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Viaggio di un moderno Ulisside

CAPITOLO SESTO Un mondo in frantum

VI. 3 Una mamma come guida

1. Il personaggio della mamma entra da subito nella raccolta a partire dal secondo frammento:

Mamma, zolla aria luce, Papà, tronco puro severo, Fratelli, miei rami e mio nido, Sorelle, mie foglie e mie gemme, O nostro buon sangue soave A vedere e a libare

Mentre vorrei amare

E giovando dissolvermi in voi

Tramite una dolce metafora276 vegetale, la famiglia è raffigurata come un sublime

tempio domestico, nel quale il poeta vorrebbe sparire e dissolversi per coronare il proprio desiderio di bontà ideale. In particolar modo, all’interno di questo eden

274A. Berardinelli, Città visibili, cit., p. 128.

275M. Monti, Le parole dell’immanenza e della trascendenza, cit., p. 215.

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quotidiano, la figura della madre è associata alla terra, che rimanda al valore del «radicamento», della «stabilità» e della «protezione».277 Il frammento dedicato interamente a questa figura di donna è, però, il dodicesimo:278

L’anima tarda, sul balcon tranquillo Alla mamma vicina io mi riposo: Spazia ella intorno tacita e divina Accarezzando guarda.

Viver la sento; e nel baleno aperto, Le prove conosciute e la natura Mi fan del sentimento un desiderio Di cambiar modo e ventura; Ma facil si palesa il buon cammino Che riman sogno

E nel vorace tempo è vana attesa. E mi vergogno ripensando a lei Che nel donare il sangue fu serena; A lei che, triste d’aver troppo, volle Alla sua gioia il sacrificio appena, Ma a noi perdona i soffici fastidi; A lei che il cuor ci veglia e la movenza In un senso di culla

E, se non diciam nulla, Contro l’ignoto male Sbarra a difesa il suo amore;

A lei che avviva, accomunando ai figli, La silenziosa carità paterna.

Quanto fu bello che nascessi nostra O mamma, così mamma

Da non poterti sapere!

È una breve fuga nell’infanzia felice. La mamma assume, infatti, caratteristiche che la avvicinano alla sfera del sacro e del trascendente e permettono di accostarla alla madre celeste.279 E, soprattutto, è “un porto sicuro”: averla vicino per il poeta significa finalmente sciogliere le ansie, le preoccupazioni e i dubbi provocati dallo smarrimento cittadino. Ma, allo stesso tempo, l’incontro con la genitrice gli provoca anche vergogna

277M. Carlino, La marcia delle antitesi: «O poesia nel lucido verso», in Dodici osservati speciali, Roma, Bulzoni, 2008, p. 133 278Una lettura del frammento è in G. Lauretano, Incontri, pp. 22-23.

279Sulla funzione spirituale della madre vedi almeno N. Cacciagaglia, La madre e la Madonna nella poesia di Clemente Rebora in

Maria Vergine nella Letteratura Italiana, New York, Forum Italicum, 2000, p. 327-333 Sadi Marhaba, La figura della «mamma» nella poesia di Clemente Rebora. Note psicologiche e anti-psicologiche, in Clemente Rebora nella cultura, pp. 187-193.

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per la propria esistenza, frustrata e infelice, al confronto di quella della donna votata, invece, al sacrificio e alla protezione.

Da sempre, infatti, questa si sacrifica per dare tutto ai figli, rinunciando a qualsiasi privilegio per sé: perdonando le bizzose intolleranze, frutto dell’agiatezza; opponendo il proprio amore come difesa contro il male di vivere; sostituendo con il proprio affetto l’amore del padre, sempre troppo severo e difficile da comprendere.

Nonostante lo scrittore nutra un sentimento di immenso attaccamento nei confronti della madre, questo non riuscirà mai a tradursi in vera comunione:

Oh bavaglio nemico All’ingenua effusïone D’ogni pàlpito vero,

Libero invan quando sarà rimorso! Ma invincibile si ostina

Il tacer che mi fa nodo:

Tutto scivolerà nell’incomunicabilità, nel non detto, lasciando solo il rammarico per l’occasione perduta.

2. Il ruolo di refugium peccatorum280 della madre è ribadito nel frammento cinquantesimo con uno straziante appello:

E te chiamo e vorrei piegare il capo Accarezzato alla tua spalla, o mamma Come fanciullo io t’invocava quando Fra coltre e coltre con la man sugli occhi Sudavo eterne notti di paura

Nell’ascoltar il passo d’un fantasma O mamma o mamma mia,

Sono un mercante senza mercanzia, Sono un pilota che ha perso la via, La via buona del tuo cuore, o mamma!

Dàmmi che a sera il tornar non sia spento Se non seppi far bello

Il tentato cimento.

Laggiù laggiù fra gli uomini Doman come potrò?

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Il giovane, consapevole di essersi smarrito, invoca la mamma come guida, affinché lo soccorra nella negatività e nell’impotenza. Ricorda quando, da bambino, la donna, con affetto e dolcezza, lo consolava, proteggendolo dagli incubi notturni, che ricordano i terrori provati dal giovane Leopardi. E prega affinché possa ritrovare la strada della bontà e del dono di sé che lei stessa gli aveva insegnato. Ma, il desiderio di rifugiarsi in una condizione infantile, protetta dal calore e dall’amore della madre, è ancora una volta l’alibi dell’inazione.

Sono, infatti, questi gli ultimi tentennamenti sulla soglia dell’adolescenza, quando ormai il mondo degli impegni della vita adulta lo chiamano: qui nemmeno gli affetti potranno lenire il disagio.

La figura della madre ritornerà anche nel frammento cinquantaseiesimo a confermare la nuova filosofia altruistica adottata dal poeta:

Come mamma nella fame Tutto ai bimbi dona il pane, Così m’è grato confortare altrui Mentre rotolo dentro.

L’unico modo per esistere pienamente è quello di inabissarsi negli altri, proprio come faceva la donna, icona del sacrificio, modello sublime al quale ispirarsi, che rinunciava a pensare al proprio dolore per dare agli altri. Allo stesso modo il poeta desidera donare se stesso, mettendo da parte tutte le sue difficoltà esistenziali.