste pagine, però, si riferisce alla seconda definizione.

119Waltz K. N., The Man, the State and War. A theoretical analysis, Columbia University Press, New York 2001

come principio unitario esplicativo di un complesso di effetti differenziati. Da un lato, quindi, questi approcci danno vita ad una proliferazione tale di variabili di cui tenere conto, corrispondenti all'entità esponenziale di combinazioni di rapporti possibili tra i differenti attori internazionali, da trasformare la teoria in una serie di descrizioni di fatti ed eventi singolari. Ma in questo modo viene meno la stessa possibilità di una teoria esplicativa, il cui requisito primo, come si è già visto, è di determinare uno spettro specifico di variabili dipendenti da un ristretto insieme di cause, fornendo così uno schema predittivo di linee tendenziali che possa servire a inquadrare i casi particolari senza doverne rendere conto nel dettaglio. Nell'ambito delle relazioni internazionali ciò significa indirizzare l'analisi al comportamento delle unità statali ed elaborare da qui una ricostruzione dell'intero come somma delle singole interazioni tra le parti. Dall'altra parte il riduzionismo, ponendo una sola serie casuale come determinante, implica specularmente la costruzione di modelli eccessivamente astratti le cui ristrette condizioni di validità inficiano l'utilità stessa della teoria e la sua capacità di rendere conto e predire i fatti cui si rivolge. Alla prima categoria viene ricondotta la tradizione del realismo nella teoria della politica internazionale, da Morghentau alla sociologia di Aron, comprendendo in questa gli approcci “pseudo-sistemici” di Rosecrance, Hoffmann e Kaplan120; alla seconda le teorie marxiste dell'imperialismo121. Lungi

dal discutere qui l'importante questione della parziale o esatta ricostruzione che Waltz dà di queste teorie e dell'accusa di riduzionismo loro rivolta, ai fini della nostra problematica è sufficiente isolare il modello riduzionistico rispetto a cui viene posta la necessità di una teoria sistemica, a prescindere dal fatto che tale modello sia effettivamente riscontrabile negli autori e nelle opere che vengono citati. Il metodo sistemico appare infatti allo stesso tempo il solo attraverso cui sia possibile costruire una teoria esplicativa dei rapporti tra gli Stati in cui questi vengano posti come unità interagenti entro un ordine definito di relazioni presupposte che condiziona la loro capacità di movimento. Il metodo analitico della fisica classica, in cui la legge causale è data dalle relazioni tra coppie di variabili combinate in equazioni in cui risolvere un classe di fattori mentre un'altra rimane invariata, non può rappresentare uno strumento appropriato allo studio di relazioni tra unità i cui effetti non sono risolvibili alle loro proprietà o alle loro reciproche interazioni, essendo determinati dalla loro disposizione entro una “totalità” ad essi presupposta. Le relazioni tra attori statali non avvengono in un ambiente neutro, ma entro un ordine preesistente che influisce in maniera specifica sui possibili effetti che da questi possono derivare. Tali fattori extra-soggettivi sono definibili

120Cfr. Waltz K. N., Theory of International Politics, Addison-Wesley Publishing Company, Reading

Massachussetts etc. 1979, pp.41-59.

come “cause sistemiche” il cui isolamento costituisce la base per la spiegazione dello spettro di effetti possibili derivabili dal comportamento di gruppi di attori122. Un simile punto di vista

consente, infatti, di spiegare in che modo effetti simili possono essere prodotti da cause diverse e indipendenti dalle particolari motivazioni degli attori123. La disposizione entro cui le

parti risultano collocate già nel momento della loro interazione determina causalmente un sistema costrittivo che renderà possibile il verificarsi di alcuni effetti e non di altri124.

Presupposto di una simile teoria sarà allora la distinzione e relazione tra due piani: 1) una struttura come concetto organizzativo che serva a definire un dispositivo selettivo dei risultati possibili entro una sfera d'azione peculiare, nel nostro caso i rapporti tra unità statali, agendo come fattore costrittivo a livello motivazionale, e 2) le unità interagenti. Il 'sistema' in questo modo è dato dalla relazione e reciproca influenza tra un livello e l'altro125. L'applicazione del metodo sistemico al campo delle relazioni internazionali implica, come è evidente, un'elaborazione specifica del concetto di struttura che tenga conto della specificità dell'oggetto trattato. La relazione reciproca tra unità e struttura è in questo caso è determinante nel definire la possibilità di formazione e di mutamento della struttura stessa. A differenza della linguistica e dell'antropologia strutturale di Saussure e di Lévi-Strauss, in cui la struttura assume la forma pura di un fondamento naturale sotteso ad ogni essere umano, qui tale concetto non potrà che riferirsi ad un ordine storicamente determinato formatosi a seguito della diffusione e consolidamento di determinati rapporti di potere tra alcune o tra tutte le unità del sistema. La logica sistemica che è alla base si riassume nei termini di un'avvenuta 'spersonalizzazione' dell'interazione circolare tra due o più attori in cui l'effetto prodotto da una relazione causale diventa a sua volta causa della ripetizione del processo126.

L'estendersi di simili interazioni circolari rende relativamente autonoma la ripetizione della stessa relazione, fungendo da selettore di determinati comportamenti e aspettative non più attribuibile alla volontà o alle singole azioni degli attori. L'introduzione del concetto di

122“ The dominant behavioral approach to constructing international-political theory proceeds by framing

propositions about the behavior, the strategies, and the interactions of states. But propositions at the unit level do not account for the phenomena observed at the system level. Since the variety of actors and the variations in their actions are not matched by the variaty of outcomes, we know that systemic causes are in play”, ivi, p. 69.

123“The repeated failure of attempts to explain international outcomes analytically – that is, through

examination of interacting units – stringly signals the need for a systems approach. If the same effects follow from different causes, then constraints must be operating on the idependent variables in ways that affect outcomes. One cannot incorporate the constraints by treating them as one or more of the independen variables and because they do so in different ways as systems change. Because one cannot achieve that incorporation, reduction is not possibly adequate, and an analytic approach must give way to systemic one”, ivi, p. 68.

124“Because such structures bring leveling processes into play, those who experience the leveling effects need

be aware neither of the structure nor of how its effects are produced... They work to keep outcomes within narrow ranges”, ivi, p. 73.

125 Cfr. ivi, pp. 39-41; 78-81. 126Cfr. ivi, pp. 75-76.

struttura è allora ciò che rende rappresentabile in termini spaziali e organizzativi una simile differenziazione dell'interazione stessa dalle unità che la rendono possibile e dalle relazioni particolari che da questa saranno virtualmente condizionate. Forma di interazione generalizzantesi attraverso la moltiplicazione delle circolarità causali, viene individuata relativamente al caso degli Stati sovrani nella competizione. In analogia con la sfera economica, essa è data dal successo di determinati risultati dei comportamenti nel garantire la sopravvivenza degli attori che a questi si conformano e dal pericolo di estinzione per chi, al contrario, non riesce a conseguire tali effetti. La scelta dei soggetti è in sé autonoma, ma la pressione selettiva cui vengono sottoposti produce una regolarità nella produzione di determinati risultati. Allo stesso modo può essere isolato il rischio di indebolimento e perdita della sovranità cui ogni nazione viene sottoposta nei rapporti di potere con le altre. La continuità di una certa configurazione dei rapporti di forza tra unità statali appare quindi essere la formulazione più coerente di una struttura internazionale: una teoria sistemica potrà così considerare solo quelle variazioni interne alla configurazione complessiva delle unità. Il mutamento sistemico in sé si pone così al di fuori della teoria127. Ma la struttura come

regolarità presupposta all'interazione fra le unità non potrà che definirsi in questo modo individuando una determinazione comune e costante delle stesse unità, a partire da cui queste possano costituirsi come unità specifiche del sistema stesso. Secondo il modello sistemico fornito da Waltz, infatti, la costanza e ripetizione di un dato comportamento e interazione fra le unità è ciò cui deve imputarsi l'emergere di una struttura. Condizione implicita della composizione di una struttura di potere internazionale è la definizione di quelle che potrebbero ricondursi a qualità sistemiche delle unità, ovvero dei requisiti che le unità debbano possedere affinché la loro interazione possa nel lungo periodo dar vita ad una struttura di potere. La circolarità e ripetizione di un modello comportamentale richiede infatti che le unità coinvolte presentino almeno un carattere comune, a partire dal quale possa spiegarsi il verificarsi costante di un certo tipo di relazione. Da qui derivano le difficoltà, se non l'impossibilità, di una distinzione della struttura che astragga interamente dagli attributi delle sue unità. Lo stesso Waltz, come vedremo, dopo aver formulato chiaramente il problema128, non soltanto non riuscirà nel proposito di trascurare del tutto gli attributi delle

127“Structurally we can describe and understand the pressures states are subject to. We cannot predict how

they will react to the pressures without knowledge of their internal dispositions. A systems theory explains changes across systems, not within them, and yet international life within a give system is by no means all repetition. Important discontinuities accur. If they occur within a system that endures, their causes are found at the unit level. Because something happens that I soutside a theory's purview, a deviation from the expected occurs” p. 71.

128“The problem, unsolved by the systems theorists... is to contrive a definition of structure free of the

unità statali, ma al contrario definirà la struttura stessa e le possibilità della sue trasformazione in base ad un loro 'contenuto minimo': le capabilities intese come risorse interne economiche e militari129. Altra condizione essenziale, non formulata esplicitamente nell'opera, è che le unità, in quanto debbano essere concettualmente distinte dalla struttura, richiedono l'assunzione di un vero e proprio principio meta-strutturale, altrimenti venendo meno il criterio della loro separazione si risolverebbero interamente nel sistema selettivo della struttura e l'intero concetto di sistema crollerebbe. Tale principio non può andare oltre la semplice adozione di una spinta motivazionale presupposta ad ogni comportamento possibile. Il complesso della macchina statale, esemplificata nei suoi elementi direttivi determinanti, principalmente il governo e l'apparato amministrativo, viene così ridotta astrattamente ad un'unità la cui spinta base coincide con l'auto-difesa. Ora, il modo in cui Waltz specifica le qualità sistemiche determinanti e le stesse forme del principio di auto- conservazione delle unità statali costituiscono la base di tutto lo sviluppo della sua teoria, e quindi la radice dei suoi limiti.

La competizione tra le unità statali sovrane miranti alla propria conservazione definisce il principio ordinatore del sistema, corrispondente alla stessa disposizione organizzativa del rapporto struttura/unità. La sovranità degli Stati quale fondamento classico del riconoscimento della loro uguaglianza nella scena internazionale, infatti, viene qui tradotta in termini sistemici come uniformità delle funzioni proprie degli Stati affermando così la natura anarchica della struttura internazionale 130. La nozione di 'anarchia' viene posta in

contrapposizione all'opposto ordine gerarchico interno allo Stato, fondato sulla elevata differenziazione e specializzazione funzionale dei suoi elementi, sulla centralizzazione della funzione direttiva e sulla relativa disposizione gerarchica delle relazioni di potere nella forma diritto/ dovere e comando/obbedienza. In linea con la tradizione realista lo Stato viene

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